pbagnoli scriveva (in altro thread) ha scritto:Chiedo a Matteo se nei suoi giri, oltre alla Anderson, ha trovato qualche Norma degna di rilievo.
Non ho sentito la Cedolins in Norma, però sono d'accordo con te.
Il personaggio è enorme non solo per intrinseche ragioni, ma anche per la tradizione intimidatoria che le interpreti otto-novecentesche hanno costituito.
Con un simile passato, non è possibile affidare il personaggio se non a qualcuno che abbia davvero qualcosa da dire.
La Cedolins è una cantante sopravvalutata secondo me: ha uno discreto timbro, smorza gli acuti (per quanto ancora?) e come interprete posa molto.
Personalmente posso ascoltarla nel Trovatore (anche se pure da Leonora mi aspetterei di più) ma in Norma non mi sognerei mai di andare a sentirla.
Per quanto riguarda le Norma che ho sentito dal vivo, mi pare di ricordare che fossero solo quattro: Angeles Gulin (1983), Mara Zampieri (1988), June Anderson (2001) e Edita Gruberova (2005).
Della prima - ascoltata al teatro di Valence - non ricordo nulla, se non certa autorevolezza scenica e (alla fine del primo atto) un sensazionale re sopracuto. All'epoca però avevo tredici anni e troppa poca esperienza per poter esprimere valutazioni serie.
Della seconda (sentita sempre in Francia, alle arene di Nimes) ho già un ricordo più netto: qualche slancio potente, qualche posa primadonnesca, per il resto durezze e stridori a gogò! Devo dire però che non mi diede l'impressione di "fatica". Anzi, la Zampieri dava se non altro l'idea di una grande forza fisica e perentorietà. Però non mi piacque lo stesso.
Quindici anni senza Norma (ma è possibile? che non abbia dimenticato qualcosa?) prima della successiva: June Anderson a Parma.
E qui, finalmente, mi sono proprio divertito.
Pure con la sua solita femminilità "contenuta" e altera, quasi con paura di rivelarsi troppo, col pudore di mettersi a nudo, e nonostante il registro acuto cominciasse a essere intaccato da oscillazioni e tensioni, la Anderson ha disegnato un personaggio talmente forte, umano, lacerato, vertiginoso persino nella sua predisposizione romantica (un secondo atto da capogiro) da darmi la sensazione di essere tornato fra le dive ottocentesche. La disposizione belcantistica e soprattutto l'innata monumentalità statuaria (al limite un filo holliwoodiana) di questa sacerdotessa bellissima anche fisicamente ha fatto il resto. Dopo di allora, ho visto la Anderson in Dafne di Strauss e, soprattutto, come Agave delle Bassaridi di Henze a Parigi. In entrambi casi fu fantastica.
Ritornando comunque a Norma, posso dire che lei è stata decisamente la migliore che abbia visto dal vivo.
Migliore senz'altro di Edita Gruberova, che certamente dispone di una grandissima personalità e un peso di artista fuori dal comune. Al suo debutto scenico nel ruolo (a Monaco) è stata ammirevole, indubbiamente.
Ha riflettuto molto sul ruolo, ne ha tratto qualcosa di estremamente personale (vittima, prigioniera nel sottosuolo, atterrita dal mondo di guerra, sangue e tribalità che la circonda, con un rapporto estremamente contraddittorio coi figli). Aiutata dalla regia, ha lasciato alcuni momenti anche visivamente stupendi: il monologo dell'inizio secondo cantato a precipizio su un'altissima passerella, immobile come un monumento al dolore.
Però sentire una Gruberova a disagio vocalmente è un controsenso: e non era solo questione di tessitura (il registro basso che Edita non ha avuto mai), ma di povertà di fiato e fatica nel registro acuto.
Abituato ai trionfi deliranti che la cantante raccoglie a Monaco (ero stato presente a un Roberto Devereux dove si è visto di tutto: standing ovation, quaranta minuti di applausi, uscita della Gruberova solo a palcoscenico svuotato), mi ha sorpreso l'accoglienza tutto sommato "educata" che il pubblico bavarese le ha riservato in questa occasione. Personalmente l'ho interpretato come una specie di tristezza per questo "inizio di fine". Anche le "eterne" prima o poi concludono un percorso.
Salutoni,
Matteo