Der Ring des Nibelungen (Wagner)

recensioni e commenti di spettacoli visti dal vivo

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Re: Ring scaligero

Messaggioda VGobbi » sab 14 mar 2009, 14:02

pbagnoli ha scritto:
VGobbi ha scritto:
In Wotan ci vuole autorita' che trasuda da ogni poro, legato d'alta scuola (alcuni passaggi sono ardui oltre che fondamentali, penso al finale della Walkiria) ed una recitazione meno banale di quanto ci fa prospettare in questo video...

Vittorio, d'accordissimo con te sull'autorità, ma...il legato? D'alta scuola, poi? Ti sembra che Hotter legasse? O Stewart? O il tuo amico Tomlinson? Non ti sembrano declamatori di altissima scuola sì, ma... bayreuthiana?

Questo non vuol dire che non apprezzassi appunto chi non "sapeva legare", ma avevano altre doti. Ti posso citare invece grandissimi Wotan che nei passaggi cruciali sapevano legare, ad esempio Friedrich Schorr (certe smorzature che lasciano di stucco) o Joser Hermann. Sai benissimo che non sono per i "vocalisti" o "declamatori". Apprezzo tutte e due le correnti, a seconda di quel che i cantanti riescono a trasmettere!
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Goetterdaemmerung (Wagner)

Messaggioda Maugham » gio 21 mag 2009, 11:14

Fura - Mehta - FI

Si è concluso a Firenze il Ring della Fura dels Baus-Mehta.
Grande tripudio di critica e successo di pubblico.
Non si può quindi dire che questa Gotterdammerung sia stata un "brutto spettacolo"; tutto sta nell'intendersi su che significato dare a termini come "brutto" e, soprattutto, "spettacolo".
In altre parole occorre capire se una serie di filmati fatti al computer di gradevole visione sincronizzati sulla musica wagneriana possano definirsi un "bello spettacolo" e soprattutto se questo possa esaurire le aspettative di una critica che, si spera, ormai dovrebbe pretendere altro da un ennesimo Ring.
Sono consapevole del fatto che non sia possibile utilizzare per uno spettacolo operistico della Fura lo stesso metro utilizzato per registi "veri" come Carsen, Jones, Guth, Pountney o Pelly: il gruppo catalano utilizza nell'opera deliberatamente e in maniera quasi esclusiva altri mezzi espressivi più vicini al Cirque du Soleil che al teatro di drammaturgia.
Ma anche limitandosi a valutare questa Gotterdammerung facendo riferimento al solo fattore tecnologico (costante tormentone nei discorsi degli appassionati entusiasti e di certa critica) nemmeno qui sono rimasto particolarmente impressionato. Ad esempio sotto il profilo della tecnologia il tanto bistrattato Ring del Met -quello di Schenk- faceva sfoggio di una tecnologia teatrale di gran lunga superiore a questa in quanto a complessità; stessa cosa per il Ring bolognese di Pier'Alli a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta. Meno soldi, proiezioni in 35mm perchè il computer era di là da venire, ma il risultato era praticamente sovrapponibile a questo di oltre vent'anni dopo.
Meglio così. Perchè le uniche volte in cui Padrissa ha cercato di dare un senso teatrale a questa suggestiva fiera di luci e suoni ci siamo trovati dalle parti del risaputo e del già visto. Come il feretro di Siegfried fatto girare nei corridoi di platea illuminato da un livido occhio di bue; trovata "sperimentale" vecchia come le piramidi già negli anni Settanta quando le avanguardie delle cantine romane scorrazzavano tra il pubblico al grido di "abbattiamo la quarta parete!" :D
Si aggiunga un versante musicale oscillante tra il discreto e l'anonimo (unico momento davvero formidabile, il coro del II atto) e avrete il quadro esatto di una faraonica e costosa montagna che ha partorito il solito, simpatico topolino.
Ma forse sono io ad essere troppo vecchio per apprezzare questo sfarzo -lo vogliamo chiamare così?- tecnologico che, come mi ha suggerito una saputa vicina di posto, parla il linguaggio dei "gggiovani" e ai "gggiovani" si rivolge. Come se bastasse mettere un paio di piercing ad Amleto per riempire le sale di ventenni entusiasti.
E forse sono anche troppo cinico per recepire la poesia, il respiro profondo, la travolgente umanità (con qualche variante questo però era il tono degli entusiati) del finale di questo Crepuscolo in cui, nell'ultima diapo si componeva la parola A-M-O-R-E sul tema della Redenzione.
All you need is love cantavano i ragazzacci di Liverpool.... :roll: Oltre quarant'anni fa.

