Evgenij Onegin (Cajkovskij)
Inviato: mer 29 lug 2015, 11:26
MONACO 2015
Visto che non ha un thread apposito (e la cosa mi pare strana), lo apro io per parlare della recita del 26 luglio a Monaco, prima delle due della ripresa di questo allestimento nell'ambito del festival. L'attenzione era tutta per la bella Anna che portava la sua Tatjana anche in Baviera dopo Vienna e New York, ma il contesto non era da meno: Kwiecen come Onegin, Breslik come Lenskij in sostituzione di Dolgov, e Groissbock come Gremin, inseriti in un allestimento di Warlikowski che fece e fa ancora discutere da quelle parti.
Originariamente questo allestimento doveva essere ripreso con la Opolais, ma la diva russa si è ritirata dalla Manon pucciniana, dunque i vertici della Staatsoper hanno scambiato i ruoli delle dive e così la Netrebko si è ritrovata in queste due recite di Onegin, che sono andate esaurite ovviamente in un soffio, dato che i prezzi non sono neanche stati pompati come per altre riprese. Dunque la Anjusha ha fatto una Tatjana da urlo (in senso buono) come ci si aspettava. Vocalmente in forma smagliante, bella come non mai, scenicamente efficace, semplicemente perfetta. Anche non sapendo il russo, le parole arrivano cesellate e limate come bombe in ogni momento del dramma; la voce non ha un attimo di cedimento, neanche nei passaggi più ardui. Scenicamente si inserisce bene in una regia particolare che cerca di far emergere nuovi tratti della storia di Onegin, e già la sua sola presenza riesce a catalizzare lo spettatore. La scena della lettera è esemplare per la splendida voce, per la presenza scenica e per la recitazione.La Netrebko si impone dunque come una delle due Tatjane di riferimento di oggi (l'altra, a mio avviso, è la Opolais).
Onegin era Kwiecen, già compagno della bella Anna nell'allestimento della Warner al Met, ma qui forse siamo un gradino più in alto. Dovendo dare un ritratto di Onegin differente dal solito (dopo ci arriviamo), Kwiecen pare averci ragionato sul personaggio, e mentre a New York pareva un po' troppo ruvido nell'interpretazione, qui è molto più morbido e malinconico. Vocalmente è un grande, anzi grandissimo Onegin.
Breslik, dopo lo splendido Edgardo della sera prima, fa un Lenskij ancora più bello che si mangia il Beczala di New York senza troppi ripensamenti. La voce non è mai affaticata, risolve con cura tutti i passaggi, regala un arioso del primo atto rivelatorio, intriso di tenerezza vera, non quello sbrodolarsi addosso a cui si abbandonano molti Lenskij. Il "Kuda, kuda" è un capolavoro di malinconia. Per di più ha un physique du role notevole.
Groissbock è un Gremin giovane e per una volta non così repellente. Almeno Tatjana ha una ragione non solo venale per sposarlo. Con una bella voce di basso, canta una splendida aria del terzo atto.
In tutto ciò ricordiamo anche la Olga della Kolosova, che sparisce un po' con un tale cast di contorno, ma assolve degnamente al suo compito.
Poco da dire sulle altre donne e il comprimariato molto tedesco.
Altrettanto poco si può dire della direzione di Hussain se non che è stata il punto debole di questo allestimento con tempi assurdi che mettevano in difficoltà il coro, mentre alcune pagine erano proprio tirate via.
