da MatMarazzi » gio 02 giu 2011, 15:58
Vista anche io questa famosa Kovanchina bavarese.
Relativamente alla regia, questa volta la contestualizzazione di Tcherniakov mi pare non interessante o chiara come al suo solito.
Oddio, siamo certamente assistendo a un colpo di stato in Russia (una Russia evidentemente contemporanea).
Colui che dovrebbe essere lo Zar Pietro (che nel libretto non si vede, mentre in questa regia è onnipresente in una sorta di riquadro in alto) modifica nel corso dell'opera i propri vestiti, da giovane zuzzurellone in "pataglia", a grande diplomatico, fino a capo militare).
Un uomo politico, un presidente, il figlio di qualche personaggio importante? Non è chiaro. E' solo chiaro che è lui a mettere in atto il colpo di stato militare.
Il suo esercito indossa chiaramente abiti militari (su quelli non ci sono dubbi; sono armati, hanno tute mimetiche, gradi, ecc...).
La zarina è in un altro riquadro alla sua destra: sempre in alto. Anche lei è onnipresente, con sguardo assorto vicino alla finestra. Da una serie di scene di facilissima decifrazione si intuisce che in questa regia lei è amante e complice di Shaklovity, l'uomo che accende la miccia del colpo di stato (di cui poi si impossesserà Pietro).
Chi è qui Shaklovity? Un nostalgico del Comunismo? Un ex-KGB (ha uno strano tatuaggio sul petto, che potrebbe sembrare militare)? L'uomo che vuole ricondurre la Russia ai fasti (?) del Comunismo, dopo le devastazioni introdotte dal capitalismo e dalla globalizzazione? Francamente non è chiaro.
Comunque, in questa regia, è chiaro che lui, con la Zarina, ha dato il via all'operazione. Ma non finirà bene: finirà ucciso in un attentato suicida ad opera di Kovanschy (ebbene sì), mentre la Zarina finirà arrestata dai militari di Pietro.
Più facile collocare il personaggio di Golitzy: potente "occidentalista", militare a sua volta, ma soprattutto diplomatico, forse ambasciatore, comunque connesso (come il personaggio originario) a poteri esteri. Finirà arrestato, torturato... ovviamente dai soldati di Pietro.
Grossi problemi legati invece a Marfa, ben vestita, all'occidentale, truccata, ossigenata, fiera dei propri gioielli, francamente matura anagraficamente (ma questo potrebbe essere un portato dell'interprete, la Soffel).
L'ipotesi di Maugham (forse suggerita dall'età, appunto, della Soffel e dallo strano effetto che fa vederla vicino a quel bel ragazzone di Vogt, Andrei) è obbiettivamente suggestiva e coerente: ha il solo limite che presuppone molte (troppe) capacità deduttive da parte del pubblico.
L'ipotesi è che Marfa, questa bella signora evidentemente carica di soldi, sia la moglie o l'ex-moglie di Kovanschy, nonché madre di Andrei.
Ciò che si deve supporre è che lei non solo abbia lasciato il marito, ma si sia votata (politicamente parlando) a una causa opposta, ossia sia divenuta la "compagna" (in senso solo politico o anche sentimentale?) di Dosifej, che - coerentemente col libretto - rappresenta una fazione di vecchi "ortodossi", pauperisti e aggressivi, che hanno rialzato la loro testa "tradizionalista" dopo la caduta del comunismo, ugualmente contro il totalitarismo sovietico, il militarismo dei reazionari e il capitalismo dei nuovi.
E ora veniamo alla più complessa e a mio parere poco decifrabile raffigurazione dell'opera: Kovanschy e gli Strelzi.
Qui probabilmente gioca la mia difficoltà a riconoscere divise o tute (militari o semplicemente lavorative). Vi descrivo come sono vestiti e forse questo potrà aiutarci.
Immaginate una pesante tuta rossa (molto vistosa come colore, quindi assolutamente non mimetica). In questa tuta (i cui risvolti di pelliccia sul collo e la pesante imbottitura fanno pensare a climi rigidi, così come gli stivali in tinta) non vi sono stellette o gradi militari; le armi non sono inserite in tasche apposite, ma nel caso - e comunque non più che pistole - portate semplicemente a tracolla, e non da tutti.
Maugham non ha dubbi che si tratti della divisa di un particolare esercito, magari una milizia privata.
Io non sono di questa idea: una divisa militare rossa è assurda, perché rende i soldati visibilissimi (non è un caso che i soldati di Pietro, quelli sì indubitabilmente militari, indossino una divisa grigio scuro, mimetica). Inoltre le tute rosse degli Strelzi sono ingombre di tasche e tascone ovunque, più per contenere attrezzi da lavoro.
