Beatrice di Tenda (Bellini)

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Beatrice di Tenda (Bellini)

Messaggioda teo.emme » mer 12 set 2007, 22:15

Ho notato che in questo bel forum ancora poco spazio è dedicato al Belcanto (a vantaggio di opere di area e tradizioni germaniche e russe..), voglio quindi provare a parlare di quel fondamentale momento della musica operistica che è il melodramma italiano della prima metà dell'800 e confrontare le mie osservazioni con le impressioni e i giudizi altrui.

Voglio iniziare parlando di una delle creature più misconosciute e sottovalutate del Belcanto: la Beatrice di Tenda di Bellini.

Tralasciando le complesse vicende compositive dell'opera, mi voglio soffermare sulla straordinaria qualità della musica.

L'opera infatti, si presenta come un importantissimo punto di svolta nello sviluppo dell'estetica belliniana: ad una trama musicale di estremo e quasi astratto lirismo, con una profusione di melodie di ampio respiro ed una costruzione vocale di primo piano e di inconsueta complessità (sia negli intrecci degli insiemi che nella parti solistiche - in particolare la stratosferica tessitura della protagonista), si accompagna un inusitato approfondimento strumentale (sia nell'orchestrazione che nella varietà timbrica) che riverbera in orchestra la complessità delle linee melodiche. Un progresso rispetto alle precedenti e più essenziali modelli di strumentazione soliti all'autore.

Tanti sono gli esempi di questo nuovo orizzonte raggiunto dall'arte belliniana. L'Introduzione, per prima cosa, dopo un breve preludio che trasporta nel cuore di una vicenda tormentata, assistiamo alle sconsolate elucubrazioni di Filippo che, istigato dai suoi cortigiani, cerca pretesti per liberarsi della moglie, Beatrice: e qui Bellini lavora su di una ossessiva ed enigmatica melodia (di coro e baritono) che suggerisce malinconia, noia, rabbia, melodia che si interrompe di colpo per lasciare spazio alla voce dietro le quinte di Agnese che, con un sottofondo di arpa, canta una delle più struggenti invenzioni liriche belliniane. La stessa linea melodica, variata e mutata in spirito e tempo, è poi usata per "cabaletta" di Filippo. Come non citare poi, dopo lo splendido duetto tenore/mezzosoprano di Orombello e Agnese, la Cavatina di Beatrice "Ma la sola, ohimè! son io" con una melodia tra le più ampie e sognanti di tutto il repertorio belliniano, o il Duetto con Filippo. E poi la grande Scena del Giudizio, e, nel finale, il Terzetto atipico (con la voce di Orombello fuori scena) "Angiol di pace", che resta uno dei vertici musicali di Bellini, con la sua trama delicata ed eterea. Infine la grande scena finale "Ah se un urna è a me concessa" scritta per la Pasta (prima interprete dell'opera) che unisce all'ampiezza della melodia e respiro, un'atmosfera straniata e astratta (che si ritrova solo in "Casta Diva").

Un'opera quindi di forte impatto e di forte impegno, che prelude ai Puritani e, soprattutto, a quello che sarebbe diventato Bellini, se la morte non l'avesse stroncato anzitempo..

Bellini credeva molto nella sua opera, scrisse di non ritenerla indegna delle sue sorelle - Norma e Sonnambula -, io credo, spingendomi ancora più in là dei giudizi dell'autore, che se Beatrice è quantomeno di pari valore a Norma, essa è di molto superiore a Sonnambula.

Spiace quindi, la sorte che le è toccata, di totale rimozione, ma tanti sono i motivi dell'oblio: ha pesato la diffusione di Norma, ha pesato il fatto di non essere mai stata cantata dalla Callas - viatico di una diffusione mediatica anche commerciale -, ha pesato il presentarsi come un unicum nel catalogo belliniano (più complessa e difficile), ha pesato soprattutto, la mancanza di un protagonista tenore (qui è infatti personaggio secondario che non canta nessuna aria) fatto che ha impedito a celebri accoppiate del passato di cimentarsi in essa (ma è proprio la distribuzione delle voci una delle caratteristiche più rivoluzionarie dell'opera, con la grande parte da protagonista per baritono). Oltretutto il libretto non è dei migliori scritti da Romani. Non pochi, poi, i problemi e le difficoltà legate alla impervia parte di Beatrice: sia sul piano vocale (con una tessitura ed una richiesta di "agilità" particolarmente impervie) che su quello interpretativo, difficile dosare il dramma e il lirismo (Beatrice, poi, resta sempre in sè, e il suo sacrificio resta consapevole e voluto - con un approccio romantico - non c'è traccia di un escape emozionale quale può essere una scena di pazzia, o di sonnambulismo).

