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Der Rosenkavalier (Strauss)

MessaggioInviato: gio 21 feb 2008, 15:12
da dottorcajus
Le mie nozze d'argento con il Cavaliere.

Non fraintendetemi mi riferisco al Rosenkavalier visto martedì a Genova.
Avevo già i biglietti per il 19 ma la mia memoria, sempre più fallace, me lo ha fatto dimenticare. Ma non potevo tradire il mio amato ed ecco che con i last minute ci sono andato ugualmente.
Come sempre, complice anche l'isolamento assoluto goduto in teatro (in II° galleria eravano solo in 5) ed il conseguente silenzio, alla fine dell'opera mi sono ritrovato con gli occhi pieni di lacrime, disfatto ma con una sensazione di pace interiore che solo quest'opera riesce a darmi.
Lo spettacolo ha avuto il suo punto di forza nella parte musicale dove Luisi ha diretto mirabilmente un orchestra in grande forma. Ottimo il cast (non chiedetemi i nomi che li ho dimenticati) con un giovane soprano nel ruolo della Marescialla che ha saputo trovare, specie nel duetto con Ochs, momenti particolarmente belli. Il ruolo del barone, affidato ad un maturo cantante, è stato delineato molto bene senza alcun momento caricaturale ma con molta spocchiosa sobrietà.
In complesso uno spettacolo che meritava sicuramente di essere visto, che ha avuto il potere di coinvolgere le scolaresche di varie età che hanno assistito in religioso silenzio scatenandosi, educatamente, solo al termine. Ora mi proietto verso l'Elektra fiorentina.
Roberto

MessaggioInviato: gio 21 feb 2008, 17:53
da pbagnoli
Bella recensione, Roberto. Ammiro sempre incondizionatamente il tuo modo di raccontare le tue impressioni.
Naturalmente spero che tu riesca anche a ricordarti i nomi dei cantanti... 8)

MessaggioInviato: ven 22 feb 2008, 15:30
da dottorcajus
Recupero i nomi e ve li scrivo:
Marescialla: Solveig Kringelborn
Oktavian: Kristine Jepson più a suo agio come servetta che nobile
Sophie: Patrizia Ciofi (forse troppo voce italiana a me piace un suono più alla tedesca)
Ochs: Günter Missenhard
Faninal: Enrico Marrucci

Rifacendomi alle critiche d'epoca preferisco tacere il nome del "tenore italiano" che non è certo stato soddisfacente. Mi chiedo perchè non si scelga una voce italiana per questo ruolo al posto degli slavati stranieri.
Roberto

MessaggioInviato: ven 22 feb 2008, 15:55
da Tucidide
Come cantante italiano Pavarotti è insuperabile: per una volta, nessun problema interpretativo, ma solo tanta voce, orgogliosamente esibita con un autocompiacimento ingenuo e molto latino, irresistibile.

MessaggioInviato: ven 22 feb 2008, 17:35
da tatiana
Tucidide ha scritto:Come cantante italiano Pavarotti è insuperabile: per una volta, nessun problema interpretativo, ma solo tanta voce, orgogliosamente esibita con un autocompiacimento ingenuo e molto latino, irresistibile.


Si, sono d'accordo.
Però quanto è difficile questo ruolo vocalmente!

Tatiana

MessaggioInviato: ven 22 feb 2008, 21:44
da VGobbi
dottorcajus ha scritto:Marescialla: Solveig Kringelborn.

L'avevo sentita l'anno scorso, o due anni fa (boh), alla Scala come Elsa dal Lohengrin. Mi avevo colpito il suo timbro direi liliale e senza inutili forzature. Non pensavo che affrontasse un ruolo monstre come quello della Marescialla. Confesso di essere rimasto sorpreso dalla scelta fatta dalla cantante.

Re:

MessaggioInviato: sab 23 feb 2008, 14:55
da Calaf
VGobbi ha scritto:
dottorcajus ha scritto:Marescialla: Solveig Kringelborn.

L'avevo sentita l'anno scorso, o due anni fa (boh), alla Scala come Elsa dal Lohengrin. Mi avevo colpito il suo timbro direi liliale e senza inutili forzature. Non pensavo che affrontasse un ruolo monstre come quello della Marescialla. Confesso di essere rimasto sorpreso dalla scelta fatta dalla cantante.


A me è piaciuta molto. Ritratto di una Marescialla forse più giovane delle raffigurazioni consuete, molto attraente, nel cui fraseggio non sempre riesce a dominare il tumulto interno. Una raffigurazione affascinante, come buona parte della realizzazione musicale di questo spettacolo che aveva il suo punto debole in quasi tutte le raffigurazioni dei personaggi di carattere, pur così importanti in questo lavoro, e nella parte visiva, al massimo "gradevole" ma senza un'impronta registica interessante.

