Il Trovatore (o quasi) a Eutin
Inviato: dom 13 lug 2014, 21:01
Noi melomani italiani siamo mediamente esigenti, se andiamo all'Arena facciamo le puzze a Pizzi che è una pizza pazzesca e si ripete da un pezzo. Pzzzzzz...
Ma metter fuori casa il nasino è sempre un'esperienza utile e ridà la giusta misura alle "cose". Ieri sera, nel corso di un soggiorno nella (bellissima) Holsteiner Schweitz, laghi e prati a perdita d'occhio non lontano da Lubecca, ho presenziato all'evento clou del Festival di Eutin 2014. Eutin è il capoluogo della zona: un bel lago, fiori a profusione, un delizioso centro storico, e il castello ducale con spettacoloso parco nel quale, in un anfiteatro ligneo posto di spalle al lago e davanti ad una corona d'alberi che circonda e racchiude il palcoscenico, assicurando un'acustica accettabilissima, hanno luogo gli spettacoli del Festival. Clou del 2014 IL Trovatore, Orchestra (giovane) e coro (molti asiatici) del Festival, direttore tale Urs Michael Theus (che il sovrintendente Pereira inviterà prestissimo: per dar l'idea, è un Santi a maggiorato effetto-camomilla, muove le manina da sinistra a destra e da destra a sinistra e dall'alto in basso e fa segno ai ragazzi di suonare piano, piano, sempre più piano); regia, scene (tralicci che potrebbero essere Trovatore o Fidelio o... fate voi) e costumi di tali Dominique Caron e Ursula Wandaress, che in parte (Leonora, Inez, Ferrando, Ruiz e soldati) vestono i personaggi in maniera del tutto tradizionale, riservando altra e particolare "mise" a Manrico, al Conte e ad Azucena. Leonora è una fanciullona vestita - al solito - più o meno da Biancaneve: il soprano Romelia Lichtenstein ha buoni centri, in basso "baritoneggia" un po' stile-Gruberova ultima fase, schiaccia un po' gli acuti, ha invece discrete agilità (il "Vivrà" eseguito in accelerazione richiesta e ottenuta dal podio, è il suo momento di gloria, e muore anche bene, esalando il suo "Prima che d'altri vivere"). I due rivali sembrano usciti da un misto fra Highlander e un manga: hanno identici capelli biondo platino lunghi dalla testa all'ano e sono vestiti da eroi (più o meno ) nordici. La zingara (l'interprete, Milana Butaeva, è la migliore in campo, ed è una gran fig... scusate, insomma giovane e bella e molto atletica: alle sortite finali sembra Bolt se fosse bianco) non è una zingara ma un' amazzone con (succinto) giubbino ad ampio nude-look provvisto di poppette dipinte in oro, per un effetto complessivo un po' Milly D'Abbraccio nei pornazzi d'epoca, ma non privo di suggestione erotica, che aumenta a mille allorché, nel terzo atto, catturata e riconosciuta dal Conte, viene crocifissa in scena (il massimo dell'eros) dai di lui sgherri e, a fine scena (irresistibile effetto comico), portata via a spalla dai medesimi, urlante e sdraiata sulla croce. Il Conte (James Tolkdorf) è assai più fig... riscusate rispetto al pur biondo e consimile Manrico, canta "il Bualen duel Suo Suorriso" con suggestiva pronuncia esotica, è molto cattivo e recita come gli interpreti delle soap opera atteggiando il volto (sopraciglio su, sopraciglio giù) ad una "terribilità". Manrico (Charles Kim) è (chioma platino a parte) più brutto di lui e un po' più vecchio della "mamma" Azucena, assieme alla quale verrà incarcerato con le manine (sia lui che lei) incastrate in una piccola gogna di legno ("Fuggire?" dirà alla madre mostrandole le mani? Ma mica cammina con quelle!). Peraltro, pur cantando con onore "Ah si, ben mio" e con una volenterosa - sottile, sottile - puntatura la Pira, è piuttosto sfortunato: infatti muore due volte. Al primo atto è infilzato nella panza dalla spada del Conte, alla fine invece viene sgozzato da un soldato, mentre Azucena, alzando al cielo le mani nella gogna, annuncia: "Sei vendicata, o madre" e scoppia in una risata colossale "ah, ah, ah, ah, ah, ah" che prosegue anche dopo gli ultimi accordi dell'orchestra. Dopo la prima morte, peraltro, il buon Manrico era stato resuscitato dalla premurosa mammina: la scena e coro "la Zingarella" è infatti un rito magico di resurrezione. Alle parole "chiii del gitaaanoo i gioornii abbeeellaa", ben cadenzate, tutto il coro, accucciato con Azucena attorno al "cadavere" di Manrico, batte a ritmo i pugnetti sul palcoscenico: bum bum bum, e il morto si risveglia. Questo fatto dei pugnetti che picchiano a ritmo è molto piaciuto al regista, che ne fa un leit-motiv e lo ripropone alla fine della Pira: "all'armi, all'armi", cantano Manrico e il coro, che di nuovo si accuccia e batte i pugnetti a ritmo sulle assi del palco, anzi sbaglia il ritmo e ne viene un bum bum d'inferno. Peraltro, la "Pira" medesima era stata "preparata" dall'arrivo di Ruiz (Thomasz Mysliwiec, un bel marmittone) che si presenta davanti a Manrico con un elmo di tre misure più largo della sua testa, che gli scende sul naso e gli impedisce qualunque vista: dove corre, dove vola?.
