Lucia di Lammermoor (Donizetti)

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Re: Lucia di Lammermoor (Donizetti)

Messaggioda Tucidide » dom 06 dic 2009, 15:08

Triboulet ha scritto:Lo stesso Karajan è, la sparo grossa forse, abbastanza esteriore nell'approccio all'opera (questo in generale), si limita a dipingere scenografie sonore magnifiche suggerendo ai cantanti la maniera per amalgamarsi al meglio in questi suoi capolavori del colore, ma la sua è più una mania del bel suono, a Karajan non interessa l'evoluzione psicologica di un personaggio, si limita a raccontare con i suoni delle situazioni. Sono le sue opere, forse esagero, poemi sinfonici con le voci. Non a caso le predilette di Karajan sono state tutte "belle voci liriche" (Tebaldi, Freni, Ricciarelli, Price, Tomowa), perchè lui applicava al canto gli stessi principi che applicava all'orchestra: prima troviamo un bel suono, poi lavoriamo su quello (non so se gira ancora su youtube una lezione di Karajan dove spiega questo concetto con l'esempio del marmo e della scultura). Che poi fossero inerti o quasi le sue interpreti, beh era un pregio per lui, poteva lavorarci meglio.
La Lucia di Karajan è un po'come quella di Serafin, solo più sinfonica ed "elegante" (non saprei come dire), e di conseguenza la Callas pare più "raffinata". La Callas stessa alla RAI nel 57 si discosta di nuovo dai fraseggi applicati con Karajan. Sarà Shippers con la Sills a proporre qualcosa di diverso (che poi, tolto qualche eccesso, sarà direttorialmente parlando una lettura più interessante).

Post molto interessante, Triboulet. :D
Quello che ho citato non mi trova però del tutto d'accordo, e parlo proprio dell'idea che a Karajan interessasse il bel suono.
Sì, è vero, a Karajan, dagli anni '60 in poi, in particolare dalla seconda metà del decennio, interessa il bel suono. Ma prima molto meno. Prima, quindi negli anni '50 e nei primi '60, Karajan era un direttore assai meno edonista di quanto sarebbe diventato. Nella Lucia il bel suono non mi pare proprio una prerogativa: nel Finale II, dopo il sestetto, adotta delle strappate quasi da "baroccaro" :D e fa una corsa a rompicollo degna di un "nipotastro di Toscanini", per dirla con Celletti buonanima. :D
E che dire del Tristan und Isolde di Bayreuth del 1952? E' una direzione edonistica, quella?
Nel Trovatore mitico, celebre e celebrato di Salisburgo 1962 CorelliPriceSimionatoBastianini (che è un po' come dire ItaliaGermaniaQuattroATre :D ) ci sono momenti strumentali molto belli, ne convengo, ma il vero Trovatore edonistico sarà solo quello EMI del 1977.
Per altro, bestemmierò forse, ma io ho sempre trovato una certa differenza fra il Karajan discografico e quello dal vivo. L'edonismo e la perfezione sonora delle registrazioni in disco non trovavano sempre riscontro dal vivo, dove invece si percepiva una tensione, una carica teatrale superiore, con minor cura riservata al fattore sonoro puro (penso al Don Giovanni e alla differenza fra quelli dal vivo che conosco, datati 1960, 1968 e 1970 e l'incisione DGG del 1985).
E comunque, anche in disco, il Karajan degli anni '50 era molto meno edonista, come mi sembra dimostrino la Madama Butterlfy e il Trovatore incisi con la Callas
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Re: Lucia di Lammermoor (Donizetti)

