Rusalka (Dvořák)
Inviato: sab 07 apr 2012, 14:14
HELSINKI 2012
L'Ondina di Jones
Sono stato così preso dall'entusiasmante thread sull'ipotesi di riproporre filologicamente allestimenti antichi, che mi sono dimenticato di relazionare della Rusalka con la regia di Jones che ho appena visto ad Helsinki, registicamente parlando punta di diamante della gita.
Fortuna vuole che questo sia stato l'ultimo dei quattro spettacoli: fortuna, perché se lo spettacolo di Jones fosse caduto per primo, tutte le altre regie sarebbero parse balbettamenti.
E' sempre così quando c'è Jones di mezzo: per quanto bravi siano gli altri, lui è sempre un metro avanti a tutti.
E questo spettacolo (che certo non è il più eclatante dei suoi... o il più concettoso e audace) conferma la teoria: un capolavoro.
In realtà quella di Helsinki era solo una ripresa e pure musicalmente dozzinale.
Lo spettacolo era infatti nato a Copenaghen qualche anno fa e con un cast di ben maggiore spessore.
Solo per fare l'esempio più clamoroso, la parte della strega Jezibaba era stata cucita da Jones sull'enorme personalità di Susanne Resmarck (sì, sì... La Mere Marie di Cherniakov a Monaco), mentre qui a Helsinki avevamo la modesta e tiratissima Maria Kettunen.
Il disastro peggiore ha riguardato la Principessa Straniera, parte piccola ma da grande vocalità wagneriana: in Danimarca c'era una fuoriclasse come Tina Kiberg, mentre in Finlandia una rovinosa Päivi Nisula, in spaventose difficoltà con l'acuto e ben poco credibile scenicamente.
Senza confronto anche le due protagonista: Gitta-Maria Sjöberg, regina dell'opera danese e raffinata interprete, era sicuramente più affascinante di Olga Romanko, grande voce più adatta a Turandot che all'ondina di Dvorak.
Nemmeno il tenore Mika Pohjonen, Principe sovrappeso e vecchio stampo, ha meritato particolari elogi; il migliore in campo è stato Vladimir Baykov, nelle impegnative vesti dello Spirito del Lago.
Malino il cast, dunque, e più che malino l'orchestra, diretta in modo retorico e affrattato da un certo Thomas Hanus.
Per fortuna bastava Jones a rendere meravigliosa questa Rusalka.
Dopo registi del livello di Pountney (ENO), Carsen (Parigi), Morabito (Salisburgo-Londra), Herheim (Bruxelles), la Still (Glyndebourne), Curran (Oslo), Hartmann (Zurigo) e Kusej (Monaco), da Jones ci si poteva aspettera la solita rilettura del mito in chiave anti-mitica.
Ma è sempre un errore aspettarsi qualcosa di "solito" da Jones.
E così la fabula mantiene esattamente le sue caratteristiche: è la storia di ondine che diventano umane grazie all'amore di un mortale ma che, una volta tradite, si trasformano in creature di morte, oscillanti fra realtà e mito, che attraggono gli uomini per ucciderli.
Praticamente non cambia nulla... tranne l'ambientazione.
Niente boschi, niente notti romantiche, niente rocce laustri... bensì una realtà cittadina, quotidiana, quella di tutti noi, fatta di piscine pubbliche, ristoranti e pub notturni in periferia dove convergono sbandati, prostitute ed etilisti.
Pensiamoci un po'... se prendiamo l'Ondina di Andersen, la strappiamo al suo contesto favoloso e la mettiamo nella società attuale, cosa viene fuori?
Un film horror.
E questa era la Rusalka di Jones.
In pratica, due dimensioni parallele slittano l'una sull'altra, senza sfiorarsi: quella in cui viviamo noi, esseri umani, e quella della non-realtà, popolata da streghe, sirene e mostri vari.
Fulminei e spettacolari cambi di luce ci sballottano fra queste due realtà, che esistono contemporaneamente, ma non si toccano, proprio come nel film "The Others".
Può succedere che qualche volta entrino in contatto... e quando questo accade la tragedia ha inizio.
E così un bel ragazzo dell'alta società, il Principe, un bel giorno si dimentica una scarpa da ginnastica in piscina.
Passaggio di luce e... ci troviamo nell'altro mondo: la piscina è la stessa ma, illuminata diversamente, è ora il luogo popolato dalle ondine, il loro padre, la strega Jezibaba (che vive in una cabina spogliatoio).
E' in questo mondo fantastico (in cui anche la luna prende vita e ammicca con occhioni materni) che una sirena trova la scarpa del principe.
E ne diventa schiava.