Non molte sono le riproposte discografiche di questo capolavoro, non molte sono state le dive attratte dal ruolo (la Gencer, la Gruberova, la Freni, la Anderson, la Gulin, la Aliberti), ma solo una resta l'esecuzione per eccellenza: quella della Sutherland.

Parlo dell'incisione in studio (DECCA), diretta da Bonynge (con tutti i crismi filologici) con un giovane Pavarotti (che regala un Orombello superbo), il bravo Opthof (nel difficile ruolo di Filippo) e l'ottima Veasey (Agnese). Su tutti però, primeggia la Sutherland degli anni migliori, con una voce ed una tecnica che andava dove voleva, agilità e trilli perfetti, una tenuta di intonazione costante negli innumerevoli salti che prevede la partitura, un fraseggio superbo e di incredibile perfezione. Lo splendore di una voce capace di ogni cosa unita al malinconico ed astratto lirismo che richiede la parte. La Sutherland qui non canta soltanto, dipinge un'interpretazione unica nella storia dell'opera. Davvero qui la Sutherland è la più grande cantante del secolo ed è il Belcanto! Senza paragoni e senza nessun altra che le possa stare al pari. Non ci sono altre parole per descrivere questa superba interpretazione, bisogna ascoltare ed emozionarsi...

Mi scuso della lunghezza e spero che qualcun altro voglia lasciare le sue impressioni e che magari, chi resta ancora dubbioso su questo estremo capolavoro di Bellini, possa essere invogliato ad un nuovo ascolto...

Per gli estremi discografici lascio quelli dell'edizione DECCA:

Filippo: Cornelius Opthof
Beatrice: Joan Sutherland
Agnese: Josephine Veasey
Orombello: Luciano Pavarotti
Anichino/Rizzardo: Joseph Ward
London Symphony Orchestra
Ambrosian Opera Chorus
Richard Bonynge
DECCA 1967
teo.emme
 

Messaggioda Luca » mer 12 set 2007, 22:27

Concordo su tutto e credo che l'interpretazione di Beatrice offertaci dalla Sutherland resti una pietra miliare nella discografia, sebbene anche altre grandi hanno interpretato quest'oneroso ruolo, in primis la Gencer (che tuttavia non ho mai udito).

Saluti, Luca.
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Messaggioda Pruun » mer 12 set 2007, 23:30

Ciao a tutti.
A me piace molto quest'opera, anche se non la considero superiore a Sonnambula, ma si tratta senz'altro di un lavoro interessante.
Da Sutherlandiano D.O.C. e D.O.P. non posso che sottoscrivere quanto detto sopra: la Joan è assolutamente stratosferica nei panni di Beatrice, ma a me è piaciuta moltissimo anche la Devia della Scala.
Conosco la Gruberova da un live spagnolo (non dal cd Nightingale) e mi pare molto buona, anche se non amo molto questa cantante (per questioni di gusto interpretativo, sia chiaro :wink: giacché la tecnica mi pare indiscutibile).
Non aggiungo nulla a quanto detto con molta competenza da teo.emme, se non per sollevare una questione: la Gencer, nel bel live veneziano, esegue un finale diverso che sarebbe stato ricostruito da Gui su fonti autografe ed eventuali ripensamenti belliniani. Esso consiste nell'eliminazione tout court della cabaletta e, sul finale di "Ah se un'urna" il coro attacca la melodia di "Angiol di pace" mentre Beatrice si avvia lentamente e regalmente (me la vedo la Gencer, con quella sua soggiogante presenza) al supplizio.
La citazione è riportata (non letterale, cito a mente ché non l'ho sottomano) dal doppio disco dedicato alla Gencer da MondoMusica: ma voi ne sapete niente di questo finale di Gui?
Ciao e grazie.
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Messaggioda teo.emme » gio 13 set 2007, 1:15

