MatMarazzi ha scritto:Maugham ha scritto: Hai ragione, sono uomo del duemila.
Ma sono anche un soggetto che ha visto la prima opera nel 1968.
E che ne ha sentite, lette, discusse di tante.
Penso quindi di poter contestualizzare Di Stefano abbastanza agevolmente.
Guarda Maugham,
non era in discussione nè la tua esperienza, nè la tua competenza.
Mat,
Ti conosco da tempo. E penso che se tu scrivessi: "Maugham non capisci una mazza!" prima di offendermi cercherei di capire... se magari hai ragione.
Mi riferivo a tutti noi uomini del 2000.
Ma poi ho usato la prima persona singolare e quindi capisco che possa aver dato adito a dubbi di permalosità varie.
Ovviamente non c'è bisogno che ti dica che tra noi non ci sono.
Arrivando a bomba.
Penso che, con gli strumenti che abbiamo, possiamo benissimo contestualizzare Di Stefano.
Poi forse non sentiremo sulla nostra pelle i deliqui della signora col marito.
Ci arriveremo per cervello e non per pancia.
Ma possiamo farlo.
Non ne discuto nemmeno la simpatia, la comunicativa, l'umorismo, il buon cuore che molti colleghi gli hanno riconosciuto.
E invece potresti benissimo discutere tutte queste cose, anche perché nessuno finora (almeno in questo forum) le aveva tirate in ballo.
quindi contestale fin che vuoi!
A me sembrano favole...
Invece sono convinto che tutte questi "elementi" caratteriali che, convengo con te, sembrano sciocchi e che giustamente tu consideri ininfluenti in sede critica, abbiano contribuito non poco (a mio parere negativamente) sul tipo di personaggio (uso il singolare) che Di Stefano ha replicato (
ribadisco, in sala d'incisione) per un decennio. Se è vero, come hai scritto da qualche parte, che certi pudori sutherlandiani influivano sulla resa espressiva di personaggi, penso che anche questi lati solari e mandolineschi del nostro tenore abbiano qualche pertinenza con i Duchi e i Des Grieux che tutti conosciamo.
Vorrei solo sottolineare come trovi il termine "rivoluzionario" eccessivo.
Perchè le rivoluzioni nell'opera si fanno anche con i contenuti (vedi Chaliapin e Caruso).
Non solo con un emissione mai sentita prima.
Già... qui è il nostro antico disaccordo.
E io invece penso che (non solo nella musica ma in tutta la storia dell'arte) le rivoluzioni si facciano sul codice.
In pittura, come al cinema, come nella musica, come in tutto il resto.
Matteo, hai giustamente parlato di cinema.
Kubrick già dai tempi di Rapina a mano armata, Il bacio dell'assassino e Orizzonti di gloria ha sovvertito il linguaggio cinematografico.
Con calma, tenacia, cura maniacale del dettaglio, senza esagerare.
A un certo punto della sua carriera, quando ha capito di padroneggiare la tecnica cinematografica in maniera pressocchè totale, ha cominciato ad affrontare, genere per genere, il cinema a trecentosessanta gradi. Il kolossal (Spartacus), la commedia nera (Lolita), la satira politica (Stranamore), il film d'attualità (Arancia meccanica), la fantascienza (2001), il film in costume (Barry Lyndon), l'horror (Shining), il film di guerra (Full Metal Jacket), il dramma borghese (Eyes wide shut)... e ogni volta era un superamento, un risultato espressivo e tecnico così ingombrante da rendere apparentemente impossibile dire qualcosa di nuovo in quel settore specifico.
Ad esempio, dopo 2001, chi voleva cimentarsi col genere, poteva solo inventarsi qualcosa d'altro.
Ovvero mischiare fantascienza e saghe celtiche (come ha fatto Lucas) o fantascienza e horror (come Ridley Scott).
Ma non si poteva (e non si è fatto) fare più il cinema di fantascienza "classico".
Inoltre Kubrick padroneggiava il linguaggio e i codici con tale maestria da creare capolavori profondissimi sotto il profilo concettuale ma al contempo leggibili anche da mia nonna che era cresciuta con Macario, Osvaldo Valenti e la Ferida.
Anche Tarantino ha rivoluzionato, uso il tuo termine, il codice.
Non lo dico io, lo dice la critica mondiale.
Pulp Fiction è un film che non avevamo mai visto prima. Cambia la scrittura, il taglio delle inquadrature, il montaggio, il materiale utilizzato, l'uso della citazione, della musica...
Poi... Tarantino è dieci anni che clona in peggio lo stesso film.
Come se Kubrick ci avesse offerto copie sempre più deteriorate di Spartacus.
Kubrick è un vero rivoluzionario.
Tarantino no.
Perchè dietro a Kubrick ci sono contenuti immensi che aspettavano la padronanza di quel nuovo codice per venire fuori.
Tarantino non si merita questo importante aggettivo.
E' stato semmai un apripista. (Cosa che concedo a Di Stefano)
Perchè, pur riconoscendone il mestiere e la cultura cinefilo-trash, per me è solo un teen-ager attempato di talento (non c'è dubbio) che però ancora (cinematograficamente) si mette le dita nel naso alla cena di gala per vedere l'effetto che fa.
Arrivando a Di Stefano (e scusandomi per l'OT cinematografico) sottolineo che il nocciolo di questo e dei miei precedenti messaggi sul tema era solo cercare di condividere e capire questi superlativi eroici che alcuni di voi usano per un tenore che
in disco ci ha lasciato torsi interpretativi di desolante povertà espressiva.
Non posso farci nulla.
Io non ci vedo una rivoluzione, non ci vedo un von Stolzing (forse sarò troppo Kothner), nè ci vedo un eroe che ha sacrificato se stesso per le generazioni che verranno.
Ci vedo solo un cantante che rappresenta,
in disco, il classico tenore made in Italy, turistico e strappacore
Perchè non c'erano contenuti!
Nella testa della Modl (più in Kundry che in Isolde, secondo me) invece c'erano quintali di contenuti.
Mi ripeto come i vecchi bacucchi.
Scusatemi
Ciao
Willie