Otello (Verdi)

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Re: Otello (Verdi)

Messaggioda VGobbi » sab 06 mar 2010, 12:46

pbagnoli ha scritto:
VGobbi ha scritto:Cappperi, il Sachs di Tomlinson mi manca proprio. Ma esiste l'incisione ufficiale (che sia live o studio)? Naturalmente m'interessa se cantata in tedesco. Se si, potresti darmi gli estremi del cast e la casa discografica che l'ha pubblicata?

Ti ringrazio Pietro!

Sei un essere ignobile!
Era una delle recensioni che avevo messo online in home, che era andata persa con il casino che avevamo avuto un po' di mesi fa e che tu - ovviamente - non avevi letto!
Siccome sono un buono, te l'ho rimessa online, così te la puoi (ri)leggere...
Sono veramente commosso dell'attenzione con cui degni queste pagine! : Fuck You :

Beh, tu sei un ingrato ... perche' quella recensione l'avevo letta e pure commentata (viewtopic.php?f=4&t=484&st=0&sk=t&sd=a&hilit=Tomlinson&start=15).

Solo non ricordavo piu' che esisteva ... Vedi che sei prevenuto? Dovresti farti perdonare ... Cosa mi regali?

P.s.: io OD lo leggo SEMPRE!!!
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Re: Otello (Verdi)

Messaggioda Enrico » sab 06 mar 2010, 13:32

Gratias agimus tibi, Milady!
Ecco due frammenti dell'Otello di Laurence Olivier: nel primo è lui con la sua voce, nel secondo qualcuno su youtube ha provato a sovrapporgli "Dio mi potevi scagliar" con la voce di Martinelli.
Poi un Del Monaco in concerto che appare per una volta più chiaro del solito e, non preoccupandosi troppo delle note scritte da Verdi, sembra aprire i suoni "alla Tamagno".
Infine l'Esultate di Tokyo è una testimonianza visiva "live", sia pure imperfetta, per noi che non c'eravamo e che non l'abbiamo visto mai; e nel duetto con Tito Gobbi si vede, anche nella recitazione, che l'accostamento con Laurence Olivier ha le sue buone ragioni.




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Re: Otello (Verdi)

Messaggioda Enrico » sab 06 mar 2010, 14:00

Qualche esperto volenteroso di tenica e di stile potrebbe farci un confronto dettagliato tra questi due estremi:


Mi viene il sospetto che anche Tamagno, nelle sue tardive incisioni, dovesse affrontare qualche difficoltà vocale in modo diverso rispetto all'epoca della "prima", un po' come vediamo nell'ultimo "Niun mi tema" di Del Monaco.
Ultima modifica di Enrico il sab 06 mar 2010, 14:13, modificato 1 volta in totale.
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Re: Otello (Verdi)

Messaggioda Enrico » sab 06 mar 2010, 14:11

Per anni ho ascoltato quasi tutti i giorni i dischi di Rosvaenge, ma ora non li ho qui con me per ripassare il suo Otello: è vero che, come dice Bagnoli, la voce spesso tendeva allo scuro, ma è vero che cantava anche Tamino e il Duca di Mantova (chiaro e squillante nel Rigoletto integrale del 1944, effettivamente più scuro nei dischi del 1928) e Alfredo e Fra Diavolo e Oberon e Il postiglione di Lonjumeau raggiungendo senza problemi il do e il re.
Rimanendo tra gli Otelli germanici youtube ci dà un video di Wolfgang Windgassen del 1966:
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Re: Otello (Verdi)

Messaggioda MatMarazzi » sab 06 mar 2010, 14:52

Povero me!
Andate troppo veloci.
Avevo deciso di rispondere ai vostri messaggi non appena avessi potuto, e mi ritrovo superato da decine di post.
Ci provo lo stesso.
Partirei dall'incipit di Teo

E' incredibile come la questione "otelliana" ciclicamente torni in auge, il che a mio avviso pone due interessanti spunti di riflessione:
1) il personaggio in questione è davvero uno di quei personaggi carichi di fascino, come forse pochi nel panorama dell'opera verdiana (a mio avviso insieme a Riccardo il personaggio più complesso e affascinante)


Posso dire? Mi ponevo lo stesso problema.
Come mai ci accaniamo tanto su questo personaggio?
E' ingiusto...
Non ci interroghiamo altrettanto su ruoli ugualmente giganteschi, complessi, contraddittori... Non mi pare che sulla Kostelnicka della Jenufa, su Masaniello di Auber, su Boris ci siano state tante battaglie.
Teo afferma che questa è la prova della bellezza del personaggio...
Non so... io non amo particolarmente Otello, nè come Opera, nè come personaggio.
Credo che la ragione del nostro accanimento sia proprio la contraddizione spaventosa fra le origini del ruolo e la sua secolare vicenda interpretativa e di conseguenza il mito di ruolo "ineseguibile" (che affascina sempre, anche se in realtà dovuto - come ormai sappiamo - all'averne affidate le sorti a cantanti vocalmente e tecnicamente inadatti).