Messaggioda Triboulet » dom 06 dic 2009, 17:45

Ecco quanto dicevo, 1966: http://www.youtube.com/watch?v=4Uj6z89UOGE

Se vai più o meno a metà filmato c'è il buon Herbert che "scolpisce" il suo suono su una singola nota, molto emblematico.
Hai ragione Tucidide, il Karajan anni 50 è più asciutto, diciamo così, ma questa attenzione al dettaglio orchestrale si percepisce già, e la registrazione della Lucia scaligera con la Callas da Berlino è un bell'esempio in più punti (pensa proprio alla cabaletta di Lucia, o al finale del duetto, o al finale ultimo - con un grandissimo Pippo secondo me). Poi è vero Butterfly e soprattutto Trovatore negli anni 50 sono ancora abbastanza misurati, ma la sua direzione è già chiara; quel che voglio dire è che non mi pare che Karajan cominci una strada nei 50 per poi cambiare totalmente direzione nei 60-70, il suo è piuttosto un approfondimento, che lo porterà a fine carriera ad uno sgradevole eccesso in quel senso. La Butterfly con la Callas differisce da quella con la Freni perchè, banalmente, la prima è con la Callas la seconda è con la Freni. Il lavoro di psicanalisi lo fà la Callas non Karajan (il contrario forse avviene per Sinopoli con la Freni, dove è il direttore a trascinare il soprano). Stesso può dirsi per i due Otello (Del Monaco vs Vickers). Con Aida è già diverso: l'Aida in studio con la Tebaldi non è certo profondamente diversa da quella con la Freni, certo la seconda è più sinfonica, colorata, ma è solo aumentata la saturazione e il bilanciamento del colore, il grado di dettaglio, i presupposti da cui parte il lavoro direttoriale io li sento uguali. Non so se sono riuscito a spiegarmi. Il Karajan maturo odiava il giovane Karajan, ma penso perchè si rivedeva un po' troppo approssimativo.
Io dal vivo non lo trovo tanto meno edonista, almeno rispetto a certe coeve incisioni in studio (il trovatore live con Domingo è più vicino al coevo in studio che non a quello con Corelli, e così il Don Carlo live vs quello in studio). Il discorso è anche che Karajan lavorava personalmente molto al mixer quando incideva, quindi la resa complessiva del prodotto in studio appariva ancora più multicolor, questo è vero (quello che odiava fare per principio Celibidache). Già le incisioni con la Tebaldi (siamo nel 59-60) dimostrano una cura e una trasparenza che confrontata a coeve incisioni di altri direttori stupiscono (certo Karajan supererà se stesso nei remake degli anni 70).

Quanto ai tempi staccati, Karajan per certi versi qualcosa da Toscanini l'ha ereditata. Non certo l'asciuttezza ecco, ma alcuni tempi ad esempio sono davvero implacabili. Furtwangler era molto più libero ritmicamente, più disteso e meno marziale. Karajan, almeno per una buona metà della sua carriera, non è mai stato eccessivamente dilatato, ed era capace anche di mantere ritmi serrati. Un esempio emblematico, anche se sinfonico, è la V sinfonia di Beethoven, primo movimento. La grande tradizione tedesca prevedeva grande libertà ritmica, enfatizzazioni estreme di alcuni passaggi, rallentando esagerati (tipo la fermata che c'è verso la fine), insomma Beethoven letto attraverso Wagner. Karajan, aldilà del suono sontuoso, ritmicamente si riaggancia alla lezione di toscanini, ovvero un tempo agile staccato in maniera sempre precisa, quasi neoclassica. All'epoca non erano in tanti a farlo. Sui tempi lenti indulge talvolta un po' troppo (rimane comunque un romanticone :D ), ma non lo trovo quasi mai eccessivamente lento nè trovo che abusi del rubato. Magari non guardava direttamente Toscanini, questo storicamente non lo so, so solo che, a orecchio, era già assai distante da un Knapperbush, per dirne uno. Per l'opera penso proprio guardasse a Serafin, non certo ai tedeschi o ai tedescofili (tipo Gui). Ovviamente lascia perdere le incisione tarde tipo Don Giovanni 85 o Ballo in Maschera, lì siamo già troppo "oltre" per fare paragoni.

Mi sà che siamo un po' OT.... :roll: pardon
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Re: Lucia di Lammermoor (Donizetti)

Messaggioda Tucidide » dom 06 dic 2009, 18:25

Ti ringrazio, Triboulet, per le tue considerazioni.
Nel frattempo, devo fare pubblica palinodia, come Stesicoro su Elena. :oops:
Riascoltavo oggi pomeriggio le due Lucie del 1959 dirette da Serafin, quella dal vivo da Londra con la Sutherland e quella in studio con la Callas e Tagliavini. Di quest'ultimo, non ho riconosciuto all'ascolto quello che mi ricordavo... Davvero un Edgardo scialbo e anche in serie difficoltà nel legato e nei recitativi, dove procede a strappi e con un accento poco incisivo e trasandato. Gli unici momenti buoni, e che ricordavo bene, sono quelli a mezzavoce, come il paradisiaco attacco e lo svolgimento di "Verranno a te sull'aure". Anche nel quadro finale, a fronte di una morte molto soave e ben cantata, il recitativo è monocromatico e spento, a volte proprio tirato via.
Non c'è che dire... ricordavo male! : Blink :

