Riccardo ha scritto:Quella di Böhm con la Nilsson? Se è quella, ce l'ho anch'io ma è da Vienna...
È un'opera che ho da tanto tempo, ma che ancora non sono riuscito a conoscere
Riapro questo Thread non solo perché mi accorgo solo ora di non aver mai risposto a Ric, ma anche perché proprio ieri ho visionato un video della Frau piuttosto deprimente.
Due minuti di quel video e mi è tornata la voglia di riascoltare il famoso live (da Vienna, hai ragione Rick) del 77, quello che i critici chiamano "dei pensionati".
E infatti me la sono risentita dai vecchi lp DG che comprai a quindici anni.
Sono dischi corrosi dai troppi ascolti, ma nota per nota sono rimasto ancora una volta folgorato dallo splendore di Boehm e dei suoi interpreti.
Eccoli qua in una foto dal Met.
A parte la Nilsson (qui c'è la Ludwig), riconoscerete i tre massimi titolari di quegli anni: King, la Rysanek e Berry.
Ora conosco quasi tutte le edizioni esistenti (e ho visto l'opera spesso a teatro), ma devo ribadire che nessuna è a questo livello.
Berry è semplicemente il massimo Barak della storia del disco. La disinvolutura con cui accosta umanità bonaria e calore virile fanno piazza pulita di ogni altro interprete.
Mi fa ridere Fischer Dieskau, con le sue pose da finto popolano, con i suoi modi grossolani tipici di chi vuol dire "io sono raffinatissimo, tanto raffinato che riesco a fare anche il plebeo".
Diciamola tutta: Fischer Dieskau è un Barak fuori posto, insignificante e stucchevole. In tutto e per tutto finto.
Anche nel suo caso, un errore di distribuzione che è dovuto soprattutto a limiti di personalità (e ritrorniamo al discorso per cui l'interprete deve cantare solo quei ruoli nei quali riflette se stesso).
Ma non meglio è Schoeffler, pomposo e retorico. Non meglio è Van Dam afono e privo di ironia. Quanto a Muff, Titus e Weikl la loro inerzia in questo ruolo stupendo è inqualificabile.
Oggi (già perché io, a differenza di molti, credo che la nostra epoca in quanto a personalità vocali sia tra le più felici della storia) potremmo avere l'unico Barak in grado di scuotere la supremazia di Walter Berry, ossia Bryn Terfel, che - proprio come il baritono tedesco - è in grado di conciliare la ruspante e popolana umanità alla forza fisica e alla sensualità.
Passiamo a sua moglie.
Io ho sempre contestato la Nilsson del 77: la trovavo troppo matura e cattiva, troppo tagliente, troppo poco sensuale.
Ed è tutto vero.
Il confronto con la Goltz, con la Borkh, con la Jones (ossia le massime faerberin del dopoguerra) la distrugge.
Eppure, dopo aver sentito la povera Martin del DVD di ieri, dopo essermi sciroppato le varie Marton (in quello da Salisburgo), Behrens, Vintzing e sorelline (e sto citando le migliori) rimpiango amaramente la vecchia Birgit, che - pur vedendo le cose dal suo punto di vista - vibrava e rifulgeva di un temperamento vero.
Oggi la Johanson e la Denoke potrebbero essere magnifiche in questo ruolo.
E King? Ok, tenore monolitico e yenkee, duro di acuti e rigido di dinamica.
E' vero... ma in questa parte la sua gloria è sacrosanta.
L'imperatore è il ruolo della sua vita.
Qui il suo centro splendido, virile, metallico, di una bellezza spiazzante anche se persino fredda, lo rende assolutamente inavvicinabile.
King rappresenta la quadratura del cerchio in questo ruolo.
Bisogna esprimere la sensualità devastante del simbolo stesso del potere sessuale (mentre la maggioranza degli imperatori sono frigidi e impacciati).
Allo stesso tempo, però, occorre non indulgere in "pose" da macho che comprometterebbero la ...distanza semi-divina del personaggio.
