Londra 1780.
Sir Morosus è un comandante di marina in ritiro.
E' una sorta di Russel Crowe di Masters and Commander solo più vecchio. Non è di certo bacucco sebbene nel testo si riferiscano a lui come anziano. Ma chi gli parla sono di solito giovani, se non giovanissimi per i quali un sessantenne ha già un piede nella fossa. E' insomma ancora un bel personaggio, autorevole, imponente, solenne.
Ovviamente è rigido, come tutti i graduati nell'esercito. Abituato a veder eseguire i propri ordini senza discutere è poco propenso al compromesso e alla malizia. Vanta un passato glorioso nella marina britannica e un coraggio senza esitazioni. In virtù delle molte vittorie nei mari il re gli ha conferito il titolo di baronetto. Vive nei pressi di Londra, completamente isolato dal mondo, ricchissimo per i beni accumulati durante gli anni di pirateria sui mari.
Vive isolato. Perchè?
Perchè Morosus soffre di una strana forma di malattia. Ha un'ipersensibilità maniacale verso qualsiasi forma di rumore che non sia quello da lui prodotto. Il rumore gli crea un fastidio fisico, gli procura crolli nervosi, furibondi scatti d'ira. Questo è dovuto, impariamo nel corso dell'opera, da un incidente di navigazione. Uno scoppio accidentale della santabarbara (tale da far crollare un campanile) gli ha leso i timpani rendendolo, ironia della sorte, anzichè sordo, ipersensibile ai suoni. I rintocchi di una campana per lui sono equivalenti a un maglio di un'acciaieria, un arpeggio di clavicembalo è una scarica di moschetti. Per lui tutto è rumore, anche la musica, l'opera, il canto degli uccellini, lo scalpiccio delle persone sul selciato. Viva da assediato con una governate (contralto) di cui depreca la parlantina e riceve le saltuarie visite di un barbiere (baritono). La parola che pronuncia di continuo è "ruhe". Ovvero pace, tranquillità, silenzio.
E chiaro, o almeno a me è chiaro, che questa "allergia al suono" in realtà non esiste. La malattia di Morosus è solo uno stratagemma psicologico per dare una ragione alla propria scelta di eremitaggio. E' difficile per un ruvido lupo di mare inserirsi nella società di una metropoli come Londra; è difficile adattarsi, lui, così eroico e titanico nel comando, ai mille compromessi, malizie, sottintesi, eleganze del bel mondo londinese. Sir Morosus, abituato a muoversi solo in contesti in cui aveva il compelto controllo, non riesce a gestire gli altri essere umani trattandoli da pari grado. Come molte persone non abituate ad essere contraddette, anche lui se non può comandare diventa vittima e l'allergia al rumore è solo timor panico nei confronti di qualcosa che non conosce e da cui teme di essere travolto.
Di conseguenza isolamento, silenzio, e, appunto, "ruhe".
Però Morosus non è uno stupido. E nemmeno è insensibile. Lo troviamo ad apertura di sipario alle prese con una riflessione su questa "ruhe"; che è splendida, appagante e consolatoria, ma allo stesso tempo è anche inquietante e minacciosa. Non lo dice chiaramente, ma lo fa capire al suo barbiere mentre si fa radere. Per ottenere l'agognata pace Morosus si è come anestetizzato da tutto ma questa anestesia porta con sè la solitudine e la malinconia. Il barbiere -ovviamente anche lui factotum della città- gli propone di prender moglie e di sceglierla giovane, silenziosa, docile e ubbidiente. Qui Strauss si allarga in uno dei primi grandi monologhi dell'opera "Ja, das wär schön!". Morosus sente che una presenza femminile potrebbe allontanare quella sinistra "ruhe", quell'alito di morte che lo agghiaccia. Ma è troppo intelligente, sensibile e consapevole per sognare una moglie giovane; "i giovani devono stare con i giovani" è la rassegnata conclusione della scena.
In quel mentre irrompe sulla scena la gioventù, nei panni del nipote Harry, e con lui il frastuono. Grande gioia da parte di Morosus che, addirttura, lo credeva morto. L'entusiasmo scema subito appena questi scopre il mestiere e le intenzioni del nipote. Harry, abbandonati gli studi universitari, si è unito a una compagnia itinerante d'opera e canta in un teatro di Haymarket. Orrore! Per Morosus è la fine del mondo, una vergogna senza pari, uno schiaffo ad avi e antenati. Un Morosus canta? E si fa addirittura pagare per cantare? Canta in pubblico? Poco ci manca che urli "roba da finocchi!"
Qui parte una vera e propria babele orchestrale e vocale. Entrano i compagni di Henry (tra cui Aminta) e tutti cominciano a cantare contemporaneamente mentre l'orchestra divampa in frenetiche girandole di suoni che fanno da controcanto a un Morosus che, come sulla tolda della sua nave, sbraita come un ossesso il proprio disappunto. Il nuovo, l'esterno, l'incontrollabile entra con violenza nel mondo del vecchio lupo di mare che altro non riesce a fare che cacciare in malomodo tutta la compagnia diseredando il nipote. Si rivolge al barbiere intimandogli di trovargli una sposa. Ma che sia silenziosa.
