Triboulet ha scritto:ma che temperamento e visione intepretativa fossero gli stessi io francamente ci credo poco, o meglio se fosse così sarebbe una delusione.
Mi vuoi dire che la Pasta cantava Sonnambula esattamente come cantava Norma? Peggio della Sutherland mi vien da dire
La Pasta io l'ho sempre immaginata come la Callas, insomma una che sa quel che sta cantando, ti fa capire se è una contadinella delle alpi svizzere mollata dal fidanzato, o una sacerdotessa incazzata a cui hanno messo le corna
Solo poi possiamo anche tirar fuori tutti i discorsi sul background filosofico-culturale di Romani e quel che c'è di comune tra i due ruoli... La Callas sguazza nella stessa dimensione, ma temperamento e interpretazione cambiano eccome. E se la Pasta era così leggendaria mi auguro sapesse essere al pari versatile. Comunque torniamo al tema...
Caro Trib,
secondo me la tua delusione nasce dal tuo preconcetto!
...che non è il tuo, ma di tutti noi, usciti dai criteri novecenteschi.
Il preconcetto è che Norma e Amina siano tanto diverse... ne consegue che se una canta bene entrambe allora è un mostro di versatilità (come amiamo considerare la Callas) o doveva sicuramente esserlo (la Pasta).
Facciamo un esempio: la Cerquetti cantava sia Amelia del Ballo in Maschera sia Leonora della Forza del Destino.
Che c'è di incredibile? Nulla.
Per carità! La Cerquetti è bravissima in entrambi i personaggi; riesce giustamente a differenziarli!
E, non di meno, io mi renderei ridicolo se andassi scrivendo per i fora: "pensate che interprete mostruosamente versatile era la Cerquetti: cantava sia la Forza, sia il Ballo in Maschera!"
Il fatto è che le tradizioni novecentesche non hanno mai contrapposto - giustamente - questi due personaggi, scritti per la medesima tipologia vocale.
Quasi tutte le "verdiane" li hanno cantati entrambi e non c'è nulla di sconvolgente.
E' vero che Leonora non è Amelia (come Norma non è Amina)
Leonora è un'adolescente, lacerata fra passioni calienti e religiosità sacrificale, tipiche dell'adolescenza; Amelia invece è una ben più matura madre britannica, sposata a un notabile (creolo) nelle Americhe coloniali.
E tuttavia entrambe sono figlie di una stessa estetica e, quel che più conta, pensate per vocalità sovrapponibili.
Per cui posso girarla come voglio, ma non c'è nulla di strano che una Cerquetti si sia cimentata e distinta in entrambi i ruoli.
Bene.
Cosa sarebbe stato, però, se - per una strana devianza novecentesca - avessimo ascoltato per decenni solo Leonore in stile "sopranino" (a prezzo di aggiustamenti spaventosi con la scrittura, e interpolazioni di sopracuti, proprio come è avvenuto per Lucia e Amina)?
E al contrario in Amelia avesse trionfato la variante "mezzosoprano drammatico" (ovviamente tagliando gli acuti e spianando i pianissimi, come fecero le Lady Macbeth tedesche o tutte le Adalgise)?
Semplice: che di fronte a una Cerquetti - che improvvisamente negli anni '50 se ne esce cantando entrambi i personaggi (Leonora e Amelia) - avremmo gridato al miracolo e evocato chissà quali spettacolari versatilità.
Ciò vale tanto di più per Amina e Norma che (a differenza di Leonora e Amelia) furono scritte praticamente una dopo l'altra e - quel che più conta - per la stessa identica cantante.
Di fronte alla grandezza della Norma e della Amina della Callas è giusto gridare al miracolo: ma in termini di versatilità è ben più incredibile che riuscisse a cantare Turandot e Kostanze! Lì sì che c'è una scrittura diversa, un'estensione diversa, un'emissione diversa, un'universo estetico diverso.
