Intanto complimenti, Rodrigo, per il bellissimo post.
Devo dire che finalmente ho riflettuto sul fatto che Rossini, inserendo quei numeri coreutici nell'Armida, non si è limitato (come frettolosamente si tende a pensare) a citare la drammaturgia francese. Ma la citazione ha uno scopo.
Altrimenti perché non ci sono balletti anche nell'Elisabetta, nell'Otello o nella Donna del Lago?
Evidentemente (pur senza nulla togliere all'elemento di vivacità insito nell'idea stessa della contaminazione fra tradizioni diverse) era con un fine drammaturgico ben preciso che Rossini è andato attingere alle consuetudini dell'Opéra.... e proprio in quest'opera.
L'elemento della "sensualità cortigiana" che grava su Armida (appunto per la tradizioni lullyana e rameauiana) non basta. C'è qualcosa in più che tu hai reso perfettamente: il soprannaturale, il distacco dalla realtà è un qualcosa che non poteva che risultare "strano" al razionalismo post-illuminista di un Rossini (e aggiungerei di tutta la Napoli dell'epoca). E non potendo privarne Armida - i cui precedenti, a differenza di quelli di Cenerentola, erano troppo illustri - si è preferito trattarlo, il soprannaturale, attingendo a possibilità linguistiche avulse dalle abitudini italiane, bensì prelevate da quella "lontana" Parigi.
Che quindi "danze" nell'opera seria di Napoli, in quanto "strane", divengano espressione di irrazionale e sovrannaturale è un'intuizione magnifica.
Mi hai convinto completamente.
E dire che non era certo così in Vestale: le danze non avevano quella funzione "magica". Nè lo stesso Rossini a Parigi userà le danze a questo fine.
Ma è ovvio: a Parigi si perdeva l'effetto di "stranezza" che a Napoli inevitabilmente si produceva.
Trovo che tra la tua ipotesi (soprannaturalità) e quella di Bacchelli (erotismo indicibile, tanto da poter essere solo evocato) sia molto più convincente la tua, anche se nemmeno quella di Bacchelli può essere totalmente esclusa.
Rodrigo ha scritto:Secondo me si può ipotizzare che la valenza drammaturgica data alle danze in Armida - nonostante l'infausto esito alla prova del pubblico - fosse data per acquisita nella "grammatica" degli operisti italiani. Se non prendo un abbaglio, mi pare lecito osservare che i messaggi trasmessi dagli episodi coreografici rossiniani si ritrovano a grandi linee persino in due stupefacenti episodi di uso della danza nel melodramma verdiano: gli incipit di Rigoletto e Traviata.
Che l'uso "espressionistico" dei temi ballabili in Verdi possa essere di derivazione Rossiniana ho invece qualche piccolo dubbio (ma ammetto di non aver mai adeguatamente riflettuto alla cosa).
Non sto parlando, ovviamente, delle scene espressamente coreutiche (Macbeth, Don Carlo, Aida, Trovatore, Otello) ma - come tu dicevi - dei casi di fusione fra danza e narrazione, ossia quando Verdi, senza interrompere lo svolgersi della scena, imposta un legame (realistico ma anche sottilmente psicologico) fra sottofondi sonori e ritmi di ballo.
Qui secondo me si avverte (portato alle estreme conseguenze) un preciso lascito donizettiano, il vero "maestro" di tutte le rivoluzioni teatrali poi ereditate da Verdi.
Ben due scene nella Lucrezia Borgia si svolgono in contesti "ballerecci": Il prologo e il finale. Nei momenti più agghiaccianti di entrambe le scene (ossia il concertato dello smascheramento della Borgia e il brindisi/professione-di-morte di Orsini) Donizetti scatena clamorosi valzeroni; e non certo per ragioni di "realismo" (assurdo pensare che gli amici di Gennaro ballino il valzer insultando Lucrezia o mentre levano i calici). E' solo l'atmosfera (sonora e psicologica) del ballo che si riverbera in questi climax tragici, innervandoli - per contrasto stridente - di un orrore ancora più mostruoso.
Forse mi spingo troppo in là, ma non credo che Verdi avrebbe potuto osare quel suo tipico uso "espressionista" del ballo a cui facevi riferimento solo perché dietro a lui c'era la lezione dell'inventore stesso della "patologia" romantica, ossia Donizetti.
La smania godereccia (l'animo dionisiaco?) che si esprime nella danza rivela insomma tra le sue pieghe la tragedia.
Giustissimo, proprio quello che trovi già in Lucrezia Borgia e che, almeno per me, non si ritrova ancora (se non molto, molto embrionale) nei balletti rossiniani.
Il discorso verrà poi ripreso per il balletto inserito nel Macbeth francese dove la musica ha un indubitabile e per me qualitativamente eccellente carattere tragico. Ma qui siamo già in un altro ambito, in un contesto decisamente francese, come mi pare corretto dire anche per Aida (ma qui torna a palesarsi una componente esotica)
.
Il caso dei balli del Macbeth è infatti interessantissimo.
Ma cosa ne diresti di provare a tirare in ballo anche i balletti scritti da Donizetti per Parigi? Martyres, Favorite, Dom Sebastien?
Sicuramente non sono le pagine più avvincenti di Donizetti, eppure credi che possano avere una loro collocazione in questa disamina?
Salutoni e grazie davvero (come sempre) per gli spunti fantastici che ci proponi.
Mat