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Re: gotterdammerung - Fura - Mehta - FI

Messaggioda pbagnoli » gio 21 mag 2009, 15:32

Ti leggo un po' perplesso, vecchio rivoluzionario inacidito che non sei altro.
Oppure sei rivolto ad un altro genere di teatro, ormai, e di questo tipo di teatro non sai cosa fartene?
Come che sia, sono felice di rileggerti su queste pagine :D
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Re: gotterdammerung - Fura - Mehta - FI

Messaggioda Maugham » gio 21 mag 2009, 16:20

pbagnoli ha scritto:Ti leggo un po' perplesso, vecchio rivoluzionario inacidito che non sei altro.
Oppure sei rivolto ad un altro genere di teatro, ormai, e di questo tipo di teatro non sai cosa fartene?


Tutt'altro. E' che in questo periodo sono particolarmente incasinato e non ho tempo di vedere nè sentire nulla. Figurati poi di rifletterci sopra!
Vedi, questo Ring mi ha particolarmente infastidito. Parlo a titolo personale ovviamente.
Mi ha infastidito come mi infastidicono tutte le operazioni furbe in tema di spettacolo.
E mi stupisco che gran parte del pubblico e della critica, di fronte ad avvenimenti come questo, abbocchi. E parli di novità, di avanguardia, di rivelazioni messianiche in tema di teatro wagneriano.
Questo Ring altro non era che il solito Wagner marmoreo, statico, palloso, quello degli elmi con la corna, soltanto riverniciato con una patina di tecnologia colorata e naif.
Ovvero l'innovazione innocua -perchè nient'altro che tradizione mascherata- che non ti spinge a riflettere, non ti pone domande nè ti risolve dubbi. E che mette d'accordo tutti.
E comunque, ribadisco: l'idea di affidare un Ring a quei pazzi della Fura dels Baus mi era sembrata un'ottima idea.
Quindi i miei complimenti a chi l'ha avuta.
Io stesso avrei giurato -dopo aver visto alcuni loro spettacoli di prosa- che sarebbe stato un Ring da ricordare.
E invece mi sono trovato di fronte al solito stile Fura "da esportazione", ottimo per grandi eventi celebrativi ma mortale in un teatro d'opera per oltre sedici ore di teatro wagneriano.

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Re: gotterdammerung - Fura - Mehta - FI

Messaggioda pbagnoli » gio 21 mag 2009, 17:54

Però col Siegfried era andata un po' meglio, no?
Il tuo parere all'epoca era stato complessivamente appena più favorevole, anche se - a rileggerlo - si evince comunque un fastidio per una non-tecnica registica e l'utilizzo di soluzioni stereotipate.
Forse il problema sta tutto lì: quattro-regie-quattro consecutive di questo genere spalmate su oltre 16 ore di musica, sublime finché si vuole ma che non si "spiega" con la vicenda, sono francamente un po' troppo.
Il che ci riporta a considerare l'idea che la regia non è affatto un accessorio al canto ben emesso, ma un elemento imprescindibile di qualunque spettacolo d'opera degno di tal nome. Qui, su questo sito, è un concetto assodato; altrove evidentemente no
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Re: gotterdammerung - Fura - Mehta - FI

Messaggioda Maugham » mar 26 mag 2009, 15:28

pbagnoli ha scritto:Però col Siegfried era andata un po' meglio, no?
Il tuo parere all'epoca era stato complessivamente appena più favorevole, anche se - a rileggerlo - si evince comunque un fastidio per una non-tecnica registica e l'utilizzo di soluzioni stereotipate.


Vedi, era un meglio per modo di dire.
Magari dettato dalla maggior cautela espressiva richiesta da una recensione strutturata rispetto a un messaggio da forum.

Il che ci riporta a considerare l'idea che la regia non è affatto un accessorio al canto ben emesso, ma un elemento imprescindibile di qualunque spettacolo d'opera degno di tal nome.