Sempre Teo si chiede un po' polemicamente

perché si è arrivati ai vari Galouzine, Antonenko, Forbis, Fraccaro, Botha, e....ah dimenticavo José Cura


Se il problema che ti poni è solo teorico (ossia perché è scomparsa la tipologia originale, il "modello Tamagno") allora potevi citare anche Vinay, Vickers e Del Monaco, che erano altrettanto distanti da quel modello quanto Galouzine e Cura.
Io personalmente sono d'accordo con Triboulet sul fatto che - se accettiamo, e in teoria possiamo accettare, la liceità teorica della "deviazione declamatoria" - allora Galouzine e Cura non sono stati per nulla i peggiori interpreti del ruolo.
Se ammettiamo che Vinay e Vickers violino il modello originale (come lo violava l'immenso e baritonale Zanelli o il popolarissimo Del Monaco) lo dobbiamo permettere anche a Galouzine e Cura, che in questa tipologia di interpreti non sfigurano troppo (per quanto i brani postati nel forum, come ho scritto, non rendano giustizia nè a l'uno, nè all'altro).

Ripeto Teo... il problema teorico è un conto, la storia interpretativa del personaggio è un altro.
Cercare di risalire nella storia per cercare di capire la vera "vocalità" di Otello è una cosa sacrosanta, ma negare - sulla base di queste scoperte - l'impegno, il talento e talvolta le rivelazioni di quasi un secolo di Otelli declamatori sarebbe sbagliato.
In questo mi sento molto vicino alle difese di Triboulet.
Nessuna analisi storica e filologica ci autorizzerà mai a sottostimare il contributo degli Otelli declamatori (specie i giganti della loro categoria) e non è questo l'intento della nostra ricerca.

Mi stacco da Triboulet solo quando ho la sensazione (forse sbaglio :)) che pencoli un po' dalla parte opposta, avanzando il dubbio che ...forse i declamatori così distanti da Otello non sono e che l'ideale sarebbe

Triboulet ha scritto:una versione "pavarottiana" d'Otello con tutte quelle nuances che riuscivano a metterci Vickers o Vinay,


No, Triboulet... questo non è possibile.
Se noi vogliamo recuperare il modello Tamagno, non è solo vocalmente che dobbiamo farlo... E' anche culturalmente, idealmente...
Non basta avere la voce di Pavarotti e le "nuances" di Vickers.
Non è possibile essere tenori contraltini tardo romantici come tecnica e contemporaneamente sfoderare i chiaroscuri, le aperture coloristiche, le proiezioni drammatiche e i ruggiti tragici di un declamatore.
Non è solo questione di incompatibilità tecnica, ma soprattutto "ideale".
Un tenore alla Duprez-Tamberlick-Tamagno deve anche incarnare qualcos'altro anche poeticamente... una memoria di antica cavalleria, un rimpianto di un'epoca che non esiste più, il sogno di un passato epico e guerriero che si infrange insieme allo schianto umano e psicologico del protagonista.
Se vogliamo recuperare quel modello, dobbiamo avere il coraggio di andare fino in fondo e di dire addio alle meravigliose "nuances" di cui parlavi; dovremmo cercare di costrurie qualcos'altro.
In pratica, non ce ne facciamo niente di un Pavarotti che "imita" i declamatori (cosa che peraltro è avvenuta, ed è questa la prima causa del suo fiasco in quanto Otello).
Ciò che cerchiamo è una ...Callas dei tenori, che sappia cogliere l'essenza vocale-poetica del ruolo e trasferirla ai "rimpianti" e ai "sogni di gloria" di oggi.

Ma tornerei alla questione di Teo, o per lo meno alla prima parte.

Teo ha scritto:perché questo tipo di scuola che consentiva a gente come Tamagno, Paoli, Escalais, ecc. di poter tranquillamente sostenere ruoli così impervi ad un certo punto non ha più retto?


