Don Giovanni (Mozart)
Inviato: ven 02 nov 2007, 19:37
Ho appena terminato l’ascolto dell’ultima fatica discografica di René Jacobs: il Don Giovanni. Attendevo questa incisione, dopo l’ascolto delle precedenti esperienze mozartiane che, lungi dal diventare edizioni di riferimento, erano però assai piacevoli all’ascolto e straordinariamente convincenti. Questo Don Giovanni è, invece, la dimostrazione che non tutte le ciambelle escono col buco e che, anzi, a volte le suddette ciambelle bruciano nel forno e diventano immangiabili (chiedo venia per il paragone gastronomico).
Voglio subito premettere una mia personale antipatia nei confronti di Jacobs, mutuata dagli ascolti più recenti: più lo ascolto e meno mi piace. Non mi piace l’atteggiamento da superstar, la spocchia e l’immodestia di chi crede di avere la verità in tasca, l’arroganza di certe prese di posizione e la malcelata sicurezza che qualsiasi produzione porti il suo nome (fosse pure una raccolta di rutti) venga premiata coi vari Choc du Mond de la Musique, FFFF, Diapason d’Or etc... (tutti premi che pare che i nostri cugini d’oltralpe abbiano appositamente creato ad uso esclusivo di Jacobs, la sua casa discografica e i suoi protetti).
Detto questo torniamo al Don Giovanni.
Voglio partire dalle note introduttive, stilate dallo stesso Jacobs, sotto forma di intervista intitolata in modo decisamente esagerato ed autoreverenziale “burning questions” (domande scottanti) laddove in realtà trattasi di banalità e ovvietà per la cui discussione non si doveva certo attendere l’avvento del Messia Jacobs! Cosa scrive il buon René?
1) Innanzitutto ci informa che il Don Giovanni è la meno conosciuta delle opere di Mozart/Da Ponte (?), e poi che fino ad oggi noi abbiamo sempre ascoltato una versione adulterata, falsificata, come – uso parole sue – un quadro del Rinascimento su cui si sono sovrapposte altre mani in secoli successivi. Afferma quindi che solo con la sua versione si è ripulita la partitura da tutta l’immondizia successiva, come le tenebre son spazzate via dalla luce.
2) Jacobs poi sostiene che questa falsificazione sia dovuta alla mala fede di E.T.A. Hoffmann e successori, che avrebbe fatto di Don Giovanni una sorta di eroe tragico, laddove in realtà non sarebbe altro che una figura comica e farsesca. Lui invece riconduce l’opera in una sorta di trilogia di cui fan parte Eliogabalo di Cavalli e Don Chisciotte di Conti, riconducendo quindi Mozart al recitarcantando secentesco.... Lui stesso dice che ci si deve approcciare a Mozart pensando a Monteverdi. Per lui “Mi tradì quell’alma ingrata” va rapportata al monteverdiano Lamento d’Arianna. Ma in genere tutto il Don Giovanni andrebbe considerato come un’opera barocca.
3) Sua Santità Jacobs ci dice poi – schifato – come tutte le interpretazioni musicali dell’opera siano state falsate da questa “cattiva” interpretazione, portando alla demonizzazione del personaggio, all’arrochimento della voce, allo scurirsi dell’accento, alle urla, alla sostituzione dei recitativi con dialoghi in tedesco nazionalsocialisteggiante. Non so che esperienze di ascolto abbia avuto il presuntuoso Jacobs (che sostiene in tante interviste di non ascoltare mai incisioni di altri), ma spacciare i suoi incubi per realtà è quantomeno disonesto (se non stupido). Non mi sembra infatti, che nella storia interpretativa dell’opera si possa riscontrare una sorta di wagnerizzazione di Mozart, non credo che Giulini, Walter, Karajan, Abbado, Muti, Barenboim..facessero ruggire Don Giovanni o che appesantiscano l’accompagnamento come se fosse l’VIII di Mahler!!
4) Altro aspetto che lui critica è la pretesa ambiguità dell’opera. Per lui è una falsificazione: nessuna ambiguità, nessuna sfaccettatura. Don Giovanni è un personaggio comico, i cui appetiti sessuali si risolvono tutti in grotteschi fallimenti. A lui si contrappone la coppia perfetta Donn’Anna e Don Ottavio, felici e innamorati. Jacobs quindi elimina dall’interpretazione ogni sfumatura, ogni senso di inafferrabile ambiguità, il Dramma Giocoso diviene volgare Opera Buffa. E per sottolineare questo la riempie di caccole interpretative, sospiri, urletti, parlati, versi, balbettii...che neppure la peggiore e becera tradizione teatrale anni ’50 – tipo Barbiere di Siviglia ancient regime – ha mai prodotto.... Ecco il risultato di questi “baroccari” presuntuosi e pieni di sè..al confronto le caccole riservate a Rossini di 40 anni fa sono finezze!
