Giulietta Simionato

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Giulietta Simionato

Messaggioda Alberich » mer 05 mag 2010, 16:34

A pochi giorni dal suo 100° compleanno, è morta.
Come ricordarla?
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Re: Giulietta Simionato

Messaggioda MatMarazzi » mer 05 mag 2010, 23:51

Alberich ha scritto:A pochi giorni dal suo 100° compleanno, è morta.
Come ricordarla?


Hai fatto bene a ricordarla. Di lei si è parlato poco nel nostro forum, forse perché era una cantante talmente razionale (il chè non vuol dire priva di personalità, tutt'altro... ne aveva da vendere), per meglio dire talmente rigorosa nel pretendere e nell'ottenere da sè quello che riteneva "giusto", da non sorprendere mai, nè in bene, nè in male.
Ti aspettavi esattamente quel che faceva e dopo potevi solo dire "quanto era brava".
Penso che sia questa la ragione per cui in fondo si discute poco di lei: non è una di quelle artiste sulle quali ci si azzuffa e che si fanno sempre citare nei fora.
Lei era lì, come una sorta di "grado zero" verdiano, giusta, puntuale, perfetta... senza soprese, ma senza nemmeno un errore, una scivolata, nulla che fosse men che perfetto.
Resta il fatto che è stata una grandissima e questo nessuno lo dimentica.

Fermo restando che è brava sempre, potremmo chiederci in cosa davvero ci piace sentirla e risentirla.
In quali opere sentiamo un brivido che vada oltre l'ammirazione.
Io (poi semmai dirò perché) voto - nell'ordine - Principessa di Bouillon e Azucena.
Lo so... forse vi aspettavate Seymour, Amneris, Eboli, Dalila...
E invece i ruoli in cui mi dà i brividi sono quelli che ho detto.

E a voi?

Salutoni,
Mat
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Re: Giulietta Simionato

Messaggioda Alberich » gio 06 mag 2010, 9:10

Grazie Mat, credo che tu abbia perfettamente centrato il punto.
A me, ammetto, piace molto nella Gioconda, soprattutto nel duettone con Alvise (parlo dell'edizione Gavazzeni).
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Re: Giulietta Simionato

Messaggioda MatMarazzi » ven 07 mag 2010, 19:24

Alberich ha scritto:Grazie Mat, credo che tu abbia perfettamente centrato il punto.
A me, ammetto, piace molto nella Gioconda, soprattutto nel duettone con Alvise (parlo dell'edizione Gavazzeni).


Sono sorpreso...
Dovrei sorprendermi?
Mi immaginavo che ognuno dicesse la sua per ricordare questa grande artista (che i soliti passatisti assurgono a emblema dell'età dell'oro) e invece, a parte me e Alberich, nessuno ha nulla da dire.
In fondo, se lo posso dire, non sono poi così sorpreso.
In effetti noi di Operadisc siamo una comunità particolare: non ci fidiamo dei vangeli vocalistici e crediamo che il canto sia prima di tutto una forma d'arte.
Ed è su questo versante che giudichiamo il contributo di un cantante: il valore artistico appunto.

La Simionato un'artista lo era... nel senso che la sua era una "vera" personalità.
L'intelligenza, l'acume, l'intuito, il carisma non le mancavano.
Eppure... vista con gli occhi di oggi, ci si accorge che metteva il "linguaggio" (tecnico-stilistico) al di sopra dell'arte.
E' l'esempio più impressionante che conosca di cantante "cerebrale" (altro che Fischer Dieskau...).
Era cerebrale perché (era più forte di lei, era la sua natura) sottoponeva qualsiasi "segno" canoro, mimico, espressivo a un controllo severissimo a monte.
Aveva in testa un modello di "cosa deve fare un vero mezzosoprano" (un modello alto, intendiamoci) e lo applicava con tale accanimento da risultare sempre troppo prevedibile.
La cosa che sconcerta è che di solito a nascondersi dietro alla "forma" sono le piccole personalità: la famosa Ebe Stignani, ad esempio, non poteva che riconsocersi a sua volta nell'ossessione del "modello tecnico-sonoro"; ma cos'altro avrebbe avuto, lei, da offire?
Al contrario, ciò che rende interessantissimo il caso della Simionato è che lei, dietro quel formalismo sconcertante, racchiudeva una personalità fortissima, un'intelligenza musicale e drammatica da vera dominatrice.
Anche la sua carriera è stata così: passettino dopo passettino, senza lasciarsi condizionare, senza lasciarsi mai cogliere impreparata, dalla lunga gavetta, dai piccoli ruoli ai trionfi in tutto il mondo; con razionalismo, celebralità, calcolo e certezza granitica dell'obbiettivo da raggiungere.

