Moderatori: DocFlipperino, DottorMalatesta, Maugham
Con il pubblico e con molti direttori artistici (per non parlare poi di larga parte della critica del tutto analfabeta in materia) siamo ancora a allestimento tradizionale/allestimento d'avanguardia. Avanguardia......
E comunque sono convinto che tu non faccia tutta questa analisi solo per dire "ve l'avevo detto!"
quella sera alla Scala mi raggiunse un noto frequentatore del teatro che si mise quasi in ginocchio in mezzo alla platea e, spiccando le parole con fare puntuto e un po' insofferente, di fronte ai miei apprezzamenti mi disse: "Allora, visto che per te è così bravina perchè non vai in camerino e le chiedi se per la fine ci farà ascoltare almeno una nota?"
Prendi l'esempio di Wernicke. Io ho visto il Boris, La Calisto, Orfeo all'inferno, il Giulio Cesare e i Troiani. Dopo il Boris io non avrei mai detto che uno così serioso, politicamente impegnato, potesse cavare qualcosa di buono da Orfeo. E invece...
Certo, non vedo Chereau che mi allestisce un'Italiana però non puoi mai dire. Invece se Kaufmann o Cura ti chiedono di fare Lindoro li guardi come se fossero pazzi.
Relazionarsi con gli artisti è qualcosa di più alto del tipo "signora cosa vorrebbe cantare?" Significa entrare in contatto con loro, saggiarne i limiti, esplorarne le possibilita umane e tecniche, ridimensionarne gli entusiasmi e solleticarne la curiosità. Nel tuo caso il problema non era la Jones. Era il direttore artistico che non ha saputo valutare la bontà del sogno nel cassetto.
Ma vorrei dirti che le televisioni satellitari, salvo grandi eventi, sono pagate per trasmettere gli eventi.
Sai perchè ho pensato a lui?Perchè ho rivisto da poco la sua Rusalka. E anche la sua Turandot (che non c'entra con la Beatrice). Però che idea, una Pechino tutta macchine governata da un computer di cui Turandot è la scheda madre. Con quella citazione di Hal di 2001...
Secondo me non c'era nessuna ricostruzione storica da parte di Chereau. Si è limitato a trasporre sullo schermo la Parigi falsa di Dumas (ma affascinante più di quella vera) che è piena di sangue, lussuria e ignominia.
Alberich ha scritto:Augurissimi (in ritardo...)!
beckmesser ha scritto:Sono completamente d’accordo su questo. Il problema di Marthaler è quello di tanti registi non cresciuti a pane e opera: ossia quello di appiccicare le proprie idee (spesso interessanti) SULLA drammaturgia dell’opera (intesa come mix testo-musica), anziché farle nascere DA quella. Quando ciò si applica ad opere in cui la forma è fondamentale (Mozart, ma anche il repertorio italiano dell’800), spesso sono dolori: su opere come Wozzeck, il gioco riesce meglio.
Maugham ha scritto:Il problema sta nelle regie a tesi. Già funeste nella prosa (ma passi! ). Invece disastrose all'opera.
Perchè è un genere che ha talmente tanti codici espressivi mutevoli e differenti (in confronto alla Norma il Lear può apparire modimensionale) da creare subito forzature che vengono lette nella peggiore delle ipotesi come semplici provocazioni.
beckmesser ha scritto:Ovviamente, questo modo di procedere lo ha potuto perseguire solo perché ha scelto con giudizio i titoli ai quali poteva adattarlo e sui quali la sua “tecnica” funzionava. Avesse fatto, che so, Traviata (ammesso che non l’abbia fatta…), credo che i risultati sarebbero stati ben diversi…
Maugham ha scritto:Il problema sta nelle regie a tesi. Già funeste nella prosa (ma passi! ). Invece disastrose all'opera.
Perchè è un genere che ha talmente tanti codici espressivi mutevoli e differenti (in confronto alla Norma il Lear può apparire modimensionale) da creare subito forzature che vengono lette nella peggiore delle ipotesi come semplici provocazioni.
E' l'errore in cui incorrono molti registi soprattutto in area tedesca dall'immenso talento quali Schlingensief, Jossi Wieler e a volte Kusej.
Chéreau non ha fatto Traviata (guai al mondo!!!! un'opera così borghese! Ci avresti visto Boulez o Abbado a dirigerla?), ma ha ugualmente trovato il modo di scivolare ripetutamente su Mozart (il famoso Lucio Silla "del muro", il Don Giovanni di Salisburgo, il Così fan tutte di Aix).
E tuttavia, io credo che se una regia è bella, non sarà un difetto l'avere a monte una visione forte, originale, coerente.
Maugham ha scritto:Be' Mat, io non riesco a essere così categorico.
Secondo me Traviata poteva venir fuori anche bene.
Uno che riesce a montare con tale virtuosismo la scena dei Ghibicungi poteva anche muoversi con agio nei salotti verdiani.
Poi magari mi sbaglio e avrebbe fatto morire Violetta anzichè nel pieno del Carnevale durante uno sciopero alla Renault...
Vedi, tu nella regia distingui contenuti da tecnica.
Per me invece sono inscindibili.
roba, per capirci, con tecnologia da Cirque de Soleil. Non avevo mai visto niente dal vivo ...
In cinque ore di musica non c'era praticamente niente che stesse fermo in scena. E non ho sentito nemmeno una quinta che frusciasse....
Quella davvero era una regia che disturbava la musica!
Be', Willy, che siano "scindibili" lo dimostra il fatto che possono essere (anzi, necessariamente sono) realizzati in fasi diverse.
E, naturalmente, il fatto che possono essere concepiti l'uno autonomamente dall'altro.
Lo dimostra il fatto che spesso un regista si fa affiancare da un "drammaturgo", a cui è affidato il compito proprio di formulare una "lettura" di un testo, a cui poi il regista fornirà le immagini.
La sua efficacia consisterà non nelle idee che esprime, ma nel come le realizza usando le tecniche e le strategie del codice con cui ha scelto di esprimersi.
A mio parere l'errore capitale che ha commesso la critica (e che continua impunemente a commettere) nei confronti della regia dell'opera è stato proprio quello di lasciarsi abbindolare dai contenuti, forse perché i nostri critici non dispongono degli sturmenti critici necessari a giudicare una regia per ciò che più conta: ossia il suo "essere regia" (e non libro, saggio, trattato, ecc...).
Perché un contenuto non fa una regia.
La tecnica operistica è fatta di incastri e contrappunti tra immagine e suono, di abile gestione di quel potenziale clamoroso che l'accostamento musica-visione può sprigionare.
La tecnica operistica è una narrazione senza parole, è un incastonare l'azione nel tempo della musica, un dialogare continuo fra emozioni suggerite dai suoni ed emozioni suggerite da immagini.
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