Più che regia direi un'attenzione alla drammaturgia che, in un autore come Wagner, dovrebbe essere una cosa ovvia.
Passi Pizzi e altri soci tappezzieri, ma dalla Fura mi sarei aspettato decisamente qualcosa di diverso.
Ora, non pretendo che un regista sciolga tutti i nodi simbolici e teatrali di un'opera come il Ring; pretendo però che almeno provi a spiegare quali siano le relazioni tra i vari personaggi e ne definisca, seppur in maniera sommaria, i tratti teatrali.
Altrimenti siamo dalle parti dell'opera concerto su proiezioni suggestive.
Il che può andare benissimo, beninteso ed è andata benissimo a giudicare dalle recensioni e dagli esauriti.
A me personalmente -se fatta in questa maniera- annoia e basta.
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gotterdammerung a Venezia

Messaggioda marco » mer 08 lug 2009, 17:48

ieri sera ultima rappresentazione del Crepuscolo alla Fenice nell'allestimento di Carsen e con la direzione di Tate, un avvenimento per tutti i "carseniani" d'Italia che si sono ritrovati a Venezia per questa terza puntata del Ring, in attesa del completamento con il Rehingold e chissà del ciclo completo
per chi aveva già visto Walkiria e Sigfrido la parte visiva non poteva costituire una sorpresa, ma è comunque sempre sorprendente il livello negli spettacoli di C. della chiarezza e precisione dell'idea scenica e del livello della recitazione, nè poteva sorprendere la direzione di T. sempre fluida, scorrevole ma estremamente intensa
il cast forse non era al livello delle due precedenti giornate, sebbene avessi letto in altre sedi giudizi molto negativi sulla coppia protagonista ed encomiastici sugli altri, io invece controbilancerei
un Crepuscolo in cui l'umanizzazione della vicenda è portata a livelli estremi, soprattutto il personaggio di Brunnhilde, del cui dramma interiore nella recitazione della Casselman non veniva nascosto nulla
bellissima la parte centrale del monologo finale appenna sussurata davanti al sipario chiuso, prima della conclusione sotto una pioggia purificatrice
la parola agli altri forumisti presenti...

P.S. il Ring Carsen completo è comunque previsto a Colonia nel prossimo giugno con nomi come Herlitzius, Salminen ecc..
Marco
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Re: gotterdammerung a Venezia

Messaggioda Maugham » ven 10 lug 2009, 11:20

marco ha scritto:
bellissima la parte centrale del monologo finale appenna sussurata davanti al sipario chiuso, prima della conclusione sotto una pioggia purificatrice
la parola agli altri forumisti presenti...


Hai perfettamente ragione. Il finale di questa Gotterdammerung senza dubbio me lo ricorderò per tutta la vita.
Quella luce verdastra, tra i vapori beneficii e la pioggia torrenziale da foresta pluviale... : Love : sembrava di essere dentro Mission.
In questo Carsen è straordinario. Lavora sull'incisività dell'immagine in perfetta sintonia con la musica. Di tutti i suoi spettacoli che ho visto - anche in quelli che mi hanno convinto di meno - la suggestione dell'immagine riusciva sempre centrata.
Mi ha divertito il messaggio eco-chic sotteso alla scena delle Norne (frassino mutilato e catasta di suppellettili di legno, si presume, costruite con il legno della nobile pianta) e a quello delle Figlie del Reno, prosciugato e ridotto a discarica.
Il second'atto, dall'arrivo di Brunnhilde in poi, più ci penso, più lo considero una delle esprienze più sorprendenti della mia esperienza wagneriana.
Purtroppo, vocalmente, eravamo alla sbando. Sono convinto che - per quanto riguarda la Casselman- ci fossero anche problemi di cattiva forma fisica altrimenti non si speigherebbero certi scivoloni, per me, imbarazzanti. : Blink :
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Re: gotterdammerung a Venezia

Messaggioda MatMarazzi » sab 11 lug 2009, 16:52

A mia volta, mi unisco alla gioia per questo splendido Goetterdaemmerung e al piacere di aver ritrovato vecchi compagni di forum come Maugham e Marco.

marco ha scritto:per chi aveva già visto Walkiria e Sigfrido la parte visiva non poteva costituire una sorpresa, ma è comunque sempre sorprendente il livello negli spettacoli di C. della chiarezza e precisione dell'idea scenica e del livello della recitazione


Concordo assolutamente.
E aggiungo che i legami fra Walkiria (in particolare) e il finale del Crepuscolo presupponevano un'organicità di visione che, senza l'Oro del Reno, andava probabilmente persa.
In astratto, io sostengo che il grande Carsen - il cui limite, ma anche il suo pregio, è un candore di fondo che mal si concilia con testi particolarmente "profondi" - non sia adatto alla drammaturgia wagneriana, specie quella dell'ultima stagione.
Non mi sorprende che non abbia ancora osato nè il Tristano, nè il Parsiafl ...e sotto sotto spero che non ci si avvicini mai.
Eppure questo Ring, carico di tutti i simboli e i sentimenti di una fiction anni '80, sprigionava un tale calore umano, una tale gioiosa semplicità da coinvolgere moltissimo. L'epica ingenua alla Mission (come dice Maugham) ha effettivamente funzionato alla grande.