Caro Gabriel, il finale ricostruito da Gui è un'operazione tanto arbitraria quanto discutibile. Egli infatti non si basa su materiale inedito o alternativo, bensì riscrive il finale con l'intento di perfezionare il lavoro belliniano e rimediare agli errori e ai danni dovuti alla fretta di consegnare l'opera per la prima veneziana. Gui riassembla il materiale musicale di Bellini, spostando il duettino di Agnese e Beatrice, taglia la cabaletta e dopo l'aria Ah se un'urna a me s'appressa, fa concludere l'opera con il tema del terzetto cantato dal coro (lo stesso Gui scrive il brano finale ex novo). Un'operazione, dunque, del tutto arbitraria e irrispettosa del testo, funzionale alle personali idee estetiche di Gui che si permise di correggere i presunti errori (?) di Bellini!!! Gui si disinteressava degli aspetti belcantistici della partitura (e questo si riflette pure sulla scelta della protagonista e sul suo approccio interpretativo volto al dramma e agli effetti inclini al parlato) e pure della correttezza filologica, si curava piuttosto dell'effetto e della facile suggestione che il suo finale garantiva.... Insomma, per me un'operazione altamente censurabile.
Ultima modifica di teo.emme il gio 13 set 2007, 18:19, modificato 1 volta in totale.
teo.emme
 

Messaggioda Pruun » gio 13 set 2007, 2:55

Grazie del chiarimento. :D
G.
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Messaggioda Domenico Donzelli » gio 13 set 2007, 12:31

non è un'opera che mi faccia impazzire
ho la mia opinione ossia che il buon Bellini avesse obbedito agli "ordini" di madama Pasta, ossia "scrivimi un'opera, che proponga tutti i topici che mi vengono bene (che non erano pochi trattandosi di una stella di primissima grandezza) e non sia ardua come Norma".
Quindi recitativi accompagnati, scena di giudizio ancora più estesa di quella di Bolena (dove il talento tragico della Pasta rifulgeva), sfida/lite coniugale (sul modello di Assur-Semiramide o Norma-Pollione, le coppie di fatto più famose dell'opera), l'incontro con la rivale (molto embrionale, ci starebbe bene, anche per attirare le interpreti di Agnese, un bel duetto stile Bolena) e naturalmente il mega finale ed una scrittura vocale non facile (non esistono opere di Bellini vocalmente facili), ma certamente più cauta e rispettosa delle condizioni vocali della Pasta, certamente peggiorate rispetto all'epoca della Norma o della Bolena.

Inoltre è chiaro che con questo presupposto i riflettori drammaturgici e vocali sono puntati su Beatrice al 70%. Anche se all'epoca della composizione la parte di Filippo Maria Visconti attirò molti grandissimi bassi (il baritono cominciava ad essere pensato, ma non codificato) come Antonio Tamburini sino ad Antonio Cotogni.

Aggiungo che la Sutherland le supera tutte.

Ho un po' di rimpianti sulle Beatrici mancate ossia Anita Cerquetti e sopratutto Montserrat Caballè.

Per Teo.emme una curiosità Joan Sutherland canta nel finale lo spartito Ricordi ( preciso quello che Ricordi stampò nel 1835, circa, un oblungo visibile e fotocopiabile in chiave antica, ovvio). Le altre Beatrici, invece, cantano qualche cosa di diverso a partire, se non sbaglio, da "all'eterno il core alzai".
Chiedo lumi
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Messaggioda Rossiniano » mer 03 ott 2007, 1:10

Domenico Donzelli ha scritto:Per Teo.emme una curiosità Joan Sutherland canta nel finale lo spartito Ricordi ( preciso quello che Ricordi stampò nel 1835, circa, un oblungo visibile e fotocopiabile in chiave antica, ovvio). Le altre Beatrici, invece, cantano qualche cosa di diverso a partire, se non sbaglio, da "all'eterno il core alzai".
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La versione dello spartito Ricordi che ho io delle due arie è quella che usualmente cantano tutte le Beatrici. Non ho mai trovato lo spartito di ciò che canta la Sutherland e poche altre.