Der Rosenkavalier (Strauss)

MessaggioInviato: sab 10 apr 2010, 22:53
da MatMarazzi
DRESDA, 2010

Salve a tutti,
riappaio nel forum dopo qualche settimana di silenzio e per prima cosa... rispondo a me stesso.
Ovvero recupero un vecchio thread nel quale avevo sostenuto l'ineseguibilità odierna del Rosenkavalier, o per lo meno il timore che le interpreti di oggi fossero condannate a soccombere al confronto con quelle passate (la Lehmnann, la Schwarzkopf), non perché queste ultime fossero insuperabili, ma perchè i nostri tempi non consentirebbero (era questa la tesi) una vera adesione alle problematiche insite al Rosenakavalier e ben comprensibli in altre fasi storiche.

Più precisamente affermavo:
MatMarazzi ha scritto:
Io credo che ogni interpretazione (come forse ogni forma d'arte) respiri il proprio tempo.
Non è solo questione di grandi teorie o di "costumi", ma di uno "spirito", qualcosa nell'aria che non solo il pubblico, ma anche i cantanti, i registi, i direttori respirano. Senza tante meditazioni o intellettualismi.
Lo respirano naturalmente, ne fanno parte.

E anche le opere.
Perché le opere siano vitali in epoche diverse bisogna che esistano fili rossi (tutti da scoprire: è questo il compito degli interpreti) fra lo spirito dell'epoca in cui sono interpretate e quello dell'epoca in cui furono scritte.
Se il Don Giovanni si fa meglio oggi che negli anni '30 o '40 è perché oggi abbiamo scovato più "fili rossi" col Don Giovanni che negli anni '30 e '40.
Se oggi Rossini e Monteverdi o Janacek si fanno meglio di quanto si facessero negli anni '50 o '60 è per la stessa ragione.

In compenso a noi vengono male alcune opere che cinquant'anni fa si facevano benissimo.
Perché la nostra epoca non riesce più a trovare i "fili rossi".
Tra queste, secondo me, il Rosenkavalier.
Lo splendore di Elizabeth Schwarzkopf e Lisa della Casa non sta solo nel fatto che erano brave: è che il loro mondo (quello degli anni '50) aveva qualcosa in comune col mondo che cinquant'anni prima aveva dato vita al Rosenkavalier.


E poichè la nostra civiltà non "cerca le nevi dell'anno passato" ma si avventa sul futuro, non vive di ricordi gloriosi (cristallizzati in morali ed etichette) ma si rigenera negandosi continuamente, mi ero spinto a dire che sarebbe meglio lasciar perdere il Rosenkavalier, che tanto siamo condannati a farlo male, a replicare tradizioni e maniere che non sentiamo...

....Tutto questo prima di sentire e vedere Angela Denoke nelle vesti della Marescialla.
Sono stato smentito come più non si potrebbe.
Ma in fondo non mi dispiace! :) Non c'è fortuna più grande (per il pubblico) che quella di essere smentito da un'artista.
Se l'artista dovesse solo "confermare" le nostre tesi (come fanno i "miti" dei loggionisti nostrani) il suo non sarebbe un contributo così rilevante.
Grazie al Cielo, invece, ci sono gli interpreti di genio, quelli che fanno la storia, quelli che passano la loro vita a ...smentirci, e a strapparci con violenza alle sintesi semplicistiche che noi (che artisti non siamo) siamo condannati a elaborare.

Così ha fatto con me Angela Denoke, la cui Marescialla ho appena ammirato all'Opera di Dresda, nel meraviglioso tempio di Semper (devastato nella seconda guerra mondiale e da poco risorto) in cui il Rosenkavalier è nato.
Con lei l'opera risfodera - OGGI! - una verità forza 9 che spazza via i ricordi più sublimi (anche la Schwarzkopf) e respira l'aria del nostro presente.

Lo spettacolo non era speciale. La direzione era un filino chiassosa, mentre la regia di Laufenberg (ingenua e tipicamente tedesca) non mancava di una certa canagliesca efficacia.
L'idea di ambientare in piena Anschluss la vicenda (i soliti nazisti, direte....) non disturbava per nulla, perché apriva spaccati interessanti, ad esempio, nel rapporto fra Faninal e Ochs (non più il Borghese che cerca l'alleanza col Nobile, ma il Viennese che cerca quella col Tedesco).
Peccato che il Bavarese Ochs (un Rydl ancora efficace e sonorosissimo nei do gravi) e la sua banda di sbevazzoni da OktoberFest vestiti alla tirolese risultassero troppo caricaturali, così come l'ingenuità dei Faninal, un po' da cartone animato.

