marco ha scritto:sto leggendo, in varie sedi, giuste critiche a questa scelta di Attila (soprattutto per il fatto che ci sono titoli del Verdi giovane che credo alla Scala non si siano mai visti) ma credo che lo spettacolo diretto da Muti non fosse tutto questo trionfo di cui molti parlano, anzi se non ricordo male fini in un fiasco quasi completo, con il solo Ramey accolto dagli applausi del pubblico, e il sipario tagliafuoco fatto calare dopo un'unica uscita per placare le intemperanze del loggione
Forse tu parli della prima: erano tutte agitate ai tempi di Muti perché certo loggione sapeva, già allora, quali fossero i momenti più opportuni per far baldoria (le prime radiotrasmesse, con i giornalisti che - come è noto - sono influenzabilissimi).
La mia recita di Attila (che non fu la prima) fu un trionfo: fu applaudita persino la Studer, attesa alla cavatina con tutti i fucili spianati, ma che ci donò un "nel fuggente nuvolo" strepitoso (con Muti che calibrava i ritmi e le sonorità degli strumentini sulla sua voce, in un dialogo di abbandoni e sussulti che resterà nella mia memoria come uno dei momenti d'oro della mia storia di ascoltatore).
Quanto a Muti, diresse quell'Attila in un modo grandioso e originalissimo (per l'epoca): quella capacità di affrescare ogni tableau con una tale pienezza neoclassica che pareva nulla dovesse muoverrsi, quelle accensioni misurate, quelle progressioni lunghissime, quel colore torvo e barbarico che premeva...
So anche io che oggi Gardiner (con un'orchestra finalmente non brahmsiana) farebbe di meglio, ma per l'epoca l'Attila di Muti era una cosa su cui il mondo intero poteva alzare lo sguardo. Non credo che si alzerà lo sguardo su questo...
Quanto a Ramey... inutile perderci tempo. Ebbe un trionfo spettacolare anche a Milano come nel resto del mondo e si ricollocò (per ragioni vocali, tecniche e drammaturgiche) sul gradino più alto di una graduatoria che, in questo ruolo, lo vedrà "primo" per altri moltissimi anni.
Riprendere Attila oggi alla Scala è, ha ragione Teo, prova di inavvedutezza e forse persino ignoranza. In tutti i casi una mossa stupida.
A partire dalla scelta del protagonista.
Veniamo alla questione Furlanetto.
Mi spiace per Teo.Emme ma io non conosidero affatto Furlanetto un cantante finito: è uno dei maggiori artisti che l'Italia abbia prodotto da molto tempo in qua; uno dei pochi a rappresentare nel mondo un'immagine bella e "artistica" del canto d'opera italiana.
Detto questo, è vero che la Scala di Lissner pare non abbia altro sogno, altro obbiettivo che fargli fare brutta figura e raccogliere dei fischi che (forse meritati nella fattispecie) non lo dovrebbero essere in riferimento a un artista di simile classe.
Partiamo dalle sue caratteristiche: è vecchio, il suo è un canto (da sempre) sillabante e declamatorio, assolutamente impresentabile in repertorio vocalistico (e già da giovane i suoi Don Pasquale o Leporello lo attestavano), ma che nel repertorio giusto produce (oggi come ieri) scosse elettriche da vero e proprio gigante.
In paesi più abituati a valutare i pregi dei declamatori, Furlanetto può permettersi di presentarsi come Filippo II e Fiesco (già il suo Attila di meno). In Italia no.
Eppure esistono tanti ruoli da vecchio-gigante-declamatorre, specie per la corda di basso. Perché (tanto per restare ai titoli di questa stagione) non far fare a lui Hunding ad esempio (non me ne voglia Vit: Tomlison va benissimo!!!!!, era solo un esempio)? Perchè non il Barone Ochs (dove Furlanetto sarebbe stato molto più attraente, originale, aristocratico, sottile di Rose); perché non un bel cammero in Timur?
No... Attila... un ruolo virtuoso, acuto, di memorie belcantiste...
Secondo me Lissner lo odia! Vuole che sia fischiato a tutti i costi.
Stesso discorso per la Meier: è e resta una delle più grandi personalità operistiche di tutti i tempi.
Puoi disporre di lei! E vivaddio! Grazie! Ma perchè non considerare la sua età? la sua attuale vocalità? la sua attuale fisionomia?
E' così difficile trovare per lei ruoli da grande declamatrice non più giovanissima?
Non sarebbe stato più eccitante vederla debuttare in Fricka (che peraltro è più un falcon che un mezzo e quindi sarebbe convenuta alla sua proiezione alta)? Sarebbe stata la più seducente, la più sottile, la più sapiente, la più sensuale delle Fricke e la parte se la sarebbe mangiata in un boccone; io poi, volendo osare il colpaccio, l'avrei convinta a debuttare nella Penelope di Monteverdi.
Non dimentichiamo che Penelope (come Ottavia) ha praticamente solo recitativi: il personaggio è troppo aulico perché Monteverdi le conceda arie o pezzi chiusi; quindi anche una "non vocalista" ha modo di farsi valere; anzi una declamatrice valorizzerebbe persino meglio della strepitosa Mingardo il "peso" delle parole.
La Meier al debutto in Penelope avrebbe non solo garantito a lei un trionfo assicurato, ma avrebbe dato rilievo mondiale a quel Monteverdi "cenerentola" che nonostante Wilson (o forse proprio a causa sua) sarà regolarmente disertato dal pubblico.
Ecco; quando dico che non basta avere i grandi nomi, intendo questo. Bisogna saperli studiare e valutare bene come impiegarli.
Il successo non dipende dalla bravura di un artista, ma da quanto un ruolo riesca a valorizzarne pregi e difetti.
Salutoni,
Mat