Opera di non facile esecuzione, accompagnata da isteriche superstizioni, la Forza del Destino (ebbene sì io me ne frego e la scrivo così come è) è invece spesso foriera di grandi soddisfazioni e di recite ben preparate.
Così è stato anche a Verona, nell'inaugurazione della Stagione lirica.
Le recenti difficoltà del teatro veronese sono abbastanza note; a maggior ragione quindi l'esecuzione di domenica si posiziona su un livello davvero alto.
Principalmente per meriti musicali, dato che la regia di Pier Francesco Maestrini si è dimostrata funzionale, talvolta farraginosa nelle masse corali, una di quelle regie che non disturbano ma che non lasciano il segno: e poi ste proiezioni, ma basta!
Straordinaria la protagonista, Hui He. Abbandonati finalmente i panni di Aida, il soprano cinese trova in Donna Leonora il personaggio congeniale sia a livello vocale sia a livello interpretativo. Non c'è nota in Hui He che non esca perfettamente controllata (con una piccola sbavatura nell'aria del IV atto, che si è notata ancora di più proprio perchè il resto della prestazione è stata perfetta), non c'è colore che non venga sottolineato alla perfezione, non c'è palpito o fremito che non venga adeguatamente "sofferto". Il tutto contornato da una gemma preziosissima: l'attacco in pianissimo della Vergine degli Angeli. Momento che mi ha ricordato colei che, a mia opinione, è e rimarrà la depositaria di questo ruolo, Renata Tebaldi. Di più non potrei dire per esaltare la prova di Hui He, sicuramente una Leonora di riferimento oggi. Brava - ma molto meno - Chiara Amarù, Preziosilla raffinata (troppo), molto musicale anche nell'insidiosissimo Rataplan, di buon gusto, dalla discreta vocalità. Il versante maschile è meno rigoglioso. Di Walter Fraccaro (sostituto del sostituto del sostituto dell'ignoto titolare!!!!) si apprezza sempre la forza, lo squillo e la potenza. La vocalità rimane sempre un po' brada e di sfumature nemmeno a parlarne, cosicchè Alvaro ricorda sempre troppo Otello, con un totale travisamento di quanto voluto da Verdi. Bravo, anzi bravissimo, Dalibor Janis, un Carlo un po' chiaro ma di bella voce, belle intenzioni, acuti sicuri. Bella l'idea di presentarci un Carlo sofferente, umiliato anche nei sentimenti, non solo perennemente incaz2ato. Buona la prova del coreano Lim come Padre Guardiano imponente ma bonario. Un po' troppo sopra le righe il Melitone di Myshketa. Bene gli altri.
Un'opera come la Forza del Destino necessita di un eccellente Direttore. Al Filarmonico Meir Wellber ha offerto una prova che oserei definire gigantesca. Il passo è del vero grande uomo di teatro che accompagna i cantanti, il coro, l'orchestra ma anche l'ascoltatore in un percorso senza sosta, una corsa a perdifiato verso il finale. Sposando passo dopo passo le innumerevoli indicazioni date da Verdi in partitura. Esaltando non solo i momenti sublimi di quest'opera bifronte (essenzialmente la musica di Leonora, di Carlo, di Alvaro) ma anche i momenti "cafoni" (sia chiaro, sempre e solo "volutamente" cafoni) con cui Verdi ha accompagnato i personaggi di colore. Bravo Wellber, dicevo, anzi bravissimo, anzi di più. E allora mi fa incaz2are a morte la scelta di posizionare la Sinfonia alla fine del I atto. Drammaturgicamente può avere senso, in quanto l'opera inizia davvero nel II atto. Si può anche dire che tanti facevano così (addirittura anche Bruno Walter). Per me, semplicemente, non esiste! Oltretutto l'esecuzione va perfezionata perchè quei ritenuti così marcati, quegli schianti tellurici eccessivi, quelle "trombonate" possono essere gradevoli in una esecuzione della Sinfonia in un concerto. Inserita nell'opera (oltretutto in un posto sbagliato) stona clamorosamente. Peccato per questa caduta di questo, in una esecuzione altrimenti perfetta di questo capolavoro verdiano.
Pubblico festante, vecchie signore ingioiellate commosse e felici.