5) I tempi. Ovviamente Jacobs dice che i suoi tempi sono quelli giusti. Gli altri hanno sempre sbagliato. Il motivo? Semplice, lui sostiene che essi si siano rallentati perchè, essendo musica bellissima e conosciutissima, l’esecutore vorrebbe che durasse il maggior tempo possibile! Ebbene sì, questa cretinata, questa idiozia, è scritta nero su bianco...
6) Infine la scelta editoriale. Jacobs opta per l’edizione di Vienna, rifiutando legittimamente quella mista tradizionale, ma farcisce questa sua decisione, con argomentazioni presuntuose e false. Tutti sanno le differenze, e lui non è certo il primo ad aver fatto questa scelta (anche se lo fa intendere), si prenda l’edizione di Gardiner di una decina di anni fa... Insomma, non ci voleva certo sua Santità Jacobs a dirci che la versione mista è squilibrata e che bisognerebbe optare per una delle due originale (cosa che però non condivido affatto...)
Questo, in spiccioli, il Jacobs-pensiero...varrebbe la pena chiudere il libretto e riportare al negozio il cd, direte voi..in effetti se le premesse sono queste, così si dovrebbe fare, ma io sono masochista...veniamo all’ascolto.
Colpisce innanzitutto la totale assenza di colore: tutto è o fffffffff o pppppppp, senza nessuna via di mezzo, ovviamente i suoni sono stimbrati ed emessi con fastidioso stridore, gli archi sono sgradevoli, i cantanti continuano a fare bruttissime “messe di voce” che stonano con il genere musicale.
Accenno ancora alle caccole di cui è costellata l’incisione (urletti, sospiri, pianti, mugolii, versi, effetti parlati....), soprattutto nei recitativi, veramente pessimi. Ma Jacobs sostiene che i recitativi nell’opera DEVONO essere simili ai dialoghi teatrali, quindi simili al parlato...peccato che invece sia musica. Oltretutto vengono resi con un tale chiasso di improvvisazioni fuori luogo al fortepiano, violoncello e basso, che alla fine sembrano recitativi accompagnati. Meglio tacere poi sui gravissimi problemi di pronuncia...
La linea vocale poi è costantemente variata/sporcata dai cantanti, con appoggiature, acciaccature, variazioni, cadenze.... oltretutto in uno stile monteverdiano più che handeliano, e il risultato è osceno e inutile.
Veniamo ai cantanti.
Don Giovanni: Johannes Weisser, voce chiarissima, sembra quasi un tenore.
Leporello: Lorenzo Regazzo, decisamente il migliore del cast, ma molto volgare, con un’interpretazione ormai sorpassata.
Donn’Anna: discreta la Olga Pasichnyk, ma nulla di più.
Donna Elvira: sarebbe ottima la Pendachanska se invece di Don Giovanni avesse inciso Orfeo o qualche madrigale...qui è a tratti inaccettabile, “A chi mi dice mai” è pessimo...
Zerlina: un’inutile zanzarina, leggerissima e stimbratissima.
Masetto: muggisce.
Commendatore: traballante.
Don Ottavio: Tarver è corretto, ma come al solito ci propone un Ottavio effemminato, urlacchiante e leggero come da peggior tradizione.
Che dire? Vale la pena? Forse no, ma sicuramente è utile per comprendere a che punto siamo arrivati...
Mi verrebbe da dire a Jacobs che se è vero (ed è verissimo) che è scorretta l’eccessiva romanticizzazione dell’opera, rivista alla luce di un titanismo ottocentesco, così pure è scorretto barocchizzarla, come se fosse un epigono del recitar cantando. Mozart non è Monteverdi, come Jacobs si ostina a far credere. Non è neppure Wagner ovvio, ma nessuno l’ha mai proposto (come invece Jacobs accusa tutti, TUTTI, quelli che l’han diretto prima di lui). Un pò di umiltà in più sarebbe opportuna.
