teo.emme ha scritto:Ecco, per sgombrare il campo da equivoci e fraintendimenti chiarisco subito che per me (ovviamente è mio parere personale) il "dramma musicale" wagneriano non ha alcuna supremazia estetica o strutturale sul belcanto e sul melodramma.
(cut)
Lasciando perdere queste premesse voglio ritornare al tema
Ma Teo.Emme,
Tu non hai affatto lasciato perdere queste premesse!!!!
Ti ci sei dilungato sopra per almeno dieci righe!
E questo, scusa se mi permetto, è estremamente significativo del pregiudizio che ti porti dietro.
Tu rintuzzi una tesi (quella che vorrebbe Wagner su un piedistallo rispetto a quella roba dozzinale e schifosa che è l'opera italiana) che nessuno qui ha mai difeso!
E nell'affermare, a cappello della tua risposta, che questa supremazia non esiste e che respingi questo pregiudizio (che nessuno di noi ha mai avuto), tu fai capire benissimo quale è il TUO pregiudizio.
Mentre noi parlavamo solo di un dato tecnico (la difficoltà di cantare Wagner con un direttore che non sa dirigere), tu stavi facendo la solita battaglia contro i fantasmi cellettiani di "hegeliani" e "idealisti" morti e sepolti da decenni.
Vedi, Teo.Emme,
Quando Celletti, quaranta anni fa, parlava di "bidelli del walhalla" o di estetologi hegeliani e idealisti, lo faceva perché aveva di fronte a sè un bel po' di "sopravvissuti" propugnatori (allora!) di questa estetica.
Ma tu?
Chi sono i tuoi "bidelli del Walhalla" (visto che freudianamente citi questa definizione?)
Ma lo sai che la non-superiorità di Wagner rispetto al resto del repertorio è già stata affermata
nei primi anni '70 nella stessa Bayreuth, all'atto della costituzione della nuova fondazione?
Non sai che fu proprio l'allora ministro della cultura tedesca a dichiararlo all'inaugurazione della nuova istituzione?
Sono passati QUASI QUARANT'ANNI DA ALLORA!!!
Già... queste cose nei libri di Celletti e nei conciliaboli dei suoi stanchi esegeti non sono citate!
Uff... Non sarebbe il caso, secondo te, di concentrarsi sui problemi (ad esempio quello della difficoltà di cantare Wagner senza un direttore adeguato) invece di trasformarli in battaglie ideali, specie se si tratta di battaglie non nostre, ma semplicemente ereditate?
Che ne dici?
è oggettiva la maggiore importanza data all'orchestra (ed è ovvio, dato il suo ruolo evocativo, col sistema dei leitmotive) rispetto ai cantanti, che da protagonisti vengono in parte declassati a parti di un insieme. Però proprio questo nuovo ruolo dato all'orchestra, ricco di suggestioni sinfoniche (non dico ovviamente che l'orchestra di Wagner è sinfonica, sarebbe una fesseria), ha fatto sì che si inaridisse il rapporto tra palco e buca. Una volta risolto il problema orchestrale, metà dell'opera è fatta.
Il fatto che con Wagner l'orchestra abbia aumentato il suo ruolo, non significa affatto che i cantanti abbiano visto ridotto il loro.
Al contrario, ad essi è richiesto moltissimo, e dal punto di vista strettamente musicale è richiesto mille volte di più che ai cantanti d'opera tradizionali (lo sai che a Vienna non poterono allestire il primo Tristano, perché dopo un anno di prove il primo tenore del luogo - grande rossiniano - non era stato in grado di imparare la parte?).
I cantanti wagneriani devono ad esempio far fronte a una complessità armonica che nelle opere italiane non esiste: qualunque tema italiano è canticchiabile, mentre Wagner non lo si canticchia. Il cangiare armonico costante, l'assenza di un melodizzare facile mette il cantante alla frusta.
Prova a far cantare a qualcuno il Liebestod: il tema è sempre quello, ma dopo qualche battuta (senza l'orchestra sotto) diventa difficilissimo seguire le volute dell'armonia.
Baterebbe questo (oltre all'esempio del Liebestod della Meier, rovinato da Baremboim) per far capire l'importanza di un direttore capace.
Prendi l'ultima Stuarda scaligera: lì un pessimo direttore ha completamente frainteso l'opera, non è stato in grado di sostenere i cantanti di cui disponeva (parlo soprattutto della Lungu, assai più convincente della Devia, ma che ha sofferto una direzione alla sua voce inadeguata, smollata e lenta, che più volte l'ha fatta sbandare).
