Fruizione e sistemi semantici

problemi estetici, storici, tecnici sull'opera

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Re: Sills/Sutherland

Messaggioda MatMarazzi » mer 20 giu 2007, 1:37

Riccardo ha scritto:Florez, anche se canta il "Cessa", non costruisce un personaggio eroico e protagonistico, ma segue il filone di Alva e compagnia.
!


8)
Grazie Ric.
Hai fatto un esempio di "contestualizzazione" assolutamente encomiabile.
Proprio quello che, nell'altro thread, cercavo di dimostrare.

Nel giudicare Blake e Florez tu parli da fruitore d'opera estremamente competente: infatti contestualizzi tutto.
tu conosci la tradizione (passate e presente) e la applichi per giudicare un'interpretazione.

Sei tu che tiri in ballo Alva. Nessuno te l'ha chiesto.
E che c'entra Alva?
Ma non hai appena detto che ascolti Florez e Blake a confronto diretto, sincronico, l'uno accanto all'altro? come se tutto il resto (quello che io chiamo "contestualizzazione") non esistesse?
E allora che c'entra Alva?

Inoltre rimproveri a Florez di non essere eroico e protagonistico.
Mentre affermi che Blake era eroico e protagonistico.
Be' ti fonderai su qualche elemento, spero, per lanciare un simile giudizio!!!
E dunque su quali elementi ti fondi?
Su suoni...
I suoni dell'uno e i suoni dell'altro.
Suoni a cui tu (noi, gli stessi Florez e Blake) attribuisci un certo significato.

Evidentemente tra i suoni di Blake ce ne sono alcuni che "evocano" (alludono, suggeriscono) l'idea dell'eroismo.
Mentre tra i suoni di Florez ce ne sono alcuni che *non* evocano la stessa idea.
Quindi - è indiscutibile - ci sono suoni che servono (oggi) per comunicare l'idea dell'eroismo.

Bene! Ora ti faccio un'altra domanda.
Tu credi davvero che un suono debba per forza avere un solo significato?
Non credi che il rapporto possa modificarsi nel tempo?
Sei proprio sicuro che quei suoni (di Blake e di Florez), quei particolari suoni che evocano o non evocano (per noi oggi) l'eroismo, potranno evocare (o non evocare) l'eroismo anche fra cinquecento anni?
Non pensi che forse, fra cinquecento anni, si comunicherà l'eroismo (vocalmente parlando) in modo diverso?
Non pensi che i nostri pro-pro-pro nipoti, quando ascolteranno Florez, possano anche non godere della tua capacità di riconoscere immeditamente l'anti-eroismo dei suoni di Florez?
Non trovi che sarebbe assurdo e scandaloso che loro, i nostri pro-pro-pro nipoti, ascoltassero il barbiere di Florez (senza aver mai sentito nè Alva, nè Blake) e pontificassero sulla grandezza, sull'originalità e magari sull'eroismo di Florez?
Io sì.
Non ho difficoltà a permettere loro di "divertirsi" ascoltando Florez e basta.
Però che non si sognino di giudicare il valore, l'originalità, la grandezza di Florez, perché altrimenti il mio fantasma andrebbe di notte a tirare loro i piedi.
Se vogliono provarci dovranno prima cercare di capire "cosa" Florez voleva dire: e per farlo dovranno contestualizzare.
Non c'è altra strada.

Salutoni,
Matteo
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Re: Sills/Sutherland

Messaggioda Riccardo » mer 20 giu 2007, 20:41

MatMarazzi ha scritto:Bene! Ora ti faccio un'altra domanda.
Tu credi davvero che un suono debba per forza avere un solo significato?
Non credi che il rapporto possa modificarsi nel tempo?

Certo, è possibile. In questo caso, ed entro nella tua ottica, sarebbe meglio che non esistessero testimonianze sonore, perché per assurdo sarebbero più attendibili i commenti e le impressioni dei contemporanei dei due artisti, mentre gli ascolti potrebbero essere fuorvianti. :D

Però...però...sta di fatto che i nostri pro-pro nipoti a teatro Blake e Florez non li potranno più sentire. A loro interesseranno i cantanti del loro presente, che loro valuterano con la loro sensibilità.
Blake e Florez apparterranno alla storia e nessuno studioso serio potrà sognarsi di sbagliarne la collocazione e confonderne i rispettivi meriti.