Ne usciva uno strano compromesso fra forza teatrale e controllo scolastico, che (come sempre per i grandissimi) non era un "limite", ma una "caratteristica" che aveva solo bisogno dei personaggi giusti in cui esprimersi.
Personaggi che non potevano estrinsecarsi nella passione o nell'ardimento: ogni volta che la Simionato "simula" la passione (mi viene in mente il suo quarto atto di Aida) risulta efficiente, ammirevole, musicalmente trascinante... ma basta una nota, una striatura, un respiro di una vera grande Amneris (mi viene in mente la Castagna, la Klose, la Bumbry, la Meier) per avvertire la differenza fra la regina dei piedistalli e una semplice (ma ben più vera) "cantante-interprete".

Ho affermato di apprezzarla nella Principessa di Bouillon.
E' una questione psicologica.
La Bouillon, di tutta la letteratura operistica italiana, è il ruolo più "calcolatore" che esista. E' lssuriosa senza essere sensuale; è aristocratica pur comportandosi da troietta; è imperiale pur fuggendo vigliaccamente; tutto è calcolo; tutto è finzione.
Tranne la collera, tranne l'invidia, tranne il livore e la frustrazione, che però vanno cocciutamente mascherati.
L'effetto - per me straordinario - della Simionato in questo ruolo sta nell'efficacia anche drammaturgica che una volta tanto i suoi formalismi conseguono.
Il suo solito "formalismo" da bravo mezzosoprano che fa tutto quel che deve fare lo sentiamo anche qui, ma qui ...la fastosità costruita a tavolino, la scenosità sobria e altera, le belle note tutte giuste, tutte "tonde" e tutte scontate diventano "sostanza drammaturgica", perché è il personaggio stesso che vive di forme, di coperture, di calcoli e filtri retorici, fondamentalmente amorale, una macchina.
E' per questa ragione che la Bouillon della Simionato (maestosa e finta, sontuosa e calcolatrice) sbugiarda e ridicolizza con la sua classe tutte quelle ben più diffuse principesse che scivolano nella scorciatoia di fare le "cattive" e risolversi in esternazioni grezze, volgari (penso all'insoffribile Cossotto, qui come in quasi ogni altro ruolo). Solo la Kasarova - un'altra grande "calcolatrice", come Giulietta - ha lasciato della Bouillon un ritratto altrettanto credibile.

L'altro personaggio in cui la Simionato mi pare (ancora oggi) quasi inarrivabile è appunto Azucena.
Dico quasi perché, in un personaggio così immerso nella psicosi, che credo si possa (in teoria) fare più di quanto ha fatto lei.
Eppure, se dalla teoria si passa ai fatti, lei resta la più grande, la più inquietante, la più completa delle Azucene documentate, almeno a mio gusto.

Sul piano drammaturgico addurrei le stesse motivazioni che già mi fanno amare la sua Bouillon: come per miracolo, l'esteriorità intellettualizzante del ritratto si fa interiorità viva del personaggio.
La finzione percepibile, il distacco tecnico, duro dell'interprete diventa la chiave per giustificare le inestricabili doppiezze e simulazioni della zingara.

