Don Giovanni (Mozart)
Inviato: lun 12 lug 2010, 20:34
Aix en Provence (2010)
Sono appena tornato da Aix, dove ho visto il mio terzo Don Giovanni in loco.
Il primo era stato nel 1986 (beati sedici anni), il secondo nel 1998 (con Abbado e Brook), il terzo lo scorso venerdì.
Si è trattato di un capolavoro, soprattutto per la regia di Cerniakov (di cui cercherò di parlarvi più diffusamente in altro post), una delle più sconvolgenti ed esaltanti operazione di "destrutturazione" narrativa che abbia visto in vita mia.
Se la parte scenica è stata strepitosa (merito, oltre che di Cerniakov, dei bravissimi interpreti), la parte musicale ha sofferto un po' della mancanza di nerbo di Louis Langrée. Devo però dire che era la prima volta che sentivo dal vivo in Don Giovanni un'orchestra barocca e l'impressione è stata fantastica: la musica di Mozart trova un'elettricità e una ricchezza di colori sorprendente.
Il cast di altissimo profilo.
La sezione maschile è sovrastata da due giganti, rispettivamente Giovanni e Leporello.
Grande dominatore della serata è stato Bo Skhovus, anche se - come al solito - bofonchia l'italiano e alcuni suoni (già piuttosto strani, tipici di molti coloristi) accusano ora anche qualche piccolo segno di usura.
E nondimeno resta un cantante di finezza e suggestione travolgente, nonché attore come pochi se ne vedono.
L'immagine di questo Don Giovanni cinquantenne, bellissimo ma ormai logoro, morto dentro, al limite della autodistruzione, che vacilla sull'etilismo e la follia con la fragilità grandiosa di un Marlon Brando in "Ultimo Tango a Parigi" (secondo la bella similitudine di un amico presente alla rappresentazione) resterà a lungo nella memoria.
Ketelsen è l'unico a tenergli davvero testa.
Vocalmente assai più giovane e brillante (più efficace qui che nell'Escamillo dell'anno scorso ad Amsterdam) il suo Leporello si impone con acume, modernità, forza; Inoltre anche lui sfodera risorse attorali straordinarie, nell'audacissima rilettura di Cerniakov.
Venendo agli altri, il pubblico è stato molto caloroso con Colin Balzer, Don Ottavio, che sentivo per la prima volta dal vivo.
Da un lato la cosa non mi ha sorpreso (Balzer è un ottimo vocalizzatore e al centro sa sfumare con grazia; è un eccellente musicista e ha sensibilità da vendere; inoltre recita con proprietà e convinzione); e tuttavia le difficoltà spaventose che incontra in acuto dovrebbero farlo riflettere.
Un tenore che sfiora l'incidente ogni volta che si avvicina un la (e nel diapason storico)... semplicemente non è un tenore.
Dato che ha classe e musicalità, è un peccato che debba compromettere tutto per così poco; speriamo solo che qualcuno gli faccia capire che si può essere grandi artisti anche cantando in chiave di baritono. Accettabile Bizic in Masetto, ma il ruolo non consente analisi troppo dettagliate.
Concludo con il vecchio Kotcherga, che canta come al solito con enfasi pachidermica e sonorità bovare, ma che si conferma - nonostante tutto - il grande Commendatore del nostro tempo. Mi tocca riconoscere che ormai macina il ruolo con un'autorevolezza che è difficile mettere in discussione.
Le donne sono a loro volta bravissime, tranne Kerstin Avemo in Zerlina, che canta con grazia e recita benissimo, ma ha voce davvero troppo piccola e acuta per il ruolo. Benissimo invece Marlis Petersen che vocalizza da signora belcantista e si mangia in un boccone tutte le difficoltà di Donna Anna. Kristine Opalis (Elvira) ha timbro ancora più bello e risonante e si issa quasi all'altezza della collega in fatto di vocalizzazione. Le loro arie sono state applauditissime.
Ma è soprattutto come attrici che - stimolate da Cerniakov a costruire personaggi di spaventosa complessità - hanno tirato fuori le unghie, dimostrandosi personalità di tutto rispetto.
Non resta che parlare della regia... e prometto che lo farò.
