Carissimi,
col consueto ritardo rispondo sia a Ric, sia a Rodrigo.
Intanto, Ric, grazie della recensione: mi pare la più attendibile (more solito) che si sia letta sul web.
Personalmente, come dicevo, vedrò lo spettacolo martedì, ma penso che concorderò su tutto.
Venendo alle questioni "davidiane"
Riccardo ha scritto:A me sembre che Giacomo sia già molto avanzato in termini di sviluppo, anche più di Ilo.
Anzi, a dire la verità, non vedo tanto un'evoluzione di Rossini nella scrittura per David o per il tenore amoroso (includendo Idreno): vedo più che altro un caso isolato in Giacomo V, dove il lavoro su David sembra essere stato fatto in modo veramente straordinario e con un apporto poetico superiore rispetto alle altre opere. E' del resto l'unica opera napoletana di Rossini in cui David è veramente il protagonista tenorile. Mi sembra quasi un omaggio speciale che Rossini volle rendergli.
Quello che dici è assolutamente condivisibile.
Però credo che Beck non intendesse parlare di soli ruoli David, quanto dell'evoluzione generale che a Napoli si realizzò - grazie a David - nella figura del "secondo" tenore.
Se prima (ultimi esempi sono proprio quelli di Garcia o, se vogliamo essere precisi, di Ciccimarra e Bonoldi) il secondo tenore non solo esibiva scarsa "virilità" (prerogativa di Nozzari) ma anche scarsa "amorosità", con David ci fu una vera e propria rivoluzione in senso "amoroso".
Certo, all'interno della galleria tenorile strettamente davidivana - hai perfettamente ragione - l'evoluzione è assai più contenuta. Tutti i ruoli David sono giovani e amorosi: poi, è vero, ce ne sono alcuni vincenti in amore (il primo e l'ultimo: Ricciardo e Ilo), altri perdenti (Rodrigo, in modo clamoroso Oreste, in modo struggente Giacomo V), ma tutti attirano le simpatie del pubblico: tutti sono "buoni".
Le costanti sono la sentimentalità e la fragilità (e questo vale anche per i guerrieri e i sovrani); forse persino un sospetto di instabilità nevrotica e tendenza alla malinconia che ha rappresentato la più incredibile rivelazione di Blake.
Semmai, come dicevo, è sui ruoli Nozari che dovremmo interrogarci meglio: un'ombra di negatività è sempre presente (fin dal 700), ma ora, con Rossini, la discesa verso gli abissi della colpa e della bestemmia si fa sempre più pronunciata, sia pure mantenendo intatta quell'aura di eroismo virile - di maschia virilità - che dei ruoli baritenorili resta la cifra principale.
Il discorso si complica - come giustamente ci ricorda Rodrigo - se allarghiamo l'analisi anche agli altri "tipi" tenorili dell'età rossiniana.
Rodrigo ha scritto:c'è una terza tipologia (se vogliamo di minoranza): quella del tenore "buffo" del Rossini veneziano e milanese che compare, nonostante la molta acqua passata sotto i ponti, anche nella Gazza Ladra; potremmo dunque chiamarlo il tenore padano.
Complice la consolidata tradizione buffa - che nel pesarese tracima anche nel dramma serio - qui non ci sono quegli abissi drammaturgici che a Napoli erano stati esplorati grazie ai David e ai Nozzari (e mettiamoci pure l'apporto del tanto vituperato Tottola nei libretti). Al contrario mi pare che circoli in questi ruoli una più o meno costante fissità espressiva: sono personaggi che non evolvono e in un certo senso non agiscono, si direbbe che si accontentano di "contemplare" la vicenda dall'alto delle loro bellissime arie (spettacolari quelle di Argirio e di Idreno tra l'altro). Il povero Lindoro si prende pure un'affettuosa lavata di capo da Isabella per la sua inazione. In Semiramide, il non plus ultra del dramma coturnato non un dramma semiserio qualsiasi!, Idreno è suppergiù un meraviglioso soprammobile che scompare letteralmente se paragonato ai deliri di Assur o al nodo gordiano scoperto da Arsace.
Il discorso è talmente interessante che vorrei essere sicuro di aver capito bene.
Tu parli di tenore di tradizione (o derivazione) buffa e, a mo' di esempio, citi Arigirio e Idreno, che invece sono personaggi di opere serie.
Interessante!
In effetti qualche comunanza fra i personaggi tenorili "vecchi" e deuteragonistici dell'opera seria e gli equivalenti dell'opera buffa (pensiamo al Podestà della Finta Giardiniera o alla stesso Basilio delle Nozze) c'è.
Ma ritornando ai tenori "seri" del '700, per quanto risulta a me, essi avevano due caratteristiche: erano eroici e/o erano maturi.
Nel 700 le due cose potevano tranquillamente oesistere (Idomeneo o Tito ad esempio) perché tanto la caratteristica principale dei tenori era il loro essere deuteragonisti rispetto al castrato, il cui eroismo - non meno valoroso - era però stemperato dal sentimento, dal vittimismo e dalla gioventù (tutti elementi che i tenori non avevano).
E tuttavia, nel primo '800, la duplice natura (eroica e/o matura) del tenore serio avrebbe condotto a due approdi ben distinti, che in epoca rossiniana finirono per risultare incompatibili, tanto da dare origine - prima a Napoli e poi altrove - a due tipi tenorili nettamente diversi:
1) i personaggi unicamente
eroici (in termini napoletani, potremmo dire alla Nozzari)
2) personaggi unicamente
maturi (alla Ciccimarra).