King ha la sensualità devastante nel timbro, nella compostezza fiera e svettante del canto. E tanto basta... Non deve fare nulla se non lasciare correre la sua stessa personalità.
Domingo...? Kollo...?
MA MI FACCIA IL PIACERE!
Hopf è appena accettabile, Thomas (con Karajan e Keilberth) è pallido e affaticato. Quanto a Moser è la negazione del personaggio: brutto, saccente, sfocato vocalmente e con i modi forbiti dell'intellettualoide un po' dandy. Patetico.
Deludentissimo (stranamente) anche Seiffert, molto tirato in alto e inconcludente come attore.
Quanto a Heppner, va bene per chi di un ruolo cerca solo le note.
Il King del 77 sarà anche stato usurato (come Berry e la Nilsson d'altronde) ma è supersonico, maestoso, ...mazinga come dovrebbe essere il personaggio.
La vera ombra (ombra?) dell'incisione è la nutrice: una Ruth Hesse tesa e affaticata che non ha nulla da dire.
In fondo però le nutrici interessanti sono state poche: la mia Silja resta un riferimento assoluto, purtroppo documentata solo da un live modesto da zurigo.
E' un delitto che nulla ci resti della Klose, mentre della Varnay (ahimè) non posseggo la registrazione.
La Moedl è brava, ma pesante e durissima. La Schwarz è, al suo solito, poco carismatica.
C'è poi il caso della Lipovcek, che io non disprezzo quanto Michail (che l'ha distrutta come Marina Mniszek) ma che comunque mi irrita.
Canta bene (acuti a parte), sfuma, colora, accenta, recita... ma il tutto in modo superficiale e caricaturale.
Eh, no, amici miei! la Nutrice è un criogiolo di sentimenti contrastanti, un vulcano di odi, rabbie, paure, sorde rivalse, dolorosi risentimenti, ma anche tenerezze e slanci d'amore, colpevoli a loro volta.
E' la Kundry di Richard Strauss.
Non la si può rendere atteggiandosi a streghetta delle favole, con espressioni grottesche e ghigni ipocriti da "cattivona".
E' un personaggio grandioso.
E poi c'è la Rysanek, la più sconvolgente, ingombrante, totalizzante imperatrice della storia.
Nel 77 aveva il ruolo in repertorio da vent'anni e (in generale) aveva superato il trentesimo anno di carriera.
Qualcuno obbietterà che il re naturale del risveglio è tagliato, e che il terrificante do diesis degli incubi è tiratino.
Qualcuno osserverà che alle volte l'intonazione è strana. E che, come spesso le capitava, l'enfasi è sempre estremizzata, con colpi di glottide, accenti straziati, improvvisi sussurri, urla agghiaccianti (sconvolgente il "ich will nicht").
Ma tutto questo passa in secondo piano, perché il dominio umano e artistico delle ragioni del personaggio, l'immersione negli abissi dei suoi turbamenti sono una cosa che non si può desrivere.
Il suo "Vater bist du's" è uno dei momenti più alti - secondo me - della storia dell'interpretazione novecentesca, degni di sfidare monumenti epocali come la Norma della Callas o la Marescialla della Schwarzkopf.
Un solo secondo del suo canto distrugge ogni concorrenza (la povera Studer, la povera Bjoner, tutte polverizzate).
L'unica degna di alzare la testa di fronte a lei è la Varady, con Solti.
Nemmeno la stessa Rysanek di vent'anni prima (con Boehm) o quindici anni prima (con Karajan) arriva a questo livello di intensità poetica, drammaturgica e spirituale.
Ecco cos'è un'interpretazione "storica", anche se non ha aperto vie e piste, anche se non c'è stato un "prima" e un "dopo", anche se non ha avuto alcuna imitatrice o emula.
Ricapitolando Ric, visto che possiedi quell'edizione, ascoltata e riascoltala.
Perchè (nonostante il live, nonostante la senescenza di tutti gli artisti, nonostante i tagli) io credo che non troverai niente di meglio.
Salutoni
Matteo