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Il Naso (Sostakovic)

MessaggioInviato: gio 14 lug 2011, 23:54
da MatMarazzi
LE CRONACHE DI AIX (2011)

E' buona norma replicare le formule vincenti.
Vi ricorderete l'entusiasmo con cui, l'anno scorso, vi ho parlato del "Rossignol e altre favolte" allestito qui al Festival di Aix.
La formula, in apparenza, era semplice ma geniale: si prende un capolavoro "pétit" da avanguardie novecentesche (il Rossignol di Strawinsky lo scorso anno, quest'anno il Naso di Sostakovic), e lo si ingigantisce nell'immenso e iper-tecnologico Grand Theatre de Provence; ne si affida l'esecuzione musicale al più scatenato difensore del vortice proto-novecentesco (Kazushi Ono, tanto lo scorso anno quanto queto) e, per la regia, si va a pescare non un regista "classico" ma un fantasioso "parvenu" dell'immagine musicale, proveniente magari da altre forme di teatro (alte e al contempo popolari, come il Cirque du Soleil per LePage lo scorso anno e l'animazione d'autore come il William Kentridge del Naso di quest'anno).
Tutto questo costituisce una formula nuova e travolgente di cui Aix ha la paternità e che presto sarà "copiata" altrove.

La ribadiamo:
1) utilizzo del teatro "grande e nuovo" con relativo sfarzo tecnico-scenografico non per i monumenti del repertorio, ma per "operine" normalmente confinte alle soffitte delle élites
2) fracassante risposta del pubblico (che prende d'assalto il teatro ed esaurisce ferocemente ogni recita) attratto dal fascino di allestimenti veramente "sperimentali" perchè affidati non a veri registi ma, appunto, a sperimentatori dell'immagine contemporanea.
3) un direttore come Ono che sa tradurre, con naturalezza e convinzione, le più folli e bizzarre fantasmagorie sonore da avanguardia novecentesca, con la stessa perfezione formale di un Boulez e di un Salonen, ma senza neppure un'ombra di intellettualismo, in un miscuglio di formalismo e candore, rigore e pazzia che - in questo repertorio - lo rendono unico.

Si può persino risparmiare sul cast (come già l'anno scorso nel Rossignol, anche quest'anno nel Naso), perché la formula già è sufficiente ad assicurare all'evento la levatura culturale e il successo delirante di pubblico e critica.

Eppure... se devo dirlo, il Rossignol dell'anno scorso è stato, per me, tanto più esaltante di questo Naso.
Oddio, spettacoli così, intendo così belli, esplosivi, trascinanti, dove tutto corre, tutto si innesta in qualcos'altro, tutto si contorce nel disumano equilibrio di luce e ritmo, di disarmonia e disarticolazione visiva, ...se ne vedono pochi.
Alla fine l'applasuo entusiastico, la felicità di esserci, esplode come previsto, come è giusto che sia!
Eppure, ripeto, il Rossignol di LePage era un'altra cosa.

Cosa c'è di diverso? Kentridge non ha dimenticato nulla nel suo allestimento devastante di disegni impazziti che corrono e si disfano sul palcoscenico, scritte che esplodono, scheggie di fotografie e video, sovrapposizione di proiezioni e effetti luce tra il caleidoscopio e il glitterball; la sua Russia (non quella di Gogol, ma quella sovietica di Sostakovic degli anni '20, invasata di frenesia creativa, già fulminata nel corto circuito dello schiacciasassi burocratico) è un vero gioiello di evocazione teatrale.
Tanto di cappello!
Soprattutto in confronto col Flauto Magico cepennante e noioso che Kentridge aveva già proposto qui a Aix negli anni di Lissner (e che Lissner ha poi importato a Milano).
Che ormai Kentridge, in questo naso, si meriti il riconoscimento dovuto a un grande regista musicale è indubitabile.
E allora?
Di cosa vado lamentandomi?