Quella scarpa è per lei il simbolo dell'altra dimensione, a cui rivolge i suoi sogni, le sue impossibili ambizioni di umanità.
Con la solita finezza di tocco, Jones trasforma le piccole cose in cose grandissime: e così quella scarpa si connetterà per tutta l'opera all'ossessione dei "piedi" che sconvolge Rusalka.
Tanto per dire, il miracolo di Jezibaba non rende bellissima l'Ondina, come ci immagineremmo: i suoi piedi risultano come moncherini appiccicati al suo corpo, inizialmente rossi di sangue, puoi verdi, come appendici morte attaccate al suo corpo.
Mescolando come sempre il tragico al comico, Jones gioca nel primo duetto fra il principe e questa sirenetta "mostro umano", ora partecipe della sua realtà. Quando i due si sfiorano, le luci danno in scosse elettriche che riempiono la scena, e che - come in un corto circuito - aprono ora l'una, ora l'altra dimensione.
Ma se il principe accetta il mostro, non così farà il resto della società (capitanata da una principessa straniera in tailleur verde e fiera dei propri tacchi, molto più suocera che rivale).
Quello che accade al secondo atto è "puro Jones". Un miracolo di coreografia in cui ogni piccolo dettaglio di narrazione si sprigiona dalla musica.
In una specie di salone da ristorante dove si dovrebbe celebrare il matrimonio, l'intera società si organizza contro la "diversa".
Le infilano un vestito che sta malissimo sul suo corpo strano, fatto per le acque; raccolgono la massa dei suoi capelli verdi (del colore delle alghe) in un'acconciatura innaturale; la inseguono per costringerla a indossare bellissime scarpe nuove, che naturalmente non entrano nei suoi piedi deformi e ribelli; la invitano a mangiare e (citazione disneyana) le offrono un pesce su un vassoio, facendola fuggire dall'orrore; infine la costringono a ballare una danza crudele che, come ha detto il mio amico Diego, non è nemmeno una danza: è una sorta di marcia fatta solo coi piedi, a cui lei ovviamente non riesce a partecipare.
Il principe osserva, senza poter far nulla, il tracollo sociale e umano della sua fidanzata e alla fine cede e ammette di rifiutare la sua diversità.
Le vesti (finora verdi) della Rusalka si trasformano a vista: ora ha un abito nero, succinto, volgare.
E' diventata un'ondina di morte...
Atto terzo: siamo nella periferia di una città, nella miseria di povere strade, di notte.
Al proscenio una canalina di fognature; il palco invece è ingombro da un locale notturno, un pub spoco e spaccato. All'interno vediamo il bancone (dietro al quale la strega Jezibaba serve da bere ai poveri avventori) e nella sala, addossate alle pareti, tante donne vestite di nero, come Rusalka.
Sono le ondine di morte, come lei: quelle che hanno scelto di andare fra gli uomini, ne sono state escluse e ora sono condannate a uccidere.
Il loro aspetto è spaventoso: più che sedute sono stravaccate, a gambe aperte, come se su di loro gravasse una stanchezza di anni senza sonno.
Sono prostitute da bassifondi, ovviamente, ma sono anche zombie.
Sono mostri che popolano i nostri incubi.
Ogni tanto, sempre con una disumana capacità di far coincidere la musica a qualsivoglia immagine, Jones fa entrare un uomo nel bar...
Questi si trascina affranto, triste, sconfitto... beve qualcosa e dopo qualche minuto si alza, fa segno a una delle ragazze ed esce con lei.
I due vanno al proscenio, si baciano sotto un lampione sulla strada, poi lui cade a terra ucciso dal suo bacio, e lei ne fa rotolare il cadavere nella fognatura.
La fognatura è il luogo in cui si trova il mondo irreale, da cui sbucano i volti (ancora verdi e felici) delle sorelle di Rusalka e da cui si eleva il pianto dello Spirito del Lago. Citazione da It.
Riferendosi direttamente ad Andersen (mentre Dvorak se ne era dimenticato) Jones inscena anche la tenera supplica delle sorelle, che offrono i loro capelli biondi a Jezibaba perché salvi Rusalka.
Quando entra la protagonista noi capiamo subito qual'è il suo destino; come capiamo qual'è il destino del Principe, quando lo vediamo entrare nel pub, vestito male, trascinandosi, schiacciato dal peso della sua disperazione.
Quando è il loro turno di uscire dal pub e affrontare l'inevitabile destino, lui perde una scarpa.
Dopo che Rusalka l'avrà baciato,e che lui morto sarà rotolato dentro la fognatura, la giovane "zombie" raccoglierà la sua scarpa, e la terrà con sè come all'inizio, mentre le luci si spengono.