Il problema effettivamente sorgerebbe nel momento in cui loro ascoltassero i dischi e traessero conseguenze diverse dalle nostre, perché appartenenti ad un'altra epoca.
Beh Matteo, credo che sarebbe legittimo.
Perché una contestualizzazione può essere fatta a livello di studio, ma non di fruizione. La sensibilità di un'epoca diversa dalla propria si può studiare, capire, comprendere, ma non sentire.
Lo studioso del futuro potrà capire come stavano le cose nel 2007, ma sentirà e si emozionerà secondo la sensibilità del suo tempo. E se Blake e Florez, secondo quei canoni, avranno ruoli invertiti come tali se li prenderanno e ne trarrano giovamento. Se invece non conteranno più nulla, beh, troveranno il loro posto tra i libri di storia in proporzione al merito del loro contributo, ma di loro non vi sarà traccia tra gli ascolti quotidiani degli appassionati!

Ma ho ancora un'obiezione da farti: sei sicuro che nell'ambito di un tempo la sensibilità sia unica e comune a tutti i luoghi e culture? E secondo quali di essi o esse vanno contestualizzate le intepretazioni?
In Italia vediamo le cose in un modo, in Francia in un altro.
Per non parlare poi le differenze tra le varie tipologie di pubblico!

A livello di ricerca storica la tua procedura d'indagine secondo me non fa una piega, anzi la trovo incredibilmente rigorosa, entusiasmante e sorprendente.
Ma quando parliamo di presente, la sensibilità è la nostra personale! Io non riesco a sentire con la sensibilità di un'altra epoca, mi posso esclusivamente emozionare con la mia, che nemmeno è detto debba essere omogenea rispetto alle altre del mio tempo! Non tutti desumono quello che desumiamo noi ascoltando Blake e Florez ad esempio...

Ed è per questo che a volte, per esprimere giudizi con attendibilità storica, preferisco aspettare che passino gli anni (ed è per questo che è più facile dare un giudizio storico su Blake che non su Florez, che ancora deve finire di dire la sua).
Di ogni interpretazione, di ogni artista tu vuoi stabilire subito il posto nella storia e sei molto bravo nel farlo, ma non pensi che questo ti costringa a rinunciare ad una parte del divertimento? :(

Un salutone,
Ric
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Messaggioda MatMarazzi » gio 21 giu 2007, 21:15

Riccardo ha scritto:In questo caso, ed entro nella tua ottica, sarebbe meglio che non esistessero testimonianze sonore, perché per assurdo sarebbero più attendibili i commenti e le impressioni dei contemporanei dei due artisti, mentre gli ascolti potrebbero essere fuorvianti. :D
.

Falso! :)
Io non affermerei mai l'inutilità dei dischi.
Le impressioni dei contemporanei sono utili, perché ci permettono di associare a un segno sonoro un detrminato significato.
I dischi ci preservano proprio i "segni".

Però...però...sta di fatto che i nostri pro-pro nipoti a teatro Blake e Florez non li potranno più sentire. A loro interesseranno i cantanti del loro presente


Ancora falso!
I dischi di Caruso e di Cortot sono ancora in commercio.
In questo forum trovi almeno tre persone (anche Gianluigi e Roberto) che coltivano la vera e propria passione per i dischi d'epoca.
Lo stesso si farà fra cinquecento anni, perché - per fortuna - l'uomo non vuole smarrire la sua identità e cercherà sempre di decifrare e comprendere le grandi opere del passato.
Per faticoso che sia!

Blake e Florez apparterranno alla storia e nessuno studioso serio potrà sognarsi di sbagliarne la collocazione e confonderne i rispettivi meriti.


Per studioso intendi il freddo, insensibile raziocinante (tipo dottor Spok di Star Trek, serie classica?)
Da contrapporsi, ovviamente, al puro fruitore roussoniano che non sa nulla ma gode lo stesso del canto dell'uccellino e dei colori del bosco?
Secondo me, fra cinquecento anni ci saranno ancora tanti che ascolteranno Florez e Blake semplicemente per diletto (come noi oggi leggiamo ancora Saffo e Platone).
E ne godranno anche emozionalmente (come noi oggi godiamo anche emozionalmente di Saffo e Platone).
Certo, a patto che facciano lo sforzo di imparare a decifrare la loro lingua e di capire qualcosa del loro mondo.
Proprio come noi facciamo con Saffo e Platone.

Perché una contestualizzazione può essere fatta a livello di studio, ma non di fruizione.


Santa pazienza!
Ancora questa storia! Il dottor Spok (l'arido scienziato vulcaniano) contro il passionale McCoy.
Vedi Ric: un oggetto artistico è un complesso di segni organizzati: i suoni nella musica, i colori e le linee nella pittura, le parole nella letteratura.
Il segno, di per sè, non è emozionante: un giallo non è emozionante, una certa frequenza sonora non è emozionante, una parola finlandese non è emozionante (se non conosci il finlandese).
Il segno emoziona nel momento in cui è associato a un significato.
Non è possibile fruire emozionalmente di un'opera se non compi l'atto razionale di associare un segno a un significato.

