Ernani (Verdi)
Inviato: ven 25 giu 2010, 18:53
DVD Ernani di Verdi, Scala dicembre 1982 (Muti, Domingo, Freni, Bruson, Ghiaurov)
A distanza di molti anni mi sono rivisto in DVD lo spettacolo che inaugurò la stagione scaligera 1982/83 nonché la mia passione per la lirica, giacchè coincise con la mia prima opera mai vista e sentita giacchè si trattava di genere musicale che fino a quel momento avevo tenuto a debita distanza.
Ai tempi ricordo che quella esecuzione ricevette parecchie critiche dai vari soloni di turno, fu sostanzialmente massacrata la regia di Ronconi, criticata la direzione di Muti che ancora era semplice ospite ed in generale poco lodata anche la prestazione dei quattro protagonisti, mentre quando uscì il disco per la EMI Rodolfo Celletti su Musica Viva scrisse una recensione densa di fiele soprattutto per Domingo e Ghiaurov accusando la Scala di avere messo in scena un Ernani stile “amore mio uccidi Garibaldi” richiamandosi, secondo costume, al Verdi passato, a suo parere pesantemente tradito da questa esecuzione.
Oggi a distanza di quasi 30 anni mi sento di potere affermare che si trattò forse dell’ultimo grande spettacolo verdiano visto in Scala e del tutto di degno di figurare a pieno titolo accanto ai celebri capisaldi degli anni settanta e parlo di Simone, Macbeth, Otello, Don Carlo e Forza, in seguito, echecchè se ne dica l’autore di Busseto non riceverà più dal glorioso Teatro del suo debutto grandi servizi, eccettuato forse il Nabucco di apertura 1986, guarda caso diretto proprio da quel...Riccardo Muti.
Riccardo Muti che qui conferisce alla partitura di Ernani, opera necessariamente ancora in alcuni tratti un po’discontinua anche se a mio parere di molto superiore alla gran parte degli altri lavori giovanili di Verdi, tutti quegli ingredienti giusti che la fanno risultare quel capolavoro di enfasi trascinante tipicamente verdiana quale è, e quale in molto pochi erano prima riusciti a così bene rendere, mi vengono in mente giusto Mitropulos e Schippers e poco altro. Non c’è un momento di fiacca o di calo di tensione o di ritmo in questo Ernani e soprattutto in certe parti dell’opera fondamentali alla resa complessiva dell'insieme e che qui ne escono davvero alla grandissima tra tutte il grande concertato “vedi vedi il buon vegliardo”, la scena del trionfo di Carlo V del terzo atto, il dettone cavalleresco tra Silva e Ernani, il primo terzetto in casa SIlva e tutto il bellissimo finale.
Detto di un Muti davvero ispirato grande merito va dato anche ai quattro protagonisti vocali per una locandina che vista con l’occhio (e l’orecchio) di oggi suona davvero malinconica, giacchè quattro fuoriclasse del genere per... Ernani è lusso da anni d’oro del melodramma, altro che storie.
Le principali critiche di allora furono rivolte alla idola scaligera Mirella Freni (peraltro scritturata al posto della prevista Caballé che ruppe con la Scala dopo la infausta Bolena così mancando l’unica inaugurazione per cui era stata ingaggiata nonostante i suoi tanti trionfi degli ani settanta in quel Teatro) cui si rimproverava, ricordo, di non essere troppo adusa al canto di agilità del primo Verdi citando a riprova la sua esecuzione un pò meccanica della cabaletta di entrata “Tutto sprezzo”.
Non sono mai stato un fan sfegatato di Mirella Freni e si sa ma devo dire che in questo Ernani la trovo bravissima e concordo pienamente con chi sostenne allora che quei DO e SI naturali così pieni e squillanti davano grandi valore alle tante scene di insieme di Ernani dove occorre una voce rotonda e appoggiata che non si fa sovrastare dal resto, e quella sera la troviamo forse all’apice della sua maturità artistica che in seguito avrebbe visto un certo allargamento verso il repertorio più spinto. Onestamente la preferisco qui come Elvira che nelle sue precedenti ed assai più celebrate Desdemone, Elisabette e Amelie Grimaldi scaligere, una grande prestazione davvero e persino più disinvolta scenicamente.
Placido Domingo inaugurava il suo nuovo super-contratto con la Scala che prevedeva tre inaugurazioni di fila (in seguito avrebbe fatto Turandot e Carmen) e in un ruolo che era stato il suo debutto scaligero molti anni prim quando era meno famoso e non ancora "otellato". Celletti "siccome aveva il nome in copertina pittato in oro" scrisse, si divertì come sempre nel suo gioco preferito della vivisezione dei singoli suoni e dei singoli passaggi ovviamente sottolineandone le poche manchevolezze e tralasciandone le tante grandezze e va bene così nella sua ottica che finisce con il considerare unico Ernani valido quello di Bergonzi, ma a me che piace anche considerare altro in un cantante e soprattutto in Verdi ed ancor di più nel giovane Verdi quel Domingo baldanzoso e fascinoso da tenore virilmente gentile quale sapeva essere negli anni d'oro fa letteralmente impazzire dalla prima scena all’ultima e il suo “Oro quant’oro, ogn’avido” piuttosto che il “vecchio che mai facesti” od anche il suo “mel conosci” sono semplicemente da brivido per intensità, colore di voce, afflato verdiano e via discorrendo e che rendono un personaggio vocalmente non certo irresistibile come quello di Ernani una sorta di nuovo Otello e credo sia del tutto impossibile oggi immaginarsi di sentire in Teatro un Ernani di tale levatura artistica latu sensu.