Chi si è notevolemente avvantaggiata della ricontestualizzazione è stata però la figura della Marescialla, e soprattutto il personaggio "ombra" che le sta dietro: il Maresciallo.
In un simile contesto, chi è il Maresciallo?
Chi è quest'uomo potentissimo, la cui autorità terribile fa tremare al solo passaggio della sua "compagna", tanto che la Polizia all'ultimo atto (ovviamente ufficiali delle SS) si ritirano in buon ordine al suo solo apparire?
Be' il pensiero corre.... dove deve correre!
In un simile contesto, la Marescialla è una Eva Braun, la compagna di qualcuno che nessuno vede ma che si ha persino paura a nominare.

Resta da chiedersi come avrebbe funzionato una simile soluzione con un'altra interprete, ad esempio la Tilling, l'altra Marescialla della produzione: sul sito della Semperoper c'è un video di presentazione con la Tilling appunto... che - sul ricordo di cosa ha combinato la Denoke - fa un po' cascare le braccia.
Se con la Denoke questo ripensamento del personaggio risulta sconvolgente è perché LEI è di per sè sconvolgente, a mio parere la più grande Marescialla che si sia vista o sentita dopo la Schwarzkopf (con buona pace della Crespin e della Lear).
Appena appare in scena - tra l'altro vestita da uomo, proprio come Oktavian (i due o le due si spoglieranno a vicenda con un'incredibile effetto omo-lesbo di impagabile efficacia) - la Denoke si impossessa dello spazio come solo una grandissimo può fare; sembra una Marlène Dietrich, sensuale e provocante da impazzire, maestosa come una leonessa nella savana, elegantissima e a tratti persino androgina, ma con una carica di femminilità, tenerezza e vulnerabilità che pare impossibile in un simile personaggio.

Anche per la divina Schwarzkopf è venuto il turno di essere superata.
Con questo non voglio affermare che la Denoke sia più brava di lei, ma semplicemente che il suo intimidatorio modello (che ha imprigionato persino una grandissima come la Lott) è stato superato da un nuovo "atto di genio".

Per meglio descrivere la Marie Therese della Denoke, proverei a confrontarla alle altre grandi marescialle di oggi (la Stemme e la Fleming).
Premetto che la Denoke è incommensurabilmente superiore all'una e all'altra (che pure non sono affatto male).
La sua supremazia è dovuta non solo a questioni di personalità e taglio interpretativo (che pure ci sono) ma soprattutto a questioni tecnico-vocali.
E' la vittoria - relativamente al personaggio - del declamato radicale alla tedesca sia sul declamato "morbido" alla Svedese (quello del "Wagner internazionale" di Flagstad e Nilsson, difeso dalla Stemme), sia sul vocalismo d'alta scuola - anche se arricchito dei colori "all'americana" - di René Fleming.

Partiamo da quest'ultima.
E' normale che la Fleming (da rigogliosa vocalista) sovrasti le colleghe nel terzetto finale, con una linea immacolata ed edonistica che progredisce in modo entusiasmante. Il problema è che - a differenza di quel che credono gli straussiani della domenica - (che non hanno mai messo sul piatto i primi due CD dell'Opera e poi pontificano su come andrebbe cantata) non c'è solo il terzetto finale.
Esso arriva dopo circa tre (tre!) ore di pura e semplice conversazione. Ed è qui che la Fleming (che pure ci mette tantissimo impegno) risulta un po' debole.
Marie Therese non è Ariadne, non è Arabella e non è Helena... non è nemmeno la Contessa del Capriccio.
Tutto il primo atto e quasi tutto il terzo richiedono una padronanza della "parola" declamata che sarebbe persino ingiusto chiedere a un vocalista.
Peccato perché pure, a modo suo, la Fleming avrebbe, dal punto di vista espressivo, qualcosa di personale (sia pure semplice) da dire: il suo personaggio non manca di verità e simpatia; l'età che avanza diventa simbolo di una perdità di identità (artistica?) nel mondo patinato in cui respirano le dive; l'evoluzione, il cambiamento sono nemici contro cui combattere; l'ineluttabilità dell'invecchiamento un qualcosa da smentire finché sarà possibile.
La Marescialla della Fleming funziona benissimo come donna che nega i suoi cinquant'anni, perché non è in grado di adeguare ad essi la propria "maschera".