Concordo ancora con Marco sulla direzione di Tate

sempre fluida, scorrevole ma estremamente intensa


a cui rimprovero solo un'eccesso di sonorità al terzo atto, decisamente sproporzionato all'ambiente.
Quanto al cast la penso più come Marco che come Maugham. La Casselman è un'ottima declamtrice, piena di idee e suggestive soluzioni espressive.
E' solo vocalmente sottodimensionata rispetto al ruolo.
Non è un difetto da poco, sia chiaro, e tuttavia se l'avessimo sentita in altro ruolo ritengo il nostro giudizio su di lei sarebbe stato lusinghiero. E' una che - secondo me - dispone di notevoli armi sia tecniche, sia interpretative. Cosa che invece manca a Winke, anche se il suo piglio infantile e spacca-tutto lo rendeva simpatico.
Hagen non è giudicabile: il poveretto si è trovato senza voce a partire dalla metà del secondo atto.
Incidente di percorso? Sì, è possibile. E tuttavia mi chiedo se il vero problema non è piuttosto che il personaggio di Hagen è pane per veri bassi, non per Bass-Baritoni.
All’inizio l’ipotesi di un bass-baritono, più vivace e virile, mi aveva conquistato (riflettevo su come sarebbe stato Terfel in questo ruolo); poi a mano a mano che l’interprete veneziano restava senza voce, mi sono convinto che non è il caso. Che se ci si cimentano i bassi profondi una ragione ci sarà.

Gunther e Gutrune erano modestissimi vocalmente – lui soprattutto – ma davvero simpatici scenicamente: su di loro Carsen si è sbizzarrito, facendone una specie di coppia “alternativa” (in stile Will and Grace), con lui vistosamente impotente, anzi omosessuale latente, nervoso, elegante e col ditino sempre alzato; lei sessualmente immatura e lievemente alcolista; entrambi schiacciati dalla devastante virilità di Hagen (che se li spupazza e se li sbaciucchia come se fossero i suoi schiavetti). Atterriti e dominati da cotanto fratello, i due non riescono a difendersi: alla peggio …vomitano (come hanno fatto tutti e due al secondo atto). Stupenda l’immagine di Gutrune che, all’inizio del terzo, sentendo di lontano l’urlo di Hagen al posto del corno di Siegfried, si chiude le orecchie con tutte le sue forze, come per non dover riascoltare – dopo aver pregustato la libertà con Siegfried - il richiamo di quel terribile padrone, che per tutta la vita l’ha posseduta.
Salutoni,
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Nuovo Ring alla Scala - Rheingold

Messaggioda beckmesser » lun 24 mag 2010, 14:41

Beh??!! Nel "più importante teatro del mondo" si lancia un nuovo Ring e qui nessuno dice niente? Nessuno è andato o si tratta del proverbiale velo che a volte è opportuno stendere? Io ho visto la recita di sabato, e sono uscito depressissimo: per carità, è ovvio che un Ring non si giudica dal solo prologo (anche se...); va bene che è il primo passo di un progetto che da qui al 2013 verrà aggiustato, modellato, migliorato; va bene tutto, ma per ora non c'è proprio niente. A cominciare dalla regia: nel programma di sala si leggono due interessantissime analisi dei ben due (sic!) "drammaturghi" che assistono Cassiers nell'impresa. Dopo aver ripercorso in una paginetta (la brevità, gran cosa...) la storia degli allestimenti del Ring nel '900, individuando quattro fasi basate su "storia del mito" (fino al 1944 - era Cosima), "mito" (1951-1975 - era Wieland), "storia" (1976 - 1980 - era Chéreau), e "neo-mito" (anni ottanta - Kupfer e altri), il primo "drammaturgo" asserisce che "Il Rheingold della Scala del maggio 2010 inaugura il Ring di Guy Cassiers e introduce un paradigma del tutto nuovo". Caspita: mica robetta... A questo punto il lettore si pone l'ovvia domanda: qual'è il "paradigma del tutto nuovo"? Sta in due parole: contemporaneità e globalizzazione, dato che "A differenza dell'epopea storica presentata da Chéreau, il Ring di Cassiers non si colloca nella storia né si muove cronologicamente attraverso la storia. (...) Il Ring di Cassiers mostrerà come il mondo globalizzato del 2010 continui ad essere costruito sui vocaboli wagneriani del 1870". A parte qualche perplessità nel definire il Ring di Chéreau "un'epopea storica" e nell'identificare nei soli anni '70 dell'800 la matrice dei "vocaboli" wagneriani, il resto del discorso (per quanto un filo ingenuo) è interessante: la tecnica di base dovrebbe consistere nell'uso di proiezioni e danzatori come specchi emozionali dei personaggi; ossia: i cantanti cantano e si muovono e proiezioni e danzatori mostrano i loro reali sentimenti (e tralasciamo l'ovvia nota che a tale ruolo già sarebbe chiamato l'universo dei motivi conduttori).