Ci sono, in scena, fiamme vere, e all'aperto, soprattutto quando scende la notte (si inizia alle 20, ancora a piena luce naturale) fanno il loro bravo effetto: fuoriescono da tre buche, in coincidenza con "la Zingarella" e "Stride La Vampa", poi alla fine. Ci sono, in buca e dal podio, stranianti effetti-controtempo ottenuti con diabolica insistenza dal direttore Theus. Vittima principale ne è Ferrando, tale Christoph Woo (anche lui molto più figaccione, diciamo così, di Manrico, con chioma a corona abbellita da colpi di sole), che viene regolarmente buttato fuori tempo dal Maestro: prima, durante "Abietta Zingara", lancia occhiate fra il minaccioso e il disperato al podio, poi è costretto a mangiarsi un'intera frase allorché, dopo "la Zingarella", dovrebbe invitare i compagni ad andarsene: ne esce un farfugliamento disperato. Il Maestro riesce a trattenersi dal mandar tutti fuori tempo nel finale atto secondo, dove, con l'indice puntato, dà a ciascuno le "entrate". Ma, da "Squilli, eccheggi, la tromba guerriera" in poi, liberi tutti!
Così va Verdi, in un teatro estivo della Germania del Nord. Al netto della musica, il luogo è meraviglioso, con i bar allestiti nel bosco e in riva al lago, ottimi vini e assaggi di specialità locali e personale giovane, ultragentile, informale e simpatico: sia in biglietteria sia la sera.
Questa settimana, a Schwerin (altra stupenda città d'acqua) ho in agenda un Nabucco del quale ho intravisto inquietanti foto di scena (ma di nuovo, credo, in location fantastica). Viva Verdi, e, come dice Mattioli, c'è sempre da imparare, da qualunque rappresentazione (e Pizzi è meno divertente del Trovatore di Eutin).
marco vizzardelli
Ma metter fuori casa il nasino è sempre un'esperienza utile e ridà la giusta misura alle "cose". Ieri sera, nel corso di un soggiorno nella (bellissima) Holsteiner Schweitz, laghi e prati a perdita d'occhio non lontano da Lubecca, ho presenziato all'evento clou del Festival di Eutin 2014. Eutin è il capoluogo della zona: un bel lago, fiori a profusione, un delizioso centro storico, e il castello ducale con spettacoloso parco nel quale, in un anfiteatro ligneo posto di spalle al lago e davanti ad una corona d'alberi che circonda e racchiude il palcoscenico, assicurando un'acustica accettabilissima, hanno luogo gli spettacoli del Festival. Clou del 2014 IL Trovatore, Orchestra (giovane) e coro (molti asiatici) del Festival, direttore tale Urs Michael Theus (che il sovrintendente Pereira inviterà prestissimo: per dar l'idea, è un Santi a maggiorato effetto-camomilla, muove le manina da sinistra a destra e da destra a sinistra e dall'alto in basso e fa segno ai ragazzi di suonare piano, piano, sempre più piano); regia, scene (tralicci che potrebbero essere Trovatore o Fidelio o... fate voi) e costumi di tali Dominique Caron e Ursula Wandaress, che in parte (Leonora, Inez, Ferrando, Ruiz e soldati) vestono i personaggi in maniera del tutto tradizionale, riservando altra e particolare "mise" a Manrico, al Conte e ad Azucena. Leonora è una fanciullona vestita - al solito - più o meno da Biancaneve: il soprano Romelia Lichtenstein ha buoni centri, in basso "baritoneggia" un po' stile-Gruberova ultima fase, schiaccia un po' gli acuti, ha invece discrete agilità (il "Vivrà" eseguito in accelerazione richiesta e ottenuta dal podio, è il suo momento di gloria, e muore anche bene, esalando il suo "Prima che d'altri vivere"). I due rivali sembrano usciti da un misto fra Highlander e un manga: hanno identici capelli biondo platino lunghi dalla testa all'ano e sono vestiti da eroi (più o meno ) nordici. La zingara (l'interprete, Milana Butaeva, è la migliore in campo, ed è una gran fig... scusate, insomma giovane e bella e molto atletica: alle sortite finali sembra Bolt se fosse bianco) non è una zingara ma un' amazzone con (succinto) giubbino ad ampio nude-look provvisto di poppette dipinte in oro, per un effetto complessivo un po' Milly D'Abbraccio nei pornazzi d'epoca, ma non privo di suggestione erotica, che