Per ora salutoni,
Mat
Sono appena tornato da Aix, dove ho visto il mio terzo Don Giovanni in loco.
Il primo era stato nel 1986 (beati sedici anni), il secondo nel 1998 (con Abbado e Brook), il terzo lo scorso venerdì.
Si è trattato di un capolavoro, soprattutto per la regia di Cerniakov (di cui cercherò di parlarvi più diffusamente in altro post), una delle più sconvolgenti ed esaltanti operazione di "destrutturazione" narrativa che abbia visto in vita mia.
Se la parte scenica è stata strepitosa (merito, oltre che di Cerniakov, dei bravissimi interpreti), la parte musicale ha sofferto un po' della mancanza di nerbo di Louis Langrée. Devo però dire che era la prima volta che sentivo dal vivo in Don Giovanni un'orchestra barocca e l'impressione è stata fantastica: la musica di Mozart trova un'elettricità e una ricchezza di colori sorprendente.
Il cast di altissimo profilo.
La sezione maschile è sovrastata da due giganti, rispettivamente Giovanni e Leporello.
Grande dominatore della serata è stato Bo Skhovus, anche se - come al solito - bofonchia l'italiano e alcuni suoni (già piuttosto strani, tipici di molti coloristi) accusano ora anche qualche piccolo segno di usura.
E nondimeno resta un cantante di finezza e suggestione travolgente, nonché attore come pochi se ne vedono.
L'immagine di questo Don Giovanni cinquantenne, bellissimo ma ormai logoro, morto dentro, al limite della autodistruzione, che vacilla sull'etilismo e la follia con la fragilità grandiosa di un Marlon Brando in "Ultimo Tango a Parigi" (secondo la bella similitudine di un amico presente alla rappresentazione) resterà a lungo nella memoria.
Ketelsen è l'unico a tenergli davvero testa.
Vocalmente assai più giovane e brillante (più efficace qui che nell'Escamillo dell'anno scorso ad Amsterdam) il suo Leporello si impone con acume, modernità, forza; Inoltre anche lui sfodera risorse attorali straordinarie, nell'audacissima rilettura di Cerniakov.
Venendo agli altri, il pubblico è stato molto caloroso con Colin Balzer, Don Ottavio, che sentivo per la prima volta dal vivo.
Da un lato la cosa non mi ha sorpreso (Balzer è un ottimo vocalizzatore e al centro sa sfumare con grazia; è un eccellente musicista e ha sensibilità da vendere; inoltre recita con proprietà e convinzione); e tuttavia le difficoltà spaventose che incontra in acuto dovrebbero farlo riflettere.
Un tenore che sfiora l'incidente ogni volta che si avvicina un la (e nel diapason storico)... semplicemente non è un tenore.
Dato che ha classe e musicalità, è un peccato che debba compromettere tutto per così poco; speriamo solo che qualcuno gli faccia capire che si può essere grandi artisti anche cantando in chiave di baritono. Accettabile Bizic in Masetto, ma il ruolo non consente analisi troppo dettagliate.
Concludo con il vecchio Kotcherga, che canta come al solito con enfasi pachidermica e sonorità bovare, ma che si conferma - nonostante tutto - il grande Commendatore del nostro tempo. Mi tocca riconoscere che ormai macina il ruolo con un'autorevolezza che è difficile mettere in discussione.
Le donne sono a loro volta bravissime, tranne Kerstin Avemo in Zerlina, che canta con grazia e recita benissimo, ma ha voce davvero troppo piccola e acuta per il ruolo. Benissimo invece Marlis Petersen che vocalizza da signora belcantista e si mangia in un boccone tutte le difficoltà di Donna Anna. Kristine Opalis (Elvira) ha timbro ancora più bello e risonante e si issa quasi all'altezza della collega in fatto di vocalizzazione. Le loro arie sono state applauditissime.
Ma è soprattutto come attrici che - stimolate da Cerniakov a costruire personaggi di spaventosa complessità - hanno tirato fuori le unghie, dimostrandosi personalità di tutto rispetto.
Non resta che parlare della regia... e prometto che lo farò.
Per ora salutoni,
Mat