Il secondo "drammaturgo", dopo aver premesso che "il Ring è l'analisi critica della società capitalistica della metà dell'800 e della sua classe media" (roba da appuntarsi sul polsino della camicia per non rischiare di scordarsela, tanto è originale), spiega che "la messinscena di Cassiers tiene in seria considerazione l'analisi sociale del Ring e la traspone all'inizio del XXI secolo, in un mondo in cui il capitalismo è dvenuto globale e senza alternative", dato che "il Ring racconta la crisi di identità e la collocazione incerta dell'individuo nel disorientante processo di globalizzazione". Come dire: Bernard Shaw rivisto da Rupert Murdoch... Vengono poi fornite alcune coordinate estetiche delle varie scene: le Figlie del Reno sono "webcam girls"; il Walhalla è il mondo di Matrix, dove "il mondo reale è una rovina letteralmente rimossa dalla vista dei personaggi ad opera di una macchina che, al suo posto, proietta nelle loro teste immagini di una società ordinata e vivibile"; il regno sotterraneo di Alberich è "il regno del Grande Fratello", con telecamere ecc.; l'arcobaleno è "composto da una grande massa di numeri e lettere che richiamano la borsa e i corsi azionari".

A quel punto, chiuso il programma di sala, si trattava di vedere come tutto ciò (già di per sé in vago odore di "troppo facile") era trasformato in linguaggio teatrale. Niente. Le webcam girls si agitavano con gli stessi ancheggiamenti pseudosexy che, probabilmente, si usavano ai tempi di Cosima (che peraltro credo avrebbe apprezzato i loro costumi, tanto erano tradizionali); il mondo di Matrix era rappresentato da un pavimento a scacchiera su cui gli dei si muovono meccanicamente, mentre sul fondale vengono proettate le ombre dei giganti (Dio mio com'era luuuuuunga la loro scena); nel mondo del Grande Fratello Alberich fa faccette cattive come in quello di Otto Schenk. Ovunque, una decina di ballerini esegue "coreografie" che "rappresentano" gli stati emotivi dei relativi personaggi e, dato che i movimenti "coreografici" erano più meno sempre gli stessi, se ne dovrebbe dedurre che secondo Cassiers i vari personaggi provano tutti le stesse cose per tutta l'opera. Tutto qui: rigorosa staticità compresa. Un analfabetismo teatrale pressoché completo, di quelli che rendono evidente come niente nasca dalla drammaturgia del testo (poetico e musicale), ma solo da idee più o meno originali appiccicate dove capita. Risultato: una noia che si taglia a fette.

Musicalmente, le cose vanno meglio, ma è tutto risaputissimo e prevedibile. Fra l'altro, se c'è un "mondo sonoro" che tutto richiama alla mente tranne che videoclips, matrix e Grande Fratello, è quello di Barenboim: sontuoso, tardoromantico, antico (anche se, onestamente, meno che in altre occasioni). Anche il cast è buono, ma prevedibile: Pape canta benissimo (tranne qualche acuto estremo), ma a volte sfiora il solfeggio: avrà tempo di approfondire, ma per ora il Wotan del XXI secolo è ancora da trovare. Come attore, poi, è inesistente. Rugamer credo verrà additato come esempio di un Wagner che, finalmente, viene "cantato" e non declamato, col risultato che le tirate di Loge hanno suoni molto belli e ben sostenuti, ma sono di una noia abissale: nessun colore, nessun dosaggio dinamico, nessun virtuosismo ritmico, nessuno scavo sulla parola. Gli altri, chi più chi meno, non sfigurano (tranne l'Alberich mediocrissimo di Kranzle), ma nemmeno dicono granché.

