Milady ha scritto: Legge ha poi sempre preferito nettamente all 'opera italiana quella tedesca, tanto è vero che non fece incidere alla Callas non solo il Don Carlo ed altri titoli del meno vieto repertorio verdiano , dove avrebbe fatto faville,ma neppure, passando ad altri autori nelle corde della Callas dell'età d'oro , Lucrezia Borgia e Semiramide.
E, aggiungo che una cantante, sua sincera amica, che ebbe modo di cantare qualche volta con lei- mi disse che ,anche nel periodo aureo,la Callas , pur osando l'inosabile perimporsi, temeva lo scotto da pagare per l'oneroso e precoce repertorio affrontato negli anni del suo apprendistato greco.
Che belle queste testimonianze dirette! si può dire chi era la cantante in questione? sono curioso...
Credo che l'oneroso repertorio giovanile sia stato solo uno dei fattori del declino precoce della Callas. Anche se secondo me non fu il principale, e il declino non fu poi così precoce in relazione al suo modo di cantare.
Colgo l'occasione per qualche riflessione sulla parabola vocale, più che artistica, della cantate greca.
La giovanissima Maria doveva apparire già con una voce estremamente corposa, tant'è che nè la Trivella nè la De Hidalgo ebbero dubbi sul fatto che lei fosse un vero soprano drammatico sin dalla tenera età. Nei suoi primi saggi Maria canta Weber, Tosca, Aida (1938). Insiste lei stessa per cantare Cavalleria (che in realtà era stata affidata ad un altro soprano) e alla fine dello stesso anno (1939) canta una selezione dal Ballo in Maschera. Cambia quindi conservatorio e va a studiare con la De Hidalgo (decisamente migliore come insegnante), la quale le fa studiare Norma, Aida, Gioconda. E' nei duetti di queste 3 opere che i greci la ascolteranno per radio per la prima volta, 1940.
Apro una parentesi sull'età della Callas, in risposta a un vecchio intervento di Mat.
Io ho sempre pensato che la Callas del 40 avesse almeno 21 anni. Francamente mi pare impossibile che a 17 anni si possa cantare Gioconda, per dirne una. Basta poi guardare la data di debutto di altri grandi soprani (Olivero, Tebaldi, Gencer ecc.), avevano almeno 21-22 anni, che poi corrisponde all'età del completo sviluppo.
Nel 1941 debutta al Teatro Reale dell'Opera di Atene, dove praticamente è una delle primedonne (altro che gavetta!). Canta però solo opera tedesca (Boccaccio, Tiefland, Fidelio, e studia l'Olandese Volante) e verismo italiano (Tosca, Cavalleria, e studia Fedora). E' già in carriera, ruoli da protagonista, recite a iosa (considerando che è una giovanissima debuttante), locandine a caratteri cubitali, recitals e perfino un concerto di addio tutto suo, quando dovrà partire per gli Stati Uniti. Nel 1942 le celebrazioni del 150enario della nascita di Rossini le aprono un nuovo mondo, e le consentono di portare in concerto Semiramide, Otello, Barbiere, Cenerentola. Ma è solo diletto il suo. Però insiste con la De Hidalgo, pregandola di farle studiare anche il repertorio "leggero". Studia pure l'intero Ratto dal Serraglio, nella speranza di fare da sostituta. Negli anni 40 Maria aspettava già l'occasione buona per cambiare repertorio. E' intimamente convinta delle proprie potenzialità e ha dei gusti molto precisi ma è consapevole di essere assolutamente improponibile sul mercato come soprano di coloratura, a meno che la cosa non accada per caso. E' probabile anche che quei famosi Puritani della svolta, nel 49, li avesse già studiati e messi nel cassetto, pronti a tirarli fuori al momento opportuno.
E allora dobbiamo aspettare il 1952 per una decisa virata verso il repertorio belcantistico con, ancora, Puritani, Ratto dal Serraglio alla Scala, Armida e, finalmente, Lucia. Sono, dal 41 al 51, 10 anni di repertorio drammatico, sicuramente non intensi come quelli a venire, ma ai quali la Callas ha retto senza, nel 52, mostrare ancora segni minimi di cedimento. Probabilmente con la sua tecnica (e la sua voce!) avrebbe continuato a fare il soprano drammatico per altri 10 anni senza accusare grossi problemi. Ma, grazie al cielo, non ne aveva alcuna intenzione.
I problemi veri, quelli a cui si riferisce Legge parlando delle sessioni per La Forza (anche se erano in realtà piccole difficoltà, ancora), arrivano col dimagrimento e relativo riassetto della voce, e specie in studio la Callas si impegna per cercare di organizzare meglio i registri (specie quelli estremi) e correggere l'emissione di certe note. Ma la sua voce deve soprattutto fare i conti col "nuovo stile Callas", ovvero un costante adattamento del suono ad ogni frase, con cambiamenti continui del colore e del peso vocale... insomma quella famosa sensazione che, intuitivamente, ci fa dire che la Callas avesse più voci e le intercambiasse di ruolo in ruolo o, talvolta, all'interno della stessa opera o anche all'interno di una stessa frase musicale. Forza la voce oggi e forza domani se in 10 anni non era successo niente, sono bastati 4 anni così per rovinarsi definitivamente. La Callas 54-58 è vocalmente sempre in bilico, alterna momenti di splendore purissimo a momenti di evidente difficoltà, sempre. Furono anni certo molto intensi, ma non era nè la prima nè l'ultima ad aver avuto una carriera frenetica, anzi la Callas era in una posizione abbastanza privilegiata, dato che negli anni d'oro faceva perlopiù la spola tra Milano e New York.
