Gergiev - Scala - (metà concerto)
Inviato: gio 02 apr 2015, 15:14
Posso colpevolmente raccontarvi solo la seconda metà del concerto scaligero di Gergiev perchè per ragioni lavorative sono arrivato tardi e ho ascoltato solo la seconda parte (perdendomi purtroppo il 2° di Brahms con Bronfman). Quanto sentito però basta ad avere conferme di quello che penso: quando ne ha voglia Gergiev è il più geniale direttore vivente (e con questo non intendo dire il migliore, ma semplicemente il più talentuoso genio, che sopravanza di intere spanne la concorrenza).
La prima conferma arriva dal "solito" Wagner da concerto con i due preludi dei Meistersinger. Il solito Wagner si diceva.... e invece Gergiev si conferma - IMHO - il miglior direttore wagneriano in circolazione.
Mai il preludio I è risuonato così luminoso, aereo, felice, delicato. La trama orchestrale si dipana con una chiarezza talmente semplice da farci credere che siamo davanti ad un solfeggio del Pozzoli; le sezioni evidenziatissime eppure così amalgamate in una continua ricerca del bel particolare, del bel suono, di un rubato esaltante. Il tutto però fuso in una unica colata di suono caldo e avvolgente. Straordinaria la contrapposizione con il corrusco preludio III, il cambio di atmosfera evidenziato e sottolineato con compiacimento e soddisfazione reciproca (sia per chi lo esegue, sia per chi lo ascolta). Orchestra molto intensa e molto precisa, con archi e legni dallo splendido suono, nonostante le richieste continue del direttore.
Felicissimo l'accostamento tra Wagner e il brano finale, "Le poème de l'extase" di Skrjabin: un direttore come Gergiev non può che considerarlo un invito a nozze per celebrare una fusione tra "l'io creativo teosofico" del compositore e "l'io interpretativo" della sua bacchetta, come forma unica dell'imitazione della creazione L'andante languido che apre il poema è reso quasi lugubre da un tempo insolitamente lento ma dondolante, come una litania. Il tema del flauto si rincorre concentricamente, ripreso dagli altri strumenti in modo inquieto, soggiogante, quasi minaccioso. L'allegro centrale è un continuo sottolineare le finezze e le ricercatezza timbriche volute da Skrjabin e il lento finale trova in Gergiev uno degli esecutori assoluti. La potenza, l'onnipotenza quasi del suono e del volume richiesto metterebbero a dura prova chiunque e la Filarmonica si dimostra globalmente attenta e all'altezza, nonostante qualche imprecisione.
Gergiev non ci porta all'estasi ma ci regala un irrefrenabile, travolgente, insopprimibile desiderio di raggiungerla!
E il ricordo vola immediatamente alla esecuzione "mostruosa" di Nicolaj Golovanov, riascoltata immediatamente in questi giorni.
Un bellissimo concerto (almeno per la metà ascoltata) sicuramente il più bello della stagione
flip
La prima conferma arriva dal "solito" Wagner da concerto con i due preludi dei Meistersinger. Il solito Wagner si diceva.... e invece Gergiev si conferma - IMHO - il miglior direttore wagneriano in circolazione.
Mai il preludio I è risuonato così luminoso, aereo, felice, delicato. La trama orchestrale si dipana con una chiarezza talmente semplice da farci credere che siamo davanti ad un solfeggio del Pozzoli; le sezioni evidenziatissime eppure così amalgamate in una continua ricerca del bel particolare, del bel suono, di un rubato esaltante. Il tutto però fuso in una unica colata di suono caldo e avvolgente. Straordinaria la contrapposizione con il corrusco preludio III, il cambio di atmosfera evidenziato e sottolineato con compiacimento e soddisfazione reciproca (sia per chi lo esegue, sia per chi lo ascolta). Orchestra molto intensa e molto precisa, con archi e legni dallo splendido suono, nonostante le richieste continue del direttore.
Felicissimo l'accostamento tra Wagner e il brano finale, "Le poème de l'extase" di Skrjabin: un direttore come Gergiev non può che considerarlo un invito a nozze per celebrare una fusione tra "l'io creativo teosofico" del compositore e "l'io interpretativo" della sua bacchetta, come forma unica dell'imitazione della creazione L'andante languido che apre il poema è reso quasi lugubre da un tempo insolitamente lento ma dondolante, come una litania. Il tema del flauto si rincorre concentricamente, ripreso dagli altri strumenti in modo inquieto, soggiogante, quasi minaccioso. L'allegro centrale è un continuo sottolineare le finezze e le ricercatezza timbriche volute da Skrjabin e il lento finale trova in Gergiev uno degli esecutori assoluti. La potenza, l'onnipotenza quasi del suono e del volume richiesto metterebbero a dura prova chiunque e la Filarmonica si dimostra globalmente attenta e all'altezza, nonostante qualche imprecisione.
Gergiev non ci porta all'estasi ma ci regala un irrefrenabile, travolgente, insopprimibile desiderio di raggiungerla!
E il ricordo vola immediatamente alla esecuzione "mostruosa" di Nicolaj Golovanov, riascoltata immediatamente in questi giorni.
Un bellissimo concerto (almeno per la metà ascoltata) sicuramente il più bello della stagione
flip