Ecco una bellissima domanda.
In fondo io credo che i "cattivoni declamatori" si siano "dovuti" buttare sul personaggio, proprio perché era estinto (con la prima guerra mondiale) il tipo giusto di interprete (tranne - come tu giustissimamente ci hai fatto osservare - in Francia, e poi vedremo perchè).
Perché il tenore della linea Duprez-Tameberlick-Tamagno è finito col '900?
Per me la risposta è semplice. Perché è finito il Romanticismo.
Perché solo il Romanticismo aveva creato quel tipo di tenore (Duprez inventò il do di petto!) e la crisi di quella cultura portò alla crisi di quel canto, di quel modo di esprimersi elevato e supersonico.
Il '900 ha introdotto nuove inquietudini, che potevano andare dal simbolismo decadente alle enfasi naturaliste, ma tutte - in qualche modo - anti romantiche.

I post di Enrico su De Lucia e Caruso sono, per me, assolutamente illuminanti.
Perché ci svelano, fra le righe, come anche De Lucia (che la vociologia ci ha sempre presentato come un campione "del vecchio stile ottocentesco" contro le innovazioni tutte novecentesche di Caruso) in realtà era a sua volta "il nuovo": era uno degli individuatori della "nuova cultura canora" da cui Caruso avrebbe preso le mosse.
Erano contrapposti, certo, ma proprio perché appartenevano alla stessa famiglia: De Lucia (che non a caso fu il creatore di tanti personaggi "veristi") era il nuovo, Caruso il nuovo rispetto al nuovo, colui che va oltre l'innovatore stesso.
E questo ci dimostra tante cose...
Intanto che il tenorismo post-(anti-)romantico prendeva le mosse dall'Opéra-Lyrique, l'invenzione sentimentale (e decadente, quindi anti-romantica) dei francesi a cavallo fra i due secoli come Massenet (un vero genio rivoluzionario, per me).
E poi che la "rivoluzione tenorile" anti-romantica (dei de Lucia e dei Figner) si forgiava su
1) leggerezza di canto, di espressione, di "nuance"
2) estensione e colore baritonale
Così era De Lucia (almeno nei giusti riversamenti), così era il giovane Caruso.

TUTTO IL CONTRARIO DEL MODELLO-TAMAGNO, del suo prorompere aulico, dello squillo argenteo e sovrumano.
Per qualche anno i due tenori (il vecchio alla Tamagno e il nuovo alla Caruso) convissero...
E non solo in Italia.
Giustamente, come ci fa notare Teo, in Germania Slezak era l'ultimo rappresentante del tenore tardo-romantico e contraltino. In Francia lo era Escalais.
Dopo la prima guerra mondiale però il "nuovo" vinse sul vecchio e i tenori baritonali, declamatori, coloristi si imposero sugli ultimi rimasugli (Lauri Volpi, Lazaro, Roswenge e qualche altro) del passato.
Dopo la seconda guerra mondiale ...il vuoto (considerato che persino un Corelli e un Pavarotti non hanno resistito al richiamo verista e declamatorio).
La fine del tenore Duprez nel '900 è stata inevitabile e irreversibile come quella dei baritoni Faure-Battistini. Il tempo li ha cancellati.
Il novecento infatti non è più epoca di rimpianti e di "sante memorie", ma di cambiamenti violenti, turbinosi, velocissimi.

E ancora oggi - che abbiamo assistito a innumerevoli rinascite di "modelli canori" che sembravano sepolti nel passato - è un tipo di vocalità che si ostina a non ricomparire...
Questioni genetiche, si chiede Milady?
Io non ci credo...
Si diceva lo stesso del tenore "rossiniano", poi dopo i successi di Blake e Merritt ne abbiamo avuti una sfilza.
Io credo che ancora oggi questo tipo di canto risulti ...non in sintonia con i nostri gusti e la nostra mentalità.
Ci vorrebbe un "medium" come è stato Blake per i ruoli David. Uno che sappia recuperare quel canto antico conferendogli il brivido della modernità.
Cosa che Lauri Volpi, ai suoi anni, non riuscì veramente a fare... almeno per me.
Era amato (o odiato) per la "stranezza" che incarnava... ma l'impronta rivoluzionaria per me non l'ha lasciata.
Anche io, come Milady, avevo nonni e bisnonni che andavano all'Opera.
E' tramite i racconti di mia nonna che ho saputo che il loggione di Bologna aveva rinominato il nostro "Lauri Cani" (per non parlare del povero "Tito Schiappa").

