E se il passatismo non fosse l'unica risposta?
Inviato: ven 27 apr 2012, 14:40
Nota del moderatore: il seguente post, a firma di Maugham, era stato inserito nel thread dedicato ai Troyens (nella sezione "visto a teatro"). Il suo interesse è tale che mi sono permesso di spostarlo in un nuovo thread in Questioni Generali. Spero che l'autore - irreperibile al telefono - non me ne voglia.
Così come spero non se la prenda per il titolo che ho dovuto inventare (e che lui stesso potrà sostituire, se non fosse soddisfatto)
Per conto mio, cercherò di rispondere alle straordinarie osservazioni appena ne avrò il tempo. Spero frattanto che altri vogliano dire la loro.
Al di là delle prime doverose ironie su questa pubblicità mi sono fermato a riflettere.
Se non sbaglio non ho mai visto uno spot che pubblicizzi un teatro d'Opera senza una sola nota di musica tra l'altro usando un cantante senza farlo cantare.
Mi sfugge il fine contingente di questa operazione.
Voglio dire, uno spot lo si mette in piedi per raggiungere un obiettivo e quindi mi sono chiesto: "A chi serve?".
a) chi segue l'Opera seriamente, intendo animato da una passione vera, si mette a ridere.
b) chi invece non conosce l'Opera resta perplesso. Chi diavolo è quel signore elegante dalla faccia un po' ebete ficcato dentro un ring? Non canta, non parla... dal momento che Kaufmann non è ancora un icona planetaria... se si tratta di un modello potevano pescarne uno più espressivo.
Sono del parere che tutto questo nasca dal desiderio (comune a molti operatori del settore) di svecchiare l'Opera.
Da un po' di anni questo sembra l'andazzo corrente. Da diverse stagioni troviamo questo taglio, non so come dire, smitizzante sui siti di molti teatri: grafiche ardite, modernissime, basate sull'elisione del concetto, loghi aggressivi da concertone rock, materiali finto-poveri nei libretti di sala tipo carta riciclata (siamo globalizzanti ed ecologisti!) con sopra un tripudio di foto d'archivio (meglio se in bianco e nero e sgranate) che hanno solo marginali relazioni con il contenuto dei testi o con il titolo in cartellone.
Ammesso e non concesso che l'Opera debba ringiovanirsi, credo che questo sia il mezzo più semplice (e per me stantio) per risolvere il problema: rubare al marketing che cura gli eventi di massa alcuni "segni espressivi" usandoli come foglia di fico per impacchettare "oggetti" che il sentire comune legge (nella testa dei pubblicitari) come elitari, museali e polverosi.
Il gioco però funziona fino a un certo punto.
Il teatro d'Opera è una tra le più complesse e sofisticate macchine espressive prodotte dalla civiltà occidentale. I suoi codici, i suoi riti, le sue convenzioni, le sue regole del gioco sono profonde, mutevoli, numerose e storicizzate. Perfino i più aggiornati tra gli operomani -i quali hanno passato anni a metabolizzare queste regole- a volte si trovano confusi, perfino loro!, tra questo continuo rimpallo tra passato e presente, così continuo da giustificare, nella stessa sala e a volte nello stesso spettatore, avanguardismi feroci uniti a passatismi altrettanto polemici. Mi figurio lo sconcerto di chi entra in un teatro d'Opera per la prima volta solo perchè irretito da una pubblicità stile Dolce & Gabbana o da un manifesto in odore di pop-art. Promuovere il Ring come un blockbuster fantasy o Les Troyens come un'epica in cinemascope potrà forse, dico forse, portare alla Roh o al Met qualche persona in più; ricordiamoci però che dentro la sala queste new-entry non troveranno Peter Jackson o Emmerich, ma fronteggeranno la Gotterdammerung o le lungaggini dell'atto cartaginese. Nella migliore delle ipotesi si annoieranno, nella peggiore cercheranno agganci con il loro modo di sentire e vivere il presente e -trattandosi a volte di allestimenti che smerciano roba vecchia riverniciata come nuova- non trovando nessun appiglio si sentiranno ingannati. Mi hai promesso una serata di fuoco con Belen e mi sono trovato a una conferenza con Margherita Hack!
Nello specifico credo che questo modo di comunicare e vendere il prodotto Opera abbia il fiato corto.
Ma a me, sono sincero, dello "specifico" teatrale preme poco. Peggio per i teatranti che hanno scommesso e investito cifre notevoli su questi piani di comunicazione che, forse sbaglio, mi sembra intruppino, quando va bene, solo un pubblico mordi-e-fuggi la cui attenzione per l'Opera muore dopo due sere o giù di lì..