Per tornare all'argomento, devo dire che il confronto fra le due edizioni è molto stimolante, e si capisce come Serafin avesse una visione molto "romantica" e spiccatamente narrativa dell'opera, che realizza al meglio con la Callas ("Regnava nel silenzio" è straordinaria), mentre con la Sutherland le cose vanno meno bene. Per altro, mi sembra che la grande australiana sia più coinvolta che in altre occasioni, pur restando assai diversa dalla Callas. E' interessante come Serafin, nella cavatina di Lucia, si sforzi di meno che con la Callas di cercare colori tetri e misteriosi, da ballata romantica, e ottenga un suono più uniforme e genericamente mesto, privo dei febbrili sbalzi dell'incisione EMI. Sembra che si renda conto delle diverse impostazioni delle due primedonne, e si regoli di conseguenza.
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Re: Lucia di Lammermoor (Donizetti)

Messaggioda Enrico » dom 06 dic 2009, 19:01

Povero Tagliavini! purtroppo tentava di rifare, in condizioni vocali già meno buone, il suo Edgardo di tanti anni prima: quando cantava dieci anni prima accanto alla Pons (live del'49) sembrava certamente più eroico e gagliardo e, in relazione al contesto, più moderno (rimanendo sostanzialmente identiche le mezzevoci, nelle quali, rispetto a Gigli, piangeva e singhiozzava un po' meno).
Ho l'impressione che nell'incisione in studio sia destinato a sfigurare proprio a causa dell'accostamento a una voce tanto più drammatica e timbricamente aggressiva come quella della Callas, che forse avrebbe avuto bisogno di un tenore simile a Corelli (ma non Corelli) o, perché no, di un Vickers o, qualche anno prima, di un Rosvaenge, se costui si fosse degnato di cantare un'opera italiana in italiano. Nulla contro Di Stefano, ma riproporlo anche nella versione del '59 sarebbe stato inutile (e forse, considerando il suo percorso vocale, dannoso).

Che Karajan ritenesse le interpretazioni di Serafin un fondamentale modello di riferimento l'ho sentito dire più volte: e se avessimo un maggior numero di registrazioni stereofoniche di Serafin (penso alla Bohème della Decca coeva dell'Aida di Karajan, ma anche al Trovatore con la Stella e Bergonzi) paragonabili a quelle di Karajan l'accostamento ci sembrerebbe ancora più naturale: a parte l'edonismo sonoro del Karajan più noto, credo che entrambi volessero curare soprattutto una chiarezza, unità e scorrevolezza naturale della narrazione.

Ma ora vado un po' dall'altra parte del forum e comincio a parlare di libretti d'opera...
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Re: Lucia di Lammermoor (Donizetti)

Messaggioda Luca » dom 06 dic 2009, 21:24

1) Povero Tagliavini! purtroppo tentava di rifare, in condizioni vocali già meno buone, il suo Edgardo di tanti anni prima: quando cantava dieci anni prima accanto alla Pons (live del'49) sembrava certamente più eroico e gagliardo e, in relazione al contesto, più moderno (rimanendo sostanzialmente identiche le mezzevoci, nelle quali, rispetto a Gigli, piangeva e singhiozzava un po' meno).

2) Nulla contro Di Stefano, ma riproporlo anche nella versione del '59 sarebbe stato inutile (e forse, considerando il suo percorso vocale, dannoso).
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Due affermazioni che mi spingono ad un commento e ad una precisazione cronologica:

1) Tagliavini per me è un mistero: certamente, a mio avviso, ha ragione Celletti quando - in riferimento mi pare al Werther - dice che canta per interposta persona ora rifacendosi a Gigli, ora a Schipa. Tale io lo considero, privo di una vera e propria personalità definita. Con lui ho 2 edizioni di Tosca: un 'live' londinese del '55 con Tebaldi e Gobbi diretti da Molinari Pradelli in cui sfoggia modi eroici che stupiscono non poco e quella in studio (del '56) con la Frazzoni e Guelfi diretti da Basile in cui è tutto zucchero e miele. Mah....