E arriviamo al nodo cruciale: la regia di Warlikowski, che è una regia intelligente e portata avanti bene a tratti, un po' meno in altri punti. E' anche vero che Warlikowski la fece nel 2007 e del cast originale è rimasta solo la Kolosova, dunque può risultare poco curata perché non ripresa con affanno; tuttavia ha i suoi punti di forza. Il regista polacco vede Onegin come una storia di repressione omo-erotica: Evgenij è dunque innamorato di Lenskij. Ecco perché non sopporta la società in cui vive, perché è totalmente estraneo all'idea del sogno americano del lavoro, casa, famiglia, chiesa. Per supportare meglio la storia, Warlikowski la ambienta nell'America degli anni '60 (ma anche la Lucia della sera prima, si saranno messi d'accordo?) e il motivo scatenante del duello, che si svolge in una camera da letto, è un bacio che Onegin dà a Lenskij durante la festa a casa dei Larin. Tutta la scena successiva è uno dei momenti meglio riusciti dello spettacolo: costruita sulla musica, Lenskij canta il suo addio al mondo seduto sul letto dove Onegin sta dormendo, come se si fosse appena concesso a lui e sapesse che è la sua ultima volta; il duello non è un vero duello ma i due si fronteggiano davanti al letto senza armi, Lenskij si toglie la camicia come se volesse concedersi ancora a Onegin ma, una volta arrivati al letto, ognuno dalla sua parte, questi lo uccide con una pistola lasciata lì da Zaretskij. E' come se Onegin in quel punto volesse negare tutto, e così il terzo atto è una sorta di allucinazione confusa con la verità. I ballerini vestiti da cow-boys usano la polacca per ballare la line-dancing mentre Onegin punta loro addosso la pistola senza sparare mai, mentre li vede mettersi uno a uno sul letto dove non fanno altro che guardarlo. E poi arriva Tatjana in un abito rosso fuoco accompagnata da Gremin, ma intorno la festa è rappresentata solo da un gruppo di drag queen che bevono e sculettano passando come sordide presenze. Tatjana non è più la ragazzina vera nel mare di superficialità che la circondava nella prima parte, l'unica ad indossare pantaloni, a non cotonarsi i capelli, e a non stare fissa allo specchio; è ovviamente una donna matura, bella come non mai, ma non cede a Onegin, come se avesse capito quale sordido segreto nasconde.
Se l'idea regge, tecnicamente ha qualche pecca: la recitazione è a tratti un po' banale, il coro è gestito un po' alla buona e lo spazio creato non è interamente utilizzato. Non sarà una delle regie migliori di Warlikowski, ma rimane una buona regia. Detto ciò, sono parsi davvero inutili i fischi dopo la polacca-line dancing, dato che sta lì da almeno otto anni e ormai i bavaresi dovrebbero anche esserci abituati, e anche perché l'effetto era veramente bello.
Ovviamente alla fine trionfo per gli interpreti principali, dopo un'altra serata all-stars. Quanti teatri d'opera possono fare in una settimana Lucia, Onegin e Manon Lescaut con simili cast?
Visto che non ha un thread apposito (e la cosa mi pare strana), lo apro io per parlare della recita del 26 luglio a Monaco, prima delle due della ripresa di questo allestimento nell'ambito del festival. L'attenzione era tutta per la bella Anna che portava la sua Tatjana anche in Baviera dopo Vienna e New York, ma il contesto non era da meno: Kwiecen come Onegin, Breslik come Lenskij in sostituzione di Dolgov, e Groissbock come Gremin, inseriti in un allestimento di Warlikowski che fece e fa ancora discutere da quelle parti.
Originariamente questo allestimento doveva essere ripreso con la Opolais, ma la diva russa si è ritirata dalla Manon pucciniana, dunque i vertici della Staatsoper hanno scambiato i ruoli delle dive e così la Netrebko si è ritrovata in queste due recite di Onegin, che sono andate esaurite ovviamente in un soffio, dato che i prezzi non sono neanche stati pompati come per altre riprese. Dunque la Anjusha ha fatto una Tatjana da urlo (in senso buono) come ci si aspettava. Vocalmente in forma smagliante, bella come non mai, scenicamente efficace, semplicemente perfetta. Anche non sapendo il russo, le parole arrivano cesellate e limate come bombe in ogni momento del dramma; la voce non ha un attimo di cedimento, neanche nei passaggi più ardui. Scenicamente si inserisce bene in una regia particolare che cerca di far emergere nuovi tratti della storia di Onegin, e già la sua sola presenza riesce a catalizzare lo spettatore. La scena della lettera è esemplare per la splendida voce, per la presenza scenica e per la recitazione.La Netrebko si impone dunque come una delle due Tatjane di riferimento di oggi (l'altra, a mio avviso, è la Opolais).
Onegin era Kwiecen, già compagno della bella Anna nell'allestimento della Warner al Met, ma qui forse siamo un gradino più in alto. Dovendo dare un ritratto di Onegin differente dal solito (dopo ci arriviamo), Kwiecen pare averci ragionato sul personaggio, e mentre a New York pareva un po' troppo ruvido nell'interpretazione, qui è molto più morbido e malinconico. Vocalmente è un grande, anzi grandissimo Onegin.