Si dirà: ma anche Eboli è un personaggio "calcolatore"; anche Amenris (prima del 4 atto). Anche loro mentono e sono cattive.
Perché dunque questa preferenza ad Azucena?
Perché Eboli e Amneris, sia pure nelle loro menzogne e nelle loro colpe, sono dirette, vere, passionali.
Con Azucena non si capisce nulla... Il personaggio è talmente contorto, talmente sfuggente che non sai mai se è più importante quel che dice o quello che non dice; non sai mai quali progetti (deliranti o implacabilmente lucidi) stia davvero covando in testa, anche se sta dicendo tutt'altro.
Non si capisce perché si dia tanto da fare per salvare il figlio (raccogliendone i cocci a Pelilla) se poi lo vuole morto (e sarà lei a causarne la morte, pur potendolo salvare)! Lo usa solo come strumento?
Non si capisce perché gli racconta una storia (con i minimi dettagli, anche i più scabrosi) quando poi si affretta a negarla e reclamare il proprio amore materno! Vuole o non vuole che Manrico sappia la verità? Oppure vuole solo che la sospetti?
O davvero il racconto le scappa dalla bocca ...inavvertitamente?
Perchè poi, come una perfetta idiota, se ne va fin dentro gli accampamenti di Luna presso Castellor...
cosa cercava? Voleva raggiungere Manrico? E perchè?
Ma davvero (lei che conosceva ogni mossa del conte di Luna; lei che aveva persino sentito leggere la lettera di Ruiz che annunciava la presa di Castellor) non si era resa conto che quegli accampamenti che assediavano la rocca non potevano che essere del conte?
E cosa cercava lì? Di farsi arrestare?
Infine che ragione c'era (in presenza di Luna, di Ferrando, dei soldati) di mettersi a invocare l'aiuto del figlio (avendo ben cura di chiamarlo, si noti bene, per nome... caso mai qualcuno non capisse), se non quella di assicurarsi che una volta preso fosse condannato a morte (...non si sa mai! Dopo che Manrico aveva salvato la vita al Conte poteva scapparci una grazia... se poi quella zoccola altolocata di Leonora ci avesse messo becco la grazia era assicurata).

E non è ancora finita: perché in prigione, quando potrebbe salvare se stessa e Manrico (basterebbe infatti che anticipasse di qualche secondo la famosa rivelazione), preferisce tacere? La vendetta, certo....
Ma è una vendetta con conseguenze importanti: Azucena preferisce morire carbonizzata (anche se ne ha una paura boia) quando potrebbe cavarsela rivelando la vera origine di Mnarico!!!
E lui, il povero Manrico, il tanto amato "figlio suo"? Chi, se non lei, lo condanna a morte?
Non certo il conte! Il conte - se avesse saputo "prima" che Manrico era suo fratello - lo avrebbe sicuramente graziato, come aveva giurato al padre.
Fino a dove si spinge la doppiezza, l'incomprensibilità, la disumanità di questa donna?
Eppure (è proprio questo il bello!) non si tratta di una disumanità direttamente percepibile: anzi, ammesso che ci sia, è nascosta benissimo, dietro a comportamenti talmente "convincenti" che rischiano di essere tutti, completamente, incredibilmente falsi.
Se ci si ferma un attimo a pensare, si arriva a non credere più niente di quel che dice e che nulla di vero alberghi in Azucena: solo un'ossessione da nascondere a tutti, ma a cui tutto il resto si piega; un imperativo totalizzante (piuttosto simile a quello che ha guidato la carriera inflessibile e senza errori - forse anche senza passione - della cantante).

Azucena non può spiegarsi, come gli altri ruoli verdiani, coll'espressione dei suoi "sentimenti" (buoni o cattivi). I sentimenti che esprime sono maschere.
C'è solo l'inesorabilità di un obbiettivo portato avanti (con calma, pacatezza, freddezza, lucidità) per quindici lunghi anni, che la trasforma in un automa (a me ricorda l'ufficiale medico del primo Alien). :)
Procede secondo un progetto segreto e inderogabile, non vacilla, non può avere ripensamenti, perché si è disumanizzata votandosi "al progetto"-
Si è talmente sconcertati da lei che si finisce per non crederle nemmeno quando (finge?) di dormire e di parlare nel sonno (comodo, vero?) al quarto atto, quasi per trattenere il figlio e impedirgli di seguire Leonora verso la libertà.

In un ruolo del genere la maschera di prevedibilità e il senso del "dovere" della Simionato (unita al suo grande carisma e a quella faccia strana, da zingara cattiva, come ingessata in un'espressione immutabile) rappresentano una soluzione per il personaggio di un'efficienza che io trovo insuperabile.
Scusate la franchezza, ma, ad esempio, Zietta Ebe come Azucena mi fa davvero sorridere; quanto a Sora Cossotto mi fa sganasciare dalle risate,
La Simonato invece - quell'androide esotico, pacata, distante e sicura di sè anche nel più infuocato parossismo - mi fa paura.

