da MatMarazzi » mar 25 mag 2010, 16:17
Butto giù qualche impressione....
Già il video di Maugham rende bene l'idea di uno degli spettacoli più interessanti che Jones abbia concepito in questi ultimi anni e che finalmente dovrebbe mandare in pensione quello di Decker, la cui circolazione mondiale - persino in Italia!!!!! - si spiega con l'inoffensività del taglio...
Ebbene no. I grandi allestimenti d'opera non devono essere inoffensivi, specie se parliamo di testi dai risvolti oscuri e indicibili come questo.
L'ambientazione anzitutto.
Niente nave da guerra... niente velieri settecenteschi.
per Jones la ricontestualizzazione è vitale, perché il pubblico (tramite essa) deve capire ...questioni che oggi rischierebbero di risultare poco incisive in ambienti troppo esotici...
Si finirebbe, in questo caso, per compiacersi di fondali marini, cieli tempestosi e effetti da filmoni d'avventura. Ai tempi di Melville quella era la contemporaneità e ai tempi di Britten la ricontestualizzazione non era praticata.
Ma oggi tutto questo armamentario da "capitani coraggiosi" o "ammutinamento del Bounty" finirebbe per distrarci.
Il senso dell'opera è più importante:
"La ricerca del bene" e dopo averlo trovato "la necessità di distruggerlo".
E così l'azione si svolge in una scuola di addestramento per militari...
E' un'accademia minacciosa, intendiamoci; i ragazzi vi sono reclutati con la forza... lo sfondo è quello di una guerra vera.
La scena (di una bellezza da togliere il fiato, come solo McFarlane con Jones può immaginare) è fatta di stanze diverse che scorrono davanti ai nostri occhi con effetto tecnologico grandioso e senza una scricchiolio: la camerata dei cadetti (con letti a castello e relativi armadietti di metallo), i bagni con le docce, l'ufficio del "capitano Vere" e naturalmente l'ambiente più importante: la grande palestra, dove i ragazzi si allenano e dove vengono accolte le nuove reclute (e che, tanti anni dopo, ormai dismessa e abbandonata, il vecchio Vere visiterà, commosso, turbato, rivivendo il suo passato...)
C'è anche una stanza che però vediamo sempre chiusa... è la stanza degli altri ufficiali, sotto l'ufficio di Vere, dove Claggart ha il proprio covo.
In quella stanza succedono cose mostruose... le intuiamo.
Claggart (uno strepitoso, ma davvero strepitoso Clive Bailey) vi abusa di alcuni giovani, li sottopone a sevizie e maltrattamenti di varia natura.
Che tutto il racconto funzioni meravigliosamente bene, senza un'incongruenza che una, è come al solito merito di Jones, il più grande narratore di storie "musicale" che esista oggi.
Persino la grande scena della battaglia navale in questo allestimento non fa una grinza!
E' solo una sfida "ginnica" tra due squadre di ragazzi, che devono costruire - battendosi in velocità - due cannoni, mentre tutti gli altri fanno il tifo e gli ufficiali li osservano compiaciuti.
Il meccanismo di corse, salti, sollevamento di pezzi di cannone con corde e poi rincorse lungo le scale, ecc... è talmente incastrato alla musica scatenata di Britten che ancora una volta si ha la sensazione che... la musica sia stata composta proprio per questo.
Per la prima volta con Jones ho capito l'importanza di Claggart, personaggio che avevo sempre trovato banale, sciocco, melodrammatico.
Un cattivone che più cattivone non si può: uno che odia la bellezza, la bontà.... Il fatto che voglia distruggere Billy Budd perché attratto animalescamente da lui (o geloso) è una risposta talmente scema e facile, da sembrarmi impossibile, considerando la profondità di Britten...
Eppure come altrimenti spiegarlo? Solo col fatto che c'era bisogno di un delatore che denunciasse Billy in modo che l'opera avesse il suo tragico svolgimento?
Insomma, da quando ascolto quest'opera (vent'anni) mi ero rassegnato a "sopportare" Claggart come un male necessario, in un'opera altrimenti tanto bella.
Be' con Jones ho capito tutto.
Bastano pochi segnali...
Il fatto che l'ufficio (chiuso) di Claggart sia esattamente sotto quello (aperto e visibile) di Vere...
C'è poi una lunga scena (il secondo interludio) in cui Vere attraversa di notte - credendosi solo - la palestra vuota, ma la percorre dall'alto (lungo il terrazzino-balaustra che la sovrasta); frattanto in basso, nell'ombra, Claggart lo segue, fa lo stesso percorso, ma sotto la balustra....
E' un effetto a "specchio" che rivela tutto.
Vere e Claggart sono lo specchio l'uno dell'altro, le due anime di uno stesso personaggio.
L'uno ha senso grazie all'altro.
Sono il Jeckill e l'Hide di Britten (o, per citare l'attualità televisiva, Dexter e il suo passeggero oscuro): entrambi cercano l'ordine.
Billy è per il "virtuoso" Vere la realizzazione di un sogno: un ordine regolato dal Bene!
Mentre - come dice Maugham con la solita sagacia, nei commenti del dopo-teatro - Billy è colui che rovescia il sogno di Claggart: un ordine regolato dal male.
Le due utopie (quella di Claggart e quella di Vere) convivono, coesistono, si compenetrano, finché l'arrivo di Billy non le mette l'una contro l'altra...
