Gobbi, precisamente Scarpia. Di incisioni ve ne sono a bizzeffe. Per comodita' cito la classica, quella in studio prodotta dalla Emi con un cast all star, pure nei ruoli comprimari (Calabrese, Luise, Mercuriali), sotto la guida in stile
neorealista di un ispiratissimo De Sabata. Non mi soffermo sull'interpretazione di Di Stefano, ne' tantomeno della Callas per il semplice motivo che l'anima pulsante di questo dramma pucciniano e' Scarpia. De Sabata porta sugli altari, dona inusitato spessore al barone, primo vero ed importante ruolo baritonale tratteggiato da Puccini, lasciando in ombra una personalita' del calibro della cantante greca ed un tenore estroverso e solare qual'e' il tenore siciliano. Il baritono di Bassano del Grappa coglie al volo l'occasione offerta dalle lettura sabatiana, tratteggiando uno Scarpia dalle molteplici facce. Autoritario nelle vesti ufficiali (la sua entrata in chiesa con il suo terrificante e sconvolgente "Un tal baccano in chiesa ..."). Ipocrita, falso, lecchino nelle occasioni di forte e racchiusa intimita' (cos'e' la sua scena in chiesa con l'attrice Floria, ad esempio il mellifluo ed insinuante "Tosca divina, la mano mia ..."). Violento, volgare, repellente in un rapporto quasi sadomasochistico con la partner (la scena del ricatto : "Se la giurate fede debbo tradirvi ..."). Voi non trovate nulla di questo nell'interpretazione di Gobbi, se non un barone sciatto, che ricorre ad espedienti da guardarobato?
Cio' non toglie che altri Scarpia che avete citato, sono veri autentici baluardi della storia dell'interpretazione discografica e non. Ma il punto di partenza parte da Bassano del Grappa, volenti e nolenti ... D'altronde e' uno dei rarissimi casi in cui la critica togata e' del tutto concorde sulla qualita' di questa Tosca
gobbiana.