E poi c'è la questione vocale.
E' fuori discussione che la Simionato fosse un'immensa vocalista (rientrava nel suo progetto inderogabile esserlo).
Ma d'altronde Azucena reclama questa grande eredità di memorie ancora belcantistiche, proprio quelle che - anche nei suoi ruoli tardo-romantici, nei suoi strettissimi legami con a Gounod, Chopin, Brahms, Berlioz - si portava dietro " Pauline Viardot (la cantante del "domani" ma pur sempre figlia di Garcia, sorella della Malibran).
La Viardot non fu - è vero - la primissima Azucena, ma nessuno mi toglie dalla testa che fu proprio lei (e la sua Phides creata pochi anni prima a Parigi) il "modello" che ispirò Verdi quando si immaginò questa madre degenere.
La Viardot fu d'altronde Azucena assai presto; non in Italia, ma molto più in su, quando (vincendo la sua scarsa considerazione per la musica di Verdi) creò l'opera al Covent Garden, in quella stessa leggendaria "prima" in cui Tamberlick lanciò il primo "oteco" della storia.

Belcantista convertita al Romanticismo. Questa era la Viardot e questo - per carriera e tipologia vocale - fu la Simionato.
Ma in comune con la Viardot (e dunque con Azucena) la Simionato ebbe un altro aspetto importantissimo: il tipo di voce.
Ne' l'una, nè l'altra erano quel tipo di "mezzosoprano" che intendiamo oggi, ma una sorta di via di mezzo, un ibrido fra soprano e coltralto possente e destabilizzante.

Infatti quando Phides (Meyerbeer) e Azucena (Verdi) furono scritte, non era ancora nato il mezzosoprano come lo si è inteso successivamente: eravamo ancora in una fase di preparazione.
Le due parti (vocalmente e drammaturgicamente così simili) sono modellate su una particolare declinazione di "primadonna ottocentesca" (il cui modello, lo ribadisco, aveva un nome e cognome, la Pauline Viardot delle seconda carrira): ella era, dalla fine degli anni '40 in poi, un maturo soprano già corto di suo, che l'età aveva reso ancora più dura sull'acuto. Non per questo era diventata un "coltralto" (tipologia che della sensualità dei centri aveva fatto il suo "amorosissimo" atout per molti decenni) o un "falcon", simbolo di sensualità e giovinezza infuocata nel Grand-Opéra.
Per la Viardot occorreva inventare nuovi ruoli, che valorizzassero la moderna tragicità di una voce incoerente e franta, dalle possenti lacerazioni, per cui gli acuti erano grida di dolore e i gravi affondi possenti, capace di sprigionare, proprio dalle sue crepe, fiammate ustionanti.
Era una tipologia nuova, o - come si diceva all'epoca - "alla Viardot"; che poi, nel corso dei decenni, si sarebbe da ciò sviluppato al moderno mezzosoprano è un'altra storia. Ma allora, ai tempi in cui fu scritto il Trovatore, è ancora una voce anfibia, soprano e contralto insieme, capace di velluti d'elegia sopranile e contemporaneamente di bagliori impuri, furenti, grandiosi.

Sia Meyerbeer con la sua Phides, sia Verdi con la sua Azucena scrissero - belli chiari in partitura - dei do sopracuti (che ovviamente i mezzosoprani di oggi tendono a ignorare) e basterebbe questo per far capire che il tipo di vocalità richiesto ad Azucena non dovrebbe compiacersi nel morbido e centralizzante spessore di certe trombe marine russe o americane (per non parlare delle nostre antiche ziette italiche, tutte belle tonde e piacevoli).

Anche da questo punto di vista, col suo continuo oscillare fra tessiture sopranile e contraltili, la Simionato è l'Azucena ideale.

Spesso mi ritrovo a pensare "chi" avrebbe potuto essere migliore di lei nella parte, nel corso del '900, ma finisco sempre per cadere nei sogni...
la Varnay negli anni '50, la Olivero negli anni '60, la Baker negli anni '70, la Norman negli anni '80.
Tra quelle "reali", la Bumbry avrebbe potuto, ma le mancavano le memorie belcantistiche; la Horne le aveva, ma le mancava la forza di personalità.
E così, sogni a parte, per me la vera Azucena resta Giulietta Simionato.

Scusate la prolissità,
Un salutone,
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Re: Giulietta Simionato

Messaggioda pbagnoli » ven 07 mag 2010, 21:14

Non posso che concordare con te, ovviamente: grandissima Azucena e, a mio gusto, anche grandissima Amneris.
Questo per quanto riguarda gli aspetti delle sue performances.

