reysfilip ha scritto:Ecco che nel finale hai centrato il problema. Va bene la commistione ma l'artista deve aiutare il regista non imbavagliarlo, soprattutto se hai Sellars tra le mani. E' anche vero che in Wagner ormai si è, almeno apparentemente, sperimentato già di tutto, e finché Bayreuth rimane in mano ai registi euro-trash e finché altrove non si trovano vie alternative, c'è poco da sperare.
IL fatto è che secondo me accostare Viola e Sellars era una partita persa in partenza. Voglio dire, chiaro che le immagini immediate, bellissime, semplicissime di Viola hanno una presa molto più immediata, proprio perché emotiva. Il gesto teatrale invece rischia, se semplice o banale (come nel caso di questa regia di Sellars) di passare del tutto inosservato, se invece complesso o articolato necessita di una decodifica razionale per quanto minima, e quindi rischia di risultare comunque meno immediato rispetto alla parte visiva. Forse il problema è stato anche quello di saturare di immagini l´intera durata dello spettacolo, senza lasciare nessuno spazio alla sola regia di Sellars senza video-proiezioni (come, da quanto mi sembra d´aver capito, accadde in origine nel 2004 a Los Angeles).
La cosa interessante è che in nessuna delle molte interviste rilasciate da Sellars, il regista abbia MAI considerato il proprio lavoro come secondario o sottomesso a quello di Viola (chissà, forse non lo poteva dire...). Eppure la cosa a teatro era davvero evidentissima…
Non so come sei messo a francese, comunque qui puoi leggere un´intervista ai due.
http://www.lesinrocks.com/2014/04/08/ar ... -11496311/
Sellars di essersi rifatto esplicitamente al teatro orientale (sai che novità).
“Bien sûr, Wagner ne connaît pas le tantrisme, ni le bouddhisme, mais seulement la culture aryenne et l’on sait que tous les mythes européens sont des mythes de l’Inde. J’ai beaucoup travaillé sur certains textes bouddhistes pour faire la mise en scène. Parce que c’est là, à l’intérieur de l’œuvre. »
Inoltre dimostra di non aver capito poi molto del senso della vicenda, come nel riferimento (un po´ imbarazzante… ) al punto in cui Tristano e Isotta discutono della parolina “e”…
« Pour moi, dans l’acte II surtout, il s’agit d’une politique féministe. C’est Isolde qui doit souvent corriger Tristan, pour dire : “Non, non, c’est Tristan ET Isolde !” (rires). Ce “et” est très important. Chez Wagner, il est très clair que cet amour n’est pas permis et qu’il constitue même un affront politique, et donc une opportunité politique pour attaquer les gens (…). »
DM