E qui mi riallaccio alla giusta contestazione di Rodrigo, secondo cui Lauri Volpi non sarebbe interprete così pessimo come io lo descrivo.

Rodrigo ha scritto:non me la sento di condividere la visione di un Lauri Volpi "maggiore" gran vocalista ma interprete nullo. A me pare che le sue interpretazioni siano ottimi esempi di quel piedistallo di cui si parlava nel post sulla Colbran. E sono convinto che avesse di proposito adottato questo coté per differenziarsi dalla retorica di segno opposto: quella dei singulti e dei vezzi cari ai Pertile e soprattutto al rivale di tutta una vita: Gigli.
(cut)
Ma all'interno del codice interpretativo portato avanti dal tenore romano (il gran gesto, il fraseggio sempre controllato, una recitazione (pare di capire) misurata sino allo stereotipo) io colgo una grande personalità tutt'altro che pigra nel portare avanti la propria visione. Anche in Otello non riesco a definire "trombone" il suo dolente Niun mi tema che mi lascia, anzi, meravigliato per l'interiorizzazione del dramma (proprio in un contesto in cui tutti esteriorizzano).

Direi, infine che Lauri Volpi si colloca tra quei cantanti che per scelta si pongono con un atteggiamento un po' distaccato - non mi vengono altri termini - rispetto all'espressività e nonostante ciò riescono comunque affascinanti; è la categoria in cui metteri anche Bjorling e Alfredo Kraus.


Come sempre, Rodrigo, dici cose interessantissime e brillanti, con cui non si può che concordare.
E tuttavia io continuo a essere perplesso nei confronti del Lauri Volpi interprete.
Intanto, devo dire, non mi convince del tutto la distinzione fra il giovane e il vecchio Lauri Volpi.
Mi spiego meglio...
Anche io considero solo il Lauri Volpi pre-bellico; l'altro non perdo nemmeno tempo ad ascoltarlo.
Il fatto è, però, che di solito quando un interprete invecchia l'unica cosa che va persa è la qualità della voce e la solidità del canto.
L'intuizione, la profondità espressiva, la lucidità musicale no. Anzi, si affinano...
Se Lauri Volpi ci fa un'impressione orribile negli anni '50, rispetto ai dischi di vent'anni prima, non sarà (è un'ipotesi) perchè in fondo oltre allo squillo e alla bellezza del canto non aveva altro da offrire?
E, perso quello, ha perso tutto?
Io quando sento la povera Gencer sfiatata e distrutta degli anni '80 cantare la "pastorella delle Alpi" o la "Gita in Gondola" (per non parlare dei suoi Bartok e dei suoi Chopin) provo ancora il brivido di intuizioni geniali, figli di una cultura antica e dai prolungamenti poetici misteriosi.
Quando sento il Gedda sessantenne sussurrare, con quel filo di voce che gli era rimasto, un "Je crois entendre encore" che strappa l'anima (miracolo di ritmo, di colori, di tenerezze, di rubati incastrti fra i trilli del pianoforte) lo preferisco mille volte allo stesso Gedda di trent'anni prima.
Col vecchio Lauri Volpi sento solo lo stesso "vuoto piedistalloso" (e come dici tu la stessa faciloneria musicale) di prima, solo con una voce divenuta oscillantissima in alto e depauperata al centro.

Piedistallo... ok... sempre lo stesso discorso.
Che tipo di piedistallo era quello di Lauri Volpi?
Perchè, quando sentiamo la Callas (sul suo piedistallo "pastiano") distillare fra pianissimi e indugi, anacrusi poderose e sublimi rarefazioni, il più sconvolgente "Ah non volerli vittime" che si sia mai sentito, abbiamo la sensazione della vita (nonostante il piedistallo)?
E perchè, quando sentiamo il giovane Lauri Volpi pontificare egregiamente "A te o cara", la vita non la percepiamo?
Certo ...il suono alle volte è talmente "vivo" di per sè, che quasi ci dà l'idea di un'interpretazione.
Nel terzo atto dell'Aida Lauri Volpi ci regala il più vero Radames che sia possibile sentire ancora oggi.
Ma se andiamo ad analizzarlo (nota per nota) non troveremo nulla che vada oltre a un fraseggio prevedibile e a un tono elegante.
Il suono (in quel caso e in tanti altri) ci basta... perché "è il suono giusto" (come nel caso di Otello).