...Che tutto ciò sia un problema reale (e persino artistico...) per super-René, credo ce lo potrebbe confermare persino il Flemingologo del gruppo.
:)
Resta il fatto che il suo canto molle e sontuoso le crea al primo atto gravi impacci e la fa sembrare un po' ridicola al terzo, quando le volute della linea non le servono a svelare tutto ciò che il suo sguardo (a tratti davvero intenso) vorrebbe comunicare.
E la Fleming almeno (come già la Norman) sa appiccicare qua e là qualche colorino prezioso... Ma Dio ci salvi dalle Marescialle-Caballé...

Vocalmente parlando, molto meglio la Stemme, che almeno è una declamatrice; interpretativamente invece no.
La sua imperturbabile maestosità, la compostezza austera e felice ci distraggono dalla tragedia discreta del personaggio e dalle sue infinite sfaccettature.
La Stemme procede per la sua strada come un grande veliero, abituato solo a orizzonti oceanici e che snobba i fondali bassi.
La sua Marescialla non conosce perplessità, contraddizioni, introversioni e compromessi. Ma se togliamo al personaggio la sua molteplicità di sentimenti contrastanti cosa gli resta?
L'allure...? Roba - anche questa - da Straussiani della domenica.

Nella sua forbitezza e inflessibilità da regina d'altri tempi, la Stemme è sempre troppo esplicita: lo è anche il suo disprezzo per Ochs... mentre andrebbe nascosto dietro un disprezzo più grande (e quindi ancora più da nascondere) verso la società, quella società che permette che un Ochs acqusiti - come se gli fosse dovuto - il fiore di una ragazza; quella società, però, di cui lei stessa, Marie Therese, è simbolo splendente, è complice.
Alla Stemme sfugge questo gioco di specchi. Il suo personaggio è troppo semplice, troppo prevedibile.
E non è solo questione di personalità, ma - ancora una volta - di vocalità.

Il declamato "vocalisticheggiante" (suononi, frasone, legatoni) in cui le Svedesi si sono anticamente distinte (la Flagstad, la Nilsson), nella Marescialla proprio non funziona.
Tende a "monumentalizzare" un personaggio che invece pulsa di dubbi, domande senza risposta, pulviscolari contraddizioni.

Tutto questo non può venire fuori senza le sonorità contrastate e variegatissimo di una vera declamatrice (o di una vera colorista).
Parole e suoni vanno degustati tanto da far fiorire - frase per frase - significati complessi , di volta in volta ambigui e rivelatori, come faceva la Schwarzkopf (inarrivabile e pionieristica colorista).
E proprio come fa la Denoke, semplicemente incredibile nel manovrare fra mille suggestioni sonore le parole e le note del testo, alternandovi languori, sussulti di ironia, ambiguità ciniche o dolorose, pianti repressi con grazia e trasformati in ammiccamenti, mormorii distratti che però si rivelano mitragliate gelide, che stendono Ochs, e soprattutto tanti sorrisi di maniera, da copertina patinata, in apparenza perfetti, in realtà carichi di significati sempre diversi (come quello incredibile che la Denoke ci regala alla fine dell'opera, prima di avviarsi all'uscita con piglio leggero e disinvolto: un sorriso da donna forte, impassibile, a trentadue denti, ma con gli occhi gonfi di lacrime e di smarrimento, quando l'ineffabile gaffeur che è Faninal - indicando Sophie e Oktavian abbracciati - le dice: "che vuole? Sono giovani...").
Il canto della Denoke è, per tutta l'opera, una delizia per le orecchie.
Il suo declamato non privo di durezze, ma puro e tagliente, si impossessa a tal punto di ogni singola parola che anche chi non conosce il tedesco pende dalle sue labbra, e coglie ogni sfumatura di ciò che sta dicendo.
E anche quando (al finale del terzetto) si sente qualche piccola tensione, si finisce per amare anche quella... come se fosse parte di quella sconfitta che sta bruciando dal di dentro la "donna forte", la donna "invincibile" (va detto che invece all'inizio del terzetto, la Denoke compie un'incredibile prodezza per una declamatrice, filando a regola d'arte il si bemolle scoperto della prima frase, quello per cui la Crespin tremava tutte le sere).

Scusate la solita prolissità e un salutone,
Mat

Re: Der Rosenkavalier (Strauss)

MessaggioInviato: sab 10 apr 2010, 23:54
da Tucidide
Come sempre, Mat, leggere le tue cronache dall'Europa è molto stimolante. :D
Il personaggio della Marescialla è a mio avviso molto affascinante, e sono contento che se ne parli in modo così approfondito, mettendo a confronto grandi ritratti offerti da grandi artiste.
Ovviamente, non avendo visto né sentito la Denoke, non posso parlare di lei; parlo invece delle altre due.
MatMarazzi ha scritto:E' normale che la Fleming (da rigogliosa vocalista) sovrasti le colleghe nel terzetto finale, con una linea immacolata ed edonistica che progredisce in modo entusiasmante. Il problema è che - a differenza di quel che credono gli straussiani della domenica - (che non hanno mai messo sul piatto i primi due CD dell'Opera e poi pontificano su come andrebbe cantata) non c'è solo il terzetto finale.

