Fidelio (Beethoven)
Inviato: mar 13 dic 2011, 16:14
TORINO 2011
Avrei preferito intervenire per la prima volta, qui, con impressioni positive su uno spettacolo, e sono andato a Torino, alla prima replica di Fidelio, con molte aspettative, sia riguardo la direzione di Gianandrea Noseda, che al Regio sta facendo un lavoro in genere eccellente, sia per lo spettacolo di Martone.
Ero dunque presente sabato sera. Ho trovato il tutto di una modestia quasi imbarazzante.
Non parlavo fin qui per stima verso gli artefici, direttore e regista, cui si deve molto, a Torino e anche altrove.
Ma ad un certo punto, diventa questione d'onestà intellettuale.
Martone non sembra lo stesso regista di Così Fan tutte, Cavalleria e Pagliacci, spettacoli tutti di grande intelligenza. Qui costruisce una scenografia di scale che dovrebbero rappresentare un carcere, poi non la usa. Non si tratta di tradizionale o non: si tratta di teatro, e qui ce n'è zero o quasi. Protagonisti al proscenio, la gabbia di Florestano resta al livello di una "trovata" scenica, ma niente "incide", niente resta nella memoria. Non succede niente, per l'intera durata dell'opera. In più, ci sono aspetti completamente criptici: perché Leonora-Fidelio viene bendata? Perché Jacquino zoppica, si è fatto male il cantante? Alla replica cui ho assistito non c'era Gallo, il sostituto fa di Pizarro un tonitruante apoplettico.
Noseda (che io, ripeto, stimo, e l'ho scritto più volte in vari luoghi) qui è come un pesce fuor d'acqua: annaspa, si scalmana, divaricando i tempi sino ad un finale frenetico con le note completamente affastellate ed i cantanti, ognuno per sé, a far gara di urlo (ha "vinto" la Marcellina che nel finale strillava come un'aquila, questo, ripeto, alla replica cui ho assistito io). L'orchestra prova a seguire il suo (ripeto, solitamente ottimo) direttore in questa schizofrenia di tempi, dall'inerzia alla frenesia, ma paga dazio: in un suono senza spessore (ed ero in sesta fila di platea!), e in un confusionario accompagnamento alla grande aria di Leonora.
Onore al merito della protagonista che si è sobbarcata recite a fila per in disposizione della sostituta, e sicuramente, pur con qualche tensione vocale, è nella parte. Ma non basta.
No, il Regio e Noseda ci avevano abituati, nelle ultime stagioni, a ben altro. Se penso a Boris, anche a Salome e gli accosto questo Fidelio, il livello qui scende di molto. Qui il tutto è modesto. Sembra il classico "vorrei ma non posso" , anzi un "volevo ma non son riuscito".
Mi sembra che il tutto sia stato descritto con puntualità da Girardi, sul Corriere della Sera di domenica, cui mi associo nella considerazione di fondo: cioé che, anche in una direzione musicale feconda di successi quale quella di Noseda al Regio un passo falso può accadere. Ma passo falso rimane.
marco vizzardelli
Avrei preferito intervenire per la prima volta, qui, con impressioni positive su uno spettacolo, e sono andato a Torino, alla prima replica di Fidelio, con molte aspettative, sia riguardo la direzione di Gianandrea Noseda, che al Regio sta facendo un lavoro in genere eccellente, sia per lo spettacolo di Martone.
Ero dunque presente sabato sera. Ho trovato il tutto di una modestia quasi imbarazzante.
Non parlavo fin qui per stima verso gli artefici, direttore e regista, cui si deve molto, a Torino e anche altrove.
Ma ad un certo punto, diventa questione d'onestà intellettuale.
Martone non sembra lo stesso regista di Così Fan tutte, Cavalleria e Pagliacci, spettacoli tutti di grande intelligenza. Qui costruisce una scenografia di scale che dovrebbero rappresentare un carcere, poi non la usa. Non si tratta di tradizionale o non: si tratta di teatro, e qui ce n'è zero o quasi. Protagonisti al proscenio, la gabbia di Florestano resta al livello di una "trovata" scenica, ma niente "incide", niente resta nella memoria. Non succede niente, per l'intera durata dell'opera. In più, ci sono aspetti completamente criptici: perché Leonora-Fidelio viene bendata? Perché Jacquino zoppica, si è fatto male il cantante? Alla replica cui ho assistito non c'era Gallo, il sostituto fa di Pizarro un tonitruante apoplettico.
Noseda (che io, ripeto, stimo, e l'ho scritto più volte in vari luoghi) qui è come un pesce fuor d'acqua: annaspa, si scalmana, divaricando i tempi sino ad un finale frenetico con le note completamente affastellate ed i cantanti, ognuno per sé, a far gara di urlo (ha "vinto" la Marcellina che nel finale strillava come un'aquila, questo, ripeto, alla replica cui ho assistito io). L'orchestra prova a seguire il suo (ripeto, solitamente ottimo) direttore in questa schizofrenia di tempi, dall'inerzia alla frenesia, ma paga dazio: in un suono senza spessore (ed ero in sesta fila di platea!), e in un confusionario accompagnamento alla grande aria di Leonora.
Onore al merito della protagonista che si è sobbarcata recite a fila per in disposizione della sostituta, e sicuramente, pur con qualche tensione vocale, è nella parte. Ma non basta.
No, il Regio e Noseda ci avevano abituati, nelle ultime stagioni, a ben altro. Se penso a Boris, anche a Salome e gli accosto questo Fidelio, il livello qui scende di molto. Qui il tutto è modesto. Sembra il classico "vorrei ma non posso" , anzi un "volevo ma non son riuscito".
Mi sembra che il tutto sia stato descritto con puntualità da Girardi, sul Corriere della Sera di domenica, cui mi associo nella considerazione di fondo: cioé che, anche in una direzione musicale feconda di successi quale quella di Noseda al Regio un passo falso può accadere. Ma passo falso rimane.
marco vizzardelli