Lauri Volpi era consapevole di aver reinventato il "suono antico", quello delle sante memorie di cui parlavamo, quello della linea Duprez-Tamagno.
E a questo proposito rispondo a Tuc.
non azzarderei il termine "ricreare", visto che non era passato un secolo dalla generzione di Tamagno


Eppure era il termine che usava anche lui... Visto che tu celebri la "cultura" di Lauri Volpi e quanto fosse studioso, dovresti sapere che lui stesso si è sempre considerato e definito un'anomalia (ovviamente di genio) e che il suo recupero del passato - a livello di suono e di emissione - era uno strepitoso atto di coraggio.
NOn sarà un caso che il "modestissimo" artista, scrivendo "voci parallele", abbia piazzato sè stesso e la Callas fuori da ogni parallelismo possibile, nel capitolo dedicato alle voci "senza confronto".
Il solito trombone... e tuttavia un po' di vero c'è.
Quel suono, il suono di Lauri Volpi, era davvero alla sua epoca un "unicum". Non lo dico solo io. Lo dice lui e lo dice chiunque analizzi la storia vocale di quegli anni.
Perchè lo avrebbe fatto, ti chiedi?
Intuire - intellettualmente - l'esigenza di ricostruire una tecnica perduta, desiderare di far risorgere un universo poetico tramonato è una cosa.
Fare di tutto questo uno strumento interpretativo (musicale e teatrale, in grado di dialogare col presente) un'altra.
Nessuno "storico" del canto (nemmeno quando riesce a trasferire le proprie ricerche su se stesso) diventa per questo un grande interprete.
La misera storia di Giuseppe Morino ce lo ricorda.

Ma torniamo al "suono" (meravigliosamente giusto, per il repertorio tardo-romantico) di Lauri Volpi.
Anche io, come tutti, quando sento il terzo atto di Aida con Lauri Volpi erompo soddisfatto dicendo che "questa" dovrebbe essere la voce di Radames
...però anche in quel caso non sono nè commosso, nè coinvolto.
Mentre mi basta che Vickers (che con Radames in teoria c'entra poco) dica "dessa!" al primo atto, per avere davanti a me l'immagine teatrale e musicale di un personaggio.
Il suono "esprime", ma non basta. Il teatro e la musica hanno le loro esigenze, oltre il suono.

Quanto al fatto che Lauri Volpi "non cadesse" negli errori di gusto di tanti suoi colleghi, è una cosa che gli fa onore...
Ma non credo che si sia grandi interpreti, semplicemente "non facendo"... Si è interpreti quando "si fa".

Scusate ma io la vedo così.
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Re: Otello (Verdi)

Messaggioda Triboulet » sab 06 mar 2010, 19:14

MatMarazzi ha scritto:Non è possibile essere tenori contraltini tardo romantici come tecnica e contemporaneamente sfoderare i chiaroscuri, le aperture coloristiche, le proiezioni drammatiche e i ruggiti tragici di un declamatore.Non è solo questione di incompatibilità tecnica, ma soprattutto "ideale".Un tenore alla Duprez-Tamberlick-Tamagno deve anche incarnare qualcos'altro anche poeticamente... una memoria di antica cavalleria, un rimpianto di un'epoca che non esiste più, il sogno di un passato epico e guerriero che si infrange insieme allo schianto umano e psicologico del protagonista.Se vogliamo recuperare quel modello, dobbiamo avere il coraggio di andare fino in fondo e di dire addio alle meravigliose "nuances" di cui parlavi; dovremmo cercare di costrurie qualcos'altro.


Capisco il concetto il linea teorica, ma non me lo so figurare pienamente... :oops: la mia sensazione è che forse, ma dico un FORSE gigante considerando che non ho esempi all'altezza con cui potermi confrontare, a quel punto continuerei comunque a preferire un Otello declamatore sì più scorretto ma capace (o leggittimato, se parliamo di "ideale") a fare quel che loro fanno. Non sono di norma riottoso all'innovazione o alla restaurazione, men che meno alle letture antitetiche, semplicemente non mi pongo mai in maniera preconcetta nè verso il nuovo nè verso la tradizione.
Si può rimaner delusi dai modelli originali, per quanto più aderenti alla volontà del compositore? io credo sia possibile... se un falso è più affascinante di un vero io me lo tengo lo stesso, pur consapevole della sua meravigliosa falsità : Chessygrin :

Enrico ha scritto:Mi viene il sospetto che anche Tamagno, nelle sue tardive incisioni, dovesse affrontare qualche difficoltà vocale in modo diverso rispetto all'epoca della "prima", un po' come vediamo nell'ultimo "Niun mi tema" di Del Monaco.