La stessa Sutherland a New York e a Milano nel 1961 cantava a NY una versione del finale e a Milano un'altra, se la memoria non mi inganna. Domani caricherò i due diversi finali da proporre.
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Messaggioda teo.emme » mer 03 ott 2007, 12:05

Rossiniano ha scritto: La versione dello spartito Ricordi che ho io delle due arie è quella che usualmente cantano tutte le Beatrici. Non ho mai trovato lo spartito di ciò che canta la Sutherland e poche altre.

La stessa Sutherland a New York e a Milano nel 1961 cantava a NY una versione del finale e a Milano un'altra, se la memoria non mi inganna. Domani caricherò i due diversi finali da proporre.


Rispondo in ritardo circa il finale della Beatrice. In realtà lo spartito Ricordi (parlo di quello tradizionale, non la revisione critica curata da A. Gatto), riporta una versione "accorciata" del finale, frutto, probabilmente, della prassi esecutiva immediatamente successiva alle prime rappresentazioni. In questa versione tradizionale, vengono omesse molte parti che precedevano e inframezzavano i due cantabili principali (adagio e cabaletta) della Scena Ultima, riducendola ad un unico episodio solistico della protagonista. Non si sa se i tagli siano d'autore o frutto della prassi. L'edizione cantata dalla Sutherland è frutto delle ricerche di Bonynge, che curò il restauro della partitura (a partire dagli autografi belliniani), e infatti il finale è più esteso rispetto a quello tradizionale. La ricostruzione critica oggi disponibile mette a disposizione entrambe le versioni, permettendo all'esecutore di scegliere, così, ad esempio, alla Scala nel '93 si adottò la versione originale, mentre la Aliberti, nell'incisione in studio del '92 optò per quella tradizionale (nonostante l'adozione dell'edizione critica)
teo.emme
 

Messaggioda MatMarazzi » lun 08 ott 2007, 11:33

teo.emme ha scritto:Caro Gabriel, il finale ricostruito da Gui è un'operazione tanto arbitraria quanto discutibile. Egli infatti non si basa su materiale inedito o alternativo, bensì riscrive il finale con l'intento di perfezionare il lavoro belliniano
....
Un'operazione, dunque, del tutto arbitraria e irrispettosa del testo, funzionale alle personali idee estetiche di Gui che si permise di correggere i presunti errori (?) di Bellini!!!
....Gui si disinteressava degli aspetti belcantistici della partitura (e questo si riflette pure sulla scelta della protagonista e sul suo approccio interpretativo volto al dramma e agli effetti inclini al parlato) .



E' vero, Teo.Emme.
Quello che dici è giusto, solo che vorrei un po' allargare il discorso per cogliere qualche aspetto in più.

Gui provava una specie di sadico piacere nel manipolare le opere "sconosciute", nel tagliarle, mescolare le versioni, intervenire secondo le sue prospettive.
Ed era ferreo, sdegnoso, tirannico in questo.
La sua Alceste è ancora più ...incredibile da questo punto di vista.

Come sua giustificazione vorrei dire che Solti (che di Gui era più giovane e che lavorava per palcoscenici più importanti) combinò le stesse mostruosità con Orfeo.
Schippers con l'Assedio di Corinto... non ne parliamo.
Mescolarono a loro piacimento materiali di versioni e opere diverse.
Perché allora la gente non si scaglia con uguale ferocia contro questi direttori?

Temo che molto della severità che si rivolge alla Beatrice di Gui sia dovuta al fatto che mentre le altre manipolazioni (di Solti e Schippers) puntavano a mettere il virtuoso canoro nelle condizioni di fare ancora più "numeri" e "show", Gui tendeva invece a un discorso di semplificazione virtuosistica.
Se invece di tagliare la cabaletta finale, fosse andato a recuperare (come Schippers) brani addirittura da altre opere, per far fare non una ma tre cabalette di fila alla Sutherland (ognuna col mi bemolle finale) probabilmente avrebbe raccolto meno critiche.