Eppure non si risparmia mica. Canta di tutto (non solo 700 e belcanto, ma anche la Medea wagnerizzata, Tosca, Chenier, cose non certo più leggere di Aida), non si risparmia tranne in casi di estremo malessere (Lucia al Met nel 56). Nello stesso anno accetta (dopo Norma, Traviata e Barbiere) persino di tornare su Wagner, per un Parsifal scaligero che andrà a monte a causa della morte di Kleiber. Nel 57 litiga con Bohm (che abbandona) per un concerto nel quale è decisa ad alternare Turandot a Dinorah, Trovatore a Lucia, incide 5 opere (3 da contratto e 2 sua sponte) e in tourneè fila i mi naturali nella Sonnambula con sprezzante disinvoltura...si sente insomma ancora onnipotente, oppure (dico io) vuol fare finta che i problemi non esistano. Nel 58 comincia a pagare.
Da quì il declino vero e proprio... e l'ostinazione. Nel 59, con già falle irreparabili al suo strumento, ancora accetta di cantare Lucia dal vivo con esiti, stando alle cronache, vocalmente tutt'altro che entusiasmanti. Poi lo stop dei primi anni 60 le dà il colpo di grazia. Poi ancora la folle idea di voler ricantare Norma (dove anche nelle serate migliori è costretta a pietosi compromessi) e Medea, più alla sua portata ma forse ancora più massacrante per la voce. E la più folle idea, ancora una volta, di voler cantare Traviata nel 1968!! Va bene in studio, ma anche on stage?! con Visconti e Giulini?! Nostalgia canaglia...
La Emi vuole proseguire sul filone di Carmen facendole incidere Werther, ma lei preme per Traviata. A me l'idea di "Callas artista saggia" non ha mai convinto. Certo il suo acume interpretativo procedeva in maniera inversa al suo declino vocale, ma per dare forma alle idee ci vuole pure la voce adatta. Maria rincorreva l'idea di se stessa e il suo passato, si dava obiettivi troppo alti, non ammetteva un cambio di repertorio e in questo era abbastanza incoscente. Aveva il terrore che la gente pensasse: "ecco è scesa a compromessi" o forse il suo orgoglio le impediva di fare "marcia indietro" (quando il confronto con gli anni d'oro era decisamente peggiore). Poi si scontrava con la realtà, e si rendeva conto di non farcela, ma poi si illudeva di nuovo. Fino al 1969 studierà per riorganizzare la voce, ancora con la De Hidalgo. E a quest'epoca risalgono gli abbozzi delle sue ultime incisioni vocalmente dignitose. Tutto sommato avrebbe potuto ancora cantare - altri repertori, certo - con quella voce (non più con quella di qualche anno dopo) come tante sue colleghe hanno fatto, ma era prigioniera di un meccanismo psicologico che includeva troppe "variabili personali" (oltre che difficoltà e ostacoli nella vita privata) che con la coscienza artistica avevano poco a che fare. Potenzialmente sempre 30 anni di carriera furono, non tanto meno della Tebaldi o della Gencer.
La Callas e Verdi. Ho già parlato altrove del rapporto controverso con questo compositore. Si pensi solo che prima di una delle sue ultime Aide dal vivo (1953) disse all'impresario "niente mi bemolle, se volete sentirlo allora scritturatemi nei Puritani". Penso che la frase faccia capire tutto
Così l'anno dopo non si fa tanti scrupoli nell'annullare un'Aida all'Arena di Verona. Quel forfait è in qualche modo il gesto-giro di boa. L'anno precedente c'avrebbe pensato due volte a cancellare, ma di lì a qualche mese è pronto il debutto negli Stati Uniti (Traviata, Norma e Lucia a Chicago) e la Vestale alla Scala con Visconti. Di Aida, Rigoletto, Forza, Vespri ecc. la Callas non ha più bisogno (e suo malgrado canterà in seguito il Ballo alla Scala, ma è pur sempre un Sant'Ambrogio).
Purtroppo però "la Legge è Legge" (passatemi il gioco di parole). Era un'epoca in cui le opere da incidere venivano scelte SOLO sulla base della loro popolarità (con la certezza che la Callas le avrebbe cantate tutte). A teatro, compatibilmente con le offerte, si poteva scegliere, accettare o rifiutare; i contratti con la casa discografica erano invece un'altra cosa. L'unica arma in possesso della Callas per immortalare su disco i SUOI personaggi era il recital. "Callas alla Scala" e "Mad Scenes" (in pratica un "Callas alla Scala parte II") nascono col preciso intento di salvare dall'oblio le interpretazioni della Divina in opere che lei immaginava non le avrebbero mai fatto incidere, opere nelle quali peraltro furoreggiava (Bolena, Pirata, Vestale, Sonnambula e Medea, che pure inciderà con non poche difficoltà burocratiche). L'idea che le facessero registrare titoli allora poco noti come Borgia o Semiramide, che mai neanche aveva fatto in teatro, era poi pura fantascienza.
Anche il primo recital verdiano nasce principalmente dall'esigenza di incidere qualcosa dal Macbeth che la Callas in quel periodo aveva studiato ex-novo in maniera estremamente meticolosa in vista del debutto di un nuovo allestimento al Met.
E in quel recital "Tu che le vanità" è l'unico brano che non sia del Verdi giovanile, tassello mancante alle sue incisioni tardo-verdiane (e forse tra queste l'incisione più riuscita), ricordo unico delle perdute recite scaligere. Curiosità: la Callas prova in queste sessioni per la prima volta l'aria di Eboli "O don fatale". Il progetto poi, chissà perchè, venne abbandonato quasi subito, per essere ripreso negli anni 60, assieme all'idea di incidere il duetto finale nell'abortito recital con Corelli.