Gregory Kunde

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Re: Gregory Kunde

Messaggioda pbagnoli » mer 05 mag 2010, 9:15

Non hai torto, intendiamoci.
Ma come ti sembrava Gedda in questo ruolo? Sbagliato? Fuori posto?
A me piaceva, ma io sono di parte con Gedda quindi non attendibile
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Re: Gregory Kunde

Messaggioda MatMarazzi » mer 05 mag 2010, 12:33

pbagnoli ha scritto:Non hai torto, intendiamoci.
Ma come ti sembrava Gedda in questo ruolo? Sbagliato? Fuori posto?
A me piaceva, ma io sono di parte con Gedda quindi non attendibile


Carissimo,
come sai Gedda mi piace "a prescindere" :)
Forse non stravedo per lui nei Vespri (anche lui in quanto ad ardore giovanile e romantico mi lascia un po' freddo), però intanto non aveva 57 anni quando cantò Arrigo... un po' meno; e poi all'epoca non c'era molta scelta (a parte i Bonisolli vari, direi solo il grande Wieslaw Ochman, che se non fosse per la durezza di certi passaggi, a me pare il miglio Arrigo degli anni '70).
Oggi invece abbiamo fior di tenori che potrebbero cantare bene questo repertorio: i Cutler, i Costello, i Grigolo, gli Spyres e altri. Tutti più giovani e più credibili.

Vorrei cogliere l'occasione per allargarmi un po' sui ruoli Gueymard.
Dalla natura dei personaggi che ha cantato (la creazione del Profeta o di Henry), ma anche il recupero in grandissimo stile di Robert le Diable, e persino dalle lettere di Verdi, mi sono fatto l'idea che questo grandissimo interprete avesse in qualche modo esasperato (sempre nei canoni francesi) il lato "plebeo" e "ruspante" che Duprez (con i suoi acuti sparati e di petto) aveva introdotto.
Mi sono fatto l'idea che risultasse più efficace nei ruoli popolani, semplici, esuberanti e poco intellettuali, di giovani tutto fuoco e in sostanza manipolabili.

Nel 900 però non è stato facile trovare qualcuno che smorzi i sopracuti, si esalti in queste tessiture e nel contempo non dia l'idea di un signore distino e per bene (uno talmente raffinato da cantare Profeta invece che Tosca, insomma).
Anche Gedda nel Profeta è talmente "per bene" , talmente cantante "di stile" che mi persuade poco.

Facendo la scorsa dei cantanti del '900 mi è venuto in mente un nome sorprendente.
Avete presente il Di Stefano giovane, giovane, giovane? Quello che - sia caso o fortuna - faceva i re sopracuti e smorzava i do naturali?
Parlo di quello del 47-48.... Quello che cantava Manon, Werther, Rigoletto... ma che aveva già nella voce tutte le striature di colore e aperture di suono che lo rendevano amatissimo (e che avrebbero decretato il suo declino)?
Bene, prendiamolo prima che intervenisse il declino, quando faceva quei dischi da brividi alla pelle, con quei filati di bellezza incomparabile e quegli acuti e sopracuti facili e spontanei... pur comunicando il senso di una gioventù molto plebea, molto ruspante, molto terrigna.
Bene, ora pensate a questo Di Stefano (del 48 al massimo) alle prese con il Profeta (che in fondo è un oste, un taverniere, uno sciocco manipolabile, sfruttato dagli altri, talmente sciocco da pensare di essere diventato un profeta davvero... per di più mammone), pensate alle filature celestiali che Di Stefano giovane avrebbe messo nella pastorale.
Pensate a questo Di Stefano (che in fondo cantava anche i Puritani, peccato che Rubini sia la quintessenza dell'eleganza, a differenza di Gueymard) come Arrigo dei Vespri, e verrà chiaramente alla luce l'elemento "bastardo" e "plebeo" (che sconcerta la duchessa Elena, che pure è attratta da lui).