Ma io amo moltissimo anche l'altra Simionato. La signorile, pacatissima consorte del magnifico Pietro Valdoni, principe della chirurgia italiana (e scusate, ma quando ce vo'...), in grado di disquisire dal suo salotto di ogni questione con tranquilla eloquenza e una punta di polemica sempre educata che ci stava benissimo.
La cantante che parlava sempre a proposito delle colleghe con cui aveva condiviso serate indimenticabili.
La vocalista di rango che - vera Signora - ancora dava dei punti quanto a stile esecutivo a sue colleghe più giovani e di canna assai più robusta.

Recentemente mi sono riascoltato due sue Santuzze, entrambe della Scala ed entrambe con due partners outstanding: il torrenziale, stratosferico Corelli; il tenerissimo e sfuggente Di Stefano. Due serate al calor bianco. Due serate da Scala dei bei tempi che furono
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Re: Giulietta Simionato

Messaggioda Enrico » sab 08 mag 2010, 2:18

Voto anche io per Azucena (preferibilmente dal vivo, con Karajan) e per Santuzza. E se parliamo di calcolo e finzione, ma con un po' di passione, penserei anche all'Italiana in Algeri.
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Re: Giulietta Simionato

Messaggioda Rodrigo » sab 08 mag 2010, 11:26

Anzitutto complimenti per le considerazioni svolte sin qui.
La "mia" Simionato è l'Adalgisa della celebre Norma scaligera Callas-Del Monaco-Votto (1957). A parte la serata grandiosa di tutto il cast, quello che mi colpisce è come Adalgisa, assegnata secondo la tradizione apocrifa ad un mezzosoprano, riguadagni buona parte del carattere giovanile che Bellini aveva ipotizzando pensando alla Grisi.
E questo grazie alla Simionato al suo gusto, al suo timbro, in una parola ad una sensibilità che lascia indietro di parecchio la (vocalmente) matronale e plateale Stignani dell'incisione RAI di qualche mese prima.
Nè va trascurato il bagaglio tecnico della Simionato che le consente di guardare negli occhi la Callas nei passaggi più impegnativi del duetto.
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Re: Giulietta Simionato

Messaggioda Luca » sab 08 mag 2010, 12:01

La disamina della Simionato in generale e poi come Bouillon e Azucena fatta da Matteo è da incorniciare!!! Ma io vorrei dire anche qualcosa di più su un altro personaggio che la 'Giulia' (così come la chiamava la Callas) ha interpretato. Parlo della bieca ed aristocratica Zia Principessa. L'edizione la conosciamo tutti è quella diretta da Gardelli con la Tebaldi bella voce, angelo quanto si vuole ma anche in certe uscite volgarotta e incapace di dare una nota di giovinezza all'infelice monaca: sempre lì a pontificare e ad essere, per questo motivo, nemmeno in regola con le sfumature e gli acuti.
Dunque la Zia Principessa gelida terribile, davvero sinistra nella sua implacabile severità. Il serpente evocato da M. Carner riguardo a questo personaggio si realizza pienamente nella frase detta dalla Simionato (E SOLO DA LEI COSI'): "Quando l'estasi mistica scompare": lì il gioco della sibilante S ha un effetto davvero sottile ed implacabile, quasi da bisturi. Occorrerà attendere la Ortrud di W. Meier per sentire altrettanta sottile ferocia.
Ma già l'apparire di questa Zia-Simionato ("Il Principe Gualtiero") incute davvero reverenza e paura: personaggio minuscolo (riguardo alla quantità di note cantate) rispetto ad un'Amneris, ma che diviene mastodontico e mostruoso nella proposta interpretativa che ce ne da la Simionato.

Secondo aspetto: come rossiniana (e belcantista in genere) era di una raffinatezza e naturalezza estremi. Si era negli anni '50 e - come ricorda Celletti (mi si passi la citazione) - la svolta Berganza e la comparsa della Horne non era ancora molto prossima. Da notare che il coté belcantistico della Simionato (quello di cui ha dato prova anche in Seymour nella citata Adalgisa e addirittura in Valentina degli Ugonotti) ci hanno offerto Azucena, Preziosilla ed Eboli in regola con quei passi vocalizzati che ci sono, oltre all'approfondimento psicologico davvero millimetrico di cui Matteo ha parlato. Al pari della Callas, credo, che la Simionato abbia decretato la fine dell'antico adagio 'voce-voce-voce' tipico di generazioni a lei anteriori (vedi Minghini Cattaneo e, per certi versi, anche Stignani), ed egualmente certo verismo esagitato (Zinetti, Castagna, Barbieri, Lazzarini), anche se verso la fine della carriera la stessa Simionato abbia qua e là caricato un pò le tinte, ma forse per fare di necessità virtù.