L'Ondina di Jones
Sono stato così preso dall'entusiasmante thread sull'ipotesi di riproporre filologicamente allestimenti antichi, che mi sono dimenticato di relazionare della Rusalka con la regia di Jones che ho appena visto ad Helsinki, registicamente parlando punta di diamante della gita.
Fortuna vuole che questo sia stato l'ultimo dei quattro spettacoli: fortuna, perché se lo spettacolo di Jones fosse caduto per primo, tutte le altre regie sarebbero parse balbettamenti.
E' sempre così quando c'è Jones di mezzo: per quanto bravi siano gli altri, lui è sempre un metro avanti a tutti.
E questo spettacolo (che certo non è il più eclatante dei suoi... o il più concettoso e audace) conferma la teoria: un capolavoro.
In realtà quella di Helsinki era solo una ripresa e pure musicalmente dozzinale.
Lo spettacolo era infatti nato a Copenaghen qualche anno fa e con un cast di ben maggiore spessore.
Solo per fare l'esempio più clamoroso, la parte della strega Jezibaba era stata cucita da Jones sull'enorme personalità di Susanne Resmarck (sì, sì... La Mere Marie di Cherniakov a Monaco), mentre qui a Helsinki avevamo la modesta e tiratissima Maria Kettunen.
Il disastro peggiore ha riguardato la Principessa Straniera, parte piccola ma da grande vocalità wagneriana: in Danimarca c'era una fuoriclasse come Tina Kiberg, mentre in Finlandia una rovinosa Päivi Nisula, in spaventose difficoltà con l'acuto e ben poco credibile scenicamente.
Senza confronto anche le due protagonista: Gitta-Maria Sjöberg, regina dell'opera danese e raffinata interprete, era sicuramente più affascinante di Olga Romanko, grande voce più adatta a Turandot che all'ondina di Dvorak.
Nemmeno il tenore Mika Pohjonen, Principe sovrappeso e vecchio stampo, ha meritato particolari elogi; il migliore in campo è stato Vladimir Baykov, nelle impegnative vesti dello Spirito del Lago.
Malino il cast, dunque, e più che malino l'orchestra, diretta in modo retorico e affrattato da un certo Thomas Hanus.
Per fortuna bastava Jones a rendere meravigliosa questa Rusalka.
Dopo registi del livello di Pountney (ENO), Carsen (Parigi), Morabito (Salisburgo-Londra), Herheim (Bruxelles), la Still (Glyndebourne), Curran (Oslo), Hartmann (Zurigo) e Kusej (Monaco), da Jones ci si poteva aspettera la solita rilettura del mito in chiave anti-mitica.
Ma è sempre un errore aspettarsi qualcosa di "solito" da Jones.
E così la fabula mantiene esattamente le sue caratteristiche: è la storia di ondine che diventano umane grazie all'amore di un mortale ma che, una volta tradite, si trasformano in creature di morte, oscillanti fra realtà e mito, che attraggono gli uomini per ucciderli.
Praticamente non cambia nulla... tranne l'ambientazione.
Niente boschi, niente notti romantiche, niente rocce laustri... bensì una realtà cittadina, quotidiana, quella di tutti noi, fatta di piscine pubbliche, ristoranti e pub notturni in periferia dove convergono sbandati, prostitute ed etilisti.
Pensiamoci un po'... se prendiamo l'Ondina di Andersen, la strappiamo al suo contesto favoloso e la mettiamo nella società attuale, cosa viene fuori?
Un film horror.
E questa era la Rusalka di Jones.
In pratica, due dimensioni parallele slittano l'una sull'altra, senza sfiorarsi: quella in cui viviamo noi, esseri umani, e quella della non-realtà, popolata da streghe, sirene e mostri vari.
Fulminei e spettacolari cambi di luce ci sballottano fra queste due realtà, che esistono contemporaneamente, ma non si toccano, proprio come nel film "The Others".
Può succedere che qualche volta entrino in contatto... e quando questo accade la tragedia ha inizio.
E così un bel ragazzo dell'alta società, il Principe, un bel giorno si dimentica una scarpa da ginnastica in piscina.
Passaggio di luce e... ci troviamo nell'altro mondo: la piscina è la stessa ma, illuminata diversamente, è ora il luogo popolato dalle ondine, il loro padre, la strega Jezibaba (che vive in una cabina spogliatoio).
E' in questo mondo fantastico (in cui anche la luna prende vita e ammicca con occhioni materni) che una sirena trova la scarpa del principe.
E ne diventa schiava.
