da reysfilip » sab 05 dic 2015, 14:32
Primina andata.
Direi anche molto bene, nonostante la bronchite di Carlos Alvarez, il quale ha comunque recitato la parte mentre veniva sostituito nel canto da Devid Cecconi al proscenio.
Peccato perché c'erano tutte le carte in tavola per realizzare l'esecuzione col cast migliore che si poteva mettere insieme. Spero che questo si vedrà nelle recite successive.
Sulla Netrebko che cosa dire se non cose già dette e ridette? Interprete perfetta, si cala nella parte con l'impeto di una leonessa. Il lavoro che Leiser e Caurier hanno fatto su di lei non è roba da poco e lei riesce a dimostrare tutte le sue doti attoriali. Alcuni suoi sguardi nel primo atto sono roba da manuale di teatro per quanto riescono a essere convincenti; i suoi occhi "bucano" il palcoscenico, se così si può dire. La voce è come sempre strepitosa e riempie il teatro con una facilità raramente vista, ma riesce a piegarsi a tutte le sfumature richieste dalla difficile partitura. Anche a fronte di qualche piccolo problema di fiato e qualcuno anche di intonazione, non si può riconoscere la grandezza di un'interpretazione del genere, e spero faccia capire che la Netrebko il ruolo di diva maxima se l'è ampiamente meritato.
Accanto a lei Francesco Meli, che è quanto di meglio si possa auspicare oggi per il personaggio di Carlo. E in questo caso la sua voce elegiaca calzava benissimo con la visione del personaggio data dai registi: un cavaliere presente solo nella mente di Giovanna e come tale risplende di luce propria. Il ruolo impervio non fa sconti ma Meli, nonostante qualche difficoltà, si disimpegna in maniera egregia.
Poco da dire sul sostituto di Alvarez, che va preso per quello che è, un sostituto, nemmeno così eccezionale, però così è stato e c'è poco da dire.
Chailly ha diretto benissimo. Mi aspettavo molti più clangori e molte più cadute di stile e invece si è rivelato un interprete calibrato e, in alcuni punti più beceri (penso quel meraviglioso finale del primo atto), forse anche troppo, ma credo fosse più per non mettere in difficoltà i cantanti. Tuttavia ha trovato un ritmo perfetto e in perfetto connubio con le scelte registiche: penso ad alcune sonorità della prima scena che ben si accordano con la visione di Leiser e Caurier.
Ed eccoci al punto: poteva essere l'opportunità per fare un serio lavoro registico. Peccato che la ciambella sia riuscita con mezzo buco. Certo siamo anni luce avanti rispetto a Lavia o Herzog, ma si poteva fare di meglio. Leiser e Caurier dicono di essersi ispirati agli studi sull'isteria condotti dal dottor Jean-Martin Charcot durante gli anni 60 dell'Ottocento. Ecco che allora il delirio è tutto interno alla mente di una ragazza dell'ottocento che crede di essere Giovanna d'Arco. La scenografia iniziale è una stanza da letto ottocentesca che pare uscita da uno spettacolo di Guth. In essa irrompono a poco a poco una serie di elementi estranei, a partire dal re completamente dorato, poi il coro, poi l'armatura, fino a quando la scenografia, come la mente della protagonista, esplode alla fine del primo atto sulla caballetta "becera" e di trasforma nel vero campo di battaglia. Da qui però iniziano una serie di cose, secondo me, un po' incongruenti. Gli inglesi sono frutto della mente di Giovanna, ma allora perché il padre riesce a relazionarsi con loro per denunciarla "così come oggi un padre potrebbe decidere di denunciare un figlio alle autorità, preferendo che venga rinchiuso in prigione, piuttosto che debba perdere la sua anima per l'eternità" (cito dall'intervista ai due registi sul programma di sala)? Da lì in poi è un misto di onirico e didascalico, tra cavalli riesumati da spettacoli di Pizzi, a meraviglie scenotecniche come la cattedrale di Reims che sale dal pavimento, fino alle proiezioni orribili del finale con quelle nuvole che rimandano ai peggio spettacoli di Pier'Alli. Regia a tratti interessante, soprattutto nel lavoro fatto con la Netrebko e soprattutto nel primo atto, a tratti noiosa.
Pubblico festante di ggiovani e anche un po' becero. Applausi durati veramente poco (non sono state fatte neanche le uscite singole a sipario chiuso); la voglia di vedersi con amici, cugini e parenti era più forte di festeggiare il ritorno di un'opera nel suo teatro dopo 150 anni. Che i giovini scaligeri stiano diventando come i loro parenti delle serate normali? O forse è la Giovanna che non si presta a furori di popolo sin dalla sua nascita.