beckmesser ha scritto:la matrice è quella classico-viennese su cui viene innestata (fino a creare qualcosa di completamente nuovo) l’esperienza nuova dell’opera francese del periodo rivoluzionario. Per mio conto non è un caso
Sì certo. Condivido in toto.
A dire il vero, pensavo di averlo già detto anche io quando avevo accostato il teatro Feydeau all'An der Wien e l'opéra-comique al singspiel e avevo fatto osservare che la Scio (regina del Feydeau e creatrice di Medée) era una specilista delle pièces à sauvetage, al cui genere appartiene Fidelio.
L'unica cosa che mi premeva chiarire è che parlando di questo repertorio (e di questa vocalità) occorre tenere distanti le eroine della Tragédie Lyrique (anche se dello stesso Cherubini) che si allestiva all'Academie Royal.
In soldoni, è giusto accostare Medea a Leonora.
Meno giusto, secondo me, evocare la Vestale, l'ultimo Gluck e persino quel Cherubini (vedi Abencerages) che scriveva per l'Opéra.
E per mio conto le ragioni di quell’interesse sono chiare: è quello l’esempio che gli consente di formarsi il linguaggio che gli serve ad esprimere ciò che gli interessa, per il quale Mozart non basta più. Il linguaggio di Mozart era sostanzialmente quello melodico di origine italiana, piegato ad una duttilità tale da consentire di seguire ogni più sottile sfumatura psicologica dei personaggi. Ma, appunto, a Beethoven di melodia italiana e di psicologia non interessava nulla: lui voleva esprimere idee, convinzioni, e per questo il linguaggio scabro, contrastato e “asimmetrico” di Cherubini
Quello che dici è giusto. Però stiamo parlando di lievi differenze (intendo tra la vocalità del Mozart serio e quella di Leonore-Medée).
Nel senso che tecnicamente una cantante "seria" della Vienna dell'eoca poteva fare furore con Leonore e Medea (la Milder, come si è detto, li cantò entrambi) proprio come con Donna Anna e Vitellia.
Mentre un'Isolde di ieri e di oggi ci lascia le penne.
Poiché il discorso era nato dall'impostura tecnico-linguistica che colpisce oggi il personaggio di Leonora, io torno a sottolineare che le attuali interpreti aduse a maneggiare il repertorio serio mozartiano siano le più indicate.
Del resto, per mio conto l’importanza di Fidelio è proprio questa: essere il mattone fondante di quel processo che sposterà progressivamente il centro del discorso musicale dalla frase musicale alla parola, arrivando fino alla declamazione wagneriana.
Questo è un discorso interessantissimo.
Da dove nasce il rivoluzionario declamato wagneriano?
Ebbene... io non credo che il soprano "popolare-progressista" del tipo Leonore-Medea ne sia all'origine.
Semmai questo ha influenzato il "drammatico d'agilità" romantico (la Schrodent Devrient, la Malibran...)
A differenza tua, penso che il modello tecnico-vocale a cui Wagner guardava fosse quello della declamazione francese (opportunamente elaborata) di Rameau-Gluck.
E' paradossale no?
Ma se ci pensi...
Parliamone.
Salutoni
Matteo