Concordo assolutamente: il Terzetto, cantato in quel modo, è paradisiaco. Uno dei marchi di fabbrica della Fleming, che in sostanza si ripete, con la stessa magia, da quasi vent'anni.
Esso arriva dopo circa tre (tre!) ore di pura e semplice conversazione. Ed è qui che la Fleming (che pure ci mette tantissimo impegno) risulta un po' debole.
...
Tutto il primo atto e quasi tutto il terzo richiedono una padronanza della "parola" declamata che sarebbe persino ingiusto chiedere a un vocalista.

Sì, è vero. In particolare, il III atto prima del sublime terzetto è un po' deboluccio. Invece, ti dirò, amo molto il suo monologo "Da geht er hin", soprattutto negli ultimi approcci al personaggio. All'inizio c'era un po' troppo autocompiacimento, ma trovo che gli ultimi cimenti (Baden Baden ma anche di recente al Met) abbiano evidenziato una crescita del personaggio in quel preciso momento.
Peccato perché pure, a modo suo, la Fleming avrebbe, dal punto di vista espressivo, qualcosa di personale (sia pure semplice) da dire: il suo personaggio non manca di verità e simpatia; l'età che avanza diventa simbolo di una perdità di identità (artistica?) nel mondo patinato in cui respirano le dive; l'evoluzione, il cambiamento sono nemici contro cui combattere; l'ineluttabilità dell'invecchiamento un qualcosa da smentire finché sarà possibile.
La Marescialla della Fleming funziona benissimo come donna che nega i suoi cinquant'anni, perché non è in grado di adeguare ad essi la propria "maschera".

...Che tutto ciò sia un problema reale (e persino artistico...) per super-René, credo ce lo potrebbe confermare persino il Flemingologo del gruppo.
:)

Beh, sì, hai ragione: lo dissi anche tempo fa. Il rischio di questa cantante è quello di ripetersi o di voler sfidare il trascorrere del tempo in modo un po' incosciente. Dopodomani va in scena con Armida al Met... Già tremo... :roll:
Resta il fatto che il suo canto molle e sontuoso le crea al primo atto gravi impacci e la fa sembrare un po' ridicola al terzo, quando le volute della linea non le servono a svelare tutto ciò che il suo sguardo (a tratti davvero intenso) vorrebbe comunicare.
E la Fleming almeno (come già la Norman) sa appiccicare qua e là qualche colorino prezioso... Ma Dio ci salvi dalle Marescialle-Caballé...

Ecco... qui mi trovo un po' in disaccordo. :D Su due punti: :arrow: non sono in assoluto contrario ad una lettura di questo tipo, pur nella consapevolezza che a momenti sublimi se ne possano alternare altri meno sublimi. Ma poi :arrow: che c'entra la Caballé? :D (non è Steccanella che si è impossessato di me, tranquilli :wink: ) A me sembra che la catalana appartenga ad un altro universo tecnico ed interpretativo ancora. Molto simile alla Fleming mi sembra invece la Te Kanawa, altra grande Marescialla del recentissimo passato.
Ecco il suo monologo:


Sono molto d'accordo con la tua analisi sulla Stemme: a me la sua Marescialla, quella di Zurigo del DVD, nel complesso piace, ma è in effetti un personaggio un po' monocorde. In particolare, come dissi tempo fa, non trovo in lei la femminilità. E per femminilità non intendo il fascino da donna. La Stemme ne ha, e anche tanto, ma non possiede, almeno come Marescialla le insicurezze e le paure muliebri. E' una donna troppo sicura.
(per inciso, la Flagstad era norvegese :wink: )
Ecco il suo monologo

Per inciso: è diversissimo dal precedente - quando si dice che l'interpretazione è tutto, è proprio vero. E anche le differenze tecniche concorrono a questa entusiasmante diversità.

Re: Der Rosenkavalier (Strauss)

MessaggioInviato: dom 11 apr 2010, 11:10
da MatMarazzi
Tucidide ha scritto:Ma poi :arrow: che c'entra la Caballé? :D (non è Steccanella che si è impossessato di me, tranquilli :wink: ) A me sembra che la catalana appartenga ad un altro universo tecnico ed interpretativo ancora. Molto simile alla Fleming mi sebra invece la Te Kanawa, altra grande Marescialla del recentissimo passato.