Da qui si mette in moto la tresca, ordita dal barbiere che, con la complicità di Henry e della sua compagnia, si trasforma in paraninfo e presenta a Morosus un giovane moglie la quali altri non è che Aminta travestita. Morosus è conquistato dalla mitezza della giovane e accosente a sposarla. Dopo il matrimonio ovviamente Aminta si trasforma in una virago e comincia e squinternare la vita e la casa del povero Sir il quale, al terzo atto, chiede addirittura il divorzio. Non ce n'è bisogno, era tutta una burla. Morosus scoppia in una fragorosa risata e perdona tutti.
Die schweigsame Frau è l'opera del rumore, del chiasso, del baccano, del frastuono, della baraonda, del trambusto e del baillamme. A dispetto del titolo che contiene il termine schweigsam (silezioso) in quest'opera tutto è clamore, schiamazzo, confusione. L'onomatopea orchestrale straussiana è portata all'eccesso; basta che nel testo schizzi in velocità un termine legato a un rumore ecco che l'orchestra ne riprende il concetto, amplificandone il significato, trasformando le parole in suoni concreti, pittorici, evidenti fino al ricalco. Ogni tanto arrivano oasi di stasi, di silenzio, di pace. E anche qui Strauss è a suo volta barocco e iperbolico. E' una pace gigantesca, un silenzio assoluto, un tranquillità sconfinata; tutto si assottiglia, perde corpo, si rarefà. Sono vuoti sonori che arrivano dopo frenetiche gragnuole di note che ti lasciano ansante e un poco stupefatto. Poi la babele ricomincia.
Anche le voci sono da Strauss spinte all'estremo delle possibilità umane. Basta la protagonista. Un soprano di coloratura con una parte ostica le tre volte rispetto a quella di Zerbinetta, soprattutto perchè il vurtuosismo non è, come nell'Ariadne, confinato a un aria ma gira di continuo, anche nei concertati, con un ornamentazione fittissima, spaventosa per l'intonazione. Non a caso la Dessay (Aminta due volte a Vienna e a Parigi) ha definito questo ruolo come il più difficile di tutta la sua carriera e ha aggiunto di essere riuscita a venirne a capo solo perchè solitamente tagliato di un terzo. Prima interprete fu la Cebotari e anche nel suo caso Strauss operò tagli e trasporti. Penso che dal vivo (devo sentire ancora la Damrau nelle recenti recite di Monaco) nessuno abbia affrontato Aminta senza tagli. Gruberova compresa.
Tutto in quest'opera è suono, rumore e volume.
Perchè?
Molti commentatori hanno scambiato questa ipertrofia per virtuosismo fine a se stesso, gusto per il barocco, povertà d'ispirazione, banalità, incapacità di rinnovarsi, facondia musicale fine a se stessa.
La risposta deve essere cercata più a fondo.
Noi sentiamo con le orecchie e la mente e il cuore di Sir Morosus, noi siamo Morosus e Strauss, genialmente, ci fa sentire il suo disagio nei confronti di questa esuberanza rumorosa e frenetica.
Schweigsame Frau è un'opera di metamorfosi, dove la citazione testuale (ovvero di veri e propri temi) continua e intricata, da Gounod a Weber attrverso Wagner e Monteverdi e il Fitzwilliam virginal Book viene da Strauss trasformata in qualcosa d'altro. Altro che ricostruzione d'epoca, come alcuni commentatori sostengono! Altro che scopiazzatura nostalgica del Don Pasquale....
E' un gioco disincantato e beffardo su materiali esistenti, masticati, rigirati, riorchestrati e inseriti, con spregiudicata faccia tosta, tra un grido degli ottoni che imita il gracidio di un pappagallo o lo sconquasso del tam-tam che ci fotografa un telescopio che cade.
Declamati vertiginosi, melodiosità operettistiche, virtuosismi da teatro barocco, corrucci wagneriani, sconquassi tardoromantici, eleganze madrigalistiche; tutto, ci dice Strauss, è Musik. Ma la Musik può essere anche rumore, quando la Musik invade le nostre vite non richiesta e non voluta.
Come capita a Morosus.
E' il congedo ce lo danno Strauss e Zweig con uno dei monologhi più belli e struggenti di tutto il teatro straussiano.
Questo il testo:
MOROSUS
(raggiante di felicità, appoggiato allo schienale della poltrona)
Come è bella certo, la musica - ma come è
ancora più bella quando è passata!
Come meravigliosa è certamente una giovane,
silenziosa donna - ma come ancor più meraviglioso
quando essa è la moglie di un altro!
Come è bella certamente la vita, ma come è
ancora più bella quando non si è matti e si vive
in saggezza.
Ah, miei bravi, mi avete curato in
modo grandioso, e non mi sono mai sentito così felice...
Ah, mi sento indescrivibilmente bene.
Solo pace!
Solo pace!
Per me, un capolavoro. Scoperto tardivamente.
Scusate la lenzuolata.
WSM