2) Ma Di Stefano in quell'anno (1959) ha inciso una seconda Lucia con la Scotto, Bastianini e Vinco per la Ricordi e diretta da Sanzogno con i complessi della Scala, ristampata di recente da qualche altra casa ! Tolto il commento positivo per la Scotto, Celletti liquida miseramente l'edizione.

Saluti, Luca.
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Re: Lucia di Lammermoor (Donizetti)

Messaggioda Enrico » dom 06 dic 2009, 23:01

Luca ha scritto:
Di Stefano in quell'anno (1959) ha inciso una seconda Lucia con la Scotto


Volevo dire, infatti, che di Lucie con Di Stefano ne abbiamo in abbondanza, e che, con la Callas, non avrebbe avuto più molto da dire. Tagliavini, pur non essendo nuovo, non aveva ancora avuto l'onore di una incisione ufficiale: ricordo una intervista radiofonica nella quale, anziano e malato, si rammaricava dal fatto che la sua fama fosse stata oscurata da quella di Gigli e di Lauri-Volpi (e se avessero messo Lauri-Volpi a far da Edgardo in disco con la Callas? qualche fotografia esiste, ma temo che non ci siano testimonianze discografiche).
Tornando a Di Stefano, mi viene in mente che le sue registrazioni giovanili quelle che forse potevano piacere a Celletti, lo presentano come una sorta di compromesso fra gli stili dominanti negli anni '40: sentimentalismo alla Gigli, dizione e fraseggio più vicini forse, ma solo nelle intenzioni, a Schipa (anche per qualche somiglianza, a volte, nel timbro), ma squillo negli acuti, a volte un po' nasaleggiante, che può ricordare la voce "piena" del Tagliavini giovane (sulle mezzevoci zuccherine il discorso è diverso: ho il sospetto che gli Elvini e gli Almaviva e i Nemorini quasi sopranili li abbia inventati lui: d'altronde il pubblico sembrava gradire).
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Re: Lucia di Lammermoor (Donizetti)

Messaggioda Triboulet » dom 06 dic 2009, 23:31

Tucidide ha scritto:Per tornare all'argomento, devo dire che il confronto fra le due edizioni è molto stimolante, e si capisce come Serafin avesse una visione molto "romantica" e spiccatamente narrativa dell'opera, che realizza al meglio con la Callas ("Regnava nel silenzio" è straordinaria), mentre con la Sutherland le cose vanno meno bene. Per altro, mi sembra che la grande australiana sia più coinvolta che in altre occasioni, pur restando assai diversa dalla Callas. E' interessante come Serafin, nella cavatina di Lucia, si sforzi di meno che con la Callas di cercare colori tetri e misteriosi, da ballata romantica, e ottenga un suono più uniforme e genericamente mesto, privo dei febbrili sbalzi dell'incisione EMI. Sembra che si renda conto delle diverse impostazioni delle due primedonne, e si regoli di conseguenza.


Ho quell'edizione Tuc, ma devo dire che forse l'ho ascoltata una volta in vita mia. E' interessante quello che dici perchè conferma una mia sensazione, cioè quella che Serafin sapeva fare quello che Karajan non sapeva, o forse non voleva fare, ovvero realizzare un'intesa interpretativa con la compagnia di canto. Karajan sceglie le voci secondo il suo gusto (e secondo le disponibilità contrattuali e le esigenze commerciali ovviamente, come tutti) e poi concerta secondo quel che ha in mente. Le intese, quando si verificano, sono fortuite, lui comunque dirige secondo il suo progetto interpretativo. Serafin no, lui è più funzionale, concepisce il tutto con i cantanti trovando la strada assieme a loro, e soprattutto intuendone il potenziale. Karajan, specie dagli anni 60, quando comincia a fare davvero di testa sua, mi dà l'impressione di scegliere gli interpreti per la bellezza del loro timbro e di sbatterli in ogni dove sperando che rendano come devono. Difficilmente in un disco di Serafin sentirai certe incongruenze che si sentono in alcune realizzazioni di Karajan (tipo il Trovatore che hai citato tu del 77 così come molte registrazioni Karajan II). Magari non ti piacerà in toto, ma questo è un altro discorso. Con questo non voglio misconoscere la grandezza di Karajan, solo ridimensionarne i meriti, che pure sono tanti ed eccelsi.