Secondo me la Te Kanawa è stata la maggiore delle dirette discendenti della Schwarzkopf.
Anche la sua vocalità era assai più colorista che vocalista.
La sua Marescialla, molto convincente come la sua Arabella, si fondava su aliti di suono e trasparenze di colore, proprio come la Schwarzkopf e la Della Casa.
Non mi pare quindi c'entri molto col culto della linea, col velluto sontuoso delle vocaliste.
Se non guardi alle intenzioni interpretative (bensì alla semplice vocalità, che di quelle intenzioni è il punto di partenza) ti accorgi che - almeno per me - la Fleming è molto più vicina alla Caballé che alla Te Kanawa.
La differenza con la CAtalana, l'ho detto, è che quest'ultima non conosceva l'uso dei colori, mentre la Fleming - per il suo essere americana - sì.
Peccato che - come nel caso della Normann - i suoi colori non sono il motore stesso del canto (come erano per la Schwarzkopf o la Te Kanawa) ma gemme appiccicate a un canto che resta essenzialmente vocalistico.
E, per la Marescialla, secondo me non basta.
Lo dimostra proprio il monologo del primo atto che hai postato.
A me piace pochino (pur non essendo brutto, intendiamoci) perché vi si sente benissimo il disagio della "vocalista" che cerca di dare senso alle parole (esasperando le consonanti, caricando troppo l'espressione, esagerando la mimica) perché sente di non disporre di abbastanza colori.
Bisognerebbe - ma non ho tempo - mettere i video della Schwarzkopf o della Te Kanawa (o della Lott) per sentire come una vera colorista possa - in questa pagina - sbaragliare la pur valida Fleming. Parlo ovviamente per me.

Anche il video della Stemme mi pare significativo dei limiti del suo canto (sempre fermo restando che siamo di fronte a un'altra autorevole marescialla).
Il suo "vocione" da declamato svedese (con le pesantezza e i grevi velluti da Wagner Internazionale) la impaccia notevolmente e la costringe ad arrancare dietro a frasi e parole che andrebbero sussurrate con leggerezza, a fior di labbra, come pensieri che escono così, alla rinfusa...
Per strano che possa sembrare, una vera declamatrice si disimpegna assai meglio in questa pagina.
Peccato che su youtube non ci sia ancora nulla della Marescialla della Denoke.

Un salutone,
mat

Re: Der Rosenkavalier (Strauss)

MessaggioInviato: dom 25 lug 2010, 0:17
da Tucidide
Zurigo, 7 luglio 2010
La piccola Opernhaus di Zurigo è davvero l'ideale per ascoltare e vedere un'opera dal vivo. Non va perduta nemmeno una delle nuances del canto, l'equilibrio fra buca e palco è sempre perfetta, e mai si sentono squilibri.
Lo spettacolo era quello collaudato di Bechtolf, immortalato dal DVD Emi con la Stemme e la Kasarova. E' uno spettacolo coinvolgente e racconta bene la storia, ha trovate divertenti, come Octavian che ferisce Ochs con un coltello da cucina, ma forse gli manca una zampata davvero originale. In ogni caso, tutto bene.
Discreta la direzione di Peter Schneider, che non sempre ha saputo trarre dall'orchestra un suono pulitissimo, ma si è prodigato in una narrazione precisa, attenta ai pesi vocali ed agli equilibri.
Del cast, la sorpresa è stata Michelle Breedt, nei panni di Octavian. Ha una voce interessante, sa come usarla, ottenendo un suono ricco di calore, e la sua corporatura tarchiata e un po' tozza, sulla carta assai poco efebica, ha contribuito a delineare un Quinquin un po' impacciato, che spesso meritava le piccanti e divertite occhiate della sua amante, la Marescialla. Anche Alfred Muff, dalla voce buttata fuori un po' alla grezza, è stato divertente e spiritoso. Con il toupé per apparire più giovane, ha inclinato un po' verso la macchietta, ma per un personaggio come Ochs si è visto e sentito anche di peggio (vedi il recente Hawlata nel DVD Decca). Bravo nella canzoncina "Ohne mich", cantata con accento da avvinazzato convincentissimo: sembrava di sentire l'alito dal retrogusto etilico! :D
Squalifico invece senza appello la Liebau come Sophie. La parte non è niente di che: basta cantare e cavarsela in scena. Ma la signorina Liebau era solo molto graziosa... Il resto non c'era!
La Marescialla della Fleming è una delle più interessanti personificazioni vocali dei nostri tempi. Qui sopra Mat la giudica buona ma non eccezionale, e rispetto la sua opinione, non avendo per altro sentito la Denoke. Quella che ho visto e sentito a Zurigo è per mio conto stata una prova vocale superba ed una lezione di canto e stile. Al di là delle singole bellurie vocali (basterebbe la prima frase del Terzetto del III atto), comunque meno esibite oggi a 51 anni di dieci-quindici anni fa, quello che conta è lo scavo del personaggio nel I atto. Dolce, un po' ironica ma sottilmente malinconica nel duetto con Octavian, la Fleming ha saputo essere persuasiva nel monologo "Da geht er hin", dove si è rivelata meno caricata nell'accento rispetto alle ultime recite del Met e di Baden Baden, ma è stato in "Die Zeit, die ist ein sonderbar Ding" che ha siglato la sua visione del personaggio.
La Fleming non è una Marescialla nobile. E' raffinata, elegante, ma non ha un'istintiva nobiltà. Anne Midgette, una giornalista musicale americana tendenzialmente critica nei confronti della Fleming, ha scritto una volta che ella è sempre, nelle sue personificazioni, una donna dell'upper class, una specie di arricchita parvenue. Nei suoi personaggi, la Fleming sa essere elegante e seduttiva, raffinata e coinvolgente, ma si ha sempre davanti la donna di origini popolane che si comporta con finta finezza ma nell'animo è una borghesotta. L'effetto, per intenderci, della donna di umili origini che si veste con somma eleganza per andare ad una cena di gala, ma mette in imbarazzo gli schifiltosi ospiti con uscite ingenue del tutto fuori luogo. In fondo è vero. Ma questa "snobilitazione" della Marescialla, privata delle incipriate parrucche della Schwarzkopf e forse anche della Te Kanawa, a me pare assai convincente, e forse, dico forse, contribuisce ad abbattere il muro di cui si parla all'inizio della discussione.
Resto comunque dell'idea che questa peculiarità sia al meglio ravvisabile nel DVD Decca dello spettacolo di Baden Baden. A Zurigo, però, ha cantato persino meglio. : Chessygrin :