Per un progetto chiave della nuova Scala, mi sa che non c'è molto. Spero di sbagliarmi, ma se già le due ore e mezzo del Rheingold passavano così lente, ho un po' di apprensione a pensare alle 4 ore e passa delle giornate successive...

Saluti,

Beck
Ultima modifica di beckmesser il lun 24 mag 2010, 16:59, modificato 1 volta in totale.
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Re: Nuovo Ring alla Scala - Rheingold

Messaggioda Maugham » lun 24 mag 2010, 15:06

beckmesser ha scritto:Beh??!! Nel "più importante teatro del mondo" si lancia un nuovo Ring e qui nessuno dice niente? Nessuno è andato o si tratta del proverbiale velo che a volte è opportuno stendere? Io ho visto la recita di sabato,


Gran bel pezzo Beck. : Thumbup :
Io lo vedrò mercoledì ma da quello che mi hai anticipato....non ne ho una gran voglia.
Divertentissime le istruzioni per l'uso dei dramaturgen. : Chessygrin : : Chessygrin : : Chessygrin :
Ne parleremo.
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Re: Nuovo Ring alla Scala - Rheingold

Messaggioda VGobbi » lun 24 mag 2010, 20:37

Grazie per la bellissima disamina, beckmesser. Non rimango molto sorpreso dal giudizio, sostanzialmente negativo, che riserva a Pape. Per affrontare Wotan, ci vuole un'immensa personalita', non solo una voce irreprensibile ...
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Re: Nuovo Ring alla Scala - Rheingold

Messaggioda Maugham » gio 27 mag 2010, 17:34

beckmesser ha scritto:Beh??!! Nel "più importante teatro del mondo" si lancia un nuovo Ring e qui nessuno dice niente?


