Cari Triboulet e Pietro
sono d'accordo con voi.
L'una e l'altra non sembrano arrivare al punto in cui questa musica (che per me è sublime, così come i versi) ci possa davvero ferire al cuore.
Però anche secondo me la Von Otter la vince (parlo di emozione, non di bellezza tecnica).
trovo molto interessante ciò che ha scritto Triboulet a proposito della Von Otter in francese.
Quando canta in francese, non so bene perchè, mi manca qualcosa. Il suo Werther è interessantissimo ma, a mio gusto, non pienamente persuasivo. La sua Carmen è strepitosa e controcorrente, estremamente analitica, ma a tratti carente di una certa spontanea verità che una Ewing riesce a ricreare. Nel complesso la von Otter mi continua a piacere di più della Bartoli anche in questo brano, di cui dà lettura più coerente e unitaria, segue di più la linea.
concordo in pieno sulle perplessità legate a Charlotte e Carmen. Anche a me in questi ruoli la Von Otter non convince.
Ma non credo sia un problema di repertorio e di lingua, quanto di personaggi.
Sono personaggi che erompono sentimentalmente o intellettualmente, o meglio: personaggi che amano, soffrono, vivono e muoiono (nel caso di Carmen) per il loro credo.
Insomma sono personaggi reattivi ed eruttivi.
La Von Otter è sempre in difficoltà quando deve "rivelarsi". E' intelligente, acuta, raffinata, profonda, ma psicologicamente pudica.
Funziona (anche teatralmente) quando deve astrarsi, quando può nascondersi dietro a un velo "formale".
Allora è capace anche di dimenarsi e sculettare sensualissima come Marilyn Monroe (le ho sentito fare in scena un "diamonds" assolutamente strepitoso), perché anche lì deve "fare" la sensualona, ben "sapendo" che il pubblico "sa" che si tratta solo di un gioco meta-culturale.
E' per questo che in questo brano funziona meglio della Bartoli.
Perchè in fondo questa morte di Ophelia è solo un "racconto" (c'è un filtro, il filtro della narrazione della regina Gertrude che narra la sciagura della ragazza).
E lei si estranea... come sa fare. Si nasconde dietro a chi una storia non la vive, ma la partecipa, con emozioni che sono a loro volta stilemi espressivi, filtri psicologici.
La voce assume un colore distante, una tristezza di riflesso.
L'errore della Bartoli - secondo me, ma mi pare che voi la pensiate allo stesso modo - è quello di peccare di ingenuità: ossia tentare di "vivere", di interpretare in modo diretto, la sciagura di Ophélie, senza la sublime distanza della Von Otter.
Poi, certo, c'è il vocalizzo-refrain, quell'incredibile "strana musica", in cui la Von Otter, pur con miracoli di malinconia e colori straniati, ci pare - lì sì - un po' troppo lontana...
Salutoni,
Mat
Per Pietro.
La Kozena? interessante...
Non so se ha mai cantato questa pagina. Ma ne caverebbe certo qualcosa di suggestivo.