Re: Der Rosenkavalier (Strauss)

MessaggioInviato: dom 25 lug 2010, 0:37
da MatMarazzi
Be' grazie mille, Tuc.
Bellissima e interessantissima recensione!
Soprattutto sul taglio dell'interpretazione della Fleming, gran dama da feste dell'Upper East Side, borghese ma ostentata, semplice e attuale, che effettivamente potrebbe rappresentare oggi una visione vivida e sentita del personaggio.
...Non si dovrebbe mai dire che una certa opera "non si può più fare".
Basta scavare un po' e in ogni epoca si trova l'interprete ispirato e carismatico che sa soffiare un po' di se stesso (e quindi di tutti noi) anche nei titoli apparentemente più incatenati al passato.
Mi spiace non aver visto lo spettacolo.

Salutoni,
mat

Re: Der Rosenkavalier (Strauss) - Firenze 2012

MessaggioInviato: mar 15 mag 2012, 12:00
da Maugham
Comunque torno ora dal Cavaliere...meglio: dalla Denoke : Groupwave :


Rubo questa sintesi di Alberich da un altro thread.
Che condivido dopo essere anch'io rientrato dal Rosenkavalier di Firenze.
Che la Denoke fosse una grandissima cantante lo sapevo. Anche se l'ho vista dal vivo relativamente poche volte e non sempre in contesti favorevoli (Jenufa, Marietta, Kata, Emilia Marty, Sieglinde) ogni volta ne sono stato conquistato. Dopo questo Rosenkavalier penso che il termine "cantante" sia riduttivo per un personalità come lei.
Quando, stregato, la guardavo nel primo atto muovere braccia e mani (da sempre la regola numero uno in teatro, nelle audizioni, per distinguere il professionista dal dilettante) in perfetta simbiosi con il testo e la musica mi è venuta in mente una bellissima frase della Yourcenar -penso fosse Antigone- "il movimento delle sue braccia e delle sue mani replicava quello delle stelle e dei pianeti".
Pensate a un Glenn Close che recita e canta.
Aggiungo che, secondo me, non è un caso che un'artista di tale bravura abbia legato le proprie sorti a due personaggi totemici come Emilia Marty e Marie Therese.
Apparentemente sono all'opposto; per una il tempo non passa mai e per l'altra passa troppo in fretta.
In realtà i punti in comune sono molti; il gioco delle maschere, la sofisticazione nel reperimere i propri sentimenti, il finale dove rivelano -l'una con angoscia, l'altra con rassegnazione, ma ambedue catarticamente- il proprio io messo a nudo.
Inoltre le due opere non solo hanno a che fare con il tempo; ma il tempo diventa un personaggio vero e proprio (magari qualche regista scemo lo affiderà a un mimo) con cui le protagoniste si relazionano. Per tutte e due il tempo è un carceriere. Sono compagne di cella.
Aggiungo che sia la Marty sia la Marescialla sono narrate (scenicamente) proprio nell'attimo in cui la loro consapevolezza d'eternità si sbriciola. Il fascino del Makropulos e del Rosenkavalier, per me, è lo stesso. Teatralmente fotografano l'attimo in cui un essere umano si rende conto della propria finitezza. Quando -e prima o poi capita a tutti nella vita- credi ancora di essere nella parte larga dell'imbuto e invece, sei già in quella stretta.
Capite come sia stato facile dimenticare, di fronte a un'esperienza di tale incredibile spessore, sia le facciotte buffe della Schwanenwillms sia le melasse della Fleming.
Già ne aveva parlato Matteo che è andato fino a Dresda per vederla e sentirla. Non posso che quotare in toto il suo intervento che trovate in testa al thread.