A me ricordano le divise di operai di una grande fabbrica, o semmai netturbini o agenti civili (all'inizio dell'opera spostano cadaveri, almeno così sembra, dentro sacchi del patume).
La mia ipotesi?
Che, nella divisione "politica" operata da Tcherniakov (mentre i Vecchi Credenti sono i tradizionalisti ortodossi, Golitzyn il diplomatico esterofilo, schiavo di potentati "globali" e accusato di spionaggio, Shaklovity e la Zarina i congiurati nostalgici del Comunismo) Khovanchy e gli Strelzi rappresentino il terribile frutto del neo-capitalismo russo, nutrito di corruzione e violenza mafiosa, che allarga (illegalmente) la sua influenza sullo stato e sulla società civile, forte delle proprie armi, protetto dai propri soldi.
Le divise sono quelle di un Impresa potente, una multinazionale, i cui presidenti-camorristi (Kovanchy e il figlio) così come gli operai indossino la stessa divisa, come in uno sfoggio di paternalismo populista e volgare.
Ammesso e non concesso che la lettura sia giusta, , il mio giudizio sul lavoro di Tcherniakov non sarà questa volta tanto lusinghiero.
Tutta questa fatica per cosa? Per realizzare una specie di action-movie americano, con i servizi segreti, i grandi poteri economici coinvolti in complotti illegali, le mafie, le torture e i massacri segretati.
Il riferimento cinematografico (sottolineato dalla proiezione dell'ora, come appunto in molti film recenti di azione) è un pochino irritante; da un esperto della riscrittura narrativa ci si aspetta qualcosa di più che non un giocare con le convenzioni cinematografiche attuali (cosa che viene assai meglio agli sceneggiatori di South Park).
Oltre che un'idea da poco, a me pare anche non perfettemante realizzata, stanti le ambiguità e le incertezze narrative a cui possiamo cercare di dare risposte solo mettendo sotto torchio la nostra fantasia e la nostra capacità di desumere situazioni da allusioni e costumi (ben diversa era stata la chiarezza espositiva di Tchernikov nel Don Giovanni e nei Dialoghi delle Carmelitane).
Credo che abbia ragione Maugham nel denunciare la maggiore affinità del regista russo per opere meno vaste e architettoniche.
Anche sul fronte tecnico ho riscontrato debolezze.
A livello di recitazione, tutti seguivano le indicazioni con impegno, ma l'efficacia della mimica e della gestualità erano affidata in toto al talento degli interpreti: con Vogt e, strano a dirsi, un Burchuladze grandissimo attore tutto andava bene; con Kotcherga e la Nylund il risultato era già meno scontato; con la Soffel e Daszak (per carità, impegnatissimi a fare il loro dovere) tutto precipitava.
Il primo atto mi è parso avaro di grandi intuizioni; il secondo obbiettivamente buttato via.
E notare che la regia televisiva aiutava a ridurre la dispersione di tutti quei pannelli che, per buona parte dell'opera, sono risultati inutili e sotto-utilizzati.
Io poi, a differenza di Pietro, non ho amato per niente il finale: sono davvero stanco di questi finali "astratti", a palcosenico vuoto, come se il pianto e il sacrificio dell'umanità venisse divelto dalle contingenze della storia. E' una roba che Carsen già faceva vent'anni fa. E' una furbata per placare i prevedibili furori del pubblico con un omaggio buonista e di facile effetto.
Qualche momento grandioso c'è stato, anzi talmente grandioso da riscattare tutte le debolezze appena riscontrate.
Due momenti in particolare mi hanno sconvolto e commosso alle lacrime.
Anzitutto la scena che dovrebbe descrivere il solitario esilio di Golitzyn, sul tema della divinazione di Marfa.
Vedere quest'uomo elegante e raffinato, ma anche sensibile e colto, che avevamo lasciato all'atto precedente con la sua bella divisa diplomatica, trascinato in canottiera dai soldati, ferito, sanguinante, scarmigliato, gli occhi pieni di terrore, muto, con i segni di torture spaventose... mentre un paio di donne della folla osano avvicinarglisi per mettergli un paio di guanti e uno scialle contro il freddo... ecco, basta un momento così per fare di Tcherniakov un genio della regia operistica.
Non parliamo poi di tutta la scena delle danze e della morte di Kovanchy: se non fosse per la pacchianata finale della granata che lui lancia su Shaklovity, provocando anche la propria morte, sarebbe una delle realizzazioni di regia musicale più sconvolgenti di tutta la mia vita: una costruzione perfetta di azione ed emozione, che ti toglie il respiro.
Consiglio l'acquisto del DVD anche solo per questo momento di teatro musicale puro.
Salutoni,
Mat