Breslik, dopo lo splendido Edgardo della sera prima, fa un Lenskij ancora più bello che si mangia il Beczala di New York senza troppi ripensamenti. La voce non è mai affaticata, risolve con cura tutti i passaggi, regala un arioso del primo atto rivelatorio, intriso di tenerezza vera, non quello sbrodolarsi addosso a cui si abbandonano molti Lenskij. Il "Kuda, kuda" è un capolavoro di malinconia. Per di più ha un physique du role notevole.
Groissbock è un Gremin giovane e per una volta non così repellente. Almeno Tatjana ha una ragione non solo venale per sposarlo. Con una bella voce di basso, canta una splendida aria del terzo atto.
In tutto ciò ricordiamo anche la Olga della Kolosova, che sparisce un po' con un tale cast di contorno, ma assolve degnamente al suo compito.
Poco da dire sulle altre donne e il comprimariato molto tedesco.
Altrettanto poco si può dire della direzione di Hussain se non che è stata il punto debole di questo allestimento con tempi assurdi che mettevano in difficoltà il coro, mentre alcune pagine erano proprio tirate via.
E arriviamo al nodo cruciale: la regia di Warlikowski, che è una regia intelligente e portata avanti bene a tratti, un po' meno in altri punti. E' anche vero che Warlikowski la fece nel 2007 e del cast originale è rimasta solo la Kolosova, dunque può risultare poco curata perché non ripresa con affanno; tuttavia ha i suoi punti di forza. Il regista polacco vede Onegin come una storia di repressione omo-erotica: Evgenij è dunque innamorato di Lenskij. Ecco perché non sopporta la società in cui vive, perché è totalmente estraneo all'idea del sogno americano del lavoro, casa, famiglia, chiesa. Per supportare meglio la storia, Warlikowski la ambienta nell'America degli anni '60 (ma anche la Lucia della sera prima, si saranno messi d'accordo?) e il motivo scatenante del duello, che si svolge in una camera da letto, è un bacio che Onegin dà a Lenskij durante la festa a casa dei Larin. Tutta la scena successiva è uno dei momenti meglio riusciti dello spettacolo: costruita sulla musica, Lenskij canta il suo addio al mondo seduto sul letto dove Onegin sta dormendo, come se si fosse appena concesso a lui e sapesse che è la sua ultima volta; il duello non è un vero duello ma i due si fronteggiano davanti al letto senza armi, Lenskij si toglie la camicia come se volesse concedersi ancora a Onegin ma, una volta arrivati al letto, ognuno dalla sua parte, questi lo uccide con una pistola lasciata lì da Zaretskij. E' come se Onegin in quel punto volesse negare tutto, e così il terzo atto è una sorta di allucinazione confusa con la verità. I ballerini vestiti da cow-boys usano la polacca per ballare la line-dancing mentre Onegin punta loro addosso la pistola senza sparare mai, mentre li vede mettersi uno a uno sul letto dove non fanno altro che guardarlo. E poi arriva Tatjana in un abito rosso fuoco accompagnata da Gremin, ma intorno la festa è rappresentata solo da un gruppo di drag queen che bevono e sculettano passando come sordide presenze. Tatjana non è più la ragazzina vera nel mare di superficialità che la circondava nella prima parte, l'unica ad indossare pantaloni, a non cotonarsi i capelli, e a non stare fissa allo specchio; è ovviamente una donna matura, bella come non mai, ma non cede a Onegin, come se avesse capito quale sordido segreto nasconde.
Se l'idea regge, tecnicamente ha qualche pecca: la recitazione è a tratti un po' banale, il coro è gestito un po' alla buona e lo spazio creato non è interamente utilizzato. Non sarà una delle regie migliori di Warlikowski, ma rimane una buona regia. Detto ciò, sono parsi davvero inutili i fischi dopo la polacca-line dancing, dato che sta lì da almeno otto anni e ormai i bavaresi dovrebbero anche esserci abituati, e anche perché l'effetto era veramente bello.
Ovviamente alla fine trionfo per gli interpreti principali, dopo un'altra serata all-stars. Quanti teatri d'opera possono fare in una settimana Lucia, Onegin e Manon Lescaut con simili cast?