Purtroppo a Firenze c'era solo lei.
Questo Rosenkavalier -se mai uscirà un video- può essere fornito al conservatorio come manuale di sopravvivenza per cantanti d'opera, di quelli stile survivor.
Perchè la Denoke è riuscita, a dispetto di tutto, a "fare" una marescialla storica in un contesto registico e musicale di assoluta e deprimente prevedibilità. E questo la rende ancora più grande.
Eike Gramss (regista che proviene dalla prosa e mi pare sia direttore a Brema del teatro locale) è una sorta di Otto Schenk prestato a Marelli con un budget ridotto.
Stesse scenografie un po' hi-tech e un po' tradizionali nell'attrezzeria, ciarpame laccato nero sparso in giro e, cosa per me ormai paragonabile al terrore dei sette mari, il fantozziano mega specchione che riflette il pubblico. Noooooo, basta.....
Presenti anche risibili scivoloni di "continuity", come direbbero gli americani. Arriva la colazione, la Marescialla si precipita a nascondere Oktavian, entra il negretto... e prepara la colazione per due! :lol: :lol: :lol:
Nessun lavoro sui personaggi che non fosse la replica di luoghi comuni da bignami del Rosenkavalier: Ochs scoreggione, Sophie biricchina (perfino il dito puntato che va su e giù nella stizza), Oktavian marpione, Faninal scemotto, Valzacchi parodia di un omosessuale, il lacchè di Ochs parodia di un eterosessuale, la pantomina del terzo atto tipo tunnel degli orrori alle giostre della parrocchia...
E poi, divertente nella sua desolante prevedibilità, quando partiva un valzer, tutti cominciavano a ballare il valzer. 8)
Le scenette tra Ochs e Faninal sembravano tirate giù da una commedia soft core degli anni Settanta, dove Ochs poteva essere Carotenuto e Faninal Montagnani. Imperdonabile quella che nel primo atto ha coinvolto la Denoke. Il maggiordomo, con aria sorniona, sbircia le tette della Marescialla la quale, dopo avergli lanciato un'occhiata maliziosa, si chiude la vestaglia alludendo a chissà quali tresche con la servitù. Capite come si possa svilire, anche con un paio di gesti, un personaggio di tale importanza attribuendogli bislacchi e grevi pruriti sessuali.
Insomma, paradossalmente lo spettacolo procedeva su due binari: da un lato la Denoke ti spiegava e ti convinceva del fatto che il Rosenkavalier andasse rappresentato anche nel duemila. Tutti gli altri ti spiegavano e ti convincevano del contrario.
Kristinn Sigmundsson è stato un Ochs vocalmente imponente (ma i gravi sono stati un disastro) ma dal declamato piatto e noioso, Caitlin Hulcup un Okatavian generico e Sylvia Schwartz (la migliore dei tre) una Sophie corretta, musicale, un po' zanzarinesca ma funzionale.
Zubin Metha dirigeva questo carnevale straussiano. E ho detto tutto.

WSM

Re: Der Rosenkavalier (Strauss)

MessaggioInviato: mar 15 mag 2012, 19:17
da pbagnoli
Splendido resoconto, Will. Uno spettacolo che ti invidio davvero, e proprio per la Denoke per la quale anch'io ho una vera e propria passione.

Tu che altri ruoli immagineresti adatti alle sue potenzialità?

Re: Der Rosenkavalier (Strauss)

MessaggioInviato: mar 15 mag 2012, 20:04
da Maugham
pbagnoli ha scritto:Tu che altri ruoli immagineresti adatti alle sue potenzialità?


Corro perchè sto uscendo a cena...

Per la Denoke di adesso, Fedora. Poi ne parleremo.

WSM