da Enrico » gio 04 feb 2010, 21:38
Il problema è sempre quello della "udibilità". Ho sentito in spazi grandi voci apparentemente piccole che si sentivano benissimo anche quando l'orchestra suonava forte, e altre voci che invece si perdevano anche in condizioni acustiche buone. Non sono mai andato all'Arena di Verona, ma ho ascoltato diverse opere e concerti nel teatro di Taormina, spazio aperto abbastanza grande, ma dall'acustica buona nel senso che, forte o meno forte, il suono arriva sempre molto chiaro e limpido anche nelle ultimissime file della gradinata (molto più limpido veramente -e qui credo che abbia ragione Tucidide- quando l'orecchio si abitua ad ascoltare e quando, nella tarda serata, diminuisce il "rumore di fondo" lontano che è un po' come quello dell'organo all'inizio dell'Otello di Verdi: quando smette si capisce che c'era!). Ricordo di aver sentito, da molto lontano, perfino il rumore della bacchetta caduta per un attimo dalle mani di Sinopoli durante un concerto. Una voce come quella della Dragoni era forte e sonora nell'Aida, ma si sentiva perfettamente anche quando faceva il do in pianissimo nei "cieli azzurri"; nella Tosca, sempre a Taormina, era assordante anche quando cantava fuori scena: al confronto sembrava deboluccio Licitra, che le stava accanto in una rappresentazione forse un po' improvvisata, ma si sentiva molto bene anche lui: alcuni suoni erano brutti perché forzava gli acuti, ma per timbro e impostazione della voce non c'era nessun problema di "udibilità". Lo stesso Licitra tuttavia si sentiva a tratti un po' meno (forse perché forzava e stonava un po' di più) in Aida più recente, nella quale c'erano problemi di "udibilità" anche per la protagonista (Isabelle Kabatu) e per l'Amneris (che però, stranamente, nell'ultimo atto si sentiva meglio), mentre si sentiva sempre forte e chiaro l'Amonasro di Juan Pons. C'è da dire che il suono dell'orchestra non era potente, trattandosi di giovani studenti alquanto inesperti con circa una settimana di prove: disciplinati sì, quasi precisi grazie al direttore, ma debolucci nelle sonorità.
Sempre lì, all'aperto, si sentiva perfettamente la Caballè "anziana e decadente" anche se si girava di spalle o se cominciava a cantare una nota arrivando da dietro l'orchestra dal fondo del palcoscenico o tentava di fare, se per caso ci riusciva, un pianissimo o una filatura, e, per quanto ci fossero sparsi qua e là diversi microfoni, credo che fosse l'unica non amplificata in mezzo al gruppetto composto da figliuola canora e tenorini promettenti: anche in quel caso l'orchestra era però abbastanza debole e povera.
Carreras, sempre lì in un concerto estivo tutto di canzoni napoletane e spagnoleggianti, qualche anno prima, si era presentato con grande orchestra e con amplificazione: amplificazione fatta bene, che portava il suono in tutti i settori del teatro senza distorsioni e senza alterare la qualità della voce con i suoi pregi e difetti: è vero però che si aveva quasi l'impressione di ascoltare un disco, perché veniva meno la percezione fisica della produzione del suono: di tanto in tanto, si sentiva che c'era al centro del teatro la voce vera oltre a quella che usciva dagli altoparlanti. Credo che anche Carreras in quel contesto, pur anche lui decadente e decaduto, avrebbe potuto cantare tranquillamente senza microfono. Della Caballè di oggi -più o meno dell'anno scorso- un amico musicista che si è trovato in orchestra durante uno dei soliti concertoni con figliuola, mi ha detto che, anche così com'è ora che fa solo immaginare ciò che doveva essere nei tempi buoni, risulta sempre perfettamente udibile e sonora, qualunque suono emetta, bello o brutto che sia. Della signora Ricciarelli, in serate buone o in serate orribili, posso dire che funzionava comunque meglio senza amplificazione: con i microfoni ogni difetto diventava fastidioso e straziante, e ciò che c'era di buono si perdeva del tutto.
E il buon vecchio Lucianone in teatro e senza microfono, come ho detto altrove, anche negli ultimi anni, quando riprendeva il suo recital tradizionale di ariette antiche e romanze di Tosti, era tutt'altra cosa rispetto ai concertoni negli stadi: legittimi anche quelli, divertenti a volte, spesso anche belli da vedere in televisione o da risentire in disco, ma privi di quella che un mio amico violinista definiva "la magia della produzione del suono".