Saluti, Luca.
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Re: Giulietta Simionato

Messaggioda Milady » sab 08 mag 2010, 18:02

Carissimi amici,
sono completamente d'accordo con voi.
La Simionato, voce splendida splendidamente "suonata" sul piano tecnico e, insieme, interprete di alto rango ,è stata veramente grande.
Ed è stata una eccezione per il suo gusto severo che nulla concedeva alla platealità in anni in cui , era facile - e tollerato , se non troppo spesso espressamente richiesto- andare sopra le righe: veniva considerato "temperamento".
Ricordo anche io la sua Santuzza, la sua Zia Principessa ,la sua Amneris, la sua Adalgisa, la sua Principessa di Bouillon e la sua Giovanna :il famoso duetto nell'Anna Bolena con la Callas è uno dei miei brani preferiti.
Ho un lontano ricordo della sua Carmen, che mi tornò chiarissimo alla memoria quando, molti anni dopo, ascoltai la Cossotto , lei davvero sopra le righe (anche come Azucena e Principessa di Bouillon: sentire per credere )- nello stesso ruolo.
A quell'epoca le Carmen-saloon o esagitate erano purtroppo la regola ( sovente anche in seguito : vedi Cossotto).
La grande Giulietta, senza nulla concedere al cattivo gusto allora imperante, fu una Carmen sensuale ed estremamente convincente .
Ricordo che - sia pure tra i generali applausi scroscianti- qualcuno del pubblico la giudicò "un po' fredda": così capitava allora a chi voleva dare una immagine della fatale zingara fuori dai soliti chichés .
La ascoltai per caso mentre,intervistata da un giornalista della mia città, ricordava i lunghi anni di durissima gavetta e di piccolissimi ruoli: si capiva che , anche se ormai giustamente celebre e "celebrata" , quel periodo era per lei come una dolorosa ferita, tanto è vero che alle sofferenze psicologiche di quel tempo faceva risalire le terribili emicranie che l'avevano tormentata.
Avevo anni fa una selezione in vinile dell'Orfeo ed Euridice ( ora non so più dove sia finita): una voce di velluto ed insieme potente.
Sempre molti anni fa dettero alla TV un suo concerto: un vero mezzosoprano , con note gravi perfettamente emesse, un centro solidissimo ed acuti raggianti.Ma tutto questo "ben di Dio"non sarebbe nulla, se non ci fosse stata l'interpretazione calibrata al millimetro. La misura , quando si hanno doti naturali e tecnica come la Simionato, è solo dei grandi artisti.
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Re: Giulietta Simionato

Messaggioda pbagnoli » dom 09 mag 2010, 9:34

Ecco Milady: la questione della misura è assolutamente appropriata e tu, con la tua consueta sensibilità, hai centrato perfettamente il problema.
Anch'io la penso come te: Giulietta è sempre stata misurata e sensibile, e il paragone con chi è venuto dopo - la Cossotto - mi sembra quanto mai pertinente.
Anche per me c'è un abisso profondo ed infinito fra queste due cantanti: non ho mai amato particolarmente le plateali estroversioni vocali della Fiorenza nazionale che, mi sembra, è stata spesso (non sempre, è chiaro) alla superficie dei personaggi che interpretava.
Forse la Simionato è invecchiata vocalmente prima della Cossotto, ma non m'importa più che tanto...
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Re: Giulietta Simionato

Messaggioda MatMarazzi » dom 09 mag 2010, 14:17

pbagnoli ha scritto:Forse la Simionato è invecchiata vocalmente prima della Cossotto, ma non m'importa più che tanto...


Ma non è vero, Pietro.
La Simonato ha superato in condizioni vocali semplicemente eccezionali i cinquant'anni: ancora nei primi anni '60 la sua voce era capace delle stesse meraviglie di dieci anni prima. Persino negli ugonotti del 62 (che pure è uno dei suoi ruoli peggiori) si permetteva un do facilissimo.