Io non sono un ammiratore di Gui e trovo giuste le tue osservazioni: non sul fatto che non amasse il belcanto (che non credo sia vero), quanto il fatto che non amava l'aspetto pirotecnico e virtuoso del belcanto.
Ora siamo d'accordo che l'aspetto pirotecnico ha la sua bella importanza, e siamo anche d'accordo (dal punto di vista di oggi) che Gui ha sbagliato a manipolare l'opera (ma per me hanno sbagliato allo stesso modo Schippers e Solti, nè più, nè meno).

Però, vedi, nei primi anni '60 se non ci fosse stato lui, nessuno si sarebbe mai sognato di allestire la Beatrice.
Lui è andato amorevolmente a studiare i manoscritti, le lettere di Bellini, le prime stampe: lui è andato da Siciliani a suggerire di allestire l'opera.
Lui ha lottato perché fosse messa in cartellone alla Scala.
E Siciliani chiamò la Sutherland e lì commise un errore.
... infatti il dissidio furioso fra primadonna e direttore (a proposito della cabaletta finale) fu inevitabile.
E di fronte agli argomenti della diva (mi bemolle, agilità, variazioni...) il povero Gui dovette giustamente andarsene, lasciando "la sua" Beatrice di Tenda ad altro direttore.

Se non altro gli va riconosciuto il merito di aver (indirettamente) fatto pervenire Dame Joan a uno dei massimi ruoli della sua carriera.
Senza la sua pressione a eseguire l'opera, la Sutherland non sarebbe stata scritturata da Siciliani e non l'avrebbe studiata.

Salutoni
Matteo

PS: prevengo subito una contestazione: ma la Sutherland aveva già cantato il ruolo prima della Scala! Certo, ma DOPO aver ricevuto la scrittura milanese; era sua abitudine provare un ruolo in periferia prima di portarlo in un grande teatro.

PPS: non sottovalutarei troppo la Beatrice della Gencer! :)
Il duetto con Filippo è una delle cose più incredibili che ci siano rimaste di lei. E il parlato non ce lo vedo proprio!
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Ultima modifica di MatMarazzi il sab 13 ott 2007, 20:01, modificato 1 volta in totale.
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Messaggioda teo.emme » lun 08 ott 2007, 14:18

Il discorso è complesso e complicato.

Ma ti posso dire che sono d'accordo con te. E mi spiego.

Non critico Gui, nè mi scaglio "sdegnato" verso la sua ricostruzione (come non mi scaglio contro Schippers o Solti per le loro pur arbitrarie e personali ricostruzioni), mi limito a constatare la loro scorrettezza sul piano del rispetto al testo.

Non voglio però - e lo esplicito subito - negare il valore anche storico di tali operazioni.

La premessa da cui parto (e che mi sforzo di applicare in ogni campo, dalla storia alla filosofia, dalla musica alla letteratura etc..) è quella di STORICIZZARE, ossia non giudicare avvenimenti o prassi risalenti nel tempo con la nostra odierna sensibilità e i nostri più progrediti strumenti critici.

In quegli anni così era percepito e così era fatto il belcanto, e pertanto le tante scorrettezze sono spiegabili in quell'ottica (non tutte ovviamente, ma l'approccio alla partitura quello sì). Discorso diverso sarebbe il riproporre oggi tali arbitri, allora sì bisognerebbe scandalizzarsi. Ecco perchè mi schifa Oren che taglia senza pietà Sonnambula, mentre comprendo e accetto i tagli di incisioni degli anni '50 e '60 (a parte poi il fatto che magari allora cantavano la Callas o la Sutherland e quindi il taglio di un da capo o di un recitativo assume rilievo marginale).

Non voglio quindi giudicare l'operato di Gui, che ha confezionato un prodotto di grande suggestione (il suo finale è esteticamente efficacissimo) anche se del tutto inautentico. Semplicemente ho voluto rilevarne l'arbitrarietà e la scorrettezza. Che poi sia storico (nel migliore senso del termine), su questo non ci piove.

