Evviva! La Filarmonica della Scala si stacca e ci stacca, almeno una sera, dalle maniacali propensioni gerontofile del sovrintendente scaligero Pereira, e propone una locandina nella quale direttore e solista non assommano, in totale, sessant’anni. E – pubblico a parte: il solito mortorio le solite facce, sia in platea che nelle gallerie – il Gerontocomio Scala, per una sera si accende di gioventù in un concerto non perfetto (e vedremo perché) ma scintillante di vivacità, di brillantezza. Di gioventù, appunto. Se ne giova anche l’orchestra, più reattiva rispetto a un po’ tutta l’attività recente.
Yuja Wang è un acquarello cinese. Lo è nella bellezza diafana (suona molto nuda e può permetterselo, con quella pelle di madreperla e quel fisico da ferreo giunco) e nello stile rarefatto del quale si avvale per sciorinare un concerto in Sol di Ravel nitido nelle geometrie, limpido nel suono sottile ma penetrante della pianista, acrobatico ma mai “esibito” nel ritmo serrato dei movimenti esterni (il finale jazz è travolgente ma mai sopra le righe) e incantato in una fiaba di timbri e disegni nel movimento lento. Peccato che la straoridnaria Wang sia molto mal circondata da un orchestra che deve aver provato poco. Rustioni la tiene su dui giri ma non può evitare la genericità e – ahimè – le copiose stecche. Ulula e sbianca il primo corno nel solo frammento di tema che gli tocca nel primo movimento. Steccano bellamente legni e ottoni nel finale. Peccato
Ma direttore (soprattutto) e orchestra si riscattano nella seconda parte. Le Fontane di Respighi scintillano di luce, zampillano, grondano nel giusto grado di enfasi e di barocco. Bella esecuzione, doppiata con una virtuosistica (nelle accensioni più che nel tempo sostanzialmente comodo) lettura de l’Uccello di Fuoco. L’orchestra è precisa e convinta. Rustioni è magari “eccessivo” negli estri: poco gli convengono, e dovrebbe anzi smettere, gli atteggiamenti plateali da fotocopia-caricatura del giovane Muti, di cui imita il “blocco” nei finale con braccia che si uniscono, mezza giravolta e ciuffo all’aria, quasi a far vedere” ho in pugno l’orchestra”. Ma l’ha in pugno davvero, e in repertorio sinfonico (almeno in questo, ma l’abbiamo ascoltato con piacere in Mozart, ai Pomeriggi) appare molto più sicuro e “sfrontato” rispetto alle sue timide apparizioni operistiche. Milano fu feroce, eccessivamente cattiva, con il suo Ballo in Maschera, che aveva il sostanziale torto della timidezza, ma non era disdicevole: una meraviglia, comunque, rispetto all’attuale gerontoAida in scena alla Scala. E’ direttore promettente, bene ha fatto a predere in mano l’orchestra Toscana, che tanti ne ha forgiati, e, se smetterà le buffe agitazioni nosedian-mutiane che lo connotano sul podio… resterà l’indubbio talento. Buon concerto, comunque: una ventata di freschezza in un ambiente attualmente stantio.
marco vizzardelli