vittoriomascherpa ha scritto:Proprio cosí nuovo, poi, che l'Olandese sia l'alter ego di Daland? Non è invece, nel testo e nella musica, del tutto ovvio? Il vortice sarcastico della fine del prim'atto non lo esprime con una chiarezza agghiacciante senza che ce lo debba evidenziare Gogler?
Interessante. In cosa ritieni l´Olandese alter ego di Daland? A me, anche senza considerare quanto ne scrive Dahlhaus, sembra che Olandese e Senta si esprimano musicalmente con un linguaggio radicalmente “altro” rispetto a quello con cui si esprimono Daland/Erik/Mary/Seemann. Olandese e Senta vivono ai margini della realtà, (forse anche ai margini della società), di qui il rifugiarsi nel sogno, nel “fiabesco” (la ballata di Senta). L´unico momento in cui avverto una forte vicinanza tra Olandese e Daland è il momento del duo al primo atto “Ah, ohne Weib ohne Kind bin Ich”: con quel danzante (e volgarotto) andamento di valzer, l´Olandese esprime il proprio desiderio di integrazione, lui emarginato, nella società borghese (ed interessante notare come, di fatto, “compra” la sua accettazione: la borghesia chiude le porte in faccia a chi ha il portafogli vuoto, con buona pace della Gastfreundschaft, l´ospitalitá che il marinaio dovrebbe conoscere).
Mi chiedo anche se sia cosí "nuova" una Senta volitiva, "contestatrice": la parte fu "creata" dalla Schröder-Devrient, che del resto Wagner aveva conosciuto un bel pezzo prima di scriverla, e anzi era stata causa della sua decisione di scrivere opere. Anche dell'Olandese non ho mai visto, come mia abitudine, un DVD, ma da nessuna delle piú o meno dieci regie che dell'Olandese ho visto in teatro avevo mai ritratto l'impressione d'una Senta «psicotica, fragile, delirante».
L´influenza che lo spettacolo di Kupfer (senza però dimenticare, lo ribadisco, l´antecedente di Herz) ha avuto nel modo di rappresentare Senta è però forte. È stato uno spettacolo indubbiamente “storico”. E sottolineare l´aspetto visionario, allucinato, fragile di Senta mi sembra legittimo. Esattamente come sottolinearne l´aspetto volitivo.
il discorso sul disgustante "fetone" finale di Neuenfels sarebbe a mio parere molto complesso —io ci ho visto un'anticipiazione, in forma negata, della necessità del ritorno alla natura nel Crepuscolo
Quanto al feto di Neuenfels, ne ho parlato a lungo, ma mi fa piacere riprendere la discussione.
Riferimento al contrario al finale del Crepuscolo, dici? Perché no? Il Ring si conclude con il tema della maternità di Sieglinde e quindi, nonostante il paradosso di un mondo che finisce, resta l´utopia (?), la speranza di un nuovo inizio. Il Wagner della rinuncia, il Wagner discepolo (a suo modo) di Schopenhauer non fa termina il suo viaggio musicale nel nichilismo, ma nella luce. Su questo tema così luminoso, su questa luce poi potremmo parlare delle. È una luce illusoria, è un “ritorno di fiamma” dell´utopia feurebachiana dell´Ur-Ring…? Comunque, nessuna luce nel finale del Lohengrin. Un finale cupo, nero, disperato come nessun altro finale wagneriano.
Indubbiamente la scelta di mostrare un feto, anzi – un aborto – (al di là della scelta esteticamente raccapricciante) sottolinea l´incompiutezza, l´incapacità/impossibilità di portare a compimento l´ideale di perfezione (o la perfezione ideale) cui si tendeva (il ricorrere continuo del cigno nello spettacolo, più o meno spennato, più o meno accompagnato a simbologie di morte, avvalora la mia lettura). Se ti va, ne possiamo riparlare nel thread dedicato…
Ciao e grazie,
DM