Quante cose mi ha rivelato Jones con questa impostazione!
Ad esempio ...mi ero sempre chiesto perché il virtuosissimo Vere, pur conoscendo la pessima indole di Claggart, lo tenesse fra i suoi ufficiali e gli concedesse tanta autorità.
Ma è ovvio: perché c'è un Claggart in lui!
Il suo riflesso... E' il suo lato in ombra... quello che la "virtù" respinge in un angolo, ma di cui non riesce a disfarsi...
Mi ero sempre chiesto perché Vere (prima del fatidico confronto con Billy e Claggart) ripetesse con tanta acredine fra sè e sè: "Claggart beware!"
Ma ne ha paura? Mi chiedevo... Ma non è lui il capitano?
Ma certo che ne ha paura! E' la voce del peccato che urla dentro di lui, è l'ombra che sta alle costole della sua coscienza razionale, l'immagine che lo specchio gli rimanda ogni mattina.
Mi ero sempre chiesto perché non abbia difeso Billy con più calore, dopo che questi ha involontariamente ucciso Claggart....
Ma certo! Perché Billy, nel colpire Claggart, ha colpito anche Vere, la sua parte "negata" "contraddetta" ma pur sempre vitale.
Vere ha sentito su di sé quel pugno vendicatore e omicida. Il sangue che ha toccato era anche il suo.
Claggart non meritava di morire, più di quanto (dietro tutta la sua virtù) non lo meritasse lo stesso Vere.
tutta la storia, così esposta da Jones, assumeva una verità che dà i brividi, anche a chi pensava di conoscere l'opera a menadito.
Una verità dolorosa, che ti tiene sveglio la notte dopo lo spettacolo... (infatti il giorno dopo ho perso la colazione, che nel mio albergo terminava alle 10.30).
Passiamo ai cantanti.
Su Bailey (fantastico vocalmente e scenicamente) ho già detto: il migliore del cast.
Peter Mattei è il terzo grande Budd che, col Wanderer Club, abbiamo visto.
Teoricamente il meno "adatto" al personaggio.
Molto più in parte era Simon Keenlyside (a Vienna), seppure come sempre troppo professorino: ma era talmente bravo a esprimere il candore infantile e persino nevrotico del personaggio-bambino da risultare a tratti sconvolgente (il suo "save meeeeeee!" gridato a Vere era da pelle d'oca).
Nathan Gunn (a Londra) era invece semplicemente perfetto. Non importa che non sia un interprete di profondità geniale... Non importa quando tra un interprete e un personaggio tutto collima; dall'aspetto fisico, dal colore vocale, dal modo di muoversi, dal modo di sorridere o inarcare le sopracciglia.
Con Gunn avevo di fronte il personaggio come nessun altro (forse il Gilfry o lo Schovus di dieci anni fa) potrebbe realizzarlo.
Però era anche tutto prevedibile. Quello ti aspettavi e quello avevi.
Mattei al contrario non poteva essere prevedibile: la sua natura espressiva (che mischia ironia e raffinatezza), il suo stile elegante, dandy, cinico, mattacchione lo tengono a distanza dalla natura del personaggio.
Oneguin ideale (il migliore del decennio), come Budd è troppo maturo, compiaciuto, intelligente, snob...
E allora si dà da fare per "costruire" qualcosa di diverso, sfruttando le sue risorse attorali straordinarie e lo splendore del suo canto. Recita a fare lo "scemotto", l'insicuro, il gigante tonto, ma lo fa con una tale messe di sfumature, espressioni, giochi di colore, varietà di accenti che ...travolge tutto.
E' un portento scenico-musicale! E alla fine il pubblico gli riserva un'ovazione meritata (ma molto meno esplosive di quelle che raccolsero - me presente - Keenlyside e Gunn).
Col capitano Vere sono sempre stato sfortunatissimo.
e la cosa mi secca particolarmente perché è una parte che adoro: il più bel ruolo per tenore che sia stato scritto nel '900, almeno per me.
Shicoff non conosce il solfeggio ed entra quando gli pare: difficile cantare Britten in queste condizioni. In teoria avrebbe avuto l'autorità tragica del personaggio, ma non la sofferenza intellettuale, la profondità filosofica, la disperata ricerca esistenziale e poetica...
Tutti pregi che invece aveva Bostridge a Londra... salvo che a lui manca completamente l'autorità del vecchio capitano. Sembra un liceale pallido e secchione, intimidito da tutti quegli omoni vestiti da marinai. Ha sbagliato a voler cantare la parte troppo presto: ne riparleremo fra quindici anni.
John Daszak non ha risolto le cose a Francoforte.
Bella voce "coloratissima" e comunicativa; bell'accento; bell'espressività; ma poca autorità e poca lacerazione intellettuale. E soprattutto poco carisma.
Chissà chi, dopo Pears e Langrdige, potrà rendere davvero giustizia a questo straordinario personaggio.
Ah... dimenticavo.
Dirigeva (bene) Paul Daniel, ma le orchestre tedesche sono recalcitranti al "suono" cristallino di Britten, alle sue trasparenze novecentesche... Il fatto che a Rattle (inglese) sia riuscito il miracolo di far suonare il Peter Grimes ai Berliner in quel modo fantastico non vuol dire molto...
Salutoni,
Mat