Tagliavini a me non piace, non in questo contesto... La Lucia della Callas, specie la seconda, è di una eloquenza sconvolgente, e francamente avrebbe necessitato di un edgardo all'altezza. E soprattutto serviva un protagonista un po' fuori dalla tradizione, peraltro errata come giustamente sottolineato, del tenore di grazia (eroico quanto vogliamo ma pur sempre di vecchia scuola). Non si tratta di filologia (anche la Lucia della Callas, come è stato detto altrove, è un clamoroso falso), si tratta di una interpretazione non contestuale, quì il vecchio e il nuovo cozzano irrimediabilmente, a prescindere dalla performance neanche tanto convincente di Tagliavini, che probabilmente è lì per ragioni contrattuali. Con la Pons il risultato è quantomeno più omogeneo, è la fotografia di una classica interpretazione dell'epoca pre-Callas. E comunque Tagliavini non era nè Gigli nè tantomeno Lauri Volpi (checchè ne dica lui nelle interviste), quest'ultimo sì vero tenore eorico.
Quanto a Cappuccilli, davvero nulla di che, ma io sono forse uno dei pochi che non lo ritiene interprete maiuscolo nè quì nè altrove.

Luca ha scritto:Ma Di Stefano in quell'anno (1959) ha inciso una seconda Lucia con la Scotto, Bastianini e Vinco per la Ricordi e diretta da Sanzogno con i complessi della Scala, ristampata di recente da qualche altra casa ! Tolto il commento positivo per la Scotto, Celletti liquida miseramente l'edizione.


Penso che per Celletti il Di Stefano post anni 40 sia tutto da buttare. Io invece, nonostante le mende vocali, lo trovo straordinario persino nella Tosca di Karajan. In questi ruoli intrepidi e appassionati per me era perfetto (per tutto il resto c'è Carlo Bergonzi : Chessygrin : ). Di quell'edizione quella che non mi convince è proprio la Scotto, nonostante io la ritenga il più grande soprano italiano della seconda metà del secolo scorso. Troppo acerba e inutilmente retorica (contrariamente al futuro quando imparerà ad essere "utilmente retorica"). Insomma come disse la Fleming (Tucidide ti frego la frase :D): You're too young to have mannerisms. That comes with age and experience! Geniale...
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Re: Lucia di Lammermoor (Donizetti)

Messaggioda Rodrigo » dom 06 dic 2009, 23:52

Triboulet ha scritto:Non si tratta di filologia (anche la Lucia della Callas, come è stato detto altrove, è un clamoroso falso)

In che senso falso clamoroso? Perdonami ma non capisco il motivo.
Quanto a Di Stefano sono parzialmente d'accordo: in quell'epoca è quello che meglio esprime la "rivolta" di Edgardo. Tuttavia, parlo dell'edizione EMI del '53, alla concezione (condivisibilissima) di un Edgardo maledetto si accompagna un fraseggio non troppo chiaroscurato e affiorano i ben noti limiti nell'acuto. E' poi curioso che per una manciata di recite sia stato interprete del ruolo anche il giovane Del Monaco (credo nel '43-44 in teatri di provincia). A mio giudizio, pur con tutto quanto si è detto, l'interpretazione di Edgardo
presuppone il rispetto degli stilemi belcantistici che Donizetti tutto sommato conserva in buon numero; il discorso è diverso per la tessitura, decisamente più centrale che in altri ruoli protoromantici (salvo qualche acuto isolato).
Fra gli interpreti anteguerra io apprezzo i frammenti che ha lasciato incisi il buon Pertile. Il peso vocale c'è e anche certe intuizioni nel fraseggio, favorite da un controllo della dinamica ferreo, mi paiono suggestive. Certo ci sono anche alcune concessioni alla moda dell'epoca: singhiozzetti qua e là e una buona dose di retorica del gran gesto.
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Re: Lucia di Lammermoor (Donizetti)

Messaggioda Triboulet » lun 07 dic 2009, 0:43

Rodrigo ha scritto:
Triboulet ha scritto:Non si tratta di filologia (anche la Lucia della Callas, come è stato detto altrove, è un clamoroso falso)

In che senso falso clamoroso? Perdonami ma non capisco il motivo.


