Luca ha scritto:Non sarebbe allora necessario fare una differenziazione tra storico (capace con intelligenza di dire qualcosa di nuovo) e popolare (capace di fare ottimamente molte cose, ma di essere stabilmente ancorato al risaputo).
Be', Luca, poiché secondo me "storico" è ciò che incide nella storia di qualcosa, direi che la popolarità è una delle categorie dello "storico".
Ci sono cantanti che non hanno detto granché di nuovo (metti proprio la Boheme di Pavarotti e la Freni), ma se fai i conti di quante centinaia di recite hanno fatto e per quanti anni, ti rendi conto che - fosse anche solo per questo - i loro Rodolfo e Mimì sono stati storici.
Quello che conta, per me, è l'effetto.
L'effetto sul pubblico (la popolarità) è un tipo di effetto. Un altro può essere l'effetto sui colleghi cantanti delle generazioni future.
Magari un "capofila" è rimasto sconosciuto ai suoi anni, ma poi è stato riscoperto ed è diventato "modello" per gli interpreti posteriori.
Qui l'esempio che farei è tratto dalla storia della scenografia.
Adolphe Appia, nei suoi anni, era considerato un matto. Nessuno gli faceva realizzare le sue scenografie astratte e geometriche, fuse nella luce. Se la sua vicenda si fosse fermata qui, non meriterebbe un posto nella Storia della scenografia.
Però considerato che Wieland Wagner si è ispirato a lui al 100% e che a Wieland Wagner si sono poi ispirate generazioni di registi e scenografi, allora ecco che anche Appia entra a pieno titolo nella storia.
E guai... allo storiografo di scenografia che non gli dedica un intero capitolo!
Quello che voglio dire è l'incidenza di un inteprete nella storia può essere calcolata su più piani: sul pubblico (popolarità) o sul linguaggio (invenzione di nuovi stili, nuove tecniche e emulazione di altri artisti).
Devo dire, però, che gli esempi che hai fatto, Luca, non mi persuadono fino in fondo.
Tu valuti la Callas e la Scotto (indubbiamente storiche) per i loro meriti, o che noi presumiamo essere.
Ma se quella Traviata del 58 la Callas l'avesse cantata ...nel salotto di casa tua, invece che al Covent Garden? Se nessuno o pochissima gente avesse avuto modo di ascoltarla?
I suoi meriti sarebbero stati gli stessi (il fraseggio, l'originalità... ecc...) ma non avrebbe affatto inciso nella storia.
Tu avresti potuto citare quella performance in un libro sulla Callas, non in un libro sulla Storia dell'interpretazione operistica, direi.
Secondo me dobbiamo sempre stare attenti a non confondere il nostro giudizio sulla "genialità" di qualcuno, con la constatazione della sua incidenza sulla storia.
E ora risponderei a Bergonzi.
Sono cantanti storici - intendo per "storico" coloro che hanno tracciato un solco vocale abbondanato in precedenza o totalmente nuovo o nel senso che hanno "creato" o riscoperto una scuola di canto e di interpretazione- : Callas, Horne, Scotto, Vickers, Bruscantini, Fischer-Diskeau, Sutherland, Kraus, Berganza, Gencer.
Questa appunto è la definizione che dava Celletti e con la quale io concordo solo in parte.
E' vero che l'originalità delle scelte stilistiche e tecniche (a patto che abbia "effetto" sul linguaggio comune dell'opera e che non resti una semplice curiosità) può essere un criterio di storicità.
Ma secondo me non l'unico, anzi nemmeno il più importante.
Primo... perché quelle che sembrano "rivoluzioni" spesso lo sono solo a metà (nel senso che spesso si scopre che in realtà sono molto più ancorate alla tradizione di quel che si pensa).
Secondo... perché a me risulta un po' arduo affermare che non sia storica, ad esempio, la Kaiserin di Leonie Rysanek (che ha sconvolto il pubblico il pubblico per trent'anni molto più di qualsiasi personaggio - pur magnifico e meritevole - possa aver fatto Bruscantini).
Voglio dire che ci sono artisti che hanno detto poche cose nuove eppure il loro contributo è stato storico lo stesso.
Io non amo la Verret in Lady Macbeth, la trovo sopravvalutata, preferisco altre. E tuttavia non esiterei a definirla "storica".
Mentre non metterei tra la Lady stroriche quella davvero rivoluzionaria e stupefacente di Margherita Hallin, originalissima, virtuosa, in stile quasi "soprano leggero", trascinante e modernissima a livello interpretativo.
La Hallin fu innovativa e bravissima, ma quanto ha inciso nella storia del personaggio?
L'ha cantata una sola volta a Stoccolma e nessuno al mondo lo sa.
In un libro di storia delle interpretazioni di Lady Macbeth, la Halin meriterebbe al massimo una citazione, mentre la Verrett (sia pure convenzionale e - a mio parere - pure discutibile) avrebbe diritto a un intero capitolo.
Non trovi?
salutoni
Matteo