Triboulet ha scritto:La mia domanda ora è: se il discorso è che nell'800 c'era una associazione registro-baricentro/ruolo e non volume-colore/ruolo come avverrà dopo, come mai Storchio e Kruszelnicka avevano un repertorio con così pochi punti in comune? evidentemente c'era anche (se non in maniera così netta) una associazione con volume e colore, o se neghiamo anche questa allora con la sensibilità dei personaggi (ruoli elegiaci. ruoli drammatici ecc.)...
Così diceva il Dr Cajus:
dottorcajus ha scritto:Penso però che vi fosse una certa attenzione alla capacità di rendere il personaggio da un punto di vista interpretativo
Ed ecco cosa dicevo io:
Si cercavano affinità fra la personalità di un artista e un certo tipo di personaggio, anche a costo di pesanti aggiustamenti.
In pratica sia io che il dottor Cajus ipotizziamo che, nell'appropriarsi di un determinato ruolo, venissero nell'800 tenute in maggior considerazione questioni di natura teatrale, più che vocale. E se la vocalità non corrispondeva alla scrittura, non si esitava a ricorrere aggiustamenti.
Visto che tu citi il repertorio della Storchio (fra cui anche Linda di Chamounix), ti ricordo che la creatrice di Linda - ossia la Tadolini, che oggi classificheremmo come "lirico" - aveva in repertorio anche Lady Macbeth, Giselda e Odabella.
La cosa oggi ci sembra incredibile, ma se fai il paragone con gli attori tout-court la cosa può diventare chiarissima.
Silvana Mangano poteva fare la romanaccia moglie di Sordi nello Scopone Scientifico, ma anche la cinica e sofisticata alto-borghese nel Gruppo di famiglia di Visconti. Poteva interpretare la mondina tutto sesso e peccato nel Riso Amaro oppure per Pasolini la Regina Giocasta nell'Edipo Re.
E nessuno che si sia preoccupato che... era troppo bassa per quel ruolo o troppo magra per quell'altro!
le caratteristiche fisiche (come la personalità) sono un elemento in più che l'interprete si porta dietro nel dare corpo a un ruolo.
Così valeva - per i cantanti ottocenteschi - la questione del loro volume e del loro timbro.
Si chiamava un'Alboni a fare Amina o una Grisi a fare Norma indipendentemente dalla dimensione e dal colore della loro voce. Anzi, per meglio dire, il loro specifico colore e il loro specifico volume erano elementi di "originalità" che rendevano più interessanti e uniche le loro interpretazioni, più distinguibili dalle altre;
non erano la condizione minima per affrontare un ruolo (come invece avvenne nel '900).
Tu giustamente ti chiedi come trovare allora una coerenza nel repertorio di questa o quell'altra cantante.
Certo che una coerenza c'era! Non esistono solo il volume-colore per definire la coerenza di un repertorio.
La Storchio, ad esempio, era una cantante affascinata dal "passaggio" fra i secoli: la sua scuola era "antica" ma la sua sensibilità la spingeva verso le conquiste del naturalismo. Era evidentemente affascinata da personaggi "popolani", tanto da farsi affidare alcune prime del più scatenato versimo (Siberia di Giordano!!! Ho detto niente!). Cantava moltissimo il repertorio ottocentesco, ma sempre prediligendo ruoli di estrazione popolana, spesso semiseri e comici.
La Krusceninski era animata al contrario da una formidabile vocazione aulica e classicheggiante: anche la sua figura - alta, splendida, severa - la predisponeva a questo tipo di personaggi. Il suo canto, pur essendo virtuoso e ancora totalmente vocalistico, subiva il fascino del moderno declamato, perché ad attrarla erano i grandiosi personaggi del tardo-romanticismo (da Meyerbeer a Catalani a Isolde).
Tutto questo basta a differenziare un'artista da un'altra e a spingere i direttori artistici ad affidare loro personaggi diversi. Dirò di più: secondo me rappresenta un criterio di classificazione molto più intrigante e suggestivo che non la semplice "pesa" dei decibel e (più a meno artificiosi) colori timbrici.
Salutoni,
Mat