Riflessione interessante! come pure il confronto Tamagno-Del Monaco... però io aspetto ancora che qualcuno mi spieghi quanto diceva Corelli nell'intervista che ho postato, in cui sostanzialmente sostiene che Lauri Volpi (ma pure Merli) e lui medesimo siano "nati" per un certo tipo di tecnica (che poi qualcuno mi spiegherà che vuol dire "cantare di laringe") e siano quindi dotati naturalmente di quelle mezzevoci che ai cantanti di laringe "acquisiti" sono un po' precluse. A quel che ho capito io Del Monaco, che invece parte da lirico, cambia tecnica arrivando a quel tipo di canto in maniera artificiale, rivoluzionandone al contempo il modo d'uso. Insomma tra il modello Tamagno-Lauri Volpi è quello Del Monaco ci sarebbe più una differenza di "ideale da raggiungere" (per usare un termine di Mat), un nuovo modello eroico come lo definisce lo stesso Corelli, più che di tecnica di canto (o meglio di emissione) che sarebbe la medesima. Da questa incongruenza nascerebbe quasi naturalmente (e quindi per esigenze funzionali all'espressione) il "declamato all'italiana" che mandò in estasi il pubblico dell'epoca e che non era nè il declamato dei tedeschi nè lo stile romantico-cavalleresco degli italiani di prima generazione. Qualcuno mi dica se non ho capito niente...
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Re: Otello (Verdi)

Messaggioda Milady » dom 07 mar 2010, 23:55

Carissimi amici,
grazie per i vostri gentilissimi apprezzamenti che mi fanno sentire "come un gatto nel paniere".
Grazie a tutti e, in particolare, ad Enrico , che mi ha postato la chicca delle chicche : Sir Lawrence Olivier .
Cerchyerò di essere breve:
1) Sono d'accordo completamente sul fatto che le tecnica adottata da Del Monaco era sua e solo sua : gli epigoni urlavano , chi più e chi meno, ed hanno fatto la fine non proprio gloriosa che tutti sappiamo.
2) Cosa intenda Corelli per il cantare sulla laringe mi è ignoto. Allude forse all'appoggio basso del fiato?
Se ho ben capito afferma che di fatto la mezzavoce o si ha per natura o non la si ha, fatte le debite eccezioni.
E non è la prima volta che sento definizioni abborracciate proprio da un cantante.
L'unica volta che ho sentito definizioni calzanti è stata quando ascoltai, tanti anni fa, una magnifica conferenza di Alfredo Kraus sulla vocalità del tenore.
Mi scordavo anche di un disco della Bongiovanni nel quale Pavarotti e la Freni insegnavano i rudimenti della tecnica canora . Persi questo prezioso cimelio quando dovetti traslocare - e in due balletti- il mio cosiddetto studio. Dalla montagna di scatoloni ne mancava uno dove , insieme a fotocoèie di vecchi documenti o di cartacce burocratiche che dir si voglia,, c'era proprio questo disco prezioso, chye cerdo ora introvabile.
3)Non condivido completamente le critiche mosse a Lauri Volpi e vi spiego perché.
Siamo sicuri che quel tipo di emissione e di pronuncia consentisse delle nuances capaci di rendere i tormenti interiori di Otello?
Quando mio nonno diceva che, come Otello, se l'era presa un po' sottogamba,in quanto non sufficientemente "arrovellato", secondo me ragionava col senno di poi, ossia quando , cambiato il gusto e tramontata l'era del tenore contraltino, si poteva pensare ad un Otello più lacerato.
D'altra parte gli riconosceva una emissione eccellente e all'antica, dato che Lauri Volpi, attraverso la moglie, aveva messo a frutto il metodo Garcia e le relative astuzie.
Sempre razzolando tra i ricordi , mi viene in mente che il nonno diceva : "Ma credi che quella che ora il tale canta sia una "a"? o una "o"? Che si canti come si parla ? Grullarella,le vocali vanno scurite". Se ben ricordo , la "a" andava cantata con la golmessa come se si pronunciasse una "o" e la bocca come fosse una "a", e una o" come una "u" per quanto riguarda la posizione delle corde vocali ,ma con la bocca ad "o".
Non garantisco nulla sull'esattezza di questi particolari esempi.
Fatto sta che quel particolare modo di impostare la voce e la dizione , non so quanto fossero adatti ad una espressività di tipo moderno.
E alla fine vi dico quale potrebbe essere ,secondo me, tra qualche anno, un Otello notevolissimo : Jonas Kaufmann, se si decide a cantare l'opera italiana.Mi sembra l'unico capace di darci un Otello arrovellato al punto giusto e con tutte le note.
Buona notte a tutti!
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Re: Otello (Verdi)

Messaggioda MatMarazzi » lun 08 mar 2010, 2:51

Milady ha scritto: E alla fine vi dico quale potrebbe essere ,secondo me, tra qualche anno, un Otello notevolissimo : Jonas Kaufmann, se si decide a cantare l'opera italiana.Mi sembra l'unico capace di darci un Otello arrovellato al punto giusto e con tutte le note.


