Allestimenti di opere italiane alla Scala

Vorrei postare qualche riflessione sull'ennesimo disastroso allestimento scaligero di un'opera italiana.
Perché deve andare sempre così?
Dove si vuole andare a parare?
la scelta dei titoli. Tosca, Aida, Pag&Cav... I titoli scelti sono sempre quelli, gli stessi. Forse l'opera italiana non ha prodotto niente di diverso in tutto il periodo Ottocento (se proprio non ci si vuole impegolare con il Barocco)? C'è l'idea che gli italiani non riescano ad appassionarsi a nulla di diverso? Oddìo, se si legge in giro si ha la sensazione che alcuni italiani siano fermi alla (presunta) comprensione di quei titoli e oltre quelli proprio non riescano a andare, ma forse si può e si deve cercare qualcosa di meglio se si vuole creare un repertorio. Certi titoli hanno troppi termini di paragone anche discografici: è inevitabile che l'appassionato si senta commissario tecnico e provi a ipotizzare una diversa strategia esecutiva, cosa che invece non farebbe non si dice con la Frau ohne Schatten, ma forse nemmeno con il Farnace o le Nozze istriane. Perché la Scala non si prende un sabbatico con i titoli più frequentati, cercando invece di crearsi uno stile su altri titoli?
L'anno venturo tornerà la solita Aida di Zeffirelli: chi ci andrà, oltre ai giapponesi e, ovviamente, quelli che vanno per fischiare?
la scelta degli interpreti. Siamo onesti: qualcuno veramente pensa di poter allestire una Tosca accettabile convocando interpreti come quelli programmati alla Scala? Un allestimento come questo ha rispettato l'unica previsione possibile: far planare in loggione quelli che vanno apposta a fischiare, perché le persone di buon senso si tengono accuratamente alla larga da uno spettacolo del genere, che sembra veramente confezionato con diabolica perversione.
L'anno venturo è programmato il Nabucco con Nucci e il Ballo in maschera con Alvarez e la Dyka, il Don Carlo con Cavalletti: chi ci andrà, a parte i giapponesi e, ovviamente, quelli che vanno per fischiare?
Sul nostro sito lo diciamo da parecchio tempo: va ripensato profondamente il modo di allestire le opere del repertorio italiano.
Per come la vedo io:
o si realizza che è definitivamente tramontato un modo di eseguire queste opere che punti su caratteristiche vocali che non ci sono più, o che sembrano essere messe in minoranza da altri modi espressivi
o si punta decisamente su questi altri modi espressivi, con la serena convinzione che i primi tempi saranno probabilmente duri per fare digerire la novità a una parte (minoritaria) del pubblico. Parte che, peraltro, adesso come adesso fischia i tentativi di mantenere lo status quo
In altri termini - e tanto per essere chiaro - è inutile proporre una Serafin, o una Dyka in una parte che ha già visto storicamente di meglio.
Meglio, molto meglio cambiare completamente stile con una cantante come quella di cui vi propongo qualche video qui sotto, che esce completamente dagli schemi consueti cui siamo abituati in queste parti:
(lasciando ovviamente a casa l'orrido Scarpia che l'accompagna)
Non pretendo che sia l'unica soluzione possibile, ma sarà il caso di pensare a cosa fare di questo benedetto repertorio italiano nella nostra povera Scala.
Oppure, meglio toglierlo dalla programmazione per un po' di anni
Perché deve andare sempre così?
Dove si vuole andare a parare?

L'anno venturo tornerà la solita Aida di Zeffirelli: chi ci andrà, oltre ai giapponesi e, ovviamente, quelli che vanno per fischiare?

L'anno venturo è programmato il Nabucco con Nucci e il Ballo in maschera con Alvarez e la Dyka, il Don Carlo con Cavalletti: chi ci andrà, a parte i giapponesi e, ovviamente, quelli che vanno per fischiare?
Sul nostro sito lo diciamo da parecchio tempo: va ripensato profondamente il modo di allestire le opere del repertorio italiano.
Per come la vedo io:


In altri termini - e tanto per essere chiaro - è inutile proporre una Serafin, o una Dyka in una parte che ha già visto storicamente di meglio.
Meglio, molto meglio cambiare completamente stile con una cantante come quella di cui vi propongo qualche video qui sotto, che esce completamente dagli schemi consueti cui siamo abituati in queste parti:
(lasciando ovviamente a casa l'orrido Scarpia che l'accompagna)
Non pretendo che sia l'unica soluzione possibile, ma sarà il caso di pensare a cosa fare di questo benedetto repertorio italiano nella nostra povera Scala.
Oppure, meglio toglierlo dalla programmazione per un po' di anni