I Puritani, Firenze, Beltrami, Aleida & Co.
Inviato: mer 11 feb 2015, 16:18
Ascoltati e visti ieri sera, all'ultima replica, salutata da consensi unanimi.
Maria Aleida ha tecnica saldissima e agilità quasi pirotecniche esibite con grande facilità. E, al contrario della perfetta ma algida Pratt, è assai espressiva. Ma la voce è aguzza, aspra e piccola. Non "passerebbe" la problematica e impastata (confermo purtroppo le mie riserve sul luogo, dopo le perplessità lasciatemi, in tal senso, durante il pur meraviglioso concerto di Gatti) acustica del nuovo Teatro d'Opera, qualora sul podio non vi fosse un direttore attento alle voci fino al punto di sacrificar se stesso, quale l'eccellente Matteo Beltrami. Che in questi Puritani, peraltro musicalmente assai belli, si è riservato solo qualche gioco sui tempi e sui colori, per viverli (io ho ascoltato il secondo cast, di voci piccole peraltro più che valide) tutti alla "protezione" ed esaltazione della giovane compagnia di canto, che dovrebbe ringraziarlo, perché a tutti fa fare un figurone da grandi interpreti, perfino al di là dei meriti effettivi di ciascuno. La Aleida non emergerebbe quanto le riesce. Idem l'esile sia pur "stilista" Leon-Arturo. Perfino il fuoriclasse Kim-Riccardo (che voce meravigliosa, qui però al servizio d'una vocalità non esattamente sua, lo attendiamo a ruoli di maggior corpo) stenterebbe qualora seguto dal podio con minor cura. Ma Beltrami, nel panorama delle giovani bacchette nazionali, è preziosissimo e unico proprio per la sua sapienza nel condurre, ad un tempo, buca e palcoscenico. E qui la buca - una voragine apertissima e staccata dall'altra voragine, il palcoscenico fin troppo alto e vasto - è uno spazio problematico. E a questo punto si deve un'ulteriore lode: all'orchestra del Maggio e all'incredibile, formidabile coro di Lorenzo Fratini. L'Opera di Firenze sarà pure in crisi, ma i suoi complessi mostrano una forma e una professionalità invidiabili (magari la scalcagnata orchestra della Scala stesse bene quanto quella del Maggio!). Bisognava pagare biglietti gratis agli ottoni della Scala perché venissero ad ascoltare i colleghi fiorentini (da ovazione l'esecuzione di "Suoni la tromba e intrepido"). Bravissimi anche a lasciarsi proporzionare, fino a "non apparire", da Beltrami (che , in questo senso ha un po' sacrificato anche se stesso, ma a buon fine) , a servizio dell'equilibrio del tutto. Quanto al coro, che corpo, che pastosità, che dizione: bravissimi! Mancano a questi Puritani gli slanci d'estro cui Beltrami ci ha abituati in Puccini (ci dicono della sua recente, bellissima Turandot, noi citiamo ancora una volta il suo memorabile Gianni Schicchi) o in Verdi (lo splendido Macbeth di Lubecca): ma ben si spiega con la necessità di equilibri cui il direttore ha asservito il suo lavoro. Bravo, e concreto. Il buon direttore è anche colui che, là dove sia necessario, sa fare di necessità virtù.
Meno felice la parte visiva dello spettacolo. La cattedrale gotica sghemba Ceresa e Santi (regia e scene) è un po' una "ronconata" già vista, pur se utile a riempire il vuoto del palcoscnico, che infatti, all'ultimo atto (con evidenti difficoltà per le voci) torna voragine vuota. Molto belli invece, anche nell'audacia di alcune tinte sgargianti "a tema" (l'azzurro della follia, il bianco nuziale della gioia di Elvira) i costumi di Giuseppe Palella. Nell'insieme Puritani da buoni a molto buoni, ad un passo dall'eccellenza assoluta. Opera meravigliosa in se stessa (vogliamo dire la "più bella di Bellini?" Ma sì, diciamolo!), ad onta d'una "divina lunghezza" ( si inizia alle otto e mezza, si chiude a mezzanotte!) che non esclude qualche sacca di vuoto drammatirgico e musicale nel lavoro belliniano, in mezzo ad autentiche perle (tutta la parte di Sir Giorgio, ad esempio, è una meraviglia di nobiltà, di lirismo).