Certo che devi studiare, buon Dio. Ci mancherebbe!!!
Per "emozionarti" di fronte a una poesia di Leopardi o di Ungaretti devi studiare per anni.
E allo stesso modo per emozionarti di fronte a un disco di Emma Calvé devi prima aver fatto le tue belle migliaia di ascolti.

La sensibilità di un'epoca diversa dalla propria si può studiare, capire, comprendere, ma non sentire.


Qualunque sistema semantico (di qualsiasi epoca o latitudine) si può studiare.
Noi studiamo le lingue straniere; per difficile che sia ci si arriva.
Non perfettamente come un madre-lingua (ok) ma almeno possiamo arrivare a leggere un libro e seguire un film MEGLIO di chi non le ha mai studiate.
Siamo in grado anche di studire le lingue di diecimila anni fa; studiamo i codici delle civiltà più remote.

Anche la nostra lingua madre non l'abbiamo appresa geneticamente! Abbiamo studiato anche quella, fin da quando siamo nati.

Tutti i sistemi semantici sono virtualmente "studiabili".
Siano quelli linguistici; siano quelli tecnici; siano quelli "artistici".
So già la tua risposta: ma non sarà mai come essere vissuti là e averli imparati all'interno del contesto.
Bubbole!!
:)
Anche nel 500 non tutti sapevano decifrare le allegorie di una pittura manierista. Non tutti sapevano valutare la raffinatezza dell'artista di fronte a un problema di prospettiva o di anatomia umana.
Come tutti i sistemi semantici, anche questo andava studiato.
E lo si poteva studiare allora come oggi.

Probabilmente io, Roberto e Gianluigi ne sappiamo di più (dei segni vocali del cantante d'opera dei primi del secolo) di tutta la gente che - all'epoca -non andava all'opera e non aveva i soldi per comprarsi i dischi.

E comunque, anche ammettendo che un sistema semantico non potrà mai essere dominato al 100 per cento (specie in epoche e contesti diversi), è pur sempre meglio conoscerlo al 50 % che non conoscerlo affatto.
Io almeno, se ascolto un disco di Caruso, posso sperare di arrivare a capire almeno il 10% di quello che intendeva dirmi!
Meglio che non capirci nulla!

sei sicuro che nell'ambito di un tempo la sensibilità sia unica e comune a tutti i luoghi e culture? E secondo quali di essi o esse vanno contestualizzate le intepretazioni?
In Italia vediamo le cose in un modo, in Francia in un altro.
Per non parlare poi le differenze tra le varie tipologie di pubblico!


Per risponderti vado ancora all'esempio linguistico.
Anche la lingua italiana varia a seconda della regione, del registro che si usa, del livello culturale degli interlocutori, dell'epoca...
Come ogni sistema semantico, anche la lingua italiana si porta dietro un'infinita gamma di varianti e ambiguità, ma VIVADDIO c'è comunque una bella differenza tra il parlare e non parlare l'italiano.
Non puoi affermare che per leggere Manzoni "è inutile studiare l'italiano perché tanto su qualche parola o concetto è inevitabile l'ambiguità!"
Se non conosci l'italiano sarà comunque peggio! Capirai ancora meno!

Non tutti desumono quello che desumiamo noi ascoltando Blake e Florez ad esempio...


Uffa... :)
Secondo te quando gli spettatori di tutto il mondo videro al cinema Sharon Stone accavallare le gambe e mostrare, sotto il tailler, quel che non dovrebbe essere mostrato, ce ne fu qualcuno che interpretò il segno come pietà religiosa e umile devozione?
E' vero, Ric, che a un segno si possono associare più significati.
E se vogliamo parlarne sono contento: è un argomento affascinante e ricco di implicazioni.
Ma dobbiamo anche essere seri, Ric.
Questa molteplicità si circoscrive a un ambito limitato; altrimenti non esisterebbero sistemi semantici condivisi!
Il mondo sarebbe una babele dove non è più possibile comunicare.

io credo che non ci sia nessuno tra gli ascoltatori d'opera di qualsiasi nazionalità (nemmeno tra gli incondizionali di Florez) che troverebbe dell'eroismo nel suo "Cessa di più resistere".
Forse qualcuno che non ha mai ascoltato un disco d'opera e dunque non fa testo (essendo al di fuori dell'insieme semantico).