Il fatto è che mentre LePage, lo scorso anno, aveva capito benissimo "il senso" della formula di cui stiamo parlando; Kentridge non l'ha capito.
Il gioco (in questo caso) non doveva consistere nel cercare contenuti profondi e nell'esprimerli, prpprio come fanno i "veri" registi d'opera - per arrivare ai livelli dei quali il cammino è ancora molto lungo; perché la formula funzionasse, per dare senso all'idea dell'operina sofisticata e avanguardista dilatata a dimensioni di evento mediatico, era sufficiente lo scatenamento del "potenziale immagine".
Questo fece LePage col suo indimenticabile Rossignol: nessuna contro-rilettura, nessuna ambizione culturale, nessuno spazio all'intellettualismo. Solo ed esclusivamente sperimentazione di immagini. Apertura sui giochi sonori di Strawinsky a un nuovo, rivelatore manierismo dell'immagine contemporanea.
La superficialità contenutistica dell'approccio, l'impatto immediato di quei colori e quei miraggi rassicuranti da cultura globalizzante, furono la ragione stessa del successo.
Con Wagner è stato un fallimento, ma nel Rossignol (o meglio in senso alla "formula" di cui stiamo parlando) LePage era stato perfetto.

Kentridge però non è LePage; non si adatta a fare il "creatore" di un nuovo potenziali visivo...
Lui no! LUi è un intellettuale e non può rinunciare a essere un intellettuale.
Se regia d'opera deve fare (sia pure con l'imposizione da contratto di spendere ogni energia nell'inventare immagini) vorrà comunque fare una regia "vera", "importante", di contenuti, come quelle deri registi "veri" e "importanti" di oggi.
Non è mica un Lepage qualsiasi lui"
E così non si appaga del manierismo sperimentale così necessario alla "formula".
Non si appaga della ragione per cui Aix, dopo LePage, ha voluto lui.
Non si accontenta di fornire una risposta visiva semplice e colta insieme, immaginifica e deliziosamente fine a se stessa al divertimento formale della musica di Sostakovich.
No: Kentridge non lo accetta.
All'immediatezza del video, all'ipercinesi delle immagini, lui deve aggiungere le allusioni critiche, i simboli, le citazioni, i rimandi illettualizzanti, la pesantezza critica del "vero" regista d'opera, dimenticandosi perl che lui... vero regista d'opera non è.
E pure che nessuno, in questo frangente, si aspettava che lo fosse.

Gli si chiedeva di essere solo (come LePage l'anno scorso) l'inventore delle pazzesche visioni di oggi, contraltare delle pazzesche visioni musicali inventate da Sostakovic.
La presunzione "contenutistica" di cui grava la sua regia rovina persino quel che di buono ci poteva essere: perché, come ho detto, gli effetti di animazione geniali, l'illusionismo figurativo, l'esplodere di incanti visivi non sono mancati: macché mai!
Tutto lo spettacolo rigurgitava di immagine, di invenzione, di spettacolarità.
E tuttavia, gravato di pensosità di appesantimenti simbolici, circonlocuzioni intellettualistiche che solo i registi "veri" sanno gestire (e Kentridge regista vero non è), persino il patrimonio di bellissime immagini diventava greve, stancante, affastellato e irritante per un pubblico costretto a rincorrere il "senso" di simboli troppo banali e troppo vorticosi per potersi decifrare.

Posto di fronte a una regia "tradizionale" (sia pure ipertecnologica) il pubblico non poteva staccare la parte "analitica" del suo approccio e lasciarsi cullare dalla pura emozione dell'esperimento visivo-sonoro (come nel Rossignol) ma era indotto a comportarsi come di fronte a una regia tradizonale; con grave delusione!
Ci si ritrovava così a cercare linearità narrative e rilievi psicologici ai personaggi che Kentridge prometteva ma poi non sapeva gestire (la recitazione era la solita sbobba operistica da registi di serie B, con un tipo di comicità triviale e scontata).