marco vizzardelli
Maria Aleida ha tecnica saldissima e agilità quasi pirotecniche esibite con grande facilità. E, al contrario della perfetta ma algida Pratt, è assai espressiva. Ma la voce è aguzza, aspra e piccola. Non "passerebbe" la problematica e impastata (confermo purtroppo le mie riserve sul luogo, dopo le perplessità lasciatemi, in tal senso, durante il pur meraviglioso concerto di Gatti) acustica del nuovo Teatro d'Opera, qualora sul podio non vi fosse un direttore attento alle voci fino al punto di sacrificar se stesso, quale l'eccellente Matteo Beltrami. Che in questi Puritani, peraltro musicalmente assai belli, si è riservato solo qualche gioco sui tempi e sui colori, per viverli (io ho ascoltato il secondo cast, di voci piccole peraltro più che valide) tutti alla "protezione" ed esaltazione della giovane compagnia di canto, che dovrebbe ringraziarlo, perché a tutti fa fare un figurone da grandi interpreti, perfino al di là dei meriti effettivi di ciascuno. La Aleida non emergerebbe quanto le riesce. Idem l'esile sia pur "stilista" Leon-Arturo. Perfino il fuoriclasse Kim-Riccardo (che voce meravigliosa, qui però al servizio d'una vocalità non esattamente sua, lo attendiamo a ruoli di maggior corpo) stenterebbe qualora seguto dal podio con minor cura. Ma Beltrami, nel panorama delle giovani bacchette nazionali, è preziosissimo e unico proprio per la sua sapienza nel condurre, ad un tempo, buca e palcoscenico. E qui la buca - una voragine apertissima e staccata dall'altra voragine, il palcoscenico fin troppo alto e vasto - è uno spazio problematico. E a questo punto si deve un'ulteriore lode: all'orchestra del Maggio e all'incredibile, formidabile coro di Lorenzo Fratini. L'Opera di Firenze sarà pure in crisi, ma i suoi complessi mostrano una forma e una professionalità invidiabili (magari la scalcagnata orchestra della Scala stesse bene quanto quella del Maggio!). Bisognava pagare biglietti gratis agli ottoni della Scala perché venissero ad ascoltare i colleghi fiorentini (da ovazione l'esecuzione di "Suoni la tromba e intrepido"). Bravissimi anche a lasciarsi proporzionare, fino a "non apparire", da Beltrami (che , in questo senso ha un po' sacrificato anche se stesso, ma a buon fine) , a servizio dell'equilibrio del tutto. Quanto al coro, che corpo, che pastosità, che dizione: bravissimi! Mancano a questi Puritani gli slanci d'estro cui Beltrami ci ha abituati in Puccini (ci dicono della sua recente, bellissima Turandot, noi citiamo ancora una volta il suo memorabile Gianni Schicchi) o in Verdi (lo splendido Macbeth di Lubecca): ma ben si spiega con la necessità di equilibri cui il direttore ha asservito il suo lavoro. Bravo, e concreto. Il buon direttore è anche colui che, là dove sia necessario, sa fare di necessità virtù.
Meno felice la parte visiva dello spettacolo. La cattedrale gotica sghemba Ceresa e Santi (regia e scene) è un po' una "ronconata" già vista, pur se utile a riempire il vuoto del palcoscnico, che infatti, all'ultimo atto (con evidenti difficoltà per le voci) torna voragine vuota. Molto belli invece, anche nell'audacia di alcune tinte sgargianti "a tema" (l'azzurro della follia, il bianco nuziale della gioia di Elvira) i costumi di Giuseppe Palella. Nell'insieme Puritani da buoni a molto buoni, ad un passo dall'eccellenza assoluta. Opera meravigliosa in se stessa (vogliamo dire la "più bella di Bellini?" Ma sì, diciamolo!), ad onta d'una "divina lunghezza" ( si inizia alle otto e mezza, si chiude a mezzanotte!) che non esclude qualche sacca di vuoto drammatirgico e musicale nel lavoro belliniano, in mezzo ad autentiche perle (tutta la parte di Sir Giorgio, ad esempio, è una meraviglia di nobiltà, di lirismo).
marco vizzardelli