Come era messa la Cossotto a cinquant'anni? Ossia nel 1985?
Era uno strazio dell'anima: io l'ho sentita dal vivo l'anno prima proprio nel Trovatore a Ravenna.
e ti assicuro che confrontare la Cossotto scassata e urlante del 84 (49 anni) con quella della Simionato del 62 con Karajan (52 anni) è illuminante su chi sia durata di più

L'unica differenza è che la Simionato, quando sui 55 anni, ha avvertito i primi segni di cedimento ha fatto fagotto immediatamente, la Cossotto invece ha continuato ad ammorbarci per lustri...

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Re: Giulietta Simionato

Messaggioda Rodrigo » dom 09 mag 2010, 14:40

MatMarazzi ha scritto:Come era messa la Cossotto a cinquant'anni? Ossia nel 1985?
Era uno strazio dell'anima: io l'ho sentita dal vivo l'anno prima proprio nel Trovatore a Ravenna.
e ti assicuro che confrontare la Cossotto scassata e urlante del 84 (49 anni) con quella della Simionato del 62 con Karajan (52 anni) è illuminante su chi sia durata di più


Già, illuminante.
Io mi sono fatto l'idea, iconoclasta fin che si vuole, che la Cossotto non avesse poi questa grande affinità con l'universo verdiano. Per opportunità o per "pigrizia mentale" (anche di chi doveva indirizzare e consigliare) si è trovata a proporre per ogni dove e ogni come Amneris e Azucena ma - chissà perché - non ha fornito chissà che letture sconvolengenti. Anzi, il più delle volte si è buttata sul solito luogo comune becero-verdiano Voce! Voce! Voce!.Col bel risultato di spaccare la medesima già prima dei 50.
Dai miei ascolti la voce (timbricamente splendida) della Cossotto sarebbe stata perfetta per altro repertorio: le prove di Favorita e Tancredi - affrontate saltuariamente e con qualche riserva mentale- stanno lì a dimostrare che ci sarebbe stata un'affascinante belcantista da affiancare alla Horne e, aggiungo, una straordinaria Falcon.
Almeno così credo.
Saluti.
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Re: Giulietta Simionato

Messaggioda MatMarazzi » dom 09 mag 2010, 15:15

Rodrigo ha scritto:Io mi sono fatto l'idea, iconoclasta fin che si vuole, che la Cossotto non avesse poi questa grande affinità con l'universo verdiano. Per opportunità o per "pigrizia mentale" (anche di chi doveva indirizzare e consigliare) si è trovata a proporre per ogni dove e ogni come Amneris e Azucena ma - chissà perché - non ha fornito chissà che letture sconvolengenti. Anzi, il più delle volte si è buttata sul solito luogo comune becero-verdiano Voce! Voce! Voce!.Col bel risultato di spaccare la medesima già prima dei 50.


Non è affatto una tesi iconoclasta per me. E' verissimo.
Quello che scrivi del Verdi della Cossotto si sposa perfettamente a una mia vecchia teoria, quella della stagione "nera" dell'opera, fra i secondi anni 60 e i primi anni 80: negli stessi anni in cui trionfava l'anti-Lucia della Sutherland, l'anti-Salome della Nilsson, l'anti-Alvaro di Bergonzi, l'anti-Don José di Domingo, l'anti-Elisabetta della Freni, l'anti-Boris di Ghiaurov... come non poteva trionfare anche l'anti-Amneris della Cossotto?
Erano gli anni in cui i valori musicali-poetici si erano persi, il bisogno di emozione, l'esigenza di verità artistica, sostituiti da spettri di varia natura (noia? ripetetività? evangelismo vocalistico?).

L'ipotesi di una Cossotto tardo-belcantistica e francese è ovviamente seducente. La sua Favorite ha momenti impressionanti, così come - mi tocca convenirne - il suo Tancredi. Nemmeno in questo repertorio - temo - sarebbe venuta fuori quella grande, profonda personalità che - a mio avviso - non ha mai avuto.
Eppure... la maggiore affinità di linguaggio, avrebbe potuto aiutarla a essere più "sè stessa" e quindi, probabilmente, più vera.