Risultato: brutta edizione, direzione fantasiosa al limite dell’inaccettabile, interpreti inadeguati o volgari, scelte esecutive assai discutibili. Ma sicuramente verrà ricoperta di premi..... Jacobs ha i suoi adepti e fedeli accecati, pronti a dire che questo e solo questo è il vero Don Giovanni..poverini....o poverini noi che ci tocca ascoltar 'ste robe?
Voglio subito premettere una mia personale antipatia nei confronti di Jacobs, mutuata dagli ascolti più recenti: più lo ascolto e meno mi piace. Non mi piace l’atteggiamento da superstar, la spocchia e l’immodestia di chi crede di avere la verità in tasca, l’arroganza di certe prese di posizione e la malcelata sicurezza che qualsiasi produzione porti il suo nome (fosse pure una raccolta di rutti) venga premiata coi vari Choc du Mond de la Musique, FFFF, Diapason d’Or etc... (tutti premi che pare che i nostri cugini d’oltralpe abbiano appositamente creato ad uso esclusivo di Jacobs, la sua casa discografica e i suoi protetti).
Detto questo torniamo al Don Giovanni.
Voglio partire dalle note introduttive, stilate dallo stesso Jacobs, sotto forma di intervista intitolata in modo decisamente esagerato ed autoreverenziale “burning questions” (domande scottanti) laddove in realtà trattasi di banalità e ovvietà per la cui discussione non si doveva certo attendere l’avvento del Messia Jacobs! Cosa scrive il buon René?
1) Innanzitutto ci informa che il Don Giovanni è la meno conosciuta delle opere di Mozart/Da Ponte (?), e poi che fino ad oggi noi abbiamo sempre ascoltato una versione adulterata, falsificata, come – uso parole sue – un quadro del Rinascimento su cui si sono sovrapposte altre mani in secoli successivi. Afferma quindi che solo con la sua versione si è ripulita la partitura da tutta l’immondizia successiva, come le tenebre son spazzate via dalla luce.
2) Jacobs poi sostiene che questa falsificazione sia dovuta alla mala fede di E.T.A. Hoffmann e successori, che avrebbe fatto di Don Giovanni una sorta di eroe tragico, laddove in realtà non sarebbe altro che una figura comica e farsesca. Lui invece riconduce l’opera in una sorta di trilogia di cui fan parte Eliogabalo di Cavalli e Don Chisciotte di Conti, riconducendo quindi Mozart al recitarcantando secentesco.... Lui stesso dice che ci si deve approcciare a Mozart pensando a Monteverdi. Per lui “Mi tradì quell’alma ingrata” va rapportata al monteverdiano Lamento d’Arianna. Ma in genere tutto il Don Giovanni andrebbe considerato come un’opera barocca.
3) Sua Santità Jacobs ci dice poi – schifato – come tutte le interpretazioni musicali dell’opera siano state falsate da questa “cattiva” interpretazione, portando alla demonizzazione del personaggio, all’arrochimento della voce, allo scurirsi dell’accento, alle urla, alla sostituzione dei recitativi con dialoghi in tedesco nazionalsocialisteggiante. Non so che esperienze di ascolto abbia avuto il presuntuoso Jacobs (che sostiene in tante interviste di non ascoltare mai incisioni di altri), ma spacciare i suoi incubi per realtà è quantomeno disonesto (se non stupido). Non mi sembra infatti, che nella storia interpretativa dell’opera si possa riscontrare una sorta di wagnerizzazione di Mozart, non credo che Giulini, Walter, Karajan, Abbado, Muti, Barenboim..facessero ruggire Don Giovanni o che appesantiscano l’accompagnamento come se fosse l’VIII di Mahler!!
4) Altro aspetto che lui critica è la pretesa ambiguità dell’opera. Per lui è una falsificazione: nessuna ambiguità, nessuna sfaccettatura. Don Giovanni è un personaggio comico, i cui appetiti sessuali si risolvono tutti in grotteschi fallimenti. A lui si contrappone la coppia perfetta Donn’Anna e Don Ottavio, felici e innamorati. Jacobs quindi elimina dall’interpretazione ogni sfumatura, ogni senso di inafferrabile ambiguità, il Dramma Giocoso diviene volgare Opera Buffa. E per sottolineare questo la riempie di caccole interpretative, sospiri, urletti, parlati, versi, balbettii...che neppure la peggiore e becera tradizione teatrale anni ’50 – tipo Barbiere di Siviglia ancient regime – ha mai prodotto.... Ecco il risultato di questi “baroccari” presuntuosi e pieni di sè..al confronto le caccole riservate a Rossini di 40 anni fa sono finezze!
5) I tempi. Ovviamente Jacobs dice che i suoi tempi sono quelli giusti. Gli altri hanno sempre sbagliato. Il motivo? Semplice, lui sostiene che essi si siano rallentati perchè, essendo musica bellissima e conosciutissima, l’esecutore vorrebbe che durasse il maggior tempo possibile! Ebbene sì, questa cretinata, questa idiozia, è scritta nero su bianco...
6) Infine la scelta editoriale. Jacobs opta per l’edizione di Vienna, rifiutando legittimamente quella mista tradizionale, ma farcisce questa sua decisione, con argomentazioni presuntuose e false. Tutti sanno le differenze, e lui non è certo il primo ad aver fatto questa scelta (anche se lo fa intendere), si prenda l’edizione di Gardiner di una decina di anni fa... Insomma, non ci voleva certo sua Santità Jacobs a dirci che la versione mista è squilibrata e che bisognerebbe optare per una delle due originale (cosa che però non condivido affatto...)
Questo, in spiccioli, il Jacobs-pensiero...varrebbe la pena chiudere il libretto e riportare al negozio il cd, direte voi..in effetti se le premesse sono queste, così si dovrebbe fare, ma io sono masochista...veniamo all’ascolto.
Colpisce innanzitutto la totale assenza di colore: tutto è o fffffffff o pppppppp, senza nessuna via di mezzo, ovviamente i suoni sono stimbrati ed emessi con fastidioso stridore, gli archi sono sgradevoli, i cantanti continuano a fare bruttissime “messe di voce” che stonano con il genere musicale.
Accenno ancora alle caccole di cui è costellata l’incisione (urletti, sospiri, pianti, mugolii, versi, effetti parlati....), soprattutto nei recitativi, veramente pessimi. Ma Jacobs sostiene che i recitativi nell’opera DEVONO essere simili ai dialoghi teatrali, quindi simili al parlato...peccato che invece sia musica. Oltretutto vengono resi con un tale chiasso di improvvisazioni fuori luogo al fortepiano, violoncello e basso, che alla fine sembrano recitativi accompagnati. Meglio tacere poi sui gravissimi problemi di pronuncia...
La linea vocale poi è costantemente variata/sporcata dai cantanti, con appoggiature, acciaccature, variazioni, cadenze.... oltretutto in uno stile monteverdiano più che handeliano, e il risultato è osceno e inutile.
Veniamo ai cantanti.
Don Giovanni: Johannes Weisser, voce chiarissima, sembra quasi un tenore.
Leporello: Lorenzo Regazzo, decisamente il migliore del cast, ma molto volgare, con un’interpretazione ormai sorpassata.
Donn’Anna: discreta la Olga Pasichnyk, ma nulla di più.
Donna Elvira: sarebbe ottima la Pendachanska se invece di Don Giovanni avesse inciso Orfeo o qualche madrigale...qui è a tratti inaccettabile, “A chi mi dice mai” è pessimo...
Zerlina: un’inutile zanzarina, leggerissima e stimbratissima.
Masetto: muggisce.
Commendatore: traballante.
Don Ottavio: Tarver è corretto, ma come al solito ci propone un Ottavio effemminato, urlacchiante e leggero come da peggior tradizione.
Che dire? Vale la pena? Forse no, ma sicuramente è utile per comprendere a che punto siamo arrivati...
Mi verrebbe da dire a Jacobs che se è vero (ed è verissimo) che è scorretta l’eccessiva romanticizzazione dell’opera, rivista alla luce di un titanismo ottocentesco, così pure è scorretto barocchizzarla, come se fosse un epigono del recitar cantando. Mozart non è Monteverdi, come Jacobs si ostina a far credere. Non è neppure Wagner ovvio, ma nessuno l’ha mai proposto (come invece Jacobs accusa tutti, TUTTI, quelli che l’han diretto prima di lui). Un pò di umiltà in più sarebbe opportuna.
Risultato: brutta edizione, direzione fantasiosa al limite dell’inaccettabile, interpreti inadeguati o volgari, scelte esecutive assai discutibili. Ma sicuramente verrà ricoperta di premi..... Jacobs ha i suoi adepti e fedeli accecati, pronti a dire che questo e solo questo è il vero Don Giovanni..poverini....o poverini noi che ci tocca ascoltar 'ste robe?