Tucidide ha scritto: Magari, alcuni nostri miti discografici sarebbero stati a mal partito in contesti visivi, e cantanti di cui ora poco o nulla ci cale sarebbero considerati degli dei dell'interpretazione.
Infatti penso ad una cosa: nel passato come nel presente, ci sono cantanti che quasi solo con il canto (bello o brutto, corretto o scorretto, non importa) riescono a veicolare, a trasmettere un'idea, un personaggio, una personalità.
Vedi, forse mi sono spiegato male, ma volevo esprimere un concetto diverso.
Quello che dici sulla Callas e le altre è talmente vero da sembrare ovvio.
Con la voce si può far teatro. L'analisi di Matteo sulle due Lady lo dimostra in maniera puntigliosa e impeccabile.
Io mi limitavo solo a riflettere sul fatto che una frase come la tua: "Mi chiedevo solo se, chiudendo gli occhi, l'impatto sarebbe lo stesso così forte..." nell'Ottocento e anche dopo sarebbe stata incomprensibile. O meglio, addirittura impensabile.
"perchè mai devi chiudere gli occhi?" ti avrebbero chiesto.
Sei a teatro.
E me lo sono chiesto anch'io. Simpaticamente intendo.
"Perchè mai avrà sentito il bisogno di chiudere gli occhi per valutare la Marrocu?"
Forse perchè la mimica, l'espressività, il saper stare sulla scena, sono accessori fuorvianti?
O meglio, perchè sono mezzi per distogliere l'attenzione da eventuali falle vocali?
Io penso che invece siano doti o demeriti (a seconda del caso) ugualmente importanti quanto quelli vocali; e in quanto tali, inseparabili.
E' ovvio che, di certi interpreti di cui non abbiamo nessuna documentazione video, ne dobbiamo per forza fare a meno e fondarci su altro.
Ma questo è un altro discorso.
Per restare in tema ho allargato il mio pensiero al disco.
Che senza dubbio ci ha reso più eruditi (non sempre più colti) dei nostri avi privi di mezzi tecnici sofisticati, ma che, come contropartita, ci ha anche dato una percezione a volte riduttiva del teatro d'opera.
Soprattutto nel caso in cui l'ascolto domestico abbia superato di gran lunga, per ovvie ragioni, quello dal vivo.
Tutti concentrati a decifrare il dato sonoro e in alcuni casi a valutare un interprete solo attraverso questo, abbiamo a volte lasciato perdere l'aspetto, altrettanto importante, della simbiosi tra scena e musica.
Adesso che possiamo valutare un interprete nella sua totalità alcuni sono però talmente assuefatti a questa analisi meramente sonora da non essere in grado di fare un discorso complessivo.
C'è sempre questa tendenza a separare l'arte vocale dall'arte scenica -quest'ultima in posizione di sudditanza- non capendo di quanto siano sempre state, dai primordi dell'opera, strettamente connesse.
Trovo ad esempio divertente che adesso si valuti, come fanno alcuni simpaticissimi ortodossi vocalisti di mia conoscenza, il teatro di Verdi solo sulla base di quantizzazioni tecnico-vocali.
E' curioso perchè Verdi non ha mai cercato bei suoni. Cercava, guarda un po', la parola scenica.
Adesso, in tempi brevissimi, con il sorpasso delle uscite su DvD rispetto al solo audio, le cose stanno cambiando in maniera elettrizzante e vertiginosa.
I cantanti sono sempre più attenti ai valori espressivi e teatrali dello spartito e gli appassionati di vecchia data scoprono nuovi terreni mai prima esplorati...
Insomma, trovo sia giunto il momento di fare questo: se chiudiamo gli occhi per la Marrocu o per la Michael o Kaufmann, guardando un video della Caballè o della Freni o anche del mio amatissimo Bergonzi, dovremmo provare a tapparci...le orecchie.
Almeno per equità di giudizio, no?
Paradossi a parte, penso che riguardo alla Marrocu e a Poutney ci sia una simbiosi tra i due così assoluta da rendere pressocchè inutile qualunque separazione tra quanto si sente e quanto si vede.
Ciao
WSM