Raffaele ha scritto:(sempre ammesso che qualcosa c'era- il pretesto è la morte del figlioletto ma sicuramente fra i due le premesse erano bacate sin dall'inizio-un pò come per Nedda e Canio)...
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Caro Raffaele,
apprezzo molto tutto quello che hai scritto.
Ammetto che io non amo Gobbi per niente, e non tanto per la qualità del canto (che anzi considero un valido e penetrante declamato all'italiana), quanto per la superficialità dell'interprete (ovviamente a mio gusto), eloquente ok, espressivo ok, carismatico ok, ma sempre a un livello di faciloneria che per me è il contrario di un'interpretazione.
Sono d'accordo con te e Vit (il Gobbiano del gruppo) che Michele è uno dei suoi personaggi migliori.
Eppure ...anche per Michele io cerco di più.
Tu sembri orientato (nella frase che ho citato) a ritenere che fra Giorgetta e Michele l'amore sia sempre stato unilaterale (l'esempio di Canio e Nedda) e che la morte del bambino sia stata solo la causa scatenante della rottura.
Io invece non credo.
Trovo che molti segnali ci inducano a credere che l'amore fra i due coniugi sia stato travolgente, assoluto, immenso... e che forse lo è ancora.
E che se Giorgetta, dibattendosi come una Kata Kabanowa, fa ora di tutto per calpestarlo, rinnegarlo, ci possono essere altre ragioni, ragioni che per giusta Michele capisce fin troppo bene.
E' vero che lei rimpiange Belleville... e lo dichiara con trasporto, e non di meno l'ha lasciata!
E' stata lei ad accettare di seguire Michele sulla senna, per vivere con lui su quel barcone dove (adesso) "non respira".
Nè si può dire che abbia "subito" l'amore di Michele (come Nedda quello di Canio) ma anzi vi contribuiva con passione ("quando ardentemente mi cercavi e mi baciavi" ci racconta lo stesso Michele e lei non lo nega).
Il passato dei due (prima della morte di quel bambino nominato solo di sfuggita... quasi con timore) è un mondo che a stento possiamo penetrare.
Ma un mondo fatto di baci, di passione, di notti stellate, di intese profondissime e incommensurabili, ma di cui ora (durante l'opera) non si parla, Giorgetta non parla... è il "non detto".
Il rapporto tra Michele e Giorgetta è, a mio parere, molto simile a quello tra Barak e sua moglie.
Lei lo maltratta, lo accusa, lo insolentisce, lo vuole lasciare e lo tradisce non perché non lo ami, tutt'altro: lo ama disperatamente e follemente, ha bisogno di lui. Ma in lei brucia un malessere violento, da cui vuole uscire.
E l'unico modo che ha di uscirne è uscire da se stessa, negarsi, contrastarsi, fingersi diversa, negare i propri valori, la propria morale e naturalmente anche i propri sentimenti... fra cui l'affetto per Barak.
Con Hofmansthall tutto questo è esplicitato. Fatto sta che alla fine la Tintora non solo ha modo di rinsavire e di ritrovare se stessa, di riaccettarsi, ma non perde occasione di rivolgere al marito i canti di amore più belli che Strauss abbia musicato.
Con il Tabarro invece, se pure la situazione è identica, non si esce dall'ambito del "non detto".
Ed è proprio questo a rendere la questione psicologica ancora più intrigante.
Giorgetta non può psicologicamente reggere la disperazione devastante della morte del figlio. E allora vuole "uscire da sè", negarsi, liberarsi di "quella donna che soffre tanto" e diventare un'altra. Butta all'aria i suoi valori e i suoi sentimenti (che appartenevano a quella che non vuole più essere) ed erige un muro fra sè e Michele, lo stesso muro che aveva eretto la Tintora fra sè e Barak.
Bene, perchè questo passato negato, questo figlio "innominato", questa intensità di amore "non detto" passi e sia compreso, (cosa ben più ardua nel Tabarro che nella Frau) occorre che l'interprete di Michele trasudi (come Barak) umanità, sensibilità, profondità, dolcezza... e oersino sensualità.
Come l'imperatrice capisce l'intera Umanità (e si sacrifica per essa) semplicemente guardando Barak, così noi pubblico dovremmo capire, semplicemente guardando l'interprete di Michele, perché Giorgetta (tanto più giovane di lui) ha lasciato per lui le allegre comitive di Belville (che ora dice di rimpiangere) e gli si è data, lo ha seguito su una barca, sulla Senna, a soffocare tra il letto ed il fornello, cercandolo "ardentemente" nello notti stellate.
Dobbiamo capire ciò che nessuno (nè Michele, nè Giorgetta) può e vuole dire.
Con Gobbi niente di tutto questo.
Con lui Michele è il solito, comodo e prevedibile "tardone livido e grifagno che sposa la giovane e carina e poi si stupisce - chissà poi perché - che questa non lo ami e gli metta le corna". Proprio come Canio... o se preferisci come Don Bartolo.
Che poi a Gobbi riesca bene esprimere questo facile approccio è vero: con la sua bella pipa in bocca, la faccia e la voce da Jean Gabin dei poveri, ecc...
Però Fischer Dieskau (che non è affatto un Michele geniale, intendiamoci) quando sussurra alla Varady (che era sua moglie nella realtà) "resta vicino a me, non ti ricordi" il brivido di lei passa direttamente al pubblico.
Si capisce davvero quale forza possente legava e lega quei due disperati, fatti per amarsi e per distruggersi... ma non per comunicare.
Così almeno la vedo io.
Anche Suor Angelica per me è il trionfo del "Non detto". Troppe cose non dette inquinano il rapporto fra lei e la Principessa.
So di essere in minoranza!
Ma io la penso così
Io e il caro Maugham litighiamo da almeno dieci anni su questi punti (su Suor Angelica, tanti anni fa, ci scontrammo davvero! e furono scintille)
Salutoni,
Mat