NOn che il cast offrisse particolari soddisfazioni.
Se Kentridge avesse fatto come LePage (che ha dato ai cantanti la funzione di ingranaggi perfetti in un delicato e prezioso meccanismo) non sarebbe stato un problema.
Ma ora no! Hai voluto la bicicletta (la regia vera? la regia importante) e allora si pedala, caro il mio Kentridge!
Non mi puoi ridurre ogni singolo personaggio a una macchietta esagitata e grottesca. Il personaggio - in una regia vera - ha da essere personaggio!
A parte i sensibili problemi in acuto e la non esaltante personalità, il Kovaliov di Vladimir Samsonov (baritono di vecchio stile russo) recita con in un film di Totò.
Andrej Popov è simpatico, ma l'ispettore meriterebbe ben altro: ok lo sappiamo che i sopracuti del ruolo sono semplicemente impossibili, disumani, roba da mettere in crisi un Florez; ma questo non giustica che essi siano sistematicamente risolti con urla comodamente caricaturali.
Ognovenko, il barbiere, è l'emblema del vecchio basso russo, che risolve - già di suo - in grossolanità qualsiasi situazione e personaggio.

Nelle parti minori, come in quelle principali, la parola d'ordine era "caricatura". I grandi registi comici sanno che non c'è via più facile (e più indegna) che rendere caricaturale un personaggio: si strapperà sempre una risata, ma il Teatro (quello "vero", quello "importante") non è per le macchiette e le buffonate: è un'altra cosa.

Alla fine ...sapete che vi dico: che mi sono annoiato a questo Naso.
E tornando al discorso iniziale, le formule vincenti restano tali solo se il loro spirito resta chiaro a tutti. Kentridge, mi spiace, non l'ha capito.
Non ha capito che non era lì per dimostrare di essere bravo come Jones, Guth, e McVicar, ma proprio per la sua esperienza figurativa diversa, per il bagaglio di esperienze geniali nell'animazione, per le potenzialità rivoluzionarie del suo linguaggio.

Ovvio che alla fine il pubblico ha applaudito con calore e felicità, ma niente in confronto dell'urlo di gioia collettiva che concluse l'anno scorso il Rossignol.

Io, per parte mia, ho trovato soddisfazione solo in Kazushi Ono che non si è lasciato per nulla distrarre: è stato matto e fantastico come sempre, quando dirige questo repertorio.
Ormai non posso più ascoltare il primo 900, specie quello sperimentale russo-francese, se non da lui e da Salonen.

Ed eccovi qualche immagine

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Re: Il Naso (Sostakovic)

MessaggioInviato: ven 15 lug 2011, 12:05
da Alberich
Sara' stato noioso quanto vuoi, ma che invidia... :cry:

Ono l'ho sentito una volta sola ed e' stata una fulminazione. Una delle direzioni piu' bella che ricordi.

Re: Il Naso (Sostakovic)

MessaggioInviato: ven 15 lug 2011, 20:17
da VGobbi
Alberich ha scritto:Sara' stato noioso quanto vuoi, ma che invidia... :cry:

Ono l'ho sentito una volta sola ed e' stata una fulminazione. Una delle direzioni piu' bella che ricordi.

In quale opera?

Anch'io ebbi la fortuna, e' il caso di dirlo, di ascoltarlo una sola volta ed alla Scala, niente po' di meno che nel Macbeth ... Ragazzi, credetemi, sembrava che ascoltavo il capolavoro verdiano per la prima volta, tante erano le scoperte, novità musicali che in altri direttori mi erano passate via come l'acqua liscia ... e dire che in campo c'erano Nucci e Urmana!!! Non so se mi spiego!

Re: Il Naso (Sostakovic)

MessaggioInviato: ven 15 lug 2011, 23:22
da Alberich
VGobbi ha scritto:
Alberich ha scritto:Sara' stato noioso quanto vuoi, ma che invidia... :cry:

Ono l'ho sentito una volta sola ed e' stata una fulminazione. Una delle direzioni piu' bella che ricordi.

In quale opera?

Anch'io ebbi la fortuna, e' il caso di dirlo, di ascoltarlo una sola volta ed alla Scala, niente po' di meno che nel Macbeth ... Ragazzi, credetemi, sembrava che ascoltavo il capolavoro verdiano per la prima volta, tante erano le scoperte, novità musicali che in altri direttori mi erano passate via come l'acqua liscia ... e dire che in campo c'erano Nucci e Urmana!!! Non so se mi spiego!


Mi pare che fossimo alla stessa serata. Dimenticabilissima la parte vocale, dimenticabile la regia ormai muffa, ma la direzione...!!!