Mi preme di più capire le conseguenze che questo tipo di operazione posso avere sul modo di fruire l'Opera e di quello che noi vedremo e sentiremo in futuro.
E qui cominciano le mie perplessità, purtroppo confermate -per certi aspetti- anche dai cartelloni delle nuove stagioni europee e mondiali.
L'opera al cinema, il trionfo del dvd/blu-ray e l'esequie del solo audio, la facilità d'accesso a miriadi di contenuti tramite il web (e la conseguente parcellizzazione dell'attenzione e delle competenze diventate puntillistiche anzichè consequenziali e ragionate come succedeva invece quando si ascoltava un'opera intera per volta e tutta intera), l'importanza (e successiva massificazione) del ruolo del regista diventato -dagli anni Novanta in poi- protagonista autorevole di un allestimento (Il Don Giovanni di Carsen così come si diceva il Don Giovanni di Karajan), tuto questo e altro fa parte di quelle tendenze che noi di OD, e non solo noi, abbiamo sempre salutato con entusiasmo oltre che -permettetemelo- con largo anticipo.
Guardando indietro solo di una decina d'anni mi rendo conto che si è trattato di un cambiamento epocale. Epocale non solo per lo spessore dei contenuti, ma, a mio parere, per la velocità con cui si è verificato.
Voglio dire, anche il trionfo del solo audio ha portato una gigantesca rivoluzione nel modo di sentire e vivere l'Opera. Però ha avuto oltre mezzo secolo per decantare, per entrare nelle testa degli appassionati e degli addetti ai lavori e dei musicisti. Diciamo che la generazione dei melomani cresciuti principalmente col disco (intendo quelli la cui autorevolezza si è costruita per gran parte su questo) comprende quelli nati dopo gli anni Sessanta. E il disco esisteva già da mezzo secolo.
La rivoluzione del web e del video è invece dilagata in maniera fulminea.
I melomani da youtube, i downloadari coatti di files video e audio, gli hard-disk ballonati di materiale, le notizie che rimpallano da un blog all'altro ovviamente senza particolari verifiche, si moltiplicano di giorno in giorno e hanno poco più di un decennio di vita.
Io lo sento come un fiume in piena dalle mille meravigliose potenzialità ma ricco anche di insidie e derive.
Tutto un sol giorno cangiare potè!
Nei fatti, a me pare che gli addetti ai lavori, si siano accorti del "cangiare" ma abbiano capito ben poco di questa rivoluzione.
O meglio, mi pare che ne abbiano recepito solo gli aspetti esteriori.
Equivocando sulla natura di questi cambiamenti (letti soltanto come un'evoluzione della tecnologia e non del linguaggio ) hanno risposto -come nello spot di cui sopra- lavorando sulla cornice. Passata la buriana iniziale in cui hanno cavalcato, ad esempio, la tigre della regia d'Opera seguendo la moda senza particolari competenze e criteri nella scelta (cosa che ha portato un pubblico e una critica ovviamente sprovvista di mezzi per decodificare certe forme espressive a mettere sullo stesso piano un furbo copiatore come Loy e un geniale sperimentatore come Guth), finito lo spolvero modaiolo per cui se non fai un Wagner "riletto" non sei nessuno così come se non metti sul sito almeno due spettacoli in streaming (non importa se sono catafalchi) passi per un pezzo di moedioevo, passato tutto questo, dicevo, mi pare che si ritorni alla vecchia quiete conservativa e celebrativa in cui noi ragazzi degli anni Settanta siamo cresciuti.
I programmi sono mogi, le caratterizzazioni delle superstar seguono vecchie tipologie (Kaufmann che oscilla tra Corelli nel repertorio italiano e Vickers in quello estero o la Netrebko che si qualifica ormai come una Freni da terzo millennio), la spremitura delle vecchie rozze è identica a quella negli anni Settanta senza nessuna inversione di rotta, lo sperimentalismo drammaturgico si è ormai seduto su estetizzanti prodotti di allievi che riciclano idee dei maestri e i nuovi repertori (vedi grand-opéra) affondano tra maccheroniche scelte di cast ed eccentriche scelte di regia.
Però abbiamo i metplayer, le multisala con le proiezioni in hd e i trailer che promettono che all'Opera ti divertirai come al cinema anche se non sai distinguere una nota da un pallone.
Ovviamente ci sono delle eccezioni. Ovviamente.
Forse sono io che sono un po' deluso da quanto vedo in giro. Anche Mat si era espresso a riguardo.
Cosa ne dite?
WSM