Intendevo dire che la Lucia della Callas è tutt'altro che filologica. Tanto per cominciare il timbro e il peso vocale. La Tacchinardi-Persiani non era la Pasta, la sua voce era agile, brillante e leggera, insomma un soprano leggero dell'epoca (ovvero un lirico di coloratura attuale, più o meno). Cantava Elisir d'amore, Linda di Chamounix, Amina (ma non Norma, contrariamente alla Pasta e alla Grisi) e al massimo qualche ruolo Méric-Lalande (Pirata, Borgia) e primo-verdiano (tipo Ernani), non so con quali esiti peraltro. La scrittura è comunque abbastanza acuta, anche se con un bel centrale (che un po' tutte avevano all'epoca), e soprattutto infinitamente virtuosistica, forse più di quella della Grisi dei Puritani, per fare un esempio, che anche una come la Freni, non certo campionessa di agilità, riuscì a risolvere. La Callas non solo impone la sua lettura da soprano drammatico (e sceglie, contrariamente a Gilda o Amina, di mantenere un timbro abbastanza scuro), ma in virtù della sua visione essenziale e tardo-romantica del belcanto, con i "fronzoli" ridotti al minimo, semplifica in molti passaggi e taglia cadenze, non certo per mancanza di tecnica quanto appunto per scelte estetico-interpretative. La sua Lucia, geniale ed efficacissima, non suona certo come quel che doveva essere l'originale. La Sutherland restaura l'aspetto puramente canoro di alcuni ruoli ma purtroppo è carente su altri versanti.

Riguardo Pippo Di Stefano, non era certo l'Edgardo ideale, ma era comunque, a mio gusto, preferibile a tanti altri più corretti tecnicamente ma meno eloquenti sul piano interpretativo. Invito comunque ad ascoltare il Di Stefano con Karajan.
Pertile lo dovrò sentire, ma specie in gioventù non stento a credere che fosse un buon Edgardo... certo io non arrivo a essere così nostalgico, men che meno in altri sottesi sensi :lol:
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Re: Lucia di Lammermoor (Donizetti)

Messaggioda Tucidide » lun 07 dic 2009, 0:54

Rodrigo ha scritto:Quanto a Di Stefano sono parzialmente d'accordo: in quell'epoca è quello che meglio esprime la "rivolta" di Edgardo. Tuttavia, parlo dell'edizione EMI del '53, alla concezione (condivisibilissima) di un Edgardo maledetto si accompagna un fraseggio non troppo chiaroscurato e affiorano i ben noti limiti nell'acuto.

Triboulet ha scritto:Riguardo Pippo Di Stefano, non era certo l'Edgardo ideale, ma era comunque, a mio gusto, preferibile a tanti altri più corretti tecnicamente ma meno eloquenti sul piano interpretativo. Invito comunque ad ascoltare il Di Stefano con Karajan.

Di certo l'Edgardo di Stefano ebbe l'effetto di un pugno al plesso solare per tutto il pubblico abituato ad uno stile di canto aulico e composto. E' per questo motivo che, pur non essendo assolutamente un ammiratore di GDS, lo ritengo uno dei cantanti più importanti e "storici" del XX secolo.
Nel disco EMI 1953 io lo trovo discreto, e anche i sospiri messi in ridicolo da Celletti ("Sulla tombahh che rinserrahh") sono nel complesso efficaci; la voce poi è ancora in buona forma e anche gli acuti sono ben timbrati, anche se aperti (come sempre, per altro).
Invece, nella recita berlinese di due anni dopo per me è ai limiti dell'inascoltabile, fra acuti strozzati, falsettini e rantoli, di cui la famigerata maledizione con quell'urlaccio inverecondo è solo un esempio emblematico.

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Re: Lucia di Lammermoor (Donizetti)

Messaggioda Triboulet » lun 07 dic 2009, 1:59

Tucidide ha scritto:Invece, nella recita berlinese di due anni dopo per me è ai limiti dell'inascoltabile, fra acuti strozzati, falsettini e rantoli, di cui la famigerata maledizione con quell'urlaccio inverecondo è solo un esempio emblematico.