Di ogni interpretazione, di ogni artista tu vuoi stabilire subito il posto nella storia e sei molto bravo nel farlo, ma non pensi che questo ti costringa a rinunciare ad una parte del divertimento? :(


Come ho già detto, Ric, è proprio chi non lo fa che non si diverte.
La fruizione emozionale deriva dalla capacità di decifrare i segni.
Esattamente come tu fai con Blake.
L'hai detto tu che non apprezzi i cantanti d'epoca.
E sai perchè? Non perché fossero tutti meno bravi della Baltsa o di Blake.
Ma semplicemente perché non sai decifrarli.
Provaci, dedicatici e vedrai quante emozioni!

Salutoni,
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Messaggioda VGobbi » ven 22 giu 2007, 21:02

MatMarazzi ha scritto:Provaci, dedicatici e vedrai quante emozioni!

Dalla teoria alla pratica, un povero provetto ed assolutamente autodidatta in cui non voglia svolgere nessun tipo di corso o lezioni private, che tipo di percoso dovrebbe fare? Credo sarebbe assai interessante da parte tua, saperci consigliare qualche testo, rivista etc ... (rigorosamente in italiano). Credo che non sarei l'unico a renderti grato.
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Messaggioda Riccardo » sab 23 giu 2007, 0:43

MatMarazzi ha scritto:I dischi di Caruso e di Cortot sono ancora in commercio.
In questo forum trovi almeno tre persone (anche Gianluigi e Roberto) che coltivano la vera e propria passione per i dischi d'epoca.
Lo stesso si farà fra cinquecento anni, perché - per fortuna - l'uomo non vuole smarrire la sua identità e cercherà sempre di decifrare e comprendere le grandi opere del passato.
Per faticoso che sia!

I dischi per me sono un mezzo meraviglioso e incredibile, ma sono altra cosa dall'ascolto in teatro. Quello può essere dato soltanto dagli artisti della propria epoca purtroppo.

Per studioso intendi il freddo, insensibile raziocinante (tipo dottor Spok di Star Trek, serie classica?)
Da contrapporsi, ovviamente, al puro fruitore roussoniano che non sa nulla ma gode lo stesso del canto dell'uccellino e dei colori del bosco?

Non ho detto questo, ma ho detto che quando fruisco della musica, questo avviene senza filtri della ragione. O comunque senza filtri consapevoli.
La ragione subentra in un secondo tempo e mette ordine tra le sensazioni, capisce e colloca storicamente i fatti secondo logica.

Il segno emoziona nel momento in cui è associato a un significato.
Non è possibile fruire emozionalmente di un'opera se non compi l'atto razionale di associare un segno a un significato.

Su questo non sono d'accordo Mat. L'atto razionale è indispensabile per la lettura di un testo o di un messaggio codificato.
Ma se sento una cadenza sulla tonica, o d'inganno, ho una senzazione di perfezione in un caso, nell'altro rimango in sospeso. Se sento una modulazione particolare posizionata ad un certo punto mi vengono i brividi per la circostanza.
Ma non perché ho studiato armonia (quella l'ha studiata il compositore!), perché il mio corpo risponde istintivamente - ma secondo certe regole piuttosto costanti - agli impulsi sonori.

Certo che devi studiare, buon Dio. Ci mancherebbe!!!
Per "emozionarti" di fronte a una poesia di Leopardi o di Ungaretti devi studiare per anni.
E allo stesso modo per emozionarti di fronte a un disco di Emma Calvé devi prima aver fatto le tue belle migliaia di ascolti.

La nostra armonia ci dice qualcosa perché siamo stati immersi fin da piccoli in un certo brodo culturale... Popoli di altri paesi non intenderebbero la nostra musica allo stesso modo. Per la musica è questione di brodo culturale in cui si nasce, non tanto di studio ragionato in un secondo tempo.

Anche la nostra lingua madre non l'abbiamo appresa geneticamente! Abbiamo studiato anche quella, fin da quando siamo nati.
L'abbiamo studiata a posteriori, ma l'abbiamo prima assimilata in modo irrazionale o inconsapevole.

Come ogni sistema semantico, anche la lingua italiana si porta dietro un'infinita gamma di varianti e ambiguità, ma VIVADDIO c'è comunque una bella differenza tra il parlare e non parlare l'italiano.
Non puoi affermare che per leggere Manzoni "è inutile studiare l'italiano perché tanto su qualche parola o concetto è inevitabile l'ambiguità!"
Se non conosci l'italiano sarà comunque peggio! Capirai ancora meno!