Eccomi qui.
Allora, da dove cominciare?
Be' dalla mia irritazione. Mi sembra un buon inizio no?
Poco prima che cominciasse il pedalone di mi bemolle, si abbassano le luci e si apre il sipario.
Una novità registica? No, vi prego, il preludio a sipario aperto? Ancora?
E invece no; eccolì lì, i lavoratori di palcoscenico schierati in fila con un bel cartello con scritto sopra "infame decreto" o roba simile.
Si avanza un rappresentante dei lavaratori che legge un ciclostile con le solite cose. Mi sono un po' commosso. Mi sembrava di essere tornato ai tempi del liceo quando a Bologna vedevo "quelli grandi" che scrivevano sui muri Cossiga con la K. :cry: Poi, siccome adesso sono un vecchio babbione, mi sono scocciato. E con me una bella parte del pubblico della platea che ha cominciato -a differenza di quanto accaduto per la Frau di Fi- a fischiare e a fare buuu mentre altri ingioiellati paladini del proletariato operistico gridavano bravi e applaudivano. Cosa credete, che me ne sia stato zitto? Anch'io ho urlato "il teatro non è il vostro!" ribadendo focosamente un semplice concetto già da me espresso con toni più miti su queste pagine: se vuoi scioperare, scioperi e fai casino fuori dal teatro. In caso contrario lavori e stai zitto. Ma trovo indecente che un rappresentante dei lavoratori mi spinga a dover esprimere gratitudine a un gruppo di lavoratori (pagati) perchè hanno deciso di lavorare lo stesso. Poi, magari il decreto è una schifezza, non lo nego. Ma il punto è un altro. Transeat.
Volevo leggermi le tirate dei due dramaturgen di cui parlava Beck. Ho reistito. Odio, a teatro, le istruzioni per l'uso.
O meglio, magari sono utili per focalizzare l'attenzione su questo o su quel dettaglio. Ma se, come in questo caso (le ho lette a posteriori) diventano l'unico modo per capire che cosa diavolo stia succedendo sul palcoscenico allora sento puzza di "mettere le mani avanti" e mi giro di traverso.
Come vedete non ero messo molto bene.
Ma credevo nel potere catartico di Wagner e pensavo che tutto si sarebbe messo a posto.
Si apre il sipario (dopo un tenerissimo scrocco del primo corno) e vedo le tre figlie del Reno. Che si muovono come si sono mosse da sempre le figlie del Reno sia nei Ring per "tonti" (Schenk) che in quelli per "intelligenti" (come quello di Kupfer). Braccine su, braccine giù, girotondi, walalala di qua, hejahaha di là, mosse capricciosette e broncini. Mi raccontano i dramaturgen che in questo Ring le ninfe altro non sono che webcam girls la cui -cito dal programma- irresistibile provocazione virtuale tiene inccollati a Internet ogni sera (chissà perchè solo di sera?) milioni di uomini in tutto il mondo!
C'è anche un bel puritanissimo punto esclamativo a conclusione. Mah, di solito le webcam girl sono nude, fanno cose sporcaccissime e stanno dentro un pc. Queste erano vestitissime, candide e si muovevano come Raffella Carrà. Ma hanno ragione i dramaturgen. Le figlie del Reno devono essere un po' zoccole, lo dice anche Fricka prime della discesa nel Nibelheim, no?
Andiamo avnti. Sullo sfondo vedo delle proiezioni e dico fra me e me, bella novità! Non se ne può più. Altolà! I dramaturgen mi avvertono che quelle non sono semplici proiezioni. Ma materiale proiettato che si proietta sul pubblico il quale riproietta le sue emozioni sul palcoscenico. Ovvero un idioma visivo teatrale contemporaneo che si pone in contrasto con il background inequivocabile del nostro mondo sempre più intenso e dominato dai media: lo sviluppo del computer e della tecnologia informatica e la loro manipolazione ideologica e politica; la realtà che si trasforma in realtà virtuale; l'impatto di tutto questo sulla percezione di noi stessi e del mondo e così via. La cosa che mi è piaciuta di più è stata il così via finale.
Sta di fatto che mi sono sentito ingnorantissimo nell'aver osato svilire un qualcosa di cosi profondo con un termine così banale quale "proiezione" o "video".
Sulla base di questo siamo arrivati sotto al Walhalla e, stando ai dramaturgen, nel mondo di Matrix. Urca! Mi aspettavo -me l'aveva detto Beck- Neo, i cappottoni, gli occhiali scuri, i salti al ralentì, i numerini verdi, segui il coniglio bianco, mangia la pillola blu...no. Solo una spruzzata di verdino sulle proiezion...ops :oops: sulle costruzoni visuali proiettate. Poi arrivano i mimi. Che sono, per me, una piaga mostruosa in qualunque allestimento. I mimi che doppiano e spiegano quello che, nel teatro wagneriano, la musica e i personaggi spiegano benissimo a volte addirttura con sovrabbondante prolissità didattica. I dramaturgen mi danno un'altra bacchettata sulle mani. Non sono mimi! Sciocchino! Cito dal libretto di sala: Ogni essere divino è interpretato contemporaneamente da un cantante e da un danzatore (o da più danzatori): il danzatore è l'ombra mobile del dio immobile (il cantante).
Non male come scusa per giustificare l'assenza assoluta di ogni lavoro sui cantanti. Sta di fatto che questi mimi fanno stretching, mimano concetti astratti o concreti come nel gioco dei mestieri (io ho indovinato muratore e fabbro, ma il secondo solo perchè l'ha detto Wotan e quindi non vale). Ho però anche capito "finestra del Walhalla" che, convenite, era difficilissimo e mi sono sentito un grande.
Poi arrivano i giganti, vestiti come i poliziotti di Matrix. Però solo uno è un gigante, perchè l'altro è Youn che, bravissimo, però è alto si e no come Rita Pavone.
Sciocchino! Quelli non sono i veri giganti! I veri giganti sono proiettati come ombra gigantesche sullo sfondo di una struttura di corpi sottovuoto (cosa vuol dire?) che insieme formato un grande muro di corpi fossilizzati.
Eravamo dalle parti dell'arrivo di Loge. E io già cercavo vie di fuga ma ero incastrato in mezzo alla platea.
Andiamo pure nel Nibelheim.
Qui Alberich ha scopeto il potere manipolativo dell'immagine e padroneggia le tattiche delle figlie del Reno. Ovvero, penso io, anche lui è diventato una webcam girl. Sarebbe scemo, ma divertente. No, assolutamente. Ha ragione Beck. E uguale identico al Wlashiha di Schenk che aveva i conchiglioni e i paguri incastrati sulla zucca mentre qui ha solo telecamere di controllo. Udite, adesso arriva il bello! Il Nibelheim -dicono i dramaturgen- è il regno del Grande Fratello! Un grande fratello -aggiungo io- cattivo cattivo che proietta immagini di genocidi, morti, devastazioni e torture. Ci mancava. Il Grande fratello cimancava.
Non so più cosa dirvi. :shock:
Forso non lo sanno nemmeno i dramaturgen che pontificano: "il Ring di Cassiers altro non è che un modo artistico di confrontarsi con alcune delle grandi questioni sollevate dal generalizzato processo di globalizzazione; la dichiarata fine della storia e della politica; il flusso di informazioni e di immagini; il ruolo del linguaggio e della retorica; la virtualizzazione della realtà; la società dei consumi; la confusione ideologica; la minaccia del fanatismo e del fondamentalismo; la ricerca di sicurezza e spiritualità." Da parte mia aggiungerei anche il turismo di massa, la raccolta differenziata, le mezze stagioni, il PIL, la crisi della Grecia...
Dirigeva Barenboim nella solita maniera cremosa all'inizio e bombardona nel finale. Finale in cui, novità delle novità, Loge rimaneva da solo al proscenio. Il palcoscenico, dicono i dramaturgen, si svuota. Era già vuoto, dico io. Ma loro aggiungono che la scenografia di Walkiria "è pronta sul palco". Cioè niente. Il che, visti i tempi grami in quanto a soldi, va benissimo.
Decreto infame!
WSM