Sembra la descrizione della Lucia della Dessay al MET : Chessygrin : : Chessygrin : : Chessygrin :
Comunque alla Scala l'anno prima stava meglio, così come anche la Callas. Certo il suo belcanto rimane veristeggiante, aperto, eccessivo e pericoloso, però porta a casa il personaggio... ma io, ammetto, sono abbastanza di parte. Con Karajan, nonostante il declino vocale già in atto, è spinto ad una maggiore cura del fraseggio che poteva apparire un po' piatto nell'edizione in studio, di certo più sicura vocalmente (come pure la Maria si abbandona addirittura a qualche compiacimento vocale non da lei). Poi, francamente, quante alternative c'erano negli anni 50-60 all'Edgardo di Di Stefano? (parlo di tenori che l'avevano in repertorio)...Forse solo Tucker dico io (tralasciando Kraus e Bergonzi, lì siamo su un filone interpretativo di conservazione-restaurazione).
Mi viene la curiosità di questo Edgardo di Corelli... certo MET 1971, penso avesse qualche problemino anche lui a quel punto.
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Re: Lucia di Lammermoor (Donizetti)

Messaggioda Luca » lun 07 dic 2009, 9:09

Negli interventi che si susseguono in questo thread, mi pare manchi un altro tenore del quale forse c'è quale 'live' della Lucia (mi pare con la giovane Sutherland), ossia Gianni Raimondi. Butto lì un parere criticabilissimo quanto volete, ma non senza fondo: Raimondi poteva essere realmente un'altra risposta al Di Stefano imperante in quegli anni e forse in Lucia avrebbe avuto analoga eloquenza vocale ed interpretativa.

Saluti, Luca.
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Re: Lucia di Lammermoor (Donizetti)

Messaggioda Tucidide » lun 07 dic 2009, 10:21

Luca ha scritto:Negli interventi che si susseguono in questo thread, mi pare manchi un altro tenore del quale forse c'è quale 'live' della Lucia (mi pare con la giovane Sutherland), ossia Gianni Raimondi. Butto lì un parere criticabilissimo quanto volete, ma non senza fondo: Raimondi poteva essere realmente un'altra risposta al Di Stefano imperante in quegli anni e forse in Lucia avrebbe avuto analoga eloquenza vocale ed interpretativa.

Non a caso si ricorse a lui quando si replicò La Traviata di Visconti alla Scala nel 1956 e Di Stefano si rifiutò di tornare a vestire i panni di Alfredo.
Vocalmente Raimondi era più solido di Di Stefano, ma più convenzionale nel fraseggio e soprattutto nella gestione dei suoni.
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Re: Lucia di Lammermoor (Donizetti)

Messaggioda Luca » lun 07 dic 2009, 13:13

Non a caso si ricorse a lui quando si replicò La Traviata di Visconti alla Scala nel 1956 e Di Stefano si rifiutò di tornare a vestire i panni di Alfredo.
=========================================================
Che sciocco comportamento, chissà perché poi ?....

Saluti, Luca.

P.S.: Da notare che Raimondi alla Scala ha cantato Percy nell'edizione strafamosa dell'Anna Bolena con la Callas, la Simionato e Rossi-Lemeni e diretta da Gavazzeni e qualche anno dopo Idreno (molto tagliato!!!) in Semiramide con Sutherland e Simionato.
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Re: Lucia di Lammermoor (Donizetti)

Messaggioda Tucidide » lun 07 dic 2009, 13:34

Luca ha scritto:Non a caso si ricorse a lui quando si replicò La Traviata di Visconti alla Scala nel 1956 e Di Stefano si rifiutò di tornare a vestire i panni di Alfredo.
=========================================================
Che sciocco comportamento, chissà perché poi ?....

Dicono che non sopportasse il concentrarsi di tutte le attenzioni, di pubblico, critica e addetti ai lavori, sulla Callas. Il suo istinto da prim'attore non tollerava di stare in secondo piano rispetto alla primadonna.
Credo che se andasse già nel 1955 dopo la prima, e fu sostituito da Prandelli; l'anno dopo fu chiamato Raimondi.
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