Certo Milady... e sarà così.
Kaufmann sicuramente canterà Otello, lo farà benissimo, con il suo bel timbro aspro e baritonale, le mille arti di un consumato declamatore (con tante nuances in più di Vickers) e tutti saranno contenti. Io stesso sarò contento. Sentiremo smorzature a gogò, striature di umiliazione, vedremo baci appassionatissimi e ci aspetteremo (perché ci saranno di sicuro) le solite fatiche al secondo atto e in tanti passaggi di registro, che - temo - Kaufman stesso potrebbe pagare molto salate.
Non di meno avremo un eccezionale Otello declamatore in più il cui nome andrà a impinguare degnamente la lista stilata da Trib (Vinay, Del Monaco, Vickers, Domingo). Avremo tripudi di folla ed esaltazioni collettive di fronte al "più grande Otello del 2000".

Tuttavia questo non ci farà fare alcun passo in avanti verso la verità di Otello, del suo universo poetico e musicale.
D'accordo: non c'è nessuno che oggi possa far rivivere (non solo vocalmente o tecnicamente) il mito del tenore alla Duprez e per questa ragione non c'è altro da fare che "accontentarci" dell'ennesimo declamatore, anzi, leccarci i baffi perchè di un sublime declamatore si tratta.
Sarà un gran bell'accontentarsi, ne convengo, ma pur sempre un accontentarsi.
Io personalmente - che difendo Kaufmann fin dal 2002, quindi da tempi non sospetti (prima cioè che la fama lo rendesse il miglior o il peggior cantante di tutti i tempi), non attenderò il suo debutto in Otello con particolare emozione.

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Re: Otello (Verdi)

Messaggioda Enrico » lun 08 mar 2010, 18:30

Cercando su youtube ho trovato prima un falso Kaufmann-Cassio, poi due filmati che non conoscevo, e forse leggermente diversi anche nella parte musicale dal disco ufficiale della Decca, con spezzoni dell'Otello con Solti-Nucci-Pavarotti (e, invisibile, Leone Magiera nascosto nella strana costruzione nera che si vede al centro del palco davanti ai cantanti: il tenore non andava d'accordo col direttore, il direttore come in molte altre occasioni non si interessava miminamente dei cantanti e imponevava i suoi metronomi e le sue sonorità, e Magiera cercava, non so come, di dare gli attacchi per tenerli insieme).
Ora, a parte i problemi di stile, il tavolino con acqua e cibarie, e qualche svista qua e là, con i vari difetti del Lucianone anni '90, si vede dal video come vocalmente, per un certo tipo di tenore, la parte possa sembrare quasi facile perfino nelle salite all'acuto.
Anche Tamagno era un tenore grande e grosso e con la barba!

Il problema è che un Otello così mi sembra un incrocio tra Compare Turiddu, Orson Welles e Sir John Falstaff : Chessygrin :
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Re: Otello (Verdi)

Messaggioda Enrico » lun 08 mar 2010, 18:57

Sempre girando intorno al tema della "vera voce" di Otello, ecco qualche domanda:
1) Perché Toscanini per la sua registrazione scelse Vinay?
2) Che cosa pensava Lauri Volpi dell'Otello di Vinay? si degnava di parlarne nelle Voci Parallele o altrove?
3) Celletti, che distruggeva Del Monaco e ammirava l'Otello di Pavarotti, che cosa diceva dell'Otello di Lauri Volpi?
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Re: Otello (Verdi)