Quella scarpa è per lei il simbolo dell'altra dimensione, a cui rivolge i suoi sogni, le sue impossibili ambizioni di umanità.
Con la solita finezza di tocco, Jones trasforma le piccole cose in cose grandissime: e così quella scarpa si connetterà per tutta l'opera all'ossessione dei "piedi" che sconvolge Rusalka.
Tanto per dire, il miracolo di Jezibaba non rende bellissima l'Ondina, come ci immagineremmo: i suoi piedi risultano come moncherini appiccicati al suo corpo, inizialmente rossi di sangue, puoi verdi, come appendici morte attaccate al suo corpo.
Mescolando come sempre il tragico al comico, Jones gioca nel primo duetto fra il principe e questa sirenetta "mostro umano", ora partecipe della sua realtà. Quando i due si sfiorano, le luci danno in scosse elettriche che riempiono la scena, e che - come in un corto circuito - aprono ora l'una, ora l'altra dimensione.
Ma se il principe accetta il mostro, non così farà il resto della società (capitanata da una principessa straniera in tailleur verde e fiera dei propri tacchi, molto più suocera che rivale).
Quello che accade al secondo atto è "puro Jones". Un miracolo di coreografia in cui ogni piccolo dettaglio di narrazione si sprigiona dalla musica.
In una specie di salone da ristorante dove si dovrebbe celebrare il matrimonio, l'intera società si organizza contro la "diversa".
Le infilano un vestito che sta malissimo sul suo corpo strano, fatto per le acque; raccolgono la massa dei suoi capelli verdi (del colore delle alghe) in un'acconciatura innaturale; la inseguono per costringerla a indossare bellissime scarpe nuove, che naturalmente non entrano nei suoi piedi deformi e ribelli; la invitano a mangiare e (citazione disneyana) le offrono un pesce su un vassoio, facendola fuggire dall'orrore; infine la costringono a ballare una danza crudele che, come ha detto il mio amico Diego, non è nemmeno una danza: è una sorta di marcia fatta solo coi piedi, a cui lei ovviamente non riesce a partecipare.
Il principe osserva, senza poter far nulla, il tracollo sociale e umano della sua fidanzata e alla fine cede e ammette di rifiutare la sua diversità.
Le vesti (finora verdi) della Rusalka si trasformano a vista: ora ha un abito nero, succinto, volgare.
E' diventata un'ondina di morte...
Atto terzo: siamo nella periferia di una città, nella miseria di povere strade, di notte.
Al proscenio una canalina di fognature; il palco invece è ingombro da un locale notturno, un pub spoco e spaccato. All'interno vediamo il bancone (dietro al quale la strega Jezibaba serve da bere ai poveri avventori) e nella sala, addossate alle pareti, tante donne vestite di nero, come Rusalka.
Sono le ondine di morte, come lei: quelle che hanno scelto di andare fra gli uomini, ne sono state escluse e ora sono condannate a uccidere.
Il loro aspetto è spaventoso: più che sedute sono stravaccate, a gambe aperte, come se su di loro gravasse una stanchezza di anni senza sonno.
Sono prostitute da bassifondi, ovviamente, ma sono anche zombie.
Sono mostri che popolano i nostri incubi.
Ogni tanto, sempre con una disumana capacità di far coincidere la musica a qualsivoglia immagine, Jones fa entrare un uomo nel bar...
Questi si trascina affranto, triste, sconfitto... beve qualcosa e dopo qualche minuto si alza, fa segno a una delle ragazze ed esce con lei.
I due vanno al proscenio, si baciano sotto un lampione sulla strada, poi lui cade a terra ucciso dal suo bacio, e lei ne fa rotolare il cadavere nella fognatura.
La fognatura è il luogo in cui si trova il mondo irreale, da cui sbucano i volti (ancora verdi e felici) delle sorelle di Rusalka e da cui si eleva il pianto dello Spirito del Lago. Citazione da It.
Riferendosi direttamente ad Andersen (mentre Dvorak se ne era dimenticato) Jones inscena anche la tenera supplica delle sorelle, che offrono i loro capelli biondi a Jezibaba perché salvi Rusalka.
Quando entra la protagonista noi capiamo subito qual'è il suo destino; come capiamo qual'è il destino del Principe, quando lo vediamo entrare nel pub, vestito male, trascinandosi, schiacciato dal peso della sua disperazione.
Quando è il loro turno di uscire dal pub e affrontare l'inevitabile destino, lui perde una scarpa.
Dopo che Rusalka l'avrà baciato,e che lui morto sarà rotolato dentro la fognatura, la giovane "zombie" raccoglierà la sua scarpa, e la terrà con sè come all'inizio, mentre le luci si spengono.