Ivan Fischer, BFO, "La" Quarta di Mahler
Inviato: dom 02 ago 2015, 9:33
La musica è favolosa perché non ti lascia mai fermo sul già acquisito sul risaputo. Quest'anno, alla Scala, credevo, credevamo d'aver raggiunto un vertice "mahleriano" di lettura, di commozione, e per noi di ascolto, nella Terza Wiener-Jansons. E' arrivato Ivan Fischer con la sua favolosa Budapest Festiva, ed è andato oltre, con quella che , senza alcun timore, definiamo la più bella Quarta di Mahler da noi ascoltata dal vivo nella vita, e una delle nostre massime esperienze d'ascolto di questo autore che segna le nostre vite e il nostro tempo.
Una fantasmagorica, ironica e commovente, tesa e distesa, iridescente di tinte, cavalcata fra Vienna e Boemia. Fraseggi e rubati viennesi e colore boemo che è solo di quest'orchestra, letteralmente tutt'uno con Fischer che ha sbrigliato tutta la fantasia, l'estro (ma l'appropriatezza stilistica!) immaginabili in una lettura allo stesso tempo antica (lo struggimento boemo viennese portato a sublimazione) e modernissimo (il fantastico secondo movimento, mai udito così, con il primo concertante posto a fianco del direttore accanto al viiolino scordato, un tempo febbrile e un fraseggio geometrico, quasi stravinskiano. Che si stesse per ascoltare qualcosa di eccezionale, si è capito al volo dal vertiginoso "rubato" con il quale Fischer ha attaccato la sinfonia. Da lì, con l'orchestra come burro malleabile nelle sue mani: pazzesche nel rilievo plastico le sortite di legni e ottoni, stupenda la brunita tinta boema degli archi, incredibili i corni, talora usati ome "sordi" ad esito grottesco rabbrividente nel primo movimento, talmente trascinante da strappare (ma stavolta non ha dato fastidio, pareva una coneguenza logica) un'ovazione applauso dal pubblico, peraltro poi silente e totalmente avvinto. Il gioco di proprorzioni sonore e tensioni-distensioni dell'adagio ha trovato in Fischer e nei suoi una misura suprema. Ed è arrivata la Petersen, in silenzio, sulle ultime note dell'adagio, e Fischer, facendosi forte della grande espressività del soprano svedese, ha perfettamente inserito (è raro: di solito si tende a farne una nenia estetizzante, "celestiale") i leader conclusivi in perfetta consequenzialità tematica, accendendoli, anzi infiammandoli di spirito acre e anche umoristico (sono tali) dapprima, per poi approdare allo struggimento (non sdilinquito: un silenzio) conclusivo. E la Scala è venuta giù, ma non era finita.
Ivan Fischer (che nella vita è stato mozartiano di vaglia) e i suoi ci hanno tirato il colpo da ko emotivo con il bis: forse la meraviglia fra le meraviglie di Mozart, il Laudate Dominum dai Vespri. Intonato alla prima strofa dalla Petersen e poi- tuffo alcuore, alla seconda strofa, orchestra in piedi, strumenti giù, e orchestrali che diventano coro e cantano - indimenticabilmente! ò la strofa avvolgendo la voce del soprano. Dopo un istante di silenzio, tutta la platea, di colpo si è alzata in piedi e ha decretato a - urla di esultanza - un'a standing ovation quqale raramente si sente da queste parti dopo un concerto. Fischer e soprano son stati tirati fuori con e senza orchestra. E alla sua uscita, il maestro, visibilmente commosso, è stato accompagnato lungo via Filodrammatici da una folla di appassionati sotto le invocazioni "torna, torna!".
Per scelta (volendo ascoltare il Mahler in freschezza) ho saltato, per stavolta (arrivando da fuori Milano) la prima parte: mi dicono che anche il Bartok delle Danze e del Concerto numero 2 affidato al roccioso Bromfman sia stato di alto livello, ma che il Mahler ha poortato al decollo cui abbiamo assistito. Per noi, il più bel concerto di quest'anno alla Scala. E , per noi - come talvolta capita - la Quarta di Mahler "riparte" da questa serata. Come nuova.
marco vizzardelli
Una fantasmagorica, ironica e commovente, tesa e distesa, iridescente di tinte, cavalcata fra Vienna e Boemia. Fraseggi e rubati viennesi e colore boemo che è solo di quest'orchestra, letteralmente tutt'uno con Fischer che ha sbrigliato tutta la fantasia, l'estro (ma l'appropriatezza stilistica!) immaginabili in una lettura allo stesso tempo antica (lo struggimento boemo viennese portato a sublimazione) e modernissimo (il fantastico secondo movimento, mai udito così, con il primo concertante posto a fianco del direttore accanto al viiolino scordato, un tempo febbrile e un fraseggio geometrico, quasi stravinskiano. Che si stesse per ascoltare qualcosa di eccezionale, si è capito al volo dal vertiginoso "rubato" con il quale Fischer ha attaccato la sinfonia. Da lì, con l'orchestra come burro malleabile nelle sue mani: pazzesche nel rilievo plastico le sortite di legni e ottoni, stupenda la brunita tinta boema degli archi, incredibili i corni, talora usati ome "sordi" ad esito grottesco rabbrividente nel primo movimento, talmente trascinante da strappare (ma stavolta non ha dato fastidio, pareva una coneguenza logica) un'ovazione applauso dal pubblico, peraltro poi silente e totalmente avvinto. Il gioco di proprorzioni sonore e tensioni-distensioni dell'adagio ha trovato in Fischer e nei suoi una misura suprema. Ed è arrivata la Petersen, in silenzio, sulle ultime note dell'adagio, e Fischer, facendosi forte della grande espressività del soprano svedese, ha perfettamente inserito (è raro: di solito si tende a farne una nenia estetizzante, "celestiale") i leader conclusivi in perfetta consequenzialità tematica, accendendoli, anzi infiammandoli di spirito acre e anche umoristico (sono tali) dapprima, per poi approdare allo struggimento (non sdilinquito: un silenzio) conclusivo. E la Scala è venuta giù, ma non era finita.
Ivan Fischer (che nella vita è stato mozartiano di vaglia) e i suoi ci hanno tirato il colpo da ko emotivo con il bis: forse la meraviglia fra le meraviglie di Mozart, il Laudate Dominum dai Vespri. Intonato alla prima strofa dalla Petersen e poi- tuffo alcuore, alla seconda strofa, orchestra in piedi, strumenti giù, e orchestrali che diventano coro e cantano - indimenticabilmente! ò la strofa avvolgendo la voce del soprano. Dopo un istante di silenzio, tutta la platea, di colpo si è alzata in piedi e ha decretato a - urla di esultanza - un'a standing ovation quqale raramente si sente da queste parti dopo un concerto. Fischer e soprano son stati tirati fuori con e senza orchestra. E alla sua uscita, il maestro, visibilmente commosso, è stato accompagnato lungo via Filodrammatici da una folla di appassionati sotto le invocazioni "torna, torna!".
Per scelta (volendo ascoltare il Mahler in freschezza) ho saltato, per stavolta (arrivando da fuori Milano) la prima parte: mi dicono che anche il Bartok delle Danze e del Concerto numero 2 affidato al roccioso Bromfman sia stato di alto livello, ma che il Mahler ha poortato al decollo cui abbiamo assistito. Per noi, il più bel concerto di quest'anno alla Scala. E , per noi - come talvolta capita - la Quarta di Mahler "riparte" da questa serata. Come nuova.
marco vizzardelli