Mi sono così fatto l'idea che se Di Stefano avesse osato allora, giovanissimo, questi personaggi, sarebbe stato il più vero, il più autentico interprete Gueymard del secolo scorso.
Il forbito e distinto signorone dell'illinois, con i suoi modi da generale vicino alla pensione, e il suo piglio tutto nozzariano e i falsetti ormai afoni non può - ne sono sempre più convinto - essere che lontanissimo dalla verità di questi ruoli.

Scusate la digressione, ma era tempo che dovevo condividere con voi l'idea di un Di Stefano primissima maniera nei ruoli Gueymard.

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Re: Gregory Kunde

Messaggioda pbagnoli » mer 05 mag 2010, 13:45

Il Di Stefano prima maniera (quello, cioè, di prima degli Anni Cinquanta) è per me il più grande tenore di tutti i tempi. Sono completamente d'accordo con te: sarebbe stato perfetto in questi ruoli.
E un Masaniello? Come l'avrebbe fatto, secondo te?
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Re: Gregory Kunde

Messaggioda MatMarazzi » mer 05 mag 2010, 15:23

pbagnoli ha scritto:Il Di Stefano prima maniera (quello, cioè, di prima degli Anni Cinquanta) è per me il più grande tenore di tutti i tempi. Sono completamente d'accordo con te: sarebbe stato perfetto in questi ruoli.
E un Masaniello? Come l'avrebbe fatto, secondo te?


Ma... sai. Masaniello è un ruolo Nourrit... Lì ci vuole testa! :)
Oddio, spero che non si offendano gli ammiratori di Di Stefano, ma mai... mai... nè da giovane, nè da vecchio ce l'avrei visto in ruoli "intellettuali".
Mentre, è questa la mia tesi, i ruoli Gueymard, per quanto ardimentosissimi vocalmente e teatralmente, siano l'esatto opposto dell'intellettualità.
Mi incuriosisce sapere cosa ne pensate...

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Re: Gregory Kunde

Messaggioda Enrico » gio 06 mag 2010, 13:27

Che cos'è questa storia della Norma a Taormina?
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Re: Gregory Kunde

Messaggioda Rodrigo » dom 09 mag 2010, 16:46

MatMarazzi ha scritto:Vorrei cogliere l'occasione per allargarmi un po' sui ruoli Gueymard.
Mi sono fatto l'idea che risultasse più efficace nei ruoli popolani, semplici, esuberanti e poco intellettuali, di giovani tutto fuoco e in sostanza manipolabili.


Che Arrigo sia meno riflessivo, profondo, intellettuale insomma di Elena e di Monforte non ci piove. Forse è altrettanto monodimensionale (su tutt'altro versante) solo quell'antipatico martire della rivoluzione di professione che è Procida.
Io nella parte ci avrei visto ottimamente il Pavarotti degli anni '70 (quello del Trovatore targato Bonynge): timbro giovanile, acuti facilissimi, aria "ruspante". Chissà, negato per i ruoli psicologicamente complessi, Luciano ci avrebbe sorpreso con questo ruolo.
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Re: Gregory Kunde

Messaggioda MatMarazzi » dom 09 mag 2010, 16:58

Rodrigo ha scritto:Io nella parte ci avrei visto ottimamente il Pavarotti degli anni '70 (quello del Trovatore targato Bonynge): timbro giovanile, acuti facilissimi, aria "ruspante". Chissà, negato per i ruoli psicologicamente complessi, Luciano ci avrebbe sorpreso con questo ruolo.


Ma certo... Anche negli altri ruoli Gueymard.
Pensa a un Jean de Leyda del Profeta fatto dal giovane Pavarotti.
In quella parte anche l'aspetto infelice e la recitazione rozza sarebbero stati perfetti. Come ho detto, il grande Gedda è un po' troppo signorile e distinto per questa parte di giovane oste spaventosamente ingenuo, che si presta a fare "l'uomo ombra" di politici senza scrupoli, finendo per credere davvero al proprio carisma...