Sto pensando una cosa... :) che questa deviazione nel caso Cossotto non farà piacere a Giulietta, se ci legge di lassù. Lei per la Cossotto non aveva alcuna simpatia.
Una ventina di anni fa ebbi l'onore di cenare nello stesso tavolo con la Simionato in occasione di una serata al circolo musicale di cui facevo parte (onore è un termine grosso... la signora mi parve altera e sprezzante anche mentre mangiava gli spaghetti).
In quell'occasione feci una gaffe storica.
Le espressi i compliementi per aver eseguito il do di azucena nell'Incisione DECCA; lei rispose "è vero. Non c'è un'altra Azucena che riesca a farlo".
Oggi sarei rimasto zitto; all'epoca risposi prontamente che lo aveva già inciso la Matzenauer (e in pianissimo) negli anni del disco acustico, e che in tempi recenti l'avevano eseguito in disco anche la Horne e la.... Cossotto.
Lei si fece di gelo e immediatamente da sotto il tavolo mi arrivarono calci da destra e sinistra...
Nominare la Cossotto in presenza della Simionato era un reato capitale!
Salutoni,
Mat

PS: A proposito di ruoli (diciamo) da Falcon, come l'avresti vista nell'Alice del Robert le Diable?
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Re: Giulietta Simionato

Messaggioda Luca » lun 10 mag 2010, 22:02

Molto interessante l'aneddoto conclusivo di Matteo dal quale è possibile notare come la Cossotto resta ancorata ad un vecchio e scontato modulo canoro, mentre la Simionato è davvero un'aristocratica signora capace di finezze e mille risorse interpretative. Se fosse stata riesumata con anticipo la Maria Stuarda (egregiamente eseguita beninteso dalla coppia Gencer-Verrett) avrei visto bene la Giulietta come Elisabetta (forte anche delle sue prove donizettiane) e la Callas come Maria. Ma sono solo sogni da fantalirica e hanno poco costrutto. Tuttavia a me pare che la Simionato forse qualcosina di più l'avrebbe potuto dare anche spingendosi un pò oltre le solite Aide, Trovatori, ecc: tutti ottimi e ben approfonditi. Insomma un pò di allargamento di repertorio verso zone non italiane (è vero Carmen, Dalila, Mignon, Carlotta sono stati suoi ruoli) però per lo scavo della parola una Ortrud oppure un Eglantine l'avrei ascoltata con piacere. Se si pensa poi, che alla sua epoca, Ortrud era cantata dalla Nicolai e dalla Gambardella !!! :? :roll:
Mi piacerebbe leggere la vostra opinione (e di Matteo in primis).

Un saluto, Luca.
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Re: Giulietta Simionato

Messaggioda MatMarazzi » mar 11 mag 2010, 11:18

Luca ha scritto:però per lo scavo della parola una Ortrud oppure un Eglantine l'avrei ascoltata con piacere. Se si pensa poi, che alla sua epoca, Ortrud era cantata dalla Nicolai e dalla Gambardella !!! :? :roll:
Mi piacerebbe leggere la vostra opinione (e di Matteo in primis).


Caro Luca,
lo sai... relativamente a Orturd chiedi alla persona sbagliata! :)
Io infatti sono persuaso dell'inconciliabilità tecnica fra il vocalismo all'antico (di cui la Simionato era egregia rappresentate) e la sottigliezza declamatoria - come dici tu lo "scavo nella parola" - che solo altre tipologie tecniche hanno permesso di conseguire.
Che la Simionato curasse "la parola" è vero, ma lo poteva fare coi limiti di una vocalista e soprattutto solo nel repertorio vocalistico.
Tu che ami l'Ortrud della Meier, non avresti trovato - temo - nella Simionato che una Ortrud impacciata proprio in ciò che rende grande un'interprete di questo personaggio. E' la stessa ragione per cui avrei avuto orrore di affidarle la Nutrice della Donna senz'ombra (per la quale sarebbe stata psicologicamente perfetta, ma tecnicamente un disastro).

Diverso è il discorso di Eglantine, per la quale le "declamatrici" restano ancora le migliori (penso alla sconvolgente inge Borkh), ma che effettivamente mantiene più di una radice belcantistica.
Quello sarebbe stato un ottimo ruolo da proporre alla Simionato (invece delle solite Amneris ed Eboli); complimenti per l'idea.
Io aggiungerei anche Alice del Robert le Diable e naturalmente Phides del Profeta.
Mi trovo poi a concordare con Rodrigo sull'Italiana in Algeri (che si distingue, proprio per il calcolo e il cinimso, da tutte le altre eroine comiche di Rossini).

Salutoni,
Mat
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