Glyndebourne, agosto 2011
Ho una particolare preferenza per le opere di Handel, dovuta anche a ragioni affettive, conosco i suoi lavori e ritengo che lui possa essere considerato tranquillamente un genio. Lui e J.S.Bach sono i miei due musicisti preferiti. Questa mia passione per l’autore è stata la ragione principale che mi ha portata a Glyndebourne , per assistere, carica di aspettative, al Rinaldo.
Incomincio subito con le note dolenti tra cui brilla purtroppo l’orchestra. Ne avevo sentito parlare molto bene, pur senza aver avuto mai l’occasionedi ascoltarla dal vivo. Sono proprio dispiaciuta nel dire che l’esperienza non è stata delle migliori: hanno suonato in maniera fiacca, senza grinta, a volte anche in maniera monotona. Nel complesso non sono riusciti, purtroppo, a trasmettere la vivacità che la musica di G.F. Handel di solito comunica.
Altra nota dolente sono stati alcuni cantanti.
Rinaldo ha molte altre arie famose, tra cui spicca tra tutte la bellissima “lascia ch’io pianga”, che è stata eseguita con molto trasporto, direi l’unica aria che Almirena abbia cantato veramente bene che le ha fatto meritare giustamente applausi a scena aperta e molto animati. Tra gli altri interpreti, veramente bravo è stato Luca Pisaroni, nella parte di Argante. Ha una bellissima voce e l’ha saputa usare benissimo. Nel “Sibilar gli angui d’Aletto” si è meritato lunghi applausi calorosissimi anche lui scena aperta. Ho rivalutato molto anche la Sonia Prina, che avevo visto a Ferrara nella parte di Giulio Cesare e che non mi era per niente piaciuta. Ha trasmesso molta energia sul palcoscenico, che ha evidenziato le sue buone doti di recitazione. Continuo però ad avere delle perplessità sulla sua voce, ho come l’impressione che non sia completa, come se le mancasse qualche cosa. Nei “venti turbini” è stata bravissima, ha cantato mentre si trovava a cavallo di una bicicletta sospesa a mezz’aria, pedalando attraverso il palcoscenico, come volando. Ha dimostrato di avere anche del bel coraggio…..
Tutti gli altri interpreti sono da passare sotto un pietoso e penoso silenzio, a parte Tim Mead, un discreto Eustazio che emergeva come di solito emerge il guercio in un mondo di ciechi. Sembravano quasi come dei dilettanti capitati lì per caso e senza avere un’idea del perché! Che delusione, alla fine del secondo atto un “Vo a far guerra” cantato svogliato, povera Armida, proprio fuori luogo, una maga senza un po’ di quel che si dice!
Un discorso a parte, invece, merita la regia di Carsen. Ha avuto il coraggio di rischiare ed ha fatto un bel centro pieno!
E’ stato geniale nel riuscire a trasportare ai nostri giorni, in una scuola pubblica inglese, una vicenda ambientata ai tempi delle crociate.
Tutti gli avvenimenti sono stati rappresentati come un sogno di rivincita di un alunno (Orlando) tormentato da compagni di scuola prepotenti. Questa premessa permette al regista di staccarsi dal limite che gli impone la realtà della vera storia e gli da l’opportunità di portare la narrazione in un ambiente onirico, fantastico, volutamente non coerente, e, perché no, anche comico e grottesco, proprio come lo può essere il sogno ad occhi aperti di un ragazzino. Per cui le biciclette diventano i destrieri, per cui i compagni di scuola che gli danno tormento sono i nemici, gli infedeli da combattere, per cui la battaglia viene rappresentata come una partita di calcio nel cortile della scuola.
Per fortuna a regia ha veramente fatto passare in secondo piano tutto il resto non eccelso. Qualche pezzo di buona esecuzione c’è stato, ma non è abbastanza per un palcoscenico come Glyndebourne.
Ho assaporato comunque lo spettacolo e nonostante le critiche rifarei l’esperienza!