(eppure io resto dell'idea che il giovane Di Stefano sarebbe stato inarrivabile).

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Re: Gregory Kunde

Messaggioda Riccardo » sab 05 giu 2010, 19:10

Vorrei scrivere queste poche righe per ringraziare moltissimo Matteo per il brillantissimo pezzo su Kunde e Ford.
L'analisi storica è come sempre perfetta così come le proposte che avanza per il futuro sono indiscutibilmente avvincenti.

In particolare mi sono piaciute moltissimo le riflessioni sul Rossini napoletano, sulla necessità di un canto coloristico per poterne esaudire le richieste espressive e sulle contingenze storiche che ne hanno permesso un formidabile recupero negli ultimi venticinque anni.

Proprio in questo periodo mi sto occupando di un'opera che Garcia sr. scrisse come compositore per sé Nozzari e la Colbran per il San Carlo di Napoli nel 1814, ossia l'anno prima dell'arrivo di Rossini. Mi piacerebbe davvero capire quali elementi a Napoli hanno indirizzato Rossini verso un tipo di scrittura che è molto diversa da quella delle opere scritte per il nord Italia.
I pubblici erano evidentemente diversi, così come diverse erano le realtà politiche. In aria di festeggiamenti per il 2011, potrebbe quasi diventare spunto per uno studio sulla storia italiana partendo da quella realtà musicale che precede la già ultrastudiata retorica risorgimentale verdiana.

Salutoni a tutti
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Re: Gregory Kunde

Messaggioda Tucidide » sab 05 giu 2010, 20:19

Complimentoni anche da parte mia a Mat per il bel pezzo in prima pagina, che ho letto a salti per questioni di tempo, ma su cui sicuramente tornerò con maggior attenzione, essendo appassionatissimo di canto tenorile rossiniano ed amando moltissimo entrambi i vecchi leoni, Bruce & Greg. :mrgreen:
Coglierò altresì l'occasione per riascoltarli nelle loro migliori interpretazioni (il Giasone di Mayr di Ford... me lo ricordo strepitosissimo dal disco Opera Rara, ma è tanto che non l'ascolto).
Sempre a proposito di Ford, qualcuno di voi conosce il disco Opera Rara "Three Tenors", dove lui (grandioso), Austin Kelly (accettabile) e Matteuzzi (già cotto) cantano duetti rossiniani con la chicca del terzettone dell'Armida?
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: Gregory Kunde

Messaggioda pbagnoli » dom 06 giu 2010, 12:40

Bellissimo lavoro come al solito, Matteo.
Perché non ce le regali un po' più spesso queste chicche, disgraziato?... :(
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Re: Gregory Kunde

Messaggioda pbagnoli » dom 06 giu 2010, 14:01

C'è una cosa che non capisco nell'articolo di Matteo, ed è questa frase:
nientemeno che Arnould del Guglielmo Tell, il più impestato dei ruoli Nourrit nel quale solo Merritt aveva osato, e senza particolare fortuna, avventurarsi.
.
Cavoli, Matteo: sin dal recital di Vercelli che l'aveva rivelato a noi italiani, e poi sino alle recite della Scala, Chris Merritt aveva rivelato al mondo che la sua voce, impostata sugli estremi acuti in falsettone rinforzato, era proprio l'ideale per un ruolo del genere.
Lo so che l'ho ripetuto sino allo strazio, ma fu lui - nelle recite della Scala - a catalizzare l'attenzione di tutti: nel monologo del quarto atto fu impressionante, elettrizzante ed assolutamente straordinario; ma lui fu magico anche nel terzetto del secondo atto
Sono dovuto arrivare a Kunde per trovare qualcosa di paragonabile.
Siccome ho sempre il massimo rispetto di tutto quello che dici, mi piacerebbe sapere la ragione della tua affermazione: se la memoria non mi tradisce, questo era proprio un ruolo in cui il tenore di Oklahoma City veniva portato sugli scudi!

