beckmesser ha scritto:Mi veniva da pensare che è curioso, ma ormai le cose più significative sul repertorio ottocentesco le dicono interpreti che escono dalle vecchie scuole filologiche: Gardiner in certo repertorio francese (Berlioz, Bizet), e io aspetto certo Verdi (Don Carlos, Vêpres); Minkowski in altro repertorio francese (Gounod, Massenet, Meyerbeer, Offenbach), e io aspetto Rossini; Harnoncourt in certo repertorio tedesco (Schumann, Schubert), e io aspetto Wagner. Ci sarà un perché...
a parte i complimenti vivissima per la "scelta" e per la trasferta (ma si sa... noi siamo "esterofili", come se fosse colpa nostra che un Don Quichotte Minkowsky-Pelly si faccia a Bruxelles invece che da noi), vorrei inserirmi in quest'ultima osservazione che, nonostante il tuo intento di buttarla lì come interrogativo e provocazione finale, meriterebbe approfondimenti sostanziali.
Gli ingenui e reazionari non hanno ancora capito la vera rivoluzione degli specialisti "barocchi". O forse, nel loro ottuso opporvisi, l'hanno capita troppo bene: magari istintivamente, non razionalmente.
Non si è trattato (e non si tratta) di una frattura nel modo di suonare e di cantare (questo, se mai, è un epifenomeno), ma di una frattura fra due modi di intendere l'opera.
Terrei fuori, in questo, Harnoncourt, che è un grande, ma anche un "finto" rivoluzionario... di quelli che indossano i vestiti dei rivoluzionari, ne adottano gli stilemi, le pratiche, le provocazioni, ma resta nel profondo dell'anima un kappelmeister di altissima tradizione.
I suoi valori, le sue priorità, le sue gerarchie estetiche restano le stesse, seppure cammuffate dalle ampie conoscenze barocche. Il suo Mozart resta il "divino" Mozart; il suo Bach resta l'"assoluto" Bach, il suo Handel resta il "sublime" Handel...
Donizetti? Robaccia... La Gruberova lo aveva supplicato di fare Anna Bolena... Ma per carità: meglio il Pipistrello (con tutto il rispetto per il Pipistrello, intendiamoci). Ma in fondo che un kappelmeister diriga il Pipistrello non è strano...
Il fatto che tu veda un suo eventuale sviluppo in Wagner è significativo! Quella sarebbe stata una vera "idea" per il Ring alla Scala... Io correrei a sentirlo.
Ma saprei benissimo che - con tutte le novità tecniche che introdurrebbe - Harnoncourt vedrebbe in Wagner quella stessa cosa (sublimamente metafisica) che tutti i direttori tedeschi ci vedono.
Gardiner e Minkowsky sono un altro mondo (e anche i loro eredi e continuatori).
Loro infrangono quell'alone di sacralità che infesta la "visione" dei grandi sinfonisti tedeschi: per loro la spaccatura consiste nell'esigenza di ritrovare la "popolarità" del genere, riflettere sui meccanismi teatrali-narrativi antichi e profondi che lo "schiacciasassi" della sacralità aveva livellato.
Per loro riflettere sul barocco significava proprio scardinare piedistalli e sublimazioni, affondare il dito nelle convenzioni, nella forza "di genere" (temuta e odiata dalla cultura precedente); il barocco era solo un "veicolo" per loro, perché si prestava a questa disamina paranoica alle radici del ritmo, del colore, di quel fermento di "vita vera" e di "pulsione popolare" che troppa "seriosità" ha occultato per decenni.
Non trovi strano che uno dei massimi direttori di oggi (un Gardiner) non abbia mai diretto un Wagner, un Brucker, un Mahler?
Lui cerca proprio l'opera in quanto meccanismo di arte popolare, di incastro di canzoni, di elementi anticamente disprezzati perchè "semplici" e ora da riscoprire in quanto infinitamente "complessi".
Gardiner è alla ricerca di questo: con spasmodica intensità (e intuito teatrale-narrativo da vero genio) travolge le opere, le ripensa, ne scatena potenziali occulti, dalle radici talmente antiche e profonde da essere attualissme ancora oggi.
A Giugno mi toccherà andare a Bruxelles per gli Ugonotti sempre diretti da Minkowsky (per inciso con Cutler e la Delunsch.... i miei sogni che si avverano).
Anche in quel caso mi beccherò dell'esterofilo...
Un salutone,
Matteo