Il primo tipo poteva ANCHE essere protagonista; il secondo era esclusivamente deuteragonista.
Da questa distinzione teniamo fuori il terzo modello (il tenore alla David) che ha caratteristiche talmente innovative da doversi trattare a parte (e che io considero un'evoluzione "seria" del languido amoroso da opera buffa).
Torniamo quindi ai due tipi "seri" di radici settecentesche.
La prima categoria - da cui sono emersi come dicevamo i personaggi Nozzari - non mi risulta che esistesse fuori da Napoli.
Nel resto d'Italia era il secondo tipo (il vecchio deuteragonista) a spadroneggiare, seppure - spesso - con sfumature eroiche.
Qualcosa mi dice (ma sto andando un po' a intuizione...) che i teatri napoletani abbiano operato questa rivoluzione tenorile, in senso eroico, filtrando l'eredità settecentesca col modello borbonico: in Francia infatti erano decenni che il tenore dominava da eroe la drammaturgia musicale.
Com'è, come non è, Napoli portò a esaltazione - come in Francia - la natura eroica e maschia del baritenore protagonista, facendone all'occorrenza anche un amoroso.
La seconda categoria (il tenore come vecchio, potente e padre... francamente deuteragonista) restava la principale applicazione della voce di tenore nel resto del mondo.
Nemmeno la produzione giovanile di Rossini fa eccezione: se Baldassarre e Aureliano hanno ancora qualche barlume eroico, già Demetrio (creato dal vecchio Mombelli) ha in pieno queste caratteristiche; non parliamo di Argirio, Ladislao e Contareno - questi ultimi creati da Bonoldi.
Tutti vecchi e tutti deuteragonisti.
A Napoli (prima dell'apparizione di David, ma anche dopo) si potevano confrontare tutti e due i tipi di tenore.
L'eroe testosteronico/amoroso (novità napoletana) e il vecchio/deuteragonista (che restava il modello più vitale nel resto d'Italia).
Ciccimarra fu l'ultimo campione a Napoli della seconda tipologia, ma è malinconico osservare come i suoi personaggi, col passare degli anni, siano andati progressivamente perdendo terreno nell'economia dell'opera (basta confrontare personaggi come Jago, Goffredo, Aronne con i comprimariati delle ultime opere).
Un altro sommo esponente dei tenori "vecchi-deuteragonistici" fu Bonoldi, che a Napoli creò solo Gernando e Ubaldo dell'Armida, ma che in altre città tenne a battesimo Ladislao del Sigismondo e Contareno del Falliero, ossia gli ultimi tenori del secondo tipo del corpus rossiniano.
Mi spiace dovremi ricredere rispetto a quanto affermato in passato

(tutti possiamo sbagliare, eh Ric?

) ma ora sono convinto che a questa seconda categoria vadano ascritti anche i personaggi napoletani del primo-Garcia (Egeo e Norfolk), che io invece - erroneamente - tendevo a considerare piuttosto dei pre-David.
Ora penso piuttosto che il giovane Garcia, ben lungi dall'essere un baritenore della linea "eroica" Nazari-Donzelli - come in parte divenne - ma ugualmente distantissimo dal futuro modello David, fosse piuttosto un geniale esponente della stessa famiglia dei Ciccimarra e dei Bonoldi.
A cosa si deve il rovinoso declino del tenore "vecchio/deuteragonista", un tempo prioritario, rispetto ai nuovi modelli (Nozzari-David)?
Sicuramente all'avanzare delle poetiche romantiche, che sempre più affidavano la propria voce al tenore ... ma soprattutto, secondo me, alla decadenza del castrato.
Infatti il contrasto "vecchio"-"giovane" poteva risolversi timbricamente in"tenore"-"castrato" ...solo fintantoché il castrato esisteva.
Decaduto quest'ultimo, il timbro tenorile divenne il più chiaro e quindi il più giovane. Di conseguenza i vecchi dovettero essere confinati a voci maschili gravi.
Ci volle il Novecento (Egisto o Altoum) perché si ricominciasse a usare il tenore per parti mature.
L'ultimo caso ottocentesco che a me viene in mente è Arvino dei Lombardi di Giuseppe Verdi.
La cosa interessante è che Rossini, artefice primo del trionfo dei tipi nuovi (alla Nozzari e alla David) a danno del vecchio (il tenore anziano e deuteragonista), a un certo punto impose tale novità anche fuori da Napoli.
Dopo "Bianca e Falliero" (opera reazionaria da tanti punti di vista, anche da quello tenorile) non si trovano nel corpus rossiniano che tenori alla Nozari e alla David.
Con Torvaldo e Belfiore (entrambi creati da Domenico Donzelli) il baritenore rossiniano esce da Napoli con caratteristiche del tutto Nozzariane.
Quanto ad Adalberto e Idreno, essi sono (sia pure in sedicesimo) evoluzioni del modello David, amorosi infelici, giovani, un po' isterici e piuttosto inerti a livello narrativo.
Su Libenskof, data l'ambiguità di Bordogni, si può discutere se sia più baritonale o contraltino, ma comunque nemmeno lui ha più nulla a che fare col tenore vecchio stampo dei primi anni di Rossini.
Spero di non aver pasticciato troppo e chiedo a voi che ne pensate.
Salutoni,
Mat