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Re: Gregory Kunde

Messaggioda MatMarazzi » lun 07 giu 2010, 13:34

Grazie mille, amici.
Sono contento che l'argomento vi sia piaciuto. Trovo che sia carina l'idea delle "nuove voci parallele" (il "nuovo" è stato un'idea di Pietro, perchè - non si sa mai - qualcuno potrebbe confonderci con Lauri Volpi). ;)
La formula di prendere un paio di artisti contemporaneai - più o meno accomunati dal repertorio o dalle caratteristiche tecnicovocali - e metterli al paragone può dare simpatici frutti.
Per la scelta, non c'è che l'imbarazzo: oggi gli artisti straordinari sono tantissimi.

Riccardo ha scritto:le proposte che avanza per il futuro sono indiscutibilmente avvincenti.


come vedi,la mia grande ammirazione per Kunde mi ha spinto a "tralasciare" la questione dei Vepres, che - come ho già scritto - non approvo.
Lo considero un passo (per bene che si possa dire) poco significativo nella carriera di Kunde. Ma per fortuna i suoi prossimi impegni dimostrano una ben maggiore consapevolezza.
Magari prendesse la strada dei ruoli Lainez... Se non lo farà perderemo una grande occasione.
Quando lo troviamo un nuovo Cortez?

Proprio in questo periodo mi sto occupando di un'opera che Garcia sr. scrisse come compositore per sé Nozzari e la Colbran per il San Carlo di Napoli nel 1814, ossia l'anno prima dell'arrivo di Rossini. Mi piacerebbe davvero capire quali elementi a Napoli hanno indirizzato Rossini verso un tipo di scrittura che è molto diversa da quella delle opere scritte per il nord Italia.


E' una ricerca interessantissima! :) Vedere come Garcia scrivesse per se stesso nel 1814 è interessante, specialmente in riferimento al discorso che facevamo tempo fa sulla collocazione vocale di Garcia prima del 1816.

I pubblici erano evidentemente diversi, così come diverse erano le realtà politiche. In aria di festeggiamenti per il 2011, potrebbe quasi diventare spunto per uno studio sulla storia italiana partendo da quella realtà musicale che precede la già ultrastudiata retorica risorgimentale verdiana.


Sarebbe un'ottima idea! Ma quel che ne verrebbe fuori non farebbe contente le istituzioni! :)
Quanto a Tuc...

Sempre a proposito di Ford, qualcuno di voi conosce il disco Opera Rara "Three Tenors", dove lui (grandioso), Austin Kelly (accettabile) e Matteuzzi (già cotto) cantano duetti rossiniani con la chicca del terzettone dell'Armida?


Non ho mai sentito il disco. Però l'idea di Paul austin Kelly (di cui conservo ricordi non esaltanti dal vivo) e soprattutto Matteuzzi mi attira poco.

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Re: Gregory Kunde

Messaggioda MatMarazzi » lun 07 giu 2010, 13:51

pbagnoli ha scritto: Cavoli, Matteo: sin dal recital di Vercelli che l'aveva rivelato a noi italiani, e poi sino alle recite della Scala, Chris Merritt aveva rivelato al mondo che la sua voce, impostata sugli estremi acuti in falsettone rinforzato, era proprio l'ideale per un ruolo del genere.