Le due voci gravi invece giocavano in certo senso più "in casa" perché già sulla carta Bruson e Ghiaurov aprono bocca ed evocano la musica di Verdi anche se lo stato di forma dei due va detto non era più ai tempi omogeneo, nel senso che mentre Bruson canta da padreterno (e io ricordo che mi innamorai della lirica prioprio sentendo il suo crescendo avanzando al proscenio al “e vincitor dei secoli il nome mio sarà” ed infatti su Bruson ben pochi osarono dire qualcosa se non che grattacchiò alla prima “il vieni meco”, Ghiaurov cui Muti evitò prudenzialmente la acuta cabaletta “infin che un brando vindice” mostra una zona acuta ormai quasi interamente compromessa e così piovvero gli strali della sapienza (il pubblico in Scala si spellava le mani invece)…
E beh ? mi verrebbe eda dire...e chissenefrega se un basso di tale levatura sforza qualche acuto quando gli basta emettere la prima frase per essere subito Silva che più Silva non si può ? Sentite frasi tipo “vieni ti sfido o giovine” oppure il suo condurre in quel modo ieratico mai più superato od anche solo eguagliato il bellissimo terzetto finale come sapeva fare anche in Forza e in Simone, e sfido chiunque a dirmi che non siamo al Verdi che più Verdi non si può ? "Accento tra l’aulico ed enfatico insieme" e con voce magniloquente e manzoniana diceva giustamente Celletti che ci vuole in Verdi ? Ebbene eccola, e chi lo sentì dal vivo sa cosa intendo, anche nel Macbeth del 1985 era ancora una colonnata di voce impressionante per bellezza ed eloquenza.
Insomma e per concludere, a distanza di 30 anni sia ridato a quell’Ernani il suo giusto posto nell'olimpo dei grandi spettacoli verdiani che hanno fatto la gloriosa storia del Teatro alla Scala, e chissà mai che qualcuno che oggi conta non se ne renda finalmente... conto del perché certi Don Carli e certe Aide recenti trovano la accoglienza che trovano...si vada a rivedere quell’Ernani e poi ne parliamo magari e con verdiano rispetto.
A distanza di molti anni mi sono rivisto in DVD lo spettacolo che inaugurò la stagione scaligera 1982/83 nonché la mia passione per la lirica, giacchè coincise con la mia prima opera mai vista e sentita giacchè si trattava di genere musicale che fino a quel momento avevo tenuto a debita distanza.
Ai tempi ricordo che quella esecuzione ricevette parecchie critiche dai vari soloni di turno, fu sostanzialmente massacrata la regia di Ronconi, criticata la direzione di Muti che ancora era semplice ospite ed in generale poco lodata anche la prestazione dei quattro protagonisti, mentre quando uscì il disco per la EMI Rodolfo Celletti su Musica Viva scrisse una recensione densa di fiele soprattutto per Domingo e Ghiaurov accusando la Scala di avere messo in scena un Ernani stile “amore mio uccidi Garibaldi” richiamandosi, secondo costume, al Verdi passato, a suo parere pesantemente tradito da questa esecuzione.
Oggi a distanza di quasi 30 anni mi sento di potere affermare che si trattò forse dell’ultimo grande spettacolo verdiano visto in Scala e del tutto di degno di figurare a pieno titolo accanto ai celebri capisaldi degli anni settanta e parlo di Simone, Macbeth, Otello, Don Carlo e Forza, in seguito, echecchè se ne dica l’autore di Busseto non riceverà più dal glorioso Teatro del suo debutto grandi servizi, eccettuato forse il Nabucco di apertura 1986, guarda caso diretto proprio da quel...Riccardo Muti.
Riccardo Muti che qui conferisce alla partitura di Ernani, opera necessariamente ancora in alcuni tratti un po’discontinua anche se a mio parere di molto superiore alla gran parte degli altri lavori giovanili di Verdi, tutti quegli ingredienti giusti che la fanno risultare quel capolavoro di enfasi trascinante tipicamente verdiana quale è, e quale in molto pochi erano prima riusciti a così bene rendere, mi vengono in mente giusto Mitropulos e Schippers e poco altro. Non c’è un momento di fiacca o di calo di tensione o di ritmo in questo Ernani e soprattutto in certe parti dell’opera fondamentali alla resa complessiva dell'insieme e che qui ne escono davvero alla grandissima tra tutte il grande concertato “vedi vedi il buon vegliardo”, la scena del trionfo di Carlo V del terzo atto, il dettone cavalleresco tra Silva e Ernani, il primo terzetto in casa SIlva e tutto il bellissimo finale.