Il problema si può porre anche per altri spettacoli all'aperto: quando sono andato le prime volte al Teatro Greco di Siracusa gli attori recitavano ancora con la loro sola nuda voce: nel primo spettacolo che ho visto, Le Supplici di Euripide nel 1986, non si sentiva quasi nulla (se non una banda che ogni tanto suonava in scena), mentre il giorno dopo, nell'Antigone, si sentiva tutto benissimo, in particolare la protagonista, la Mazzantini, che però urlava a squarciagola e alla fine diventava rauca, e più ancora il Creonte di Turi Ferro tonante e ruggente anche quando nel finale si rotolava per terra disperato e addolorato. Due anni dopo l'Aiace risultava di difficile ascolto, mente nelle Nuvole di Aristofane non si perdeva nemmeno una virgola: dipendeva dal vento, dal clima, dagli attori? non lo so. Ancora due anni dopo, un'Elettra che non si sentiva, e poi il primo esperimento di tragedia con microfoni attaccati sulla faccia degli attori: I Persiani: spettacolo bellissimo, ma che probabilmente avrei seguito benissimo anche senza amplificazione dal momento che quella volta stavo al centro della prima fila.
Ora a Siracusa si usano i microfoni sempre. Qualche anno fa ho detto a un amico attore che avrei preferito sentirlo senza microfoni dal momento che ha la voce impostata in maniera abbastanza "tradizionale" (un po' alla Salvo Randone), anche perché col microfono perdeva molto (ne ho avuto conferma quando l'ho rivisto in teatri chiusi e ho sentito di nuovo la sua vera voce naturale: non si perdeva nemmeno la più piccola vibrazione o la più piccola sfumatura della dizione e del respiro!). Anche lui sostiene che si debbano usare i microfoni perché a causa del rumore e del fatto che siamo tutti un po' più sordi la voce, anche se ben emessa, non sempre raggiunge le ultime file della gradinata.
Credo che decidere di utilizzare sempre l'amplificazione sia sbagliato, e credo che l'opera, nei teatri e negli spazi in cui è possibile, funzioni ancora benissimo senza amplificazione (se i cantanti sanno regolare la loro voce anche in funzione dello spazio, e se i direttori sanno creare i giusti equilibri, e se registi e scenografi e architetti rispettano le normali leggi dell'acustica). Nel momento in cui si usano i microfoni il problema è quello di trovare il giusto equilibrio, e come avete già detto questo è spesso difficilissimo: è già difficile nei dischi, immaginiamo dal vivo. Da diversi anni trovo spesso "squilibrate" sia alcune registrazioni (in particolare alcune degli anni '80 - '90) sia molte trasmissioni d'opera radiofoniche - specialmente quelle dei teatri italiani. Ho ascoltato un solo concerto sinfonico amplificato, all'Isozaki di Torino: la Filarmonica della Scala diretta da Gatti in due sinfonie di Beethoven. Mi sembrava veramente di sentire un disco, perché il suono, quella volta abbastanza limpido e ben bilanciato, proveniva dagli altoparlanti enormi e non dall'orchestra, e per giunta i musicisti solisti erano inquadrati negli schermi ai lati del palco. Quella volta mi sono rassegnato e alla fine trovato una soluzione parziale andandomi a sedere in posizione molto vicina e laterale dietro le ultime file dei violini: così vedevo il direttore e sentivo almeno in parte il vero suono dell'orchestra: ma di quel concerto non ricordo nulla se non una certa noia, mentre ho ancora in mente momenti di concerti "tradizionali": il pianissimo della Filarmonica di Dresda alla ripresa del tema nel primo movimento del concerto per violino di Beethoven, l'oboe dei Bamberger nel secondo movimento del concerto di Brahms a Taormina, il suono caldo e mobido degli archi di un'orchestra russa sentita in estate in un cortile di Noto (e, in un altro cortile di Noto, la mezza voce morbidissima del tenore Fisichella, o in teatri grandi o piccoli il tocco sui tasti di pianisti come Magaloff o Cherkassky o Ciccolini o gli armonici strani della signora Kabaivanska o le messe di voce di Sabbatini sugli acuti o le mezze voci affascinanti di Blake nel Barbiere, o il "m'ama sì m'ama lo vedo" di Pavarotti dal fortissimo squillante al pianissimo dolcissimo...) .
Va benissimo, per forza, l'amplificazione nei luoghi in cui altrimenti non si sentirebbe nulla; e va benissimo l'amplificazione come particolare scelta interpretativa o espressiva: per esempio ho visto una Tempesta di Shakespeare nella quale Prospero veniva amplificato in maniera abbastanza suggestiva solo nei momenti di magia, mentre per il resto recitava normalmente senza microfono e benissimo, e tuoni e vento erano prodotti dalle antiche macchine teatrali con ruote e lastre metalliche: il nuovo e l'antico utilizzati correttamente per esprimere e comunicare. Posso infine citare il caso limite di una Gioconda (?1997?) dell'Opera di Stato di Praga in cui per i cori fuori scena si usavano registrazioni preparate prima dagli stessi coristi che stavano in scena: anche in quel caso era abbastanza triste sentire che il suono veniva non da dietro le quinte ma dagli altoparlanti posti ai lati del palcoscenico! I cantanti invece cantavano tutti in maniera tradizionale: pronuncia ostrogota, interpretazioni variabili dall'ottimo all'assurdo, regia un po' carnevalesca, ma voci ben sonore che, cantando piano o cantando forte, riempivano senza problemi tutto il grande teatro.
Enrico B.