Che devo dirti... non sono d'accordo.
Non è per gli acuti (che proprio falsettone non mi sembrano) quanto per le diseguaglianze dell'emissione (il colorismo appunto), gli scarti timbrici, non esaltano una linea che, secondo me, è già pienamente romantica.
Poi c'è il dramma dell'espressione. Nourrit è la quintessenza dell'intellettualizzazione. Dietro tormenti e dolori che paiono tradizionalmente melodrammatici c'è la complessità di un artista umanamente e culturalmente fuori dal comune. Se lo affrontiamo con la goffaggine espressiva di Merritt (fermo restano che ben pochi Arnould del '900 hanno fatto poi tanto meglio di lui) risulterà un personaggio un po' scemo, da acuti e da bellurie vocali.
Ho assistito anche io dal vivo a quel Guglielmo tell scaligero.
anche io mi aspettavo tanto (il mio precedente ricordo di Meritt dal vivo era l'Ermione pesarese, dove fu grandioso).
E mi sono trovato davanti un tipo scenicamente insignificante, vocalmente troppo poco stabile nella linea, poeticamente ..."prosaico".
Sarà anche questione di gusti.
Kunde resta per certi aspetti migliore, anche se nemmeno lui è ciò che mi aspetto da questo ruolo.
Torno a dire che Cutler è la mia personale speranza per i ruoli "Nourrit". Ne avremo conferma la prossima primavera con i suoi Ugonotti.

se la memoria non mi tradisce, questo era proprio un ruolo in cui il tenore di Oklahoma City veniva portato sugli scudi!


Se la memoria non inganna me, non direi che l'Arnould di Merritt (dopo quella stagione in cui circolò in tre teatri) sia rimasto come suo ruolo "tipico". E tutto sommato anche gli altri ruoli Nourrit da lui affrontati sono stati pochi e poco celebrati.
Era nei ruoli Nozzari che suscitava deliri internazionali e applausi che duravano anche 10 minuti.

Comunque ripeto sempre di gusti stiamo parlando.
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Re: Gregory Kunde

Messaggioda dottorcajus » lun 07 giu 2010, 14:57

Assistetti alla serata inaugurale della stagione scaligera e fu l'ultima anche perchè le innovazioni alla sosta nella piazza mi rendevano impossibile ipotizzare altre code di tale lunghezza. Anche io nutrivo molte aspettative su questo tenore che avevo casaulmente scoperto nel concerto che tenne a Modena, credo poco dopo quello di Vercelli.
Ricordo la grande emozione di vedere finalmente quest'opera ben eseguita dopo due tentativi miseramente falliti (Pisa con Ottolini e Guelfi ma ero piccoilssimo e poco attento, poi anni dopo a Rovigo con Grilli, buona volontà e niente più).
Concordo con Matteo sia sugli acuti che sulla inerzia dell'interprete. Aggiungo che sia lui in alcuni casi, nonostante l'orchestra non si spingesse a volumi elevati, era veramente difficile udire sia lui che Zancanaro. Rimediai con la mia registrazione pirata che, durante il rientro a Pisa, mi permise di sentire quello che in teatro mi era sfuggito.
Aggiungo che la volta in cui Merritt mi colpì maggiormente fu in occasione dell'unica recita di Zelmira eseguita alla Fenice di Venezia dove, a mio parere, fu vocalmente impressionante.
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Re: Gregory Kunde

Messaggioda Rodrigo » lun 07 giu 2010, 15:06

Desidero anzitutto rivolgere complimenti vivissimi a Matt per l’editoriale “rossiniano”, una lettura decisamente avvincente. Un ringraziamento anche per la citazione.
Mi permetto al proposito di aggiungere qualche osservazione sparsa.

i tenori delle opere di Rossini non erano stati letti nelle loro specificità: erano considerati pane per voci piccole e gentili, omoegnee nei registri, leggere nella linea, scarsamente virtuose e dagli stessi modi signorili e delicati già adottati in Mozart e nel Donizetti semiserio.
Se ancora negli anni ’70 ci fossimo chiesti cosa distingueva un tenore rossiniano dai tenori di area “belcantistica”, probabilmente avremmo risposto che c’erano solo tante note in più (tanto valeva tagliarne due terzi).
Con l’apparire dei tenori coloristi d’oltre-oceano tutto cambiò e la questione del “tenore rossiniano” si rivelò ben più complessa. Dal serbatoio Napoletano e dalle edizioni critiche emergevano inattese contraddizioni non solo fra i tenori dell’opera seria e dell’opera buffa, non solo fra quelli delle opere italiane e francesi, ma addirittura fra i diversi ruoli per tenore di una stessa opera: limitandoci ai “tipi” dominanti, i personaggi composti per il tenore Giovanni David avevano certe caratteristiche (proiezione acutissima, propensione all’elegia, fragilità sentimentale), mentre quelli scritti per Nozzari reclamavano altro suono (più virile, scuro e reattivo) e altre prospettive drammatiche (insoddisfazione, rivolta, sensualità).