Capirai gli esempi che citi! eheheh...
La Lungu e la Devia! Siamo a posto.
Se anche ci fosse stato Karajan, quelle sarebbero rimaste la Lungu e la Devia.
Infine su Tristan, ribadisco quel che ho scritto, che ti piaccia o no la parte di Rodrigo, o di Pirro o di chi vuoi è molto pù difficile tecnicamente, per tessitura, agilità, colorature etc.... che mi spiace per te, sono le difficoltà del canto, e visto che il Tristano è un'opera, con il canto ha a che fare.
Oh poveri noi!
Poiché il Tristano ha "a che fare col canto", si giudicano le sue difficoltà sulla base di trilli e volanti e altri obbiettivi meramente belcantistici?
Scusa Teo.Emme, ma con questa frase tu ci confermi la tua totale non-comprensione del problema.
Sei come uno che si intende solo di balletto classico e pretende che anche la Boxe si faccia con la stessa tecnica e lo stesso allenamento di un ballerino classico (tanto anche la boxe ha a che fare col movimento corporeo, no?)
E quindi... ma quante piroette deve fare il boxeur?
Nessuna????
E quanti fouettés? Quante glissades?
Nessuna?
Allora il lago dei cigni è più difficile di un incontro di pugilato.
Bene! Proviamo a metterci Bolle al prossimo incontro per il titolo mondiale di pesi massimi!
Questo esempio spero possa farti finalmente capire il tuo errore.
Il pugilato richiede tanto allenamento, e altrettanto ne richiede il balletto classico.
Ma saranno due tipi di allenamento radicalmente diversi perché devono servire a risolvere problemi radicalmente diversi, inconciliabili fra loro.
Il fatto che un wagneriano non saprebbe fare trilli e volatine come un belcantista è vero, perché ha ben altri problemi da affrontare e da risolvere.
Problemi di fronte ai quali un rossiniano finirebbe in briciole dopo dieci minuti di opera (dieci minuti, non cinque ore).
Il Wagneriano ha la "parola" cantata da conquistare: la deve esplorare, valorizzare, colorare.
E questo è mostruosamente difficile.
Perché non basta sbattere tutto lassù, nella maschera, come farebbe una Sutherland, per conseguire una bella "uh" omogenea e sempre uguale.
Eh, no!
Occorre cercare nella faccia, insinuare il suono in ogni possibile cavità, fino a produrre diecimila colori diversi, e produrli a qualsiasi altezza, a qualsiasi intensità.
E lo deve fare per centinaia di migliaia di parole.
Perché qui non ci saranno sopracuti o agilità a svegliare l'interesse dell'ascoltatore.
Tutto sarà affidato alla parola, alla parola cantata.
Ma questo non basta... è già atrocemente difficile, ma non basta.
Se bastasse, anche una Von Otter (colorista disumana) potrebbe cantare Wagner.
E invece il Wagneriano ha anche di fronte a sè un muro sonoro, quello dell'orchestra, che va penetrato, al quale occorre integrarsi nota per nota, suono per suono, respiro per respiro.
E quindi va superato, per far arrivare ogni singolo, infinitesimo colore alle orecchie di chi ascolta.
Quindi colorismo caleidoscopico, valorizzazione infinitesima della parola, proiezione nella e oltre l'orchestra.
E' già incredibile, ma non è ancora finita.
Resta da fare un discorso "quantitativo".
Già... infatti le opere di wagner durano ore e ore.
E tutto ciò che è richiesto ai cantanti wagneriani, deve poter essere fatto per tempi interminabili.
Quindi, oltre a tutti i problemi già evidenziati, abbiamo anche quello della resistenza fisica, che andrà dosata con un controllo terrificante, una millimetrica attenzione, fino alle alle ultime risorse possibili del corpo umano.
Quella del cantante Wagneriano è una delle più grandi fatiche possibili.
E il tipo di tecnica che gli è richiesta - quella DECLAMATORIA - è una delle più faticose, raffinate e impegnative che esistano, una di quelle che reclamano un allenamento e una ricerca tecnica senza fine.
Ed è questa la ragione per cui i "veri" cantanti wagneriani sono sempre stati pochissimi e ancora meno i "veri" direttori, che tutto questo riescano a capirlo.
Salutoni
Mat