Riascoltare

Che ruolo riveste, nella vostra passione musicale, l'atto del riascolto di una composizione o di un'interpretazione che vi piace?
Talvolta ho l'impressione, specialmente in un sito come questo che aspira a tracciare una storia ragionata del gusto intepretativo, che l'ascolto di un'interpretazione ad un certo punto diventi come un fatto acquisito e che per questo non necessiti ulteriori accessi fino a lontana data da destinarsi in cui eventualmente rivedere un'opinione consolidata.
Non mi riferisco infatti agli ascolti ripetuti in fase di analisi di un disco dopo un acquisto.
Mi riferisco invece a quando si prova la voglia di sentire qualcosa che si conosce molto bene, ma si ha semplicemente voglia di metterla nello stereo, nell'i-pod o in auto a tutto volume per il meraviglioso piacere di fruirne. Si tratti di una canzone di Leo Ferré, di Laura Pausini o di una sinfonia di Haydn diretta da Hogwood.
Esattamente come andare a teatro a sentire ulteriormente un'interpretazione che ci piace.
Vi sottopongo questo argomento perché queste sono riflessioni che mi rimbalzano in mente ogni volta che la lettura delle dotte disamine su questo sito mi provoca una forma di saturazione per la continua ricerca di categorie storiche, per un tentativo di comprensione di un assoluto dai tratti hegeliani che - per quanto mi riguarda - deve quotidianamente fare i conti con la musica fruita, rifruita, suonata e risuonata per il puro piacere di goderne.
Avete qualche pensiero in proposito?
Talvolta ho l'impressione, specialmente in un sito come questo che aspira a tracciare una storia ragionata del gusto intepretativo, che l'ascolto di un'interpretazione ad un certo punto diventi come un fatto acquisito e che per questo non necessiti ulteriori accessi fino a lontana data da destinarsi in cui eventualmente rivedere un'opinione consolidata.
Non mi riferisco infatti agli ascolti ripetuti in fase di analisi di un disco dopo un acquisto.
Mi riferisco invece a quando si prova la voglia di sentire qualcosa che si conosce molto bene, ma si ha semplicemente voglia di metterla nello stereo, nell'i-pod o in auto a tutto volume per il meraviglioso piacere di fruirne. Si tratti di una canzone di Leo Ferré, di Laura Pausini o di una sinfonia di Haydn diretta da Hogwood.
Esattamente come andare a teatro a sentire ulteriormente un'interpretazione che ci piace.
Vi sottopongo questo argomento perché queste sono riflessioni che mi rimbalzano in mente ogni volta che la lettura delle dotte disamine su questo sito mi provoca una forma di saturazione per la continua ricerca di categorie storiche, per un tentativo di comprensione di un assoluto dai tratti hegeliani che - per quanto mi riguarda - deve quotidianamente fare i conti con la musica fruita, rifruita, suonata e risuonata per il puro piacere di goderne.
Avete qualche pensiero in proposito?