aumenta a mille allorché, nel terzo atto, catturata e riconosciuta dal Conte, viene crocifissa in scena (il massimo dell'eros) dai di lui sgherri e, a fine scena (irresistibile effetto comico), portata via a spalla dai medesimi, urlante e sdraiata sulla croce. Il Conte (James Tolkdorf) è assai più fig... riscusate rispetto al pur biondo e consimile Manrico, canta "il Bualen duel Suo Suorriso" con suggestiva pronuncia esotica, è molto cattivo e recita come gli interpreti delle soap opera atteggiando il volto (sopraciglio su, sopraciglio giù) ad una "terribilità". Manrico (Charles Kim) è (chioma platino a parte) più brutto di lui e un po' più vecchio della "mamma" Azucena, assieme alla quale verrà incarcerato con le manine (sia lui che lei) incastrate in una piccola gogna di legno ("Fuggire?" dirà alla madre mostrandole le mani? Ma mica cammina con quelle!). Peraltro, pur cantando con onore "Ah si, ben mio" e con una volenterosa - sottile, sottile - puntatura la Pira, è piuttosto sfortunato: infatti muore due volte. Al primo atto è infilzato nella panza dalla spada del Conte, alla fine invece viene sgozzato da un soldato, mentre Azucena, alzando al cielo le mani nella gogna, annuncia: "Sei vendicata, o madre" e scoppia in una risata colossale "ah, ah, ah, ah, ah, ah" che prosegue anche dopo gli ultimi accordi dell'orchestra. Dopo la prima morte, peraltro, il buon Manrico era stato resuscitato dalla premurosa mammina: la scena e coro "la Zingarella" è infatti un rito magico di resurrezione. Alle parole "chiii del gitaaanoo i gioornii abbeeellaa", ben cadenzate, tutto il coro, accucciato con Azucena attorno al "cadavere" di Manrico, batte a ritmo i pugnetti sul palcoscenico: bum bum bum, e il morto si risveglia. Questo fatto dei pugnetti che picchiano a ritmo è molto piaciuto al regista, che ne fa un leit-motiv e lo ripropone alla fine della Pira: "all'armi, all'armi", cantano Manrico e il coro, che di nuovo si accuccia e batte i pugnetti a ritmo sulle assi del palco, anzi sbaglia il ritmo e ne viene un bum bum d'inferno. Peraltro, la "Pira" medesima era stata "preparata" dall'arrivo di Ruiz (Thomasz Mysliwiec, un bel marmittone) che si presenta davanti a Manrico con un elmo di tre misure più largo della sua testa, che gli scende sul naso e gli impedisce qualunque vista: dove corre, dove vola?.
Ci sono, in scena, fiamme vere, e all'aperto, soprattutto quando scende la notte (si inizia alle 20, ancora a piena luce naturale) fanno il loro bravo effetto: fuoriescono da tre buche, in coincidenza con "la Zingarella" e "Stride La Vampa", poi alla fine. Ci sono, in buca e dal podio, stranianti effetti-controtempo ottenuti con diabolica insistenza dal direttore Theus. Vittima principale ne è Ferrando, tale Christoph Woo (anche lui molto più figaccione, diciamo così, di Manrico, con chioma a corona abbellita da colpi di sole), che viene regolarmente buttato fuori tempo dal Maestro: prima, durante "Abietta Zingara", lancia occhiate fra il minaccioso e il disperato al podio, poi è costretto a mangiarsi un'intera frase allorché, dopo "la Zingarella", dovrebbe invitare i compagni ad andarsene: ne esce un farfugliamento disperato. Il Maestro riesce a trattenersi dal mandar tutti fuori tempo nel finale atto secondo, dove, con l'indice puntato, dà a ciascuno le "entrate". Ma, da "Squilli, eccheggi, la tromba guerriera" in poi, liberi tutti!
Così va Verdi, in un teatro estivo della Germania del Nord. Al netto della musica, il luogo è meraviglioso, con i bar allestiti nel bosco e in riva al lago, ottimi vini e assaggi di specialità locali e personale giovane, ultragentile, informale e simpatico: sia in biglietteria sia la sera.
Questa settimana, a Schwerin (altra stupenda città d'acqua) ho in agenda un Nabucco del quale ho intravisto inquietanti foto di scena (ma di nuovo, credo, in location fantastica). Viva Verdi, e, come dice Mattioli, c'è sempre da imparare, da qualunque rappresentazione (e Pizzi è meno divertente del Trovatore di Eutin).
marco vizzardelli