Messaggioda Luca » lun 08 mar 2010, 23:16

Delle tre domande ignoro la dietrologia delle prime due, mentre è facile rispondere all'ultima in base ad una recensione fatta dallo stesso Celletti su Musica Viva degli anni in cui è uscita l'edizione DECCA. Ho il testo: il critico romano superesaltava l'Otello di Lauri Volpi giungendo persino a considerare e a fare un parallelismo tra la sua proposta vocale ed interpretativa con quella dello stesso Pavarotti dell'edizione DECCA. Poi si soffermava a definire la Te Kanawa migliore Desdemona dopo la Tebaldi e buono il resto del cast.
Vorrei però considerare altri due aspetti uno dei quali pressoché ignorato. Il primo è relativo ai video di Pavarotti: il tenore fa quello che può. Si sente che non è un personaggio 'suo' (e forse non lo è mai stato neppure in più verde età) anche perché, tra la scarsa congenialità, gli manca una nota che se Del Monaco enfatizzava (e ringraziamo qui Vickers che l'ha "aggiornata" ricollocandola sui binari di una interessante dialettica di accenti) è pur sempre un tratto di questo personaggio, ossia la terribilità che comporta anche zampate leonine. Pavarotti non è mai 'terribile' e in "Dio ti giocondi" con la brava Esperian, questo tratto è totalmente assente. Non ha difficoltà apparenti in alto, ma Otello è solo questo, per di più con una sensibilità ed un porgere che guardano ancora a Rodolfo e Nemorino?
Secondo aspetto: delle edizioni del cinquantenario della morte di Verdi (1951) realizzate dalla RAI e dalla CETRA, Otello patisce di un'edizione davvero anonima (passi per Taddei, ma il resto....). Peccato il non aver pensato (come invece è stato per altri titoli: Luisa Miller e Trovatore) proprio a Lauri Volpi che, pur ormai in la con gli anni, qualche 'fiammata' la dava ancora.... Avremmo avuto un ritratto completo e un buon parametro di confronto per gli altri tenori successivi, Del Monaco in testa.

Salutoni, Luca.
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Re: Otello (Verdi)

Messaggioda Tucidide » lun 08 mar 2010, 23:31

Luca ha scritto:è facile rispondere all'ultima in base ad una recensione fatta dallo stesso Celletti su Musica Viva degli anni in cui è uscita l'edizione DECCA. Ho il testo: il critico romano superesaltava l'Otello di Lauri Volpi giungendo persino a considerare e a fare un parallelismo tra la sua proposta vocale ed interpretativa con quella dello stesso Pavarotti dell'edizione DECCA. Poi si soffermava a definire la Te Kanawa migliore Desdemona dopo la Tebaldi e buono il resto del cast.

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Perbacco! Ti ringrazio, Luca, per questa notizia che ignoravo completamente.
L'apprezzamento per la Te Kanawa, cantante amatissima dagli odiatissimi inglesi, dimostra forse che il Celletti anziano era tornato su posizioni meno intransigenti di quelle della maturità, forse sovrapponibili ai primi anni, quelli de Le grandi voci (dove si magnifica la De los Angeles, successivamente distrutta).
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: Otello (Verdi)

Messaggioda Rodrigo » gio 11 mar 2010, 19:58

Luca ha scritto:Secondo aspetto: delle edizioni del cinquantenario della morte di Verdi (1951) realizzate dalla RAI e dalla CETRA, Otello patisce di un'edizione davvero anonima (passi per Taddei, ma il resto....). Peccato il non aver pensato (come invece è stato per altri titoli: Luisa Miller e Trovatore) proprio a Lauri Volpi che, pur ormai in la con gli anni, qualche 'fiammata' la dava ancora.... Avremmo avuto un ritratto completo e un buon parametro di confronto per gli altri tenori successivi, Del Monaco in testa.


Potresti postare il cast di questa edizione, almeno per la bacchetta e i ruoli principali?

Ecco un Otello che avrei voluto ascoltare:

http://www.youtube.com/watch?v=fzFJ5FrvIg4
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Re: Otello (Verdi)

Messaggioda Enrico » gio 11 mar 2010, 20:51

Conosco bene il disco di Björling con Merrill, ma ho sempre l'impressione che voglia essere anche lui troppo "carusiano" piuttosto che far squillare la sua vera voce.

Credo che la registrazione citata da Luca sia quella della RAI di Torino del 1955 diretta da Franco Capuana con Carlos Guichandut (Otello), Cesy Broggini (Desdemona), Giuseppe Taddei (Iago), Angelo Mercuriali (Cassio).

Qui c'è un repertorio sterminato di registrazioni:
http://www.operadis-opera-discography.o ... OTEL.HTM#9
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Re: Otello (Verdi)

Messaggioda Enrico » gio 11 mar 2010, 21:05

Kristjan Johansson, Ilona Tokody (e m'è semblato di vedele Sherrill Milnes)
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