Detto di un Muti davvero ispirato grande merito va dato anche ai quattro protagonisti vocali per una locandina che vista con l’occhio (e l’orecchio) di oggi suona davvero malinconica, giacchè quattro fuoriclasse del genere per... Ernani è lusso da anni d’oro del melodramma, altro che storie.
Le principali critiche di allora furono rivolte alla idola scaligera Mirella Freni (peraltro scritturata al posto della prevista Caballé che ruppe con la Scala dopo la infausta Bolena così mancando l’unica inaugurazione per cui era stata ingaggiata nonostante i suoi tanti trionfi degli ani settanta in quel Teatro) cui si rimproverava, ricordo, di non essere troppo adusa al canto di agilità del primo Verdi citando a riprova la sua esecuzione un pò meccanica della cabaletta di entrata “Tutto sprezzo”.
Non sono mai stato un fan sfegatato di Mirella Freni e si sa ma devo dire che in questo Ernani la trovo bravissima e concordo pienamente con chi sostenne allora che quei DO e SI naturali così pieni e squillanti davano grandi valore alle tante scene di insieme di Ernani dove occorre una voce rotonda e appoggiata che non si fa sovrastare dal resto, e quella sera la troviamo forse all’apice della sua maturità artistica che in seguito avrebbe visto un certo allargamento verso il repertorio più spinto. Onestamente la preferisco qui come Elvira che nelle sue precedenti ed assai più celebrate Desdemone, Elisabette e Amelie Grimaldi scaligere, una grande prestazione davvero e persino più disinvolta scenicamente.
Placido Domingo inaugurava il suo nuovo super-contratto con la Scala che prevedeva tre inaugurazioni di fila (in seguito avrebbe fatto Turandot e Carmen) e in un ruolo che era stato il suo debutto scaligero molti anni prim quando era meno famoso e non ancora "otellato". Celletti "siccome aveva il nome in copertina pittato in oro" scrisse, si divertì come sempre nel suo gioco preferito della vivisezione dei singoli suoni e dei singoli passaggi ovviamente sottolineandone le poche manchevolezze e tralasciandone le tante grandezze e va bene così nella sua ottica che finisce con il considerare unico Ernani valido quello di Bergonzi, ma a me che piace anche considerare altro in un cantante e soprattutto in Verdi ed ancor di più nel giovane Verdi quel Domingo baldanzoso e fascinoso da tenore virilmente gentile quale sapeva essere negli anni d'oro fa letteralmente impazzire dalla prima scena all’ultima e il suo “Oro quant’oro, ogn’avido” piuttosto che il “vecchio che mai facesti” od anche il suo “mel conosci” sono semplicemente da brivido per intensità, colore di voce, afflato verdiano e via discorrendo e che rendono un personaggio vocalmente non certo irresistibile come quello di Ernani una sorta di nuovo Otello e credo sia del tutto impossibile oggi immaginarsi di sentire in Teatro un Ernani di tale levatura artistica latu sensu.
Le due voci gravi invece giocavano in certo senso più "in casa" perché già sulla carta Bruson e Ghiaurov aprono bocca ed evocano la musica di Verdi anche se lo stato di forma dei due va detto non era più ai tempi omogeneo, nel senso che mentre Bruson canta da padreterno (e io ricordo che mi innamorai della lirica prioprio sentendo il suo crescendo avanzando al proscenio al “e vincitor dei secoli il nome mio sarà” ed infatti su Bruson ben pochi osarono dire qualcosa se non che grattacchiò alla prima “il vieni meco”, Ghiaurov cui Muti evitò prudenzialmente la acuta cabaletta “infin che un brando vindice” mostra una zona acuta ormai quasi interamente compromessa e così piovvero gli strali della sapienza (il pubblico in Scala si spellava le mani invece)…
E beh ? mi verrebbe eda dire...e chissenefrega se un basso di tale levatura sforza qualche acuto quando gli basta emettere la prima frase per essere subito Silva che più Silva non si può ? Sentite frasi tipo “vieni ti sfido o giovine” oppure il suo condurre in quel modo ieratico mai più superato od anche solo eguagliato il bellissimo terzetto finale come sapeva fare anche in Forza e in Simone, e sfido chiunque a dirmi che non siamo al Verdi che più Verdi non si può ? "Accento tra l’aulico ed enfatico insieme" e con voce magniloquente e manzoniana diceva giustamente Celletti che ci vuole in Verdi ? Ebbene eccola, e chi lo sentì dal vivo sa cosa intendo, anche nel Macbeth del 1985 era ancora una colonnata di voce impressionante per bellezza ed eloquenza.
Insomma e per concludere, a distanza di 30 anni sia ridato a quell’Ernani il suo giusto posto nell'olimpo dei grandi spettacoli verdiani che hanno fatto la gloriosa storia del Teatro alla Scala, e chissà mai che qualcuno che oggi conta non se ne renda finalmente... conto del perché certi Don Carli e certe Aide recenti trovano la accoglienza che trovano...si vada a rivedere quell’Ernani e poi ne parliamo magari e con verdiano rispetto.