Ho ascoltato questo Fidelio alla radio (da metà del primo atto in poi) e in TV (oggi pomeriggio). Quindi inevitabilmente si tratta di impressioni, rigorosamente IMHO, che valgono quel che valgono.
La direzione, più che in bianco e nero, mi è sembrata in “nero-nero”.
Cupa, tragica, opprimente. Indubbiamente, se l’obiettivo era quello di rendere l’oppressione priva di speranza del carcere e la cui ombra offusca anche la luce del finale, allora la direzione ha colto il segno. Però il risultato è stato quello di una direzione catramosa, greve, a tratti violentemente isterica, con archi gelatinosi, tempi erratici, colori pochi. L’orchestra ha cercato di assecondare Barenboim per quanto possibile, seppure con cadute vistose nella tensione e nella coesione (tanto per dire, il finale dell’ouverture e il finale dell’opera erano caotici alquanto). Vabbè, Barenboim la vede così. E come concezione potrebbe avere il suo perché. Però questo è solo un lato della medaglia. Bisogna considerare e giudicare anche il Barenboim accompagnatore di voci. E (anche) qui a mio parere proprio non ci siamo. Che senso ha impostare la "Goldarie" di Rocco su una velocità forsennata quando hai un cantante che non ha una buona padronanza del tedesco? E, specularmente, perché sfiatare soprano e tenore costringendoli in una lotta impari contro un’orchestra densa e bituminosa? Non è (solo) questione di tempi adottati, ma anche di sonorità e di “peso specifico” orchestrale. I cantanti erano in difficoltà. La povera Kampe è arrivata alla fine della sua aria pressoché afona e se non ha scroccato l’acuto finale poco ci è mancato (e quanto, quanto era in difficoltà nel successivo duetto con Youn!). Vogt ha dovuto prendere un fiato supplementare a “Das Mass der Leiden”… E così via. Però se la Kampe o Vogt avessero steccato sarebbero stati lapidati dai famigerati "buator scortesi", mentre è probabile che Barenboim sarebbe stato osannato ugualmente.
Cast nel complesso più che dignitoso. E comunque fatto di cantanti di rilievo che si sono fatti apprezzare (prevalentemente nel repertorio wagneriano) un po’ dovunque. E con una perfetta dizione. Sulla carta la scelta più interessante per tipologia vocale poteva essere il Florestan di Vogt che ho trovato deludente per la sua anemia espressiva. E’ possibile che non senta più di tanto il personaggio ed è probabile che fosse sommerso dalla pachidermica concertazione. By the way, so di fare contenta Irina dicendo che il Florestan di Kaufmann è davvero su un altro pianeta
. A mio parere bravissima la Kampe (OK, la tipologia vocale non è quella più “corretta”, ma impensabile una vocalista pura alle prese con la direzione di Barenboim), tra l’altro forse la più convincente dal punto di vista scenico. Monotono Youn, cantante che altrove ho apprezzato molto (ma come diavolo si fa a scritturarlo per il ruolo di Rocco
!!!), vocalmente alla frutta Struckmann, bravo Mattei (e vorrei ben vedere), discreti Jaquino e Marzelline (lei meglio di lui perché carina
).
Coro prosaico (ma come si fa a cantare così al primo atto!!!!
), impreciso negli attacchi e nell’intonazione.
Regia, mi duole dirlo, deludentissima.
Mi aspettavo grandi cose dalla Warner. La sua regia del Don Giovanni è una delle più belle di quest’opera, e del pari interessanti (anche se complessivamente meno riuscite), le regie di Death in Venice, Dido & Aeneas, e Eugen Onegin. Qui ha toppato, senza se e senza ma. Incongruenze e ingenuità drammaturgiche, scarsa direzione degli attori, incapacità a gestire le scene d’insieme, non una sola idea che si elevi dalla routine. Che peccato!
Avendo visto lo spettacolo in TV mi permetto infine un commento sulla regia televisiva. Imbarazzante per dilettantismo e pretenziosità.
Veramente di livello infimo. Se la RAI ricava il DVD dalla videoregistrazione di ieri si farà ridere dietro da mezzo mondo.
beckmesser ha scritto:Alla lettura musicale più idealmente illuminista che abbia mai sentito...
...mare di luce che Abbado tirava dall’orchestra.
C'ero anch'io. E a ricordarlo mi vengono ancora i lacrimoni agli occhi...
Il Fidelio nero nero nero di Barenboim sembra programmaticamente l'opposto di quello di Abbado.
DM
P.S.: dimenticavo. A proposito della recensione di Pietro in home...
degna epitome di uno dei momenti più bui e tristi del teatro milanese.
Oddio... Davvero? Non è che forse ti sei lasciato influenzare un po' troppo dal pessimismo radicale del Fidelio barenboimiano? Io ho fiducia nelle magnifiche sorti e progressive del teatro scaligero.
Certo che se poi uno pensa ad un'inaugurazione con la Giovanna d'Arco "Chailly-Hermanis-Netrebko-Meli-Alvarez"...