Secondo me qui si tocca il punto nodale della situazione: come suggerisci prima degli anni ’80 le parti tenorili rossiniane erano considerate (specie nelle opere serie e con l’eccezione del Tell) le meno interessanti fra quante scritte dal pesarese. In realtà il vero problema non era di qualità della scrittura, ma proprio di vocalità congrua. Intendiamoci bene, prima della rivoluzione “pesarese” si erano applicati a Rossini non solo voci di “secondo livello” ma anche (almento da un punto di vista della tecnica e delle qualità naturali) fior di artisti. Chi più chi meno i vari Filippeschi, Lazzari, G. Raimondi, Alva, Benelli, Araiza, Garaventa, Fisichella, J. Carreras giovane - per stare solo ai tenori - di frecce nel loro arco ne avevano: chi l’estensione, chi il timbro, chi gusto nel fraseggio, chi predisposizione del “cantar fiorito”, eppure… mai si erano uditi risultati decisamente rivelatori. Forse semplifico un po’ ma, nella peggiore delle ipotesi si assisteva a barbare mutilazioni, nella migliore a un onesto e tutto sommato poco convinto arrivare in fondo alla parte. Un ottimo esempio del primo tipo - sto parlando dei tenori (e dei bassi) - mi pare l’Armida callasiana e pure la Semiramide targata Bonynge non scherza. Un esempio del secondo tipo l’Otello inciso da Carreras e Fisichella con la Von Stade. Nei primi due titoli i tenori si imbrogliano nelle colorature, tentano di segnalare la propria presenza sparando acuti, vengono soccorsi da benevoli potature. Nel secondo le note ci sono tutte (quelle scritte), c'è una tutto sommato più che diligente ricerca dell'espressione "giusta", ma si capisce lontano un chilometro che i cantanti non hanno la più pallida di dove andare a parare.
Contra factum non est argomentum: il colorismo “americano” applicato a Rossini non è una sublime impostura, ma condizione necessaria per rendere significanti quelle partiture. Detto questo resto dell’opinione che, dal loro punto di vista, i sostenitori del canto “coperto” qualche ragione ce l’hanno con riferimento agli ulteriori sviluppi della vocalità romantica. L’applicazione di questi stilemi “americani” fuori dall’alveo rossiniano (e delle opere ad esso assimilabili) si è rivelata quanto meno problematica. Nessuno tra gli alfieri della vocalità coloristica è riuscito veramente a “sperigliare le carte” nel repertorio verdiano. Non l’Arrigo di Merritt, non le prove di Ramey (salvo gli incunaboli di Oberto e Attila), e del resto neppure la Horne e la Sutherland avevano mietuto allori.
Anche qui, temo, contra factum…

Le sorti cambiarono allo scoccare del nuovo millennio; a un certo calo di “creatività” da parte degli Americani si contrappose il ritorno in grande stile di un rossinismo di vecchio stampo, latino, “pre-americano”, il quale - riorganizzate le fila e forte di un fuoriclasse come Juan Diego Florez – ha lanciato la propria controffensiva al "colorismo”.
Per certi versi fu la restaurazione anche in ambito rossiniano dell’antico “tenore di grazia”, giusto un po’ irrobustito sul fronte virtuosistico, più fiero del proprio sopracuto e accuratamente aggiornato nell’immagine: non più soft e gentilizio, ma simpatico e giovanilista.
Bisogna anche ammettere che la vittoria della “reazione anti-colorista” ha diverse buone ragioni dalla sua: anzitutto a Florez e compagnia vanno riconosciuti eccellenti risultati nel Rossini comico (nel quale gli Americani non si erano altrettanto distinti); inoltre un canto più piacevole e tradizionale come il loro può spingersi oltre i confini rossiniani, verso gli orizzonti romantici dei ruoli Rubini e dell’Opéra Comique (oggi di gran moda), nei quali gli Americani - troppo aspri e irregolari proprio a causa del colorismo - non avevano espresso il loro meglio.
Semmai è nel Rossini Serio e segnatamente “napoletano” che i nuovi rossiniani rappresentano un passo indietro, un livellamento di quegli aspetti nuovi, inquietanti e grandiosi che il “colorismo” aveva rivelato.