Vedi, la differenza sta solo nel fatto che io penso che la musica rispetto alle altre arti o discipline umane abbia una componente emotiva, irrazionale, che le altre non hanno. La musica suscita subito un'emozione, e solo in un secondo tempo viene vagliata dal punto di vista razionale e se ne scoprono i meccanismi.
Si scopre che la tal combinazione suscita il determinato effetto all'orecchio umano. Poi, certo, d'accordo con te nel dire che a parità di suoni gli effetti cambiano con il trascorrere delle epoche.

Secondo te quando gli spettatori di tutto il mondo videro al cinema Sharon Stone accavallare le gambe e mostrare, sotto il tailler, quel che non dovrebbe essere mostrato, ce ne fu qualcuno che interpretò il segno come pietà religiosa e umile devozione?

No, certo che no!
Quello che voglio dire io però è che se un'altra attrice avesse fatto così dieci anni dopo di lei (come magari è successo, non lo so) e qualcuno l'avesse vista senza sapere di Sharon Stone, avrebbe avuto la stessa impressione di chi aveva visto la prima occasione!
È un po' quello che ha detto Vittorio sulla stagione della Scala: tu vedi la chiamata della Silja Sagrestana come una scelta irrilevante sul piano dell'interesse internazionale (e lo è, visto che la Scala si è dimostrata veramente il fanalino di coda su scala mondiale), ma per lui che non l'aveva mai vista è stata una grande cosa!
Ovvio che il corretto giudizio storico lo dai tu, ma esiste anche una realtà presente data dall'attimo in cui si fruisce la musica, che è immensamente appagante e sganciata da procedure razionali.

E' vero, Ric, che a un segno si possono associare più significati.
E se vogliamo parlarne sono contento: è un argomento affascinante e ricco di implicazioni.
Ma dobbiamo anche essere seri, Ric.
Questa molteplicità si circoscrive a un ambito limitato; altrimenti non esisterebbero sistemi semantici condivisi!
Il mondo sarebbe una babele dove non è più possibile comunicare.
D'accordissimo su questo.

MatMarazzi ha scritto:
Riccardo ha scritto:Di ogni interpretazione, di ogni artista tu vuoi stabilire subito il posto nella storia e sei molto bravo nel farlo, ma non pensi che questo ti costringa a rinunciare ad una parte del divertimento? :(

Come ho già detto, Ric, è proprio chi non lo fa che non si diverte.
La fruizione emozionale deriva dalla capacità di decifrare i segni.
Esattamente come tu fai con Blake.

Ma Matt io non ho detto che non lo faccio! La differenza sta nel farlo subito oppure a posteriori. Prima io Blake l'ho sentito e mi ha entusiasmato, dopodiché, e impiegandoci anche diverso tempo, ho cercato di capire perché facesse questo effetto! E scoprirlo è stato interessantissimo e divertente.
Se non contasse in modo determinate il momento irrazionale della fruizione, potremmo combinare e gestire i cast delle opere sulla carta e rimanerne soddisfatti ed appagati senza vederne le rappresentazioni. Il processo razionale sarebbe già tutto lì senza necessitare di prove empiriche.
Prove che infatti, se ti conosco un po', tu ami fare una sola volta.
Nel mio caso invece gli spettacoli che trovo appaganti li vedo volentieri anche per più recite, appunto rinnovando il momento (sfuggente per la musica) della fruizione.

L'hai detto tu che non apprezzi i cantanti d'epoca.
E sai perchè? Non perché fossero tutti meno bravi della Baltsa o di Blake.
Ma semplicemente perché non sai decifrarli.
Provaci, dedicatici e vedrai quante emozioni!

Io invece penso di non riuscire molto a capirli perché, semplicemente, non posso fruirne. Mi manca il primo passo dei due che ti ho scritto più sopra. Rimane il momento della ragione, certo, ma non ho sufficiente appoggio emozionale per diventarne matto.

Guarda Matteo, una delle cose che più mi fanno arrabbiare è arrivare ad apprezzare degli artisti che non posso più sentire con le mie orecchie, che non potrò mai fruire in prima persona, dal vero.
Quelli che non posso fruire nemmeno per finta, a causa della qualità sonora difficoltosa o in sostanza troppo dissimile dall'ascolto dal vivo, non riescono ad entusiasmarmi nonostante possa comprenderne (soltanto con la ragione) le caratteristiche. Ma a quel punto, davvero, non passa troppa differenza tra lo studio di un testo, l'approccio verso un pezzo di musica o l'apprendimento del funzionamento di un frullatore!

Spero che non ti pesino queste dissertazioni...:roll:

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