P.S. Scusate la bizzarria dello scritto ma non riuscivo a organizzare il pensiero meglio di così. Forse anch'io ho bisogno di un dramaturg.
Mae West: We're intellectual opposites.
Ivan: What do you mean?
Mae West: I'm intellectual and you are the opposite.
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Re: Nuovo Ring alla Scala - Rheingold

Messaggioda MatMarazzi » gio 27 mag 2010, 20:20

Si chiedeva Beck perchè nessuno avesse ancora accennato a quella penosa inutilità del Rheingold scaligero.
Personalmente perchè non ci sono andato, nè ci andrei...
E forse anche perché non ce n'è bisogno... Come non c'è bisogno di parlare di Margherita Rinaldi quando già manca il tempo di parlare di Jennipher Vyvian o Beverly Sills.
Ma leggendo i posti di Beck e Maugham (per inciso STUPENDI, brillantissimi e divertentissimi) mi verrebbe voglia di rilanciare un argomento (in questa sede decisamente OT) che ci tenne a lungo impegnati qualche tempo fa.

Io all'epoco sostenni che se negli anni '70 e '80 era stata la Contestazione la principale causa della crisi dell'opera, negli anni '90-2000 era stata la stessa Contestazione (attraverso i suoi ormai maturi e più "interati" intellettuali) a garantirne la rinascita. Pur non condividendo che ben poche tesi dei vecchi "contestatori" dovevo ammettere che l'attuale stagione d'oro dell'opera in cui viviamo, fatta di creatività, invenzione, bellezza... si doveva alla loro presenza a capo dei principali teatri europei.
Nella stessa occasione adombravo l'inizio di una nuova "crisi"... Anche i direttori artistici usciti dal '68 non sono più in grado di dare ulteriori contributi. Cominciano ad essere a loro volta "il vecchio", le loro "visioni" cominciano a essere rimasticature manieristiche.

Quello che mi raccontate simultaneamente di questo povero Ring scaligero mi rafforza in questa sensazione.
Ma anche tutta l'esperienza di Lissner alla Scala mi conferma che è arrivato il momento di una nuova svolta; è giunta l'ora in cui questi ormai maturi e imborghesiti sopravvissuti della cultura sessantottina (a cui, ribadisco, va la nostra gratitudine per aver letteralmente salvato l'opera negli anni della grande crisi) si ritirino e lascino davvero parlare una generazione giovane, che non si limiti (come fanno tutti i vecchi) a dire "che brutto il presente!" (inquinamento, globalizzazione, sesso virtuale, ecc...) ma vivano davvero il presente e lo sappiano descrivere.

Provo un senso di sgomento nel leggere le argomentazioni dei dramaturghen... non solo per la povertà del loro rifrittume, ma per il disagio evidente di cercar di dire qualcosa di nuovo quando si è irrimediabilmente vecchi...
Che ci sia bisogno anche oggi di una scapigliatura "anti-sessantottina"?

Scusate l'OT e ancora grazie per i vostri bellissimi e irresistibili resoconti.
Mat
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Re: Der Ring des Nibelungen (Wagner)

Messaggioda peleas98765432 » mar 27 lug 2010, 22:15

ma guarda che il Rheingold della Scala è stato bellissimo
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