Sono in linea di massima d’accordo con questa ricostruzione. Mi limito ad osservare che dietro l’affermazione di Florez ci sta secondo me – ed è il Florez più pregevole, più autentico – una tipologia diversa da quella rispolverata dagli americani (il tenore serio napoletano): quella del tenore “di mezzo carattere” così tipica del Rossini precedente la fase napoletana e che compare anche nella Gazza Ladra (potremmo chiamarlo il tenore rossiniano padano? :D ). Il modello, insomma, su cui si era concentrato con buoni esisti e una certa carica innovatrice rispetto alla tradizione delle "vociuzze educate" Matteuzzi. Artista forse non travolgente, ma secondo me da non trascurare per ricostruire l'evoluzione della vocalità rossiniana degli anni '80. Mi piacerebbe, aempre a proposito dei rossiniani "latini", che si spendesse una parola anche su Vargas di cui ricordo un ottimo Argirio discografico.
E’ vero fino a un certo punto, poi, che i risultati più eclatanti della scuola americana si siano registrati nell’opera serie. Almeno Blake si è mosso molto bene anche nell’opera buffa e a lui dobbiamo un Almaviva non solo meritoriamente “restaurato”, ma pure rivissuto secondo una personalissima cifra umana e divenuto giustamente vera e propria icona.


L’incontro fra il giovane Kunde e Rubini è qualcosa di straordinario.
Nessun altro interprete novecentesco – a parere di chi scrive – è riuscito quanto lui a cogliere e valorizzare i misteri della scrittura rubiniana. Fra le volute luminose e disincarnate del suo canto, i Puritani, la Straniera, Anna Bolena, Bianca e Fernando recuperarono non solo il miraggio sublimante dell’aurora romantica, l’astrazione celestiale che a quelle parti appartiene, ma soprattutto – diretta conseguenza - una pienezza poetica rivelatrice.
Persino l’algida sobrietà dell’attore, la sua prevedibilità bionda e sostenuta contribuivano a restituire luce e incorpereità a tali personaggi, così come il melodizzare inargentato, liquido, screziato di colori pastello. E non parliamo della disumana facilità con cui si elevava nell’esosfera della vocalità maschile, su quei sopracuti impossibili che fanno tremare i grandi.
La naturalezza con cui il giovane Kunde si innalzava fra le progressioni belliniane, ne impreziosiva di rubati le pulsazioni, si arrendeva, con decoro cavalleresco, alle esaltazioni melodiche ci danno un’idea molto convincente di che effetto paradisiaco dovesse produrre Rubini sui suoi contemporanei.


Bellissime considerazioni! Mi permetto però una piccola uscita agrodolce: sembra il ritratto di Alfredo Kraus… Ecco tra i “Rubini redivivi” ci metterei anche lui (e il Pavarotti delle serate migliori : Chessygrin : ).
Va anche notato che, diversamente da quanto verificatosi per il Rossini serio, una tradizione rubiniana non si era del tutto smarrita. Semmai il problema era stata la migrazione snaturante di un ruolo quale Gualtiero del Pirata verso i lidi (è la parola!) del tenorismo stentoreo alla Corelli.
Saluti e ancora grazie per le splendide riflessioni.
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