Mi spingo ancora più in là: spesso queste rielaborazioni sono state necessarie per far riscoprire o sopravvivere lavori che, altrimenti, sarebbero stati dimenticati. E allora bisogna esserne grati. Così Solti o Schippers e anche Gui, hanno fatto un'operazione storicamente meritevole ed eccezionale.

A volte poi le rielaborazioni hanno assunto un valore estetico e artistico meritevole di essere considerato in sè, come opera originale (oltre ad aver svolto l'importante funzione di preservare la fruizione di tanti capolavori), come il Boris revisionato da Rimsky-Korsakov che è un capolavoro indipendente dall'originale, e come tale andrebbe eseguito e conosciuto, oppure l'Orfeo di Gluck nella revisione di Berlioz.

Spero di aver chiarito la mia posizione.

Tornando a Gui e alla sua Beatrice, credo che il problema non sia la sottolineature del belcanto o meno (Gui aveva personalissime idee estetiche, con cui non concordo peraltro, volte a sottolineare il dramma, a scapito della - per me necessaria - esibizione vocale), ma il fraintendimento dell'opera del primo '800. Schippers, pur nell'arbitrio di inserire brani di altre opere nell'Assedio di Corinto, non fa un'operazione differente da quella che era la prassi dell'epoca (discutibilissima ovviamente e spesso stigmatizzata dagli autori stessi, basta leggere le lettere di Bellini, Donizetti, Rossini e Verdi per capire quanto detestassero tali pratiche, alla faccia di chi oggi pretende che aggiunte di ogni genere, abbassamenti di tono, tagli erano sempre legittimate dai compositori....falsissimo) e mantiene l'opera nell'ambito del suo genere; Gui al contrario, priva Bellini di una parte fondamentale della sua estetica: l'astrattezza belcantistica e l'esibizione vocale a favore di un approccio drammatico estraneo (e la Gencer è funzionale a tale operazione, ma si intende che resta splendida, seppur discutibile). Questo è secondo me il suo più grande limite. Più che le scelte editoriali arbitrarie. Naturalmente onore al merito di Gui, che ha permesso la riscoperta di un capolavoro. :wink:

Ps: sarebbe molto interessante una discussione sulle "rielaborazioni".
teo.emme
 

Messaggioda MatMarazzi » lun 08 ott 2007, 15:20

teo.emme ha scritto: Discorso diverso sarebbe il riproporre oggi tali arbitri, allora sì bisognerebbe scandalizzarsi. Ecco perchè mi schifa Oren che taglia senza pietà Sonnambula, mentre comprendo e accetto i tagli di incisioni degli anni '50 e '60 (a parte poi il fatto che magari allora cantavano la Callas o la Sutherland e quindi il taglio di un da capo o di un recitativo assume rilievo marginale).


Parole sante! :)
Non c'è veramente nulla da chiosare! :)

Spero di aver chiarito la mia posizione.


Assolutamente sì.
Ma era chiara anche prima! :)
Diciamo che questo ulteriore scambio ci ha permesso di andare più a fondo nel singolare "affaire Beatrice".

la Gencer è funzionale a tale operazione, ma si intende che resta splendida, seppur discutibile[/i]).


In quei due anni (64-65) la Gencer prese in mano molto seriamente il discorso Pasta (a modo suo, ovviamente).
Ed era normale che lo facesse, in quanto era andata proponendosi come prima vera belcantista drammatica del dopo-Callas (in realtà lo era anche al Sutherland, ma al momento non tutti erano d'accordo: basta pensare che la stessa Decca non ritenne il caso farle incidere Norma, proposta invece alla Souliotis).
E così vennero Beatrice (Venezia 64), Bolena (Glyndebourne 65) e tante, tante Norme (Buenos Aires 64, Milano 65, Napoli 65, Verona 65).

Resta il fatto che, come giustamente affermi, tra la Gencer e i ruoli Pasta i rapporti furono complessi, magari persino contraddittori, con tante belle cose e tante meno belle.
Ferma restando l'assoluta superiorità (almeno mi pare che siamo tutti d'accordo) della Sutherland in queste parti, non sarebbe male cercare di spulciare anche nella Gencer quel che di buono in questi ruoli può esserci...
Potremmo parlarne, perché no?
Farneticazioni da Genceriano? :) è possibile....


Ps: sarebbe molto interessante una discussione sulle "rielaborazioni".


Questo sarebbe un GRANDE tema.
E le evoluzioni del rapporto testo-rappresentazione sono un chiave basilare della storia interpretativa.
Purtroppo non potrei intervenirvi troppo, perché ho sempre trascurato un po' l'aspetto testuale. Ma leggerti/vi sarà un piacere.

Salutoni
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Messaggioda MatMarazzi » mar 09 ott 2007, 11:08

Ragazzi,
ormai il thread era partito per la tangente e della povera Beatrice nessuno si occupava più.
Così mi sono permesso di spostare i messaggi sul rapporto fra testo e interpretazione in "questioni generali".

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Messaggioda Pruun » mar 09 ott 2007, 12:26

Direi che è stata una decisione eccellente, allora ne approfitterei per far ritornare il discorso sulla negletta creatura belliniana:
della Beatrice della Gasdia (colei che, ogni volta che la sento, dico "Non è il suo ruolo... ma se la cava!" tanto che dopo 17 anni di ascolti comincio a chiedermi quali siano i suoi ruoli... probabilmente nessuno!!) che ne pensate?
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Messaggioda stecca » mar 09 ott 2007, 15:19

Pruun ha scritto:Direi che è stata una decisione eccellente, allora ne approfitterei per far ritornare il discorso sulla negletta creatura belliniana:
della Beatrice della Gasdia (colei che, ogni volta che la sento, dico "Non è il suo ruolo... ma se la cava!" tanto che dopo 17 anni di ascolti comincio a chiedermi quali siano i suoi ruoli... probabilmente nessuno!!) che ne pensate?


Ne penso come sempre quando si tratta della Gasdia: è un "bonsai" e non un albero vero...però è un gran bel...bonsai e magari per un soggiorno va benissimo !!!
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Messaggioda MatMarazzi » mer 10 ott 2007, 22:49

Pruun ha scritto:della Beatrice della Gasdia (colei che, ogni volta che la sento, dico "Non è il suo ruolo... ma se la cava!" tanto che dopo 17 anni di ascolti comincio a chiedermi quali siano i suoi ruoli... probabilmente nessuno!!) che ne pensate?


ehehehe... la tua descrizione della Gasdia è da enciclopedia! :)
Pensa che io la vidi alla Fenice proprio in Beatrice (anni '80).
Quando presi i biglietti era annunciata June Anderson e rimasi malissimo quando comunicarono la sostituzione per tutte le recite.
E invece la Gasdia funzionò...
Si, certo, "bonsai" come dice stecca, ma funzionò.

Oltre che in Beatrici, ho sentito la Gasdia in Semiramide a Pesaro, nel viaggio a Reims a Ferrara e persino (ebbene sì) nella Vedova Allegra all'arena di Verona ...con BOCELLI! :)
Ah... dimenticavo, anche come Liù a Ravenna (qui davvero brava) insieme alla Dragoni in Turandot.

Non mi è MAI piaciuta, eppure - proprio come te - uscivo da teatro tutte le volte dovendo riconoscere che in definitiva aveva vinto la scommessa.

Sai cosa non le mancava? il senso dell'umorismo.
Era capace di spiritosaggini travolgenti.
Nel Viaggio a Reims a Ferrara (dove vennero aggiunte un'enormità di gags rispetto a Pesaro e Vienna), a un certo punto la Cuberli cominciò a lanciare agilità che imitavano i picchettati della regina della notte.
La Gasdia si è voltata a fissarla con gli occhi sbarrati, poi si è voltata verso Abbado, poi verso il pubblico (con faccia stralunata) e poi è caduta in terra svenuta. Il tutto è stato talmente ridicolo che il pubblico è letteralmente esploso... per diversi secondi non si è potuto andare avanti.

Salutoni,